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Autore: deathinside    25/05/2021    2 recensioni
[kuroken]
- 'E con un altro corpo, con un'altra anima, mi ricongiungerò a te.'
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kozune Kenma, Tetsurou Kuroo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-so if you love me, let me go
and run away before I know;
my heart is just too dark to care,
i can't destroy what isn't there.-
[snuff- slipknot]


Stai bruciando il tuo tempo.
E nient'altro, Kuroo.

Potresti impiegarlo diversamente, con compagnie più piacevoli, attività più interessanti, luoghi meno noiosi. Potresti essere lì fuori, divertirti, dare un senso alle giornate dei cosiddetti anni migliori della nostra vita; potresti trasformare il tuo perenne sorriso sornione in una di quelle tue risate vere.

Potresti colorare le ore che ti ostini a trascorrere al mio fianco di tutto ciò che meriti di sentire, vivere, essere. Invece per qualche assurda ragione io mi volto e sei qui. Non mi abbandoni, non te ne vai nemmeno oggi; resti qui, anche se non riesco mai nemmeno a guardarti e fartelo capire sul serio quanto tu conferisca al mio tempo una familiare parvenza di felice normalità; ma so che forse ti sforzi -oppure non lo senti- di ignorare quanto di amaro sappia, annebbiato come sei dalla tua assurda devozione.

Ti sto privando di tutto quello che meriteresti. E quello che meriteresti, probabilmente è tutto quello che otterresti se non continuassi a bruciare momenti preziosi rinchiuso nei fili di tacite promesse che ti sei sempre sentito in dovere di fare.

Il rumore cadenzato delle tue dita a sfogliare le pagine di un altro manga, i sospiri che mal trattieni che ti escono stanchi dalle labbra, il fruscio del tessuto della tuta sul pavimento quando cambi pigramente posizione; li ascolto ogni giorno, a malincuore, fondersi con la colonna sonora dell'ennesimo video gioco da cui non stacco gli occhi nemmeno un secondo, perché anche se non me lo faresti pesare mai, la mia colpa è qui, ed io la sento, grave e onerosa, ad aleggiare con il mio egoismo e dispiacere.

E vorrei davvero smettere, Kuroo. Vorrei davvero smettere di costringerti a restare. Vorrei davvero che la mia anima non affogasse tanto nel suo stesso egoismo da trascinarvi anche te, nel suo turbinio di bolle e schizzi che annienta entrambi.

Io ho bisogno di te, per non rendere vana la mia esistenza; tu per dare valore alla tua hai bisogno di fare a meno della mia presenza. Invece continui a gravitarmi attorno, stringi i denti, inghiotti il sangue con la saliva e sacrifichi te stesso, e per che cosa, precisamente?

Tu che hai sempre rattoppato gli strappi, guarito dalle bruciature, soffocato la mia stessa negatività annacquandola con la perfezione di te stesso; che ti sei rifiutato di lasciarmi andare anche con tutte le ragioni per farlo. Che mi rincorri, mi afferri un secondo prima cada nel baratro, mi tieni a galla, ed ogni volta ci lasci un pezzetto di te; che reprimi il tuo dolore per fare spazio al mio, battagli i miei stessi mostri pur di risparmiarmi le ferite.

E più ti faccio cenno di rinunciare, più scuoti la testa e ti metti a scudo di fronte a me; ed io non ti ripago in alcun modo, le mie stesse preghiere di abbandonarmi arrivano fievoli alle mie orecchie, figurarsi le tue.

Perché ti dico di allontanarti, ma tengo comunque una mano poggiata sulla tua spalla, che da solo non mi reggerei; ti indico la strada opposta alla mia, e nella tua tasca faccio scivolare la mappa per ricondurti a me; ti spiego come e perché dovresti disintossicarti della mia esistenza, ma quando annuisci pongo le labbra sulla tua fronte e ti contamino di nuovo. Perché ti mostro l'acqua per spegnere le fiamme di questo che chiami affetto, ma all'ultimo la sostituisco con benzina; ed alimento io le lingue di fuoco che ti smembrano, cercando di sostituire le carni con la cenere.

Forse c'è del maligno perfino in te, Kuroo, perché approfitti delle mie debolezze per non separarti da me e condurre questa guerra senza speranza.

Il nostro è un gioco mortale, dove tu sei troppo scioccamente disposto ad immolarti per me, ed io occupato a troppo vilmente cercare di compiere patetici tentativi, fallaci già in partenza, di farti desistere.

E tu ridacchi piano, cospargi di zucchero l'amaro che mi esce dalla bocca e mi accarezzi le labbra, come a voler togliere i dubbi che vi si annidano; fai svolazzare la mano e mi baci, ma alla fine anche quelli sono amarognoli, che ricordano quanto non dovresti essere qui attorcigliandomi da dentro e scuotendomi tutto.

Una volta i nostri baci sapevano di tutto e di niente; sapevano del tuo amore e della mia pallida imitazione di quello, di ciò che ho sempre sperato potessimo essere e tu tuttora credi siamo: persone che si amano, fanno sorridere l'altra con una smorfia e riempiono e svuotano che si tengono l'uno nella mano dell'altra.

Il reciproco pensiero ha smesso da tempo di farci sorridere, vero?
Io penso solo a quanto orribile possa essere come ti stia ammazzando a poco a poco, e tu sì, forse li sollevi anche, gli angoli delle labbra, ma non la senti quella morsa, quella cappa sul cuore che cela coltelli ad affettartelo?

E cerco a tentoni il coraggio di di mandarti via nelle ombre del mio egocentrismo, nel fumo del fuoco in cui ti getto ad occhi aperti , nelle mie stesse debolezze e falsità.

Tu, come il ritornello di una canzoncina spiacevole resti accanto a me, come fa quello in testa, senza azzardarti nemmeno per un secondo a mollare la presa; ed io ti spiego come queste sensazioni mi soffochino, ma tu affermi che sono vane, perché nulla è più puro dell'amore che riponi in me.

Ed io penso che se anche vi fosse mai effettivamente stato, tale amore si è già sporcato nei meandri di me stesso, è già putrido della mia essenza e rovinato dal mio marciume. Ma le parole si intrecciano alla lingua e non parlo, non respiro; per un certo lasso di tempo mi uccidono le stesse spire con cui ti anniento un po' di più ogni giorno, e in quegli attimi è meraviglioso soffrire quanto soffri tu ed illudermi di star prendendo per me quel dolore a te destinato. Quindi sorrido, tu lo interpreti come una dissipazione di ogni incertezza.

Ma in realtà siamo solo alla conclusione di questo arco infinito, e tu riinizi a soffrire, e se te ne accorgi, oh dio, Kuroo, e se te ne accorgi non fai nulla! Fuggi, te ne prego; ne ho bisogno, perché non desidero distruggerti invaso dall'impotenza per le mie stesse azioni. Vai via, lontano, nel momento in cui non starò lì a guardarti; vai via, salvati dall'inferno verso cui ti faccio scendere uno scalino in più ogni secondo che passa.

Non ho nulla da offrire agli altri, né a me stesso; o meglio, forse qualcosa c'è, ma è tanto denso ed orribile che chiunque si ritrae, chiunque rinuncia; così spesso che io stesso ora provo la stessa repulsione: le paludi del mio essere spaventano anche me, ma ho imparato a conviverci, non conducendovi dentro nessuno, coprendo la loro vista con vetro dipinto.

Ma tu quel vetro, Kuroo, l'hai distrutto, e nella morte lenta e sporca hai visto vita pura e felice, nelle paludi laghi cristallini, e odi stormi di passeri sopra le nostre teste invece che corvi e sibili. Così ingenuo, così illuso, così pieno di speranza di vedere del buono perfino in me, io che dentro ho l'antitesi della virtù e la camuffo con finti veli di innocenza.

In altri tempi forse non ero nemmeno così, oppure sto parlando a sproposito e semplicemente dimentico di essere così deturpato nel cuore da tempo immemore.

Però so che mi hanno strappato il sorriso. So che l'hanno strappato, accartocciato e gettato via, lontano; e credo di sperare di non poter sapere mai se per me esiste la possibilità di cambiare, perché anche se dovesse accadere, fino ad allora resterei ancora vivo, ed alimenterei ancora il male che ti prosciuga.

E di allontanarti te lo urlo nel mio silenzio, ma hai le orecchie foderate di zucchero filato, boccioli di rose a fiorire sulle labbra e stoffe morbide sugli occhi. In un altro corpo, con un'altra anima, Kuroo, ti avrei dato tutto l'amore che meriti, tanto da asfissiarti con esso; in un altro corpo, con un'altra anima, non avrei saputo fare qualcosa che non fosse prendermi cura di te.

Ciò che conta ora, tuttavia, è comunque il fatto che ora non sappia farlo e sia solo in grado di toglierti la vita inutilmente. Questo voglio mettere in chiaro: la colpa non è mai risieduta, non risiede né risiederà mai in te. La colpa è in me. La colpa, dannazione, è me.

Perciò ti prego ancora una volta, Kuroo. Scappa, fuggi, lasciati indietro la distruzione, cerca una purezza vera, trova i colori. Con me insegui una bandiera che altro non è se non un triangolo di lino sospinto dal vento, parole dal senso vuoto, connesse tramite una logica inafferrabile poiché inesistente; va' via senza voltarti nemmeno una volta, e ti prego, vivi.

Fa che domani non ci sia nessun Kuroo Tetsurou ad attendermi sotto casa. Fa che domani non ci sia nessun Kuroo Tetsurou a cercarmi nei corridoi, spartire con me il suo bento perché "potresti anche mangiare di più, Kyanma!". Fa che domani nessun Kuroo Tetsurou suoni al campanello, spalanchi la porta della mia stanza con un sorriso a piegargli le labbra ed un manga sotto braccio. Fa che domani nessun Kuroo Tetsurou scivoli nel mio futon ad abbracciarmi, darmi calore, colorarmi a costo di divenire bianco opaco lui stesso; e fa che domani nessun Kuroo Tetsurou mi baci di notte, poggiando labbra che sanno di tutto quello che potremmo essere sulle mie, accarezzandomi con mani roventi che non fanno male.

Quando uscirai di casa, oggi, non voltarti. Non guardarmi con quegli occhi ambra pieni di dolce e languido, non baciarmi fondendo i nostri respiri come se ne andasse della nostra vita; non toccarmi, perché ridiverrei vile, e mi ritroverei con l'egoismo alla gola ed un pugno di mosche nella mano.

Non sono stato altro che un parassita, per te; ho essiccato le foglie, fatto cadere rovinosamente i petali, spezzato il gambo e succhiato via con avidità la ninfa vitale. Mi sei appassito sulla pelle finché non è rimasto altro che uno stelo sottile e fragile, lembi di fiori colorati aspri, gemme acerbe già morte.

Prega che io non sia in ritardo, quindi raccogli quella fogliolina un po' più verde e stringila, stringila forte, e falla cadere solo quando fin l'ultima goccia di vita sarà in te. Non voltarti mentre vai via, prosegui dritto; togli la mia mano dalla tua spalla, ignora la mappa nella tua tasca e prendi l'acqua prima che la trasformi in benzina.

Se mi ami quanto dici di fare.

E scriverò sulla tua pelle, mentre non mi vedi, che in un altro corpo, con un'altra anima, tornerò e ti amerò senza distruggerti. In un altro corpo, con un'altra anima, sarò tutto ciò che meriti, a cui potresti aspirare, di cui potresti avere bisogno. Sarò il fiore da essiccare, la stella da cui farti guidare, e la mappa che ti condurrà a me farò sì che sia quella con la strada per la felicità.

Ma adesso non posso esserlo, qui. Perciò fuggi scappa e non guardare verso di me, te ne prego. Dimenticami; ma la mia promessa sarà sempre lì, con te, anche quando sarai morto anche tu e non rimarrà altro che un pallido e gracile scheletro: quelle parole si incideranno sulle ossa.

E con un altro corpo, con un'altra anima, mi ricongiungerò a te.
Ma adesso va' via.

   
 
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