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Autore: Ghostclimber    23/05/2021    2 recensioni
Una breve bromance 3359, ispirata da una scena di Scrubs.
A dimostrazione che ogni tanto il sole riesce a fare capolino anche quando il cielo promette tempesta.
Per arashinosora5927
Genere: Comico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hayato Gokudera, Ryohei Sasagawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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じゃあ、また明日な!
小さな約束
笑顔で交わした

(Jyaa, Mata ashita na!
Chiisana yakusoku
egao de kawashita)

(E allora a domani!
E' una piccola promessa
che ci scambiamo con un sorriso)






Gokudera si svegliò pian piano, come se invece di riacquistare conoscenza stesse nuotando per uscire da una vasca piena di melassa.

Poco a poco divenne consapevole del caldo ruvido sotto la schiena, quasi ustionante sotto ai polpacci lasciati scoperti dagli shorts ma in qualche modo piacevole nei punti in cui la stoffa creava una sorta di barriera tra lui e il terreno.

“Nnng.” disse, cercando di voltare la testa per capire almeno dove diavolo fosse.

“Oi, Testa a Polpo, ti sei svegliato!” era la voce di Ryohei, ma era in qualche modo diversa, più pacata, per quanto fosse assurdo anche solo accostare i vocaboli “Ryohei” e “pacato” nella stessa frase.

“Dove cazzo sono?”

“Siamo nel parcheggio del konbini, quello con il canestro.” Gokudera focalizzò. Ma certo, si era messo ad accettare la sfida di Ryohei come un imbecille, certo che le sue conoscenze teoriche sul basket l'avrebbero aiutato a sconfiggere quel dannato iperadrenalinico.

“E che cazzo ci faccio qui?” chiese.

“Sei svenuto dopo aver tentato uno slam dunk estremo.” Gokudera ricordò di aver tirato una pallonata contro l'anello del canestro per poi cadere a terra, come al rallentatore, e di aver pensato che era una benedizione che il Decimo non fosse stato lì a guardarlo. Sarebbe morto di vergogna.

“E tu che cazzo ci fai qui?”

“Mi sono sdraiato di fianco a te, così la gente pensa che ci stiamo rilassando.”

“Testa a Prato, io...” Gokudera non seppe proseguire. L'idea di Ryohei era tanto stupida, tanto innocente, tanto schifosamente adorabile da lasciarlo senza parole.

“Senti, Testa a Polpo...” disse lentamente Ryohei. Gokudera voltò la testa verso di lui e attese una continuazione. Si aspettava di vedere i suoi occhi grigi fissarlo con quell'insopportabile espressione decisa, quella che odiava perché sembrava lasciar intendere che nessun problema fosse insormontabile e che bastava prendere a cazzotti le cose per migliorarle. E invece, Ryohei aveva lo sguardo fisso verso l'alto. Le nuvole che correvano rapide nel cielo quasi sereno sopra a Namimori proiettavano ombre instabili sulla sua carnagione, lievemente ambrata per l'abbronzatura che si era guadagnato andando in giro a correre per ore ed ore.

“Io non lo so che cosa stai passando o che cos'hai passato. E capisco se non ne vuoi parlare, ogni tanto capita. Però te lo devo dire, lo vedo che ti stai trattando estremamente male.”

“Che diavolo vorresti dire?”

“Mangi poco. Sorridi troppo, soprattutto di fronte a Sawada. Tu sei uno che si sta raccontando la puttanata che va tutto bene. Non va tutto bene, Testa a Polpo.”

“Ma cosa...”

“Non va tutto bene, ma ti prometto una cosa: andrà bene. Non oggi, magari non domani e nemmeno tra due anni, ma un giorno andrà bene.”

“Ma che ne sai tu, Testa a Prato?” sbottò Gokudera.

“Più di quanto pensi.” rispose Ryohei, poi si alzò con una mossa che Gokudera aveva visto solo in un film di Bruce Lee: sollevò le gambe e il bacino, si diede la spinta e saltò in piedi.

Gokudera si sollevò seduto, con la bocca aperta: aveva sempre dato per scontato che fosse solo un effetto grafico, nulla nella conformazione dei muscoli umani dava ad intendere che una mossa del genere fosse possibile.

Ryohei si voltò. La serietà era scomparsa dal suo viso, per lasciare il posto alla solita espressione entusiasta... ma Gokudera notò per la prima volta che il sorriso non si estendeva fino agli occhi. Li incurvava appena, questo sì, ma gli occhi di Ryohei restavano seri e quasi addolorati. Il boxeur tese una mano verso di lui e disse: “Alza quel culo secco, Testa a Polpo! Ti riporto a casina!” Gokudera esitò.

Poi, allungò una mano e schiaffeggiò quella di Ryohei, che lo ghermì per il polso e lo trasse in piedi. Si avviarono, fianco a fianco, poi il braccio di Ryohei si schiantò sulle spalle di Gokudera, che cercò di divincolarsi: l'odore di sudore non era nella top ten dei suoi preferiti. Ma ovviamente, cercare di opporsi alla forza fisica di Ryohei Sasagawa era un po' come cercare di invertire il moto della Terra sul suo asse con la forza del pensiero, per cui Gokudera fu costretto ad arrendersi; il massimo che poté fare fu voltare la testa dall'altra parte e cercare un po' di ossigeno.

Giunti di fronte al condominio dove Gokudera abitava, finalmente Ryohei lo lasciò andare.

“Beh, allora ciao. E...” Gokudera prese un bel respiro per farsi coraggio: “E grazie.”

“Non c'è di che, è stato divertente all'estremo!” rispose Ryohei. Gokudera roteò gli occhi.

“A domani,” aggiunse Ryohei. Il suo tono, di nuovo più serio e pacato, fece breccia. Gokudera lo guardò e Ryohei piantò gli occhi nei suoi, sorrise, poi proseguì: “Dirsi 'a domani' è un po' come farsi una promessa, non trovi?” Gokduera sorrise appena di rimando, poi lo guardò andare via, le mani ficcate nelle tasche dei calzoncini, il passo pesante e rozzo di chi è abituato a tenere le gambe larghe sul ring per assicurarsi maggiore stabilità.

Dopo qualche passo, Ryohei tolse le mani dalle tasche, abbozzò due pugni contro il nulla e cominciò a correre, una figura solida e scura contro lo sfondo del sole al tramonto.

 
   
 
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