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Autore: Xine    18/05/2021    7 recensioni
Hinata Hyuga poteva essere definita in molti modi, ma non era certo una stupida.
“Come posso rendermi utile, padre?” domandò allora con voce decisa.
Un pesante silenzio piombò nella stanza. Era così opprimente che iniziarono a fischiarle le orecchie.
“Sposerai Sasuke Uchiha”
Post-Guerra.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Hinata/Sasuke
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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XXIV. Redenzione

 

Sasuke si passò la mano tra i capelli bagnati, sentendo l’acqua calda della doccia lenire i muscoli tesi delle spalle.
Non sapeva cosa fare.
Pensava di avere dimestichezza con il dolore.
Pensava di aver già toccato con mano le fiamme ardenti degli inferi.
In tutti quegli anni la sofferenza era stata sua fedele compagna di avventure, non una volta aveva abbandonato il suo fianco.
Ma quel dolore, quella sofferenza, erano sue. Soltanto sue.
Sapeva gestirle, sapeva conviverci.
Era la disperazione negli occhi bianchi di Hinata che non sarebbe mai stato in grado di sopportare, il suo piangere ogni notte in preda ai sensi di colpa e, probabilmente, all’infelicità a cui era stata condannata per salvare lui, che di speranze di essere salvato non ne aveva quasi nessuna.
Si sentiva impotente.

“Teme!”
Sasuke si alzò di scatto dal divano. La voce di Naruto sembrava preoccupata.
Un’improvvisa sensazione d’angoscia gli attanagliò lo stomaco. Hinata non era ancora rientrata.
Si precipitò all’ingresso di casa con il cuore in gola, trovandosi davanti Naruto che teneva in braccio la ragazza dai capelli scuri. Era immobile.
“Cos’è successo?!” domandò nervoso facendolo entrare.
Gliela avrebbe strappata volentieri dalle braccia, ma con quel suo stupido moncone non sarebbe stato in grado di sostenerla a peso morto.
“Non lo so! L’ho trovata per strada!” spiegò il biondo agitato, posandola sul divano.
Sasuke le si avvicinò.
Aveva il viso rosso e gonfio, le guance erano rigate dai segni delle lacrime.
Il respiro però era regolare e la temperatura, constatò posandole una mano sulla fronte, sembrava nei parametri.
“Credo che dorma…” gli disse goffamente Naruto dandogli una pacca sulla spalla per tranquillizzarlo.
“E perché diavolo dormiva in mezzo ad una strada?!” sbottò guardandolo.
Doveva essere successo qualcosa e sarebbe impazzito se non lo avesse saputo subito.
“L’hai svegliata, sei contento?!” sbuffò Naruto indicando la ragazza che aveva preso ad agitarsi.
Hinata si sollevò lentamente a sedere, guardandosi intorno spaesata. Quando notò i due, gli occhi le si riempirono di lacrime e, con una scusa, scappò via, chiudendosi in camera senza nemmeno dare loro il tempo di chiederle cosa fosse capitato.


Sospirò, stanco, prima di chiudere il rubinetto della doccia.
Si asciugò velocemente il corpo e si rivestì, andando in cucina dove sperava di trovare Hinata. In effetti era lì, seduta al tavolo, con gli occhi bianchi vacui, fissi su un foglio di carta rigida. Lo teneva tra le mani tremanti, girandolo e rigirandolo.
Sasuke si avvicinò a lei, notando che si trattava dell’invito al matrimonio.
Era molto elegante, in fiero stile Hyuga. La carta era color avorio e le scritte dorate, rigorosamente a mano, risplendevano ad ogni impercettibile variazione della luce.
“È arrivato con la posta” gli spiegò con voce tremula.
“Hn”
La vide abbandonare il cartoncino sul tavolo e alzarsi in piedi con un sorriso forzato.
“Preparo subito il pranzo” gli disse prima di accarezzargli il braccio teneramente.
L’afferrò delicatamente per il polso, impedendole di allontanarsi.
“Cosa sta succedendo, Hinata?” le domandò.
Voleva sapere.
Non riusciva più a guardarla mentre si consumava lentamente.
La giovane abbassò il capo, nascondendo con la frangetta scura gli occhi perlacei al suo sguardo.
“Non è niente. Sono solo un po’ agitata per il matrimonio…” mentì.
“Sei una pessima bugiarda, Hyuga”
Hinata lo guardò supplice, pregandolo silenziosamente di non domandare di più.
Sasuke mollò la presa. L’avrebbe voluta stringere a sé, ma non lo fece. Era evidente che la fonte del suo malessere fosse il matrimonio. Ed era altrettanto evidente che, il fatto che fosse stato anticipato, unito alla reazione sconvolta degli amici, la stava portando a rendersi conto dell’enorme errore che stavano commettendo.
Naruto aveva ragione, quel matrimonio avrebbe rovinato le loro vite.
La sua perché avrebbe avuto una famiglia, di nuovo. E non lo meritava, non dopo tutto il sangue che aveva sparso.
Quella di Hinata perché avrebbe perso la libertà di amare, il suo Clan, forse anche i suoi amici.
Osservò mentre entrava nel cucinotto, muovendosi aggraziatamente da una parte all’altra della stanza per recuperare l’occorrente.
Somigli a mia madre
Sasuke si passò la mano sugli occhi.
Sembrava un’eternità fa.
Eppure somigliava davvero a Mikoto, ogni giorno ne aveva la conferma.
Ma non voleva facesse la sua stessa fine: uccisa per le decisioni di suo marito, che aveva appoggiato incondizionatamente. Annullata.
“Andrò fuori” disse improvvisamente.
Hinata si voltò verso di lui. Gli occhi perlacei divennero tristi ed abbassò il capo come faceva ogni maledetta volta.
“Mi dispiace se non ho fatto in tempo a preparare il pranzo Sasuke” mormorò mortificata.
Era così sciocca, a volte. Credeva davvero che se ne andasse perché non poteva aspettare un pasto? Non era mica Naruto.
Le si avvicinò lentamente, lasciandole una carezza sul capo.
“Ho un impegno di cui mi ero scordato” inventò sue due piedi.
La vide annuire e, con le gote leggermente arrossate, si sporse verso di lui, alzandosi sulle punte dei piedi, e gli lasciò un bacio a fior di labbra.
Per un attimo pensò di mandare all’aria tutti i buoni propositi e di rimanere lì, insieme a lei. Di baciarla fino a perdere la ragione e di sposarla.
“Tornerai per ora di cena?” gli domandò timidamente.
Ritornò in se.
Annuì, prima di allontanarsi e lasciare la stanza. A differenza di lei, era un abile bugiardo.
Una volta raggiunto l’ingresso, afferrò il mantello e si mise i calzari, uscendo di casa. Camminò per le vie di quel quartiere un tempo insigne per la sua maestosità, di cui erano rimasti soltanto ruderi diroccati e pericolanti.
Almeno suo padre aveva potuto offrire a Mikoto una vita degna, una posizione sociale di prestigio. Ad Hinata sarebbe toccato un cumulo di macerie.
Percorse le strade del villaggio, notando su di sé più attenzione del solito. Doveva essersi diffusa ufficialmente la notizia del matrimonio. La gente borbottava i soliti epiteti. Traditore. Assassino. Bastardo.
Non li biasimava. Erano tutti appellativi che gli si addicevano. Anzi, probabilmente non rendevano nemmeno giustizia alle sue stragi. Aveva più sangue lui sulle mani che la maggior parte dei ninja d'élite del villaggio messi insieme.
Ad un tratto, però, gli giunse all’orecchio qualcosa che non avrebbe dovuto sentire.
Puttana Uchiha
Si ritrovò ad attivare lo Sharingan, voltando il capo con pericolosa lentezza nella direzione di colui che aveva osato tanto. Un civile. Erano sempre loro.
Lo sfidò con lo sguardo a ripetersi e questo, spaventato, abbassò gli occhi. Il lato vendicativo degli Uchiha era noto a tutto il mondo, ninja o no.
Fu dunque costretto a rettificare il pensiero fatto poco prima.
Ad Hinata non sarebbe toccato soltanto un cumulo di macerie. Ad Hinata avrebbe potuto donare in matrimonio anche l’appellativo di puttana Uchiha.
Che futuro promettente!
Proseguì per la sua strada passeggiando per le vie trafficate, e si ritrovò davanti ai cancelli del cimitero senza nemmeno essersene reso conto. Entrò silenziosamente, non vi aveva più messo piede dalla volta con Hinata.
Camminò tra le lapidi, raggiungendo quella dei suoi genitori. La ragazza doveva essere tornata perché i fiori erano freschi ed il marmo lucido. Rimase qualche istante a guardare la pietra bianca, sperando in qualche consiglio. Gli scappò un mezzo sorriso mentre scuoteva il capo. Non erano i suoi genitori che avrebbero saputo dargli le risposte giuste.
Aveva bisogno del suo Aniki.
Con un balzo lasciò il cimitero, raggiungendo il fiume Naka. Si inginocchiò davanti alle acque che scorrevano imperterrite, increspandone la superficie con le dita. Osservò il suo riflesso e poi chiuse gli occhi.
Una folata di vento gli smosse i capelli corvini e si ritrovò a sorridere.
Lui c’era sempre.
Si beò per qualche minuto della brezza, stranamente fresca per la stagione. Poi sgranò gli occhi.
Aveva capito.
Si alzò in piedi, ripercorrendo pigramente la strada che portava al villaggio, accorgendosi che stava calando il sole. Incurante, ripercorse le vie del centro, decisamente meno affollate rispetto a quando era uscito, e, dopo un po’, arrivò finalmente a destinazione. La Torre dei Kage si presentava imponente davanti ai suoi occhi. Entrò nell’edificio, superando velocemente i corridoi ed arrivando all’ultimo piano, sede ufficiale del Sesto.
La sua segretaria non c’era più, così si avvicinò alla porta dell’ufficio di Kakashi, spalancandola senza esitazione. Hinata sarebbe diventata di tutti i colori se fosse stata lì, ben educata com’era. Gli scappò un mezzo sorriso.
Quando entrò nella stanza rimase sorpreso di vedere il suo vecchio maestro in compagnia del Nara.
“Sasuke… qual buon vento!” gli disse Kakashi appoggiando gli avambracci sulla scrivania.
“Devo parlarti” gli disse ignorando le sue parole.
Il grigio annuì improvvisamente serio, facendo cenno a Shikamaru di uscire. Il Jonin si congedò e, con le mani in tasca, superò l’Uchiha lasciando l’ufficio. Quando la porta si chiuse alle sue spalle, i due uomini si guardarono rimanendo in silenzio.
“Ho saputo della festa” parlò per primo il ninja copia.
Sasuke alzò gli occhi al cielo, annoiato della ramanzina che sarebbe arrivata.
“Sai bene che mezzo mondo ti vuole morto e l’altra metà cerca una scusa per fare lo stesso...” lo rimproverò l’Hokage.
Il corvino lo guardò con un sopracciglio alzato e un sorrisetto divertito.
“Usare le arti illusorie sui civili non è certamente il modo giusto per marcare il territorio…” Kakashi lo osservò con un’espressione ironica.
“Non ti facevo un tipo geloso… D’altronde Hinata-chan è proprio una bella ragazza…” continuò l’Hokage, stuzzicando l’allievo.
“Kakashi” ringhiò l’Uchiha spazientito.
Il girgio scosse il capo, soddisfatto della reazione del suo pupillo. Non avrebbe mai sperato in un risvolto tanto positivo in quell’unione.
“Come posso aiutarti, Sasuke?” gli domandò appoggiandosi contro lo schienale della poltrona.
“Hai tu il contratto di matrimonio?” chiese serio.
Il Sesto annuì e, dopo aver frugato a lungo tra i cassetti della scrivania, estrasse la pergamena in questione, porgendogliela.
Sasuke lo afferrò, rileggendolo velocemente.
Non aveva prestato poi tanta attenzione, quando aveva firmato. Ora però, con la mente lucida, si rendeva conto di quanto, da quel pezzo di carta, trasparisse come lui ed Hinata non fossero altro che burattini. Lei nelle mani di un padre che poco l’amava, lui in quelle di un consiglio che già una volta aveva rovinato la sua famiglia.
Si soffermò sul margine inferiore della pagina, dove il suo nome e quello di Hinata si affiancavano elegantemente scritti.
Gli sovvenne l’immagine di lei, eterea e bellissima, ma dannatamente infelice accanto a lui.
Sasuke Uchiha aveva paura di poche cose. Non temeva la morte, la perdizione, la solitudine. Ma era fottutamente spaventato dall’idea di toglierle il sorriso, il rossore sulle gote, l’innocenza dagli occhi perlacei. Era terrorizzato di strapparle la vita dalle mani.
Era quello il significato dell’amore, saper sacrificare la propria felicità per proteggere l’altro?
Era quello che Itachi voleva insegnargli con l’esempio della sua vita?
Era quella la via della redenzione?
Sicuramente era quello che avrebbe fatto per Hinata.
“Katon”
Il contratto prese fuoco tra le sue mani.



 



Ragazze/i scusatemi il ritardo di oggi! Il lavoro mi ha letterlmente inglobata! 
Perdonatemi anche se non riesco a rispondere oggi alle vostre recensioni apprezzatissime! Comunque......
Vi ringrazio tutti di cuore! Siete speciali davvero!

Un bacio

Xine
   
 
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