Anime & Manga > Haikyu!!
Ricorda la storia  |      
Autore: eeuphoria    20/05/2021    1 recensioni
[ushiten]
«Satori» lo chiamò, punzecchiando le coperte con un dito. «Sono le otto passate»
L’involtino si mosse, accompagnato da uno sbuffo ed un’unica parola, «Sabato» che nella lingua di Tendo (dopo tutti quegli anni insieme, Wakatoshi aveva finito per conoscerla bene) era l’abbreviazione di “il sabato non mi devi svegliare prima che il pranzo sia pronto”.
«È il 20 di maggio» gli ricordò allora, punzecchiandolo ancora un pochino. «Buon compleanno»
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Tendo Satori, Wakatoshi Ushijima
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Buon compleanno Satori!! Mannaggia a me che mi sveglio sempre all'ultimo, avrei dovuto pensarci prima invece di ridurmi a scriverla in una giornata (eh, sono lenta, e anche tanto ^^")
Ma per Tendo questo e altro, e poi ormai l'ushiten è la mia comfort ship...
Una piccola nota: credo che si possa facilmente notare dal modo in cui scrivo Wakatoshi, ma adoro l'headcanon secondo cui sarebbe autistico (lui e un altro po' di personaggi, lol) facendo anch'io parte dello spettro mi rivedo molto in certi suoi atteggiamenti e amo avere la possibilità di scriverci su :)
Detto ciò, caro lettore, ti ringrazio per aver aperto questa piccola os e spero ti piaccia!






Wakatoshi si svegliò con la pioggia -gocce ticchettanti contro il vetro della finestra e sulla grondaia. Attraverso i buchi delle persiane raggi di luce grigia illuminavano la stanza con il colore di un mattino nuvoloso.

La sveglia digitale sul comodino segnava le 7:58, quella cifra così scomoda gli procurava un senso di fastidio. Avrebbe potuto svegliarsi due minuti dopo, o anche tre minuti prima, alle sette e cinquantacinque. Ma proprio a quell’ora -con quel cinquantotto che non c’entrava nulla con il sistema sessagesimale su cui era basato il tempo- gli sembrava... fuori programma. Disordinato, ecco.

Chiuse gli occhi e si tirò il piumone fin sopra la testa. Sotto le lenzuola lo accolse un mondo caldo e dall’odore familiare. Wakatoshi si sarebbe goduto quella bolla di pace per due minuti esatti.

C’era qualcosa di rilassante, nella pioggia primaverile che cadeva la mattina presto. Il ritmico ticchettio dell’acqua, unico suono in quel piacevole silenzio, lo cullò in uno stato di dormiveglia.

E poi le coperte gli furono strappate via di colpo, mentre alle sue spalle giungeva un mugugno solo lontanamente paragonabile ad una parola. Wakatoshi aprì gli occhi per ritrovarsi davanti la sveglia che annunciava un 8:00 preciso e ordinato.

Fissò l’ora finché non divenne un 8:01 e solo allora si girò verso il lato destro del letto. Satori era un involtino di coperte da cui spuntava una disordinata chioma sanguigna.

«Satori» lo chiamò, punzecchiando le coperte con un dito. «Sono le otto passate»

L’involtino si mosse, accompagnato da uno sbuffo ed un’unica parola, «Sabato» che nella lingua di Tendo (dopo tutti quegli anni insieme, Wakatoshi aveva finito per conoscerla bene) era l’abbreviazione di “il sabato non mi devi svegliare prima che il pranzo sia pronto”.

«È il 20 di maggio» gli ricordò allora, punzecchiandolo ancora un pochino. «Buon compleanno»

Un borbottio assonato si fece strada attraverso la stoffa. «Come regalo voglio altre cinque ore di sonno»

«Ti ho già fatto un regalo, è tardi per fare richieste»

Un braccio esile e candido si liberò dall’intreccio di coperte, serpeggiando a vuoto finché la mano non trovò il viso di Wakatoshi. Come per gioco le lunghe dita percorsero le sopracciglia, pizzicandogli la radice del naso e accarezzandogli le palpebre con i polpastrelli. Il palmo sfiorava le sue labbra, una maliziosa tentazione a cui Wakatoshi cedette, lasciandovi un bacio leggero. Fu abbastanza sicuro di aver sentito Satori ridacchiare, ma il suono si perse tra le coperte e la pioggia.

«Eddai, è il mio giorno speciale. Lasciami dormire ancora un pochino» pigolò con tono supplice.

«Sono le otto passate» ripeté di rimando.

Uno sbuffo. «Portami la colazione a letto, allora»

Questa era una cosa che poteva fare -viziarlo, non solo perché era il suo compleanno, ma perché gli piaceva prendersi cura di lui; dopotutto già si premurava di fargli trovare la colazione sul tavolo ogni mattina.

Si diresse in cucina camminando a piedi scalzi, senza far rumore, consapevole che Tendo stava approfittando di quei minuti per scivolare nuovamente nel mondo dei sogni.

E invece, mentre l’aroma del caffè riempiva la stanza, uno scalpiccio annunciò l’arrivo di Satori -seguito da un rumoroso sbadiglio, subito dopo il rumore di qualcosa (qualcuno) che andava a sbattere contro lo stipite della porta ed infine una colorita esclamazione.

«Ti sei fatto male?» domandò, mentre già i suoi occhi percorrevano la figura del compagno in cerca di qualche livido.

Satori liquidò la domanda scuotendo la testa e si stiracchiò; le lunghe membra si tesero seguendo il movimento della schiena e il suo intero corpo si incurvò all’indietro -a Wakatoshi piaceva osservare il corpo di Tendo compiere anche le azioni più semplici.

«Sta iniziando male, per essere il mio compleanno» ma le sue parole vennero coperte dal fischio della caffettiera sul fornello, provocandogli un grugnito infastidito.

«Avevi detto di volere la colazione a letto» Wakatoshi spense il fuoco e versò il caffè nella tazza preferita di Satori, aggiungendo anche il latte esattamente nella quantità che sapeva essere quella prediletta dal fidanzato.

«Ho cambiato idea» borbottò lui, tirando fuori dalla credenza una coppetta e la scatola di cereali. Fu quando lo sorpassò nel piccolo spazio della modesta cucina, puntando al frigorifero, e per un attimo gli poggiò una mano sulla spalla in modo quasi casuale, che Wakatoshi capì cosa avesse voluto intendere.

Satori aveva tutti i suoi piccoli metodi per dire le cose: c’erano parole che significavano frasi intere e gesti che significavano cose che le parole non potevano spiegare. Una volta imparati quei dettagli, per Ushijima capirlo era diventato semplicissimo. E ora, a sei anni dal loro primo incontro, poteva dire di conoscerlo meglio di chiunque altro. E quella mano sulla spalla voleva dire che preferiva stargli vicino piuttosto che aspettarlo in un letto vuoto.

«Ti ho fatto il caffè»

Satori sorrise, mentre gli porgeva la coppetta che aveva tra le mani e in cambio prendeva la tazza. «Io ti ho fatto lo yogurt con i cereali»

«Grazie»

Fecero colazione in silenzio, poggiati contro il bancone della cucina, i corpi che si sfioravano, ascoltando il suono leggero della pioggia. Era piacevole.

«Odio la pioggia» decretò invece Tendo, mentre riponeva la tazza vuota nel lavandino. «Non dovrebbe piovere a fine maggio, è praticamente estate!»

In realtà Wakatoshi sapeva che Satori non odiava tutta la pioggia, solo quella monotona e grigia. Ma amava i temporali, con l’acqua scrociante e il vento ululante e i tuoni che si facevano strada fin nelle viscere. 

Per lui era l’esatto contrario, ma decise di dire qualcos’altro. «Piove anche in estate»

«Non mi importa se in estate piove, basta che non piova il giorno del mio compleanno!»

Dopo il caffè, Satori si svegliava e iniziava pian piano a riacquistare la sua solita energia. Quando andavano al liceo, i loro amici gli avevano spesso detto che forse era meglio smetterla con la caffeina, ma a Wakatoshi piaceva troppo, quel Tendo Satori così vitale, per rinunciare a preparargli il suo amato caffè ogni mattina.

Ripensando al liceo e guardando il giovane uomo che si trovava davanti ora, Wakatoshi si scoprì a pensare che per quanto fosse cresciuto, Satori restava sempre lo stesso spirito libero e indomabile che da giovane aveva guardato con un po’ di ammirazione, un po’ d’invidia, e un’altra sensazione che -aveva scoperto solo dopo- veniva definita farfalle nello stomaco.

«È il tuo ventunesimo compleanno, ma continui ad essere molto immaturo» fu tutto ciò che riuscì a dire invece, quando cercò di esprimere ad alta voce quella riflessione.

Per un attimo solo, ebbe l’impressione che Satori non sapesse come rispondere, ma fu questione di istanti. Poi il rosso tornò quello di sempre, ridacchiò e ammiccò con lo sguardo. «Mi ami comunque»

«Sì» rispose immediatamente, senza pensarci nemmeno.

Quasi due anni prima avevano avuto una conversazione alle quattro del mattino. Satori era ubriaco e in lacrime, e il mattino dopo già si comportava come se nulla fosse successo, ma Wakatoshi non aveva mai dimenticato il segreto che gli era stato rivelato quella notte. Su come proprio non riusciva ad amarsi, e a credere che Ushijima potesse vedere in lui qualcosa degno d’amore, e su come aveva paura che un giorno non sarebbero più stati in grado di capirsi a vicenda.

Wakatoshi non era bravo con le emozioni. Non era bravo a capirle, né ad esprimerle. Ma si era impegnato con tutto se stesso per imparare la lingua di Tendo, e ogni volta che si presentava l’occasione non mancava mai di specificare i propri sentimenti.

«Ti amo. Per questo e tanti altri motivi»

Questa volta Satori pareva essere rimasto davvero senza parole. Wakatoshi notò un sussulto del suo pomo d’Adamo, lo vide assottigliare le labbra e abbassare lo sguardo.

«Cosa mi hai regalato, Wakatoshi-kun?» chiese, con un tono che sottintendeva un tentativo di cambiare argomento.

Ma Wakatoshi non era d’accordo. 

«È un segreto»

«Questo non fermerà la mia curiosità»

«Volevo aspettare il momento giusto» ammise. (Magari quella sera, dopo aver festeggiato con i loro amici per tutto il pomeriggio, con Tendo stanco ma felice e un’atmosfera più adatta.) «Ma credo sia ora»

«YAY!»

Cercò di scorgere sul suo volto qualche segno di quell’insicurezza che era certo di aver visto solo pochi attimi prima, ma il sorriso di Satori era enorme come sempre.

«Vado a prenderlo»

«Ti aspetto qui!»

Mentre frugava tra le giacche dove aveva nascosto il regalo un peso iniziò a premergli sul petto, impedendo ai suoi polmoni di raccogliere aria; quando si tirò in piedi, la carenza d’ossigeno gli fece girare la testa e dovette appoggiarsi all’anta dell’armadio.

Un dubbio che prima non l’aveva mai neanche sfiorato si radicò prepotentemente nella sua mente -quelle radici strangolavano qualsiasi altro pensiero, era soffocante.

Gli sarebbe piaciuto?

Tornare in cucina fu come camminare sott’acqua. Satori era seduto a gambe incrociate sul tavolo, esclamò qualcosa appena lo vide fare il suo ingresso nella stanza, ma le orecchie fischiavano e Wakatoshi non sentì cosa aveva detto.

Tendo si accorse che c’era qualcosa che non andava, saltò giù dal tavolo e gli si avvicinò, cingendogli le spalle con un braccio -un abbraccio delicato, che gli dava la possibilità di allontanarsi se avesse avuto bisogno di spazio.

Ora che erano più vicini, riuscì a sentirlo mormorare. «Sei un po’ pallido, Wakatoshi-kun»

Scosse la testa, si appoggiò al tavolo e prese un respiro profondo. «Sto bene»

E mentre Wakatoshi cercava di mettere in ordine pensieri e parole, Satori notò la scatolina tra le sue mani e spalancò gli occhi.

«Oh... no... tu non hai...» biascicò, ridacchiando, facendo due passi indietro. Si passò le mani tra i capelli e lì rimasero, mentre il suo sguardo slittava dalla scatola a lui.

«Satori» iniziò, e si fermò per prendere un altro respiro. «Non sono bravo ad esprimere quello che provo. Do per scontato che tu ne sia consapevole, ma ti amo. E non voglio vederti dubitare» aprì il cofanetto e fece un passo verso di lui -Satori strizzò gli occhi, c’erano delle lacrime incastrate tra le ciglia. «In realtà penso che siamo ancora giovani; tu vuoi andare in Europa, io a trovare mio padre, e credo che dovremmo fare queste esperienze. Ma dopo vorrei sposarti, e vorrei che lo sapessi. Vorrei guardassi questo anello e te ne ricordassi. Ogni volta»

E si fermò, con il fiato corto e il cuore martellante.

Tendo indietreggiò fino a sbattere con la schiena contro il muro e si lasciò scivolare a terra, le dita ancora stringevano le ciocche rosse, mentre grosse lacrime rotolavano senza controllo lungo le guance.

«Sì» sussurrò. «Sì ok. A me va benissimo»

Wakatoshi si abbassò alla sua altezza, sedendosi sul pavimento freddo di fronte a lui -forse, semplicemente, le gambe avevano ceduto; i suoi arti tremavano ed erano pesanti come dopo il più duro degli allenamenti. Allungò un braccio, raccogliendo con un dito le lacrime sul viso del fidanzato.

«Ti è piaciuto? Il regalo»

Satori si passò il palmo della mano sugli occhi e annuì. «Tanto»

«Vuoi metterlo?»

Annuì di nuovo, allungando la mano, sorridendo quando Wakatoshi fece scivolare la fascetta d’argento brillante sull’anulare.

Rimasero a fissare l’anello in silenzio per chissà quanto tempo -uno ancora con il fiatone, l’altro che si lasciava sfuggire un singhiozzo di tanto in tanto- e poi Wakatoshi decise di parlare. «Gli altri ci aspettano per pranzo, dobbiamo iniziare a prepararci»

«Non sono neanche le nove, abbiamo tempo» ribatté, poi si fece di nuovo silenzioso, e poi chiese: «Posso abbracciarti, Wakatoshi?»

Annuì. «Per favore»

E un attimo dopo il suo viso stava affondando in quei capelli rossi, mentre si beava del calore del corpo di Satori e dell’odore della sua pelle. E lo strinse forte.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Haikyu!! / Vai alla pagina dell'autore: eeuphoria