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Autore: DANI1993    21/05/2021    0 recensioni
La fine del mondo è stata evitata, Glory è stata definitivamente sconfitta ma non senza conseguenze: Buffy infatti si è dovuta sacrificare per salvare per l'ennesima volta il mondo e sua sorella Dawn. Cosa combinerà durante la sua assenza, la Scooby Gang? Riuscirà quantomeno a condurre una vita il più possibile uguale a prima?
Questa storia ha l'intenzione di fornire una possibile interpretazione di ciò che potrebbe essere accaduto, durante quei mesi in cui Buffy mancò dal mondo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn Summers, Rupert Giles, William Spike, Willow Rosenberg, Xander Harris
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6

 





POV WILLOW




La mattina del primo agosto, mi svegliai abbastanza tardi e solo perché sentii suonare alla porta di casa. Non c’era nessuno, perchè le prime volte che sentii il campanello nessuno aveva aperto per verificare chi fosse.

Perciò mi alzai ancora in vestaglia, i suoni nel frattempo erano cessati, segno che il postino avesse lasciato la posta nella buca delle lettere; oppure chiunque fosse, se n’era andato. Scesi perciò a verificare e scoprii che si trattava del postino, avendo egli lasciato una raccomandata e un’ulteriore busta nella posta.

Le presi entrambe e quando vidi di cosa si trattava, la stanchezza e la spossatezza, si dileguarono per incanto e fui più sveglia che mai.

L’effetto che mi fecero quelle buste, furono di gran lunga superiori alla sveglia prodotta dal canto del gallo o dalle campane a festa: la maximulta per aver dimenticato di pagare la bolletta precedente più, in aggiunta, la nuova bolletta dell’acqua. 150 dollari, la maximulta e 200 la bolletta idrica.

Ci eravamo completamente scordati di pagare la bolletta e ciò che era peggio era che il mese di agosto sarebbe stato tremendo, in quanto avremmo avuto un carico di bollette da pagare tutte assieme che non avremmo avuto durante l’anno: la luce, il gas, l’acqua, l’IMU della casa…

Mi venne il mal di testa solo a pensarci: quel problema prima o poi doveva essere risolto in un modo o nell’altro. Decisi perciò che al rientro di tutti, io avrei preso la parola e fatto il punto della situazione.

Stavo rimuginando tra me e me, quando sentii una voce terribilmente famigliare alle spalle, che quasi mi fece prendere un colpo. Mi voltai e ci rimasi male che fosse il robot e non quello che davvero dentro di me, speravo ardentemente: la sua vera figura.

“Buongiorno Willow, dormito bene?” mi fece, allegra come sempre.

“Ehm…si, abbastanza. Ma dov’eri? Avevano suonato” le domandai, mentre versavo un po’ di succo nel bicchiere e lo bevevo.

“Oh…stavo annaffiando le piante. Scusami, Willow. Tu sei la mia migliore amica e con gli amici, ci si scusa”

“Ehm, si. Hai ragione. Sai dove sono andati gli altri, per caso?”

“No, mi dispiace” fece, “ma sono sicura che torneranno presto. Loro abitano qui. E inoltre è giorno e di giorno i vampiri e i mostri non ci sono” aggiunse, autoconvincendosi.

Devo dire che trovavo abbastanza buffo il suo modo di ragionare, alcune volte. Di fatto erano tutte cose corrette, ma fin troppo banali. Rispondevo poi a me stessa, dicendomi che sarebbe stato illogico il contrario, se avesse avanzato ragionamenti tipici delle persone normali…

Più volte mi ero chiesta se ne valesse davvero la pena ricostruirlo e se avessi fatto una sciocchezza nello scegliere di farlo, poi però mi resi conto che era l’unica cosa che mi ricordava della mia migliore amica. Con lei ero riuscita a cambiare vita: dalla ragazzina timida e insicura, tipicamente secchiona che ero all’inizio quando la conobbi, alla persona di oggi. Ok, avrò anche dei momenti di debolezza, momenti dove l’io precedente tende ad uscire di nuovo, però grazie a Buffy sono cambiata.

Alla fine, verso le undici, Dawn rientrò, seguita da Tara. Notai subito che erano nuovamente andati a fare la spesa e quando videro l’avviso di mancato pagamento, sbiancarono esattamente come avevo fatto io quando la ricevetti: evidentemente anche loro due si erano completamente dimenticati di dover pagare la bolletta.

“Questo è un vero problema, che possiamo fare?” domandò Tara, quando ci sedemmo tutti e tre a fare il punto della situazione.

“Non lo so. E’ comunque evidente che non possiamo continuare a ignorare la cosa, altrimenti può finire che ad un certo punto ci sfratteranno” risposi, e in quell’istante con orrore mi immaginai quel terribile giorno.

“Secondo me l’unica soluzione, ve l’ho detto, è che vi troviate un lavoro” ripetè Dawn esattamente come la volta precedente.

Dato che mi pareva l’unica via di scampo, dovetti accettare la proposta. E con me anche Tara. Poi però mi venne in mente un’altra alternativa che mai mi era venuta: “aspetta…e se ci rivolgessimo alla banca? Potremmo prelevare il denaro che hai in eredità da Joyce”

“Un prestito?” fece Dawn sorpresa. Fu per un attimo che le si illuminarono gli occhi di speranza, ma poi la ragione ebbe la meglio e nuovamente si rabbuiò. “Sono minorenne, ancora. Possono prelevare solo se si è maggiorenni e, scusami, ragazze, se non mi fido a lasciarvi il nostro codice di accesso…”

Annuii comprensiva a quella rinuncia, dettata più dalla prudenza, che da un reale rifiuto.

“Va bene, allora vada per il posto di lavoro”

Da quel giorno provammo, io e Tara, a mandare curriculum in giro nella speranza che qualcuno avesse bisogno delle nostre competenze. Purtroppo però, la stragrande maggioranza dei lavori richiedevano una specializzazione e i corsi che la fornivano, erano anch’essi talmente cari da non poterceli permettere.

Le uniche alternative erano i lavori tipo camerieri, barbieri ecc… cose al quale proprio io, e a quanto scoprii anche Tara, non eravamo minimamente portati.

La svolta avvenne circa due settimane dopo che iniziammo a mandare. Ricevetti un messaggio mail dal pc che mi dava un annuncio riguardo una ricerca di badanti per persone di una certa età.
Mi segnai l’indirizzo e ne feci parola con Tara. La mail diceva che eravamo convocate per il giorno 18 agosto alle 15 del pomeriggio.

Quando arrivò il giorno, io e Tara ci presentammo alla struttura che, ci accorgemmo, era a due passi dal vecchio liceo di Sunnydale ancora distrutto. Quando entrammo, fummo ricevuti da un signore di mezza età, alto, con capelli piuttosto lunghi, raccolti in uno chignon e la barba.

Portava una camicetta a quadrettoni e una cravattina nera.

“Ci scusi” chiamò Tara, quando vedemmo che ci veniva incontro. “E’ per caso qui il 2300 W. Carson Street, Torrace?” domandò, leggendo il bigliettino che aveva scritto, prima di uscire.
 
“Certamente!” rispose lui, sorridendo. “Buon pomeriggio, ragazze. Stavo proprio aspettando voi” aggiunse, dandoci la mano. “Se voleste seguirmi, vi faccio strada” e prese a percorrere, o meglio correre, il corridoio verso una porta laterale destra in fondo.

Giunto lì, la aprì, la chiuse quando entrammo e ci fece segno di accomodarsi.

“Allora” esordì, mettendo la punta delle dita sotto il mento, in un gesto molto caratteristico: “avete tutto il materiale richiesto?” ci domandò, cortesemente.

“Si” rispondemmo in coro tirando fuori i curriculum e le rispettive carte identitarie.

“Eccellente” disse entusiasta e rimanemmo piuttosto sconcertati quando senza neanche controllarle, ci annunciò: “siete assunte!” con un sorriso a trentadue denti.

Li per lì, restammo piuttosto sbalordite dalla rapidità e dalla semplicità della cosa, ci eravamo immaginate ben altro a dire il vero… ad ogni modo l’entusiasmo per presto si diffuse in noi e sollevate, tornammo a casa ad annunciare a Dawn la bella novella.

Prima di lasciarci, il direttore, ci aveva assicurato che avremmo iniziato il giorno successivo con la signora Eileen e il signor Arthur suo marito. Questi due avevano bisogno di un mese di assistenza, perché i rispettivi figli e nipoti avevano deciso di fare una vacanza alle Hawaii e pertanto avendo entrambe superato l’ottantina, erano piuttosto incapaci di svolgere i normali lavori domestici.

Avendo accettato con un certo entusiasmo, certe che ci saremmo trovate benissimo, annunciammo a Dawn che non si sarebbe più dovuta preoccupare, perché avremmo risolto il problema delle bollette in men che non si dica.

E così il giorno seguente, ci dirigemmo in tutta fretta, con l’obiettivo di iniziare subitissimo, all’abitazione dei signori.

Quando però entrammo, non fummo accolte come ci saremmo aspettate. Anzi una certa freddezza ci colpì come doccia gelata quando entrammo nel salotto, dopo esserci presentate.

“Questi giovani…” si lamentò la signora, indicando con disprezzo i nostri abiti, a loro giudicare, troppo trasandati.

“Beh, allora: che cosa state aspettando?” abbaiò il marito, con voce gracchiante. “Cominciate ad aggiustare i letti e a fare il bucato. Veloci!”

Di certo quello non era esattamente l’inizio che ci saremmo augurate, ma ci convincemmo che col passare della giornata le cose sarebbero andate migliorando.

Quanto ci sbagliavamo…

“Allora?” fece la nonnina affacciandosi di tanto in tanto per controllare che tutto fosse in ordine.

Continuava a farci sentire il fiato sul collo, in continuazione. Ogni cinque minuti, la sua faccia segnata dalle rughe dell’età compariva all’improvviso e sembrava si avesse preso gusto a farci sobbalzare dallo spavento.

Finito il bucato, che consisteva in una vera a propria montagna di panni alti almeno trenta centimetri; i signori avevano un grande giardino, vivendo praticamente in una villetta monolocale ad un solo piano. Perciò ci chiesero, o meglio, ordinarono di falciare le siepi e tagliare l’erba. Ci dissero di arrangiarci nel caso fossero spuntate delle serpi e di vedercela noi da sole. Con questo bel messaggio di consolazione e di motivazione, ci abbandonarono all’esterno con il sole già alto e che ci bruciava le teste.

Loro due controllavano dalla scaletta dell’ingresso indossando due cappellini tra i più ridicoli che avessimo mai visto, per proteggersi dalla luce solare.

Era passata solo mezza giornata, quando finimmo il lavoro e il pranzo per loro consistette in quattro gustosissimi sandwich ciascuno e per noi due, fu preparata una brodaglia che, quando l’assaggiammo, ci accorgemmo con disgusto che era completamente fredda.  Eravamo entrambe, tuttavia, così affamate e stremate dalle fatiche che non ci facemmo quasi caso e nel giro di cinque minuti avevamo già prosciugato il piatto.

Quando mi alzai da tavola e mi dimenticai di prendere anche le loro portate, il vecchio, del quale neanche ricordavo il nome, non essendosi neanche presentato all’inizio, mi minacciò col bastone da passeggio. Mi definì smemorata, corta di vista, e usò il termine svitata.

Dopo mezza giornata già non li sopportavo più e con me, anche Tara, sembrava essersela presa: lei che di solito era così buona dal vedere del buono in chiunque, anche lei su costoro ci aveva rinunciato quasi subito.

Mi morsi la lingua per non rispondergli a tono e feci di tutto per controllare la magia: tutto avrei saputo gestire, meno la loro rabbia nel caso avessero scoperto che le loro due badanti fossero state delle streghe. In quel caso, sarebbe accaduto il pandemonio, ne ero certa…

Stavo pensando giusto questo, quando il piatto che stavo insaponando mi scivolò dalle mani e cadde a terra, fracassandosi in mille pezzi sul pavimento.

Le urla e le imprecazioni dei due vecchi che sentii a quel punto, mi fracassarono i timpani.

“Scusatemi!” cercai di rassicurare loro, con Tara che accorse in mio aiuto, cercando di calmare anche lei quei due. “Adesso proverò a rimediare”

Mi guardai attorno esasperata, cercando di ignorare i loro insulti verso la mia persona alla ricerca di un qualcosa che potesse rimettere insieme i cocci.

Quando riuscii nell’impresa, solo allora, si diedero una calmata e tornarono a sedersi ai loro rispettivi tavoli, quasi come se nulla fosse accaduto. Ma io avevo ascoltato ogni epiteto offensivo che mi avevano gettato addosso e non potevo certamente dimenticare l’accaduto.

Presi l’immediata decisione che il giorno dopo, in comune accordo con Tara, prima di iniziare, avrei fatto loro la richiesta quantomeno del rispetto reciproco. E se avessero avuto una critica, fermarsi a quella e non passare sul personale. Perché sinceramente, dopo solo mezza giornata, e dovevo resistere un mese, già non ne potevo più.

Al pomeriggio, mentre i due si erano appisolati, e a me e Tara diedero il compito di spolverare la casa, presi Tara con me e la informai della mia decisione irrevocabile.

Fui sollevata che anche lei li considerasse esagerati e finanche maleducati. E quando decidemmo come impostare il discorso si procedette nel lavoro.

Finimmo praticamente per il tardo pomeriggio e, fortunatamente, godemmo di un’ora di riposo prima della preparazione della cena.

In quell’ora c’era la messa serale trasmessa alla tv e i due, da buoni cristiani praticanti la stavano seguendo, costringendo anche me, sebbene le avessi detto che ero di religione ebraica, a seguirla.

Avevo avuto sin da subito la netta sensazione quella mattina, di quel primo giorno, che sia la mia opinione che quella di Tara, per loro, non avesse alcuna importanza: le regole erano stabilite da loro e noi eravamo costrette ad obbedirle, come in stato di polizia. Non solo quindi fui costretta a seguirla, in tutto e per tutto, ma fui anche costretta a recitare le preghiere ad alta voce, in modo che sentissero, e con vero spirito cattolico.

“Bene. Questo sarà l’andazzo ogni giorno, ragazze” fece il padrone di casa, dopo che fu terminata la funzione, guardandoci con un ghigno maligno in volto. “Ora che abbiamo finito, forza: preparate la cena e mangiamo! Noi due preferiamo tacchino arrosto e patate, per voi andrebbe bene la cicoria, cipolle e aglio” e battendo le mani, col fare ebete, ci chiese di cominciare immediatamente.

Procedette abbastanza bene, a dire il vero, fino a quando non accadde l’imprevisto che fece si che quello fu il primo ed unico giorno di lavoro per noi due…

Stavo preparando il tacchino, e dovevo solo aspettare che fosse pronto, di li a poco, per essere tolto, quando la mia attenzione si spostò su una foto piuttosto vecchia, in bianco e nero, che comprendeva un bambino, sottobraccio ad un adulto dall’aria piuttosto severa. Ma la madre di quel bambino, che scoprii in un secondo momento, essere ora il vecchio, non c’era, in quella che avrebbe dovuto essere una foto di famiglia.

Allora provai a chiedere spiegazioni di dove fosse e di cosa le fosse accaduto. Lui, forse per la prima volta, dopo essere stato maleducato praticamente per tutto il tempo, mi disse con un tono diverso da tutto e per tutto da quello usato fino a quel momento: “E’ morta durante la guerra. Essendo ebrea e vivendo in Germania era stata portata in un campo di sterminio e l’hanno fatta fuori. Questa foto risale ai tempi della guerra e lei era già stata uccisa”

“Ma perché è andata a vivere in Germania?”

“Non è ovvio, ragazzina? Mio padre e mia madre, divorziarono e inoltre partimmo dalla Germania dopo la fine della guerra, per venire qui. A quei tempi eravamo in terra tedesca!” rispose lui, riprendendo il consueto tono brusco. “Io la odiai, quella donna: mi aveva abbandonato per sempre e solo perché ebbe la disgrazia di nascere ebrea. Fui cresciuto da mio padre, perciò, con principi fortemente cattolici perché erano gli unici che ti garantivano un minimo di sopravvivenza, da parte dei nazisti. Anche se poi, in un secondo momento, anche i cattolici praticanti che non avessero riconosciuto il Fuhrer come Cristo reincarnato, vennero anch’essi presi di mira e spediti a morire. Perciò allora, fummo costretti ad emigrare qui, perché altrimenti avremmo fatto la fine di mia madre”

“Mi dispiace” riuscii a dire, sinceramente addolorata per l’infanzia infelice di quell’uomo.

Lui non disse nulla, né ringraziò. Forse più per orgoglio personale, nel dimostrarsi forte, forse perché realmente dei miei messaggi consolatori non sapeva che farsene. Non lo seppi mai…

Invece seppi, ahimè, ciò che stava succedendo, quando mi resi conto che una forte puzza di bruciato stava uscendo dal fornello dove vi era il tacchino per i due padroni di casa.

Appena mi resi conto da dove proveniva il puzzo, mi precipitai ad estrarre il tacchino e con una nota di panico mi resi conto che era ormai ridotto ad una massa nera, tolta pochissima parte, ormai immangiabile.

Quando fu chiaro anche ai due che per quella sera, la loro cena era andata a male, ciò che ne seguì fu troppo per essere raccontato. Vi basti pensare che fummo bastonate entrambe brutalmente, dai due.

E fu allora che accadde ciò che non doveva accadere: ad un certo punto, i loro bastoni si bloccarono  a mezzaria, rifiutandosi di fatto a colpirci e invece, si rivoltarono verso i loro stessi proprietari che li brandivano. In un primo momento ero troppo dolorante per cessare la magia che mi era involontariamente partita…poi quando mi resi conto effettivamente di quello che era successo, mi rivolsi ai due bastoni, galleggianti a mezz’aria e ordinai: “basta!” perentoriamente e quelli tornarono normali, cadendo entrambi a terra con un tonfo sordo.

All’inizio i due a terra furono a loro volta, troppo storditi per rendersi conto di quanto era accaduto; poi successivamente si rialzarono a fatica, aggrappandosi al tavolo della cucina e facendo due più due, arrivarono alla verità.

“Voi…voi due…siete” annaspò la vecchia.

“Streghe, si” conclusi io, per loro e sbiancarono all’improvviso, prima di diventare violacei i loro volti.

“Adesso si spiegano tante cose…ecco perché lei, ragazzina, bestia di Satana, non voleva ascoltare la messa…è una posseduta!! Arthur caro: abbiamo il diavolo fra noi!! Come caspiterina è potuto succedere??” si agitò la nonna, con gli occhi fuori dalle orbite e fuori di sé.

Afferrò dalla credenza un vecchio soprammobile di porcellana e, chiedendo pieno sostegno al marito, lo lanciò con tutta la sua forza contro di noi. Il soprammobile mancò il bersaglio e si andò a schiantare contro la cornice di un quadro che raffigurava una copia della natura morta di Monet. Il vetro del quadro si ruppe in mille pezzi al contatto con il soprammobile e con un ululato di disperazione la vecchia, invece di arrendersi, afferrò un secondo soprammobile intimandoci di fuggire via, altrimenti avrebbe chiamato l’esorcista e l’FBI per presenza demoniaca in casa.

Quando il secondo soprammobile venne lanciato, nuovamente mancando il bersaglio, io e Tara fummo costrette a lasciare la casa, in parte sollevate perché quel calvario fosse terminato molto prima del previsto; dall’altra però estremamente abbattute per aver perso l’unica occasione per lavorare e portare quantomeno un sostegno economico per il mantenimento della casa. E, nel frattempo, il giorno dopo giunse una terza e una quarta bolletta da pagare…

Ma prima di tutto questo, ci tengo che venga messo a punto un altro fatto che accadde quella notte. Eravamo ancora profondamente turbate da come si fosse conclusa la giornata e Dawn ne era stata messa al corrente, quando decidemmo entrambe di andare a letto molto presto, senza mandar giù nulla, Dawn aveva da poco terminato di farlo.

Messomi a letto, insieme a Tara, mi addormentai subito, totalmente stremata.

Dapprima sognai che in realtà il lavoro doveva ancora cominciare e che non era assolutamente vero tutto ciò a cui avevamo assistito quella giornata tremenda… poi il sogno venne bruscamente interrotto da un altro…


Mi trovavo in un luogo di perdizione e di fiamme ovunque. Ovunque mi voltassi, c’era il fuoco e un grido lacerante di anime perdute che mi faceva letteralmente agghiacciare. In mezzo alle urla, una voce tremendamente famigliare, mi raggiunse, chiamandomi per nome e implorandomi di salvarla.
Mi voltai e vidi chiaramente una ragazza dai lunghi capelli biondi, magra, dagli occhi verdi e la bocca sottile. Mi guardava implorante e a quella vista, mi svegliai di colpo e allo stesso modo, svegliai Tara.
Quella notte del 18 di agosto, quasi 19, vista la mezzanotte che era passata da poco, sognai per la prima volta, da quando non c’era più, Buffy! E il luogo nella quale l’avevo sognata, non era affatto un luogo piacevole. Tutt’altro. Era l’inferno!
E da quella notte, scioccata dall’incubo, presi in serissima considerazione l’idea di doverla salvare, in un qualche modo…

 
 
 
 

NOTE DELL’AUTORE





Eccoci qui al sesto aggiornamento di questa storia! 😊
Ringrazio chi è arrivato alla fine di questo lungo capitolo!
Ringrazio anche infinitamente Deb per le recensioni nei primi 3 capitoli della storia, e mi auguro che anche i successivi possa apprezzarli. Grazie davvero, cara!! E grazie anche a coloro che leggono silenziosamente. Se volete, anche voi potete farmi sapere cosa ne pensate finora della ff.
In questo capitolo, introduco un nuovo POV (quello di Willow) che sarà più presente nella seconda parte della storia. In questo capitolo ho voluto immaginare Willow e Tara che, avendo oramai saputo delle spese di casa Summers, non hanno altra alternativa che cercarsi un lavoro per poterle sostenere.
Ho voluto improvvisare così una loro piccola avventura, finita senza dubbio assai male, per entrambe…
Per quanto riguarda l’ultima parte, ci troviamo ad un punto di svolta, come vedrete in seguito. Non mi ha mai entusiasmato moltissimo l’idea che Willow immaginasse da subito che Buffy potesse essere in pericolo (e inoltre, prendendo per vera questa ipotesi la storia a parer mio sarebbe risultata fin troppo banale…). Secondo me, si è fatta un’idea man mano. Non so se per mezzo di un sogno/incubo come ho descritto qui, ma senza dubbio deve essere stato uno shock piuttosto forte per farle pensare una cosa del genere. Qualcuno potrebbe dire: ha fatto il collegamento con Angel (e dal telefilm in effetti emerge questa motivazione), però anche qui…possibile che non avesse fatto il collegamento: Angel pluriomicida, mentre Buffy salvatrice? Ecco che secondo me, un incubo con Buffy all’inferno, può essere una motivazione valida per crederla realmente in pericolo (e a differenza di Dawn e Spike, lei crede di aver avuto appunto una visione veritiera della situazione)… .
Ad ogni modo, se l’idea non vi convince/piace siete liberissimi di esprimere le vostre perplessità!! 😊
Vi ringrazio di nuovo e vi auguro una buona domenica! Vi do appuntamento a venerdì prossimo!!
   
 
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