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Autore: Nuel    25/05/2021    2 recensioni
Bucky non è tranquillo da quando Zemo è rinchiuso al Raft o, forse, è la lontananza dal Barone a tormentarlo.
[BuckyxZemo] – [post "The Falcon and the Winter Soldier"]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, James ’Bucky’ Barnes
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Una piccola premessa prima di cominciare.
     Non so scrivere le flash, quindi questa è stata una sfida e, un po', anche una necessità dato che il tempo a disposizione è sempre poco.
    So che la coppia è strana, che probabilmente anche una mini-long con campitolo flash è strana, ma questa storia è nata così, voleva questa forma e, prima di scrivere l'ultimo capitolo, in cui cito 'la forma intrinseca della storia', questo era il suo titolo perché si riferiva alla sua forma.
     La mia otp in questo fandom rimane la Stucky, ma credo che Steve vada punito per aver lasciato Bucky, quindi questa è un po' la mia "vendetta trasversale" su di lui.
     Non siate troppo severi. ♥

Fan art: ©Max Kennedy


La forma intrinseca della storia 


 
 
 
Mercoledì
 
«Non mi aspettavo una tua visita, James».
     Eccolo di nuovo lì, sul divano della dottoressa Raynor, a sfuggire il suo sguardo mentre cerca risposte a domande che non ha il coraggio di fare.
     La dottoressa apre il blocchetto degli appunti.
     Bucky sbuffa. «Non serve che prenda appunti». Ha il tono annoiato. È il suo modo di difendersi, minimizzare; è stato lui a chiamarla, a chiederle quell’incontro.
     Lei chiude il blocchetto, ripone la penna sopra la copertina. «Di cosa volevi parlare?».
   Lui si umetta le labbra, inclina la testa. Si fissa le mani in grembo. Non è seduto in modo proprio educato. «Ho conosciuto una persona», comincia. La dottoressa non lo interrompe. Dopo mesi di terapia sa che non deve forzarlo quando lui vuole parlare. «Il modo in cui mi fa sentire…». Sospira. Dovrebbe dirlo e basta.
     «È positivo fare nuove conoscenze, James», lo incoraggia. Fredda e professionale, la dottoressa non passa mai il limite. A volte lui vorrebbe che lo trattasse come una persona, non come un paziente, un caso.
     Bucky sorride. Sbuffa, più che altro, però sorride. «Quando sono con questa persona, io…». Solleva le braccia, le lascia ricadere sulle ginocchia. Non sa davvero cosa dire. Scrolla la testa, sbuffa di nuovo.
     «C’è stato qualcosa?». Questa volta lei lo incalza.
     «Qualcosa?», chiede lui, come se non avesse capito. «No. No! Questa persona mi ha solo… toccato». Gli ha toccato il viso. Solo toccato. Non proprio una carezza né qualcosa di gentile, anzi, era una beffa, ma… le sue dita sulla pelle. Gesù! Le sue dita sulla pelle…
     «Cos’hai contro i pronomi, James?», chiede la dottoressa. Lui la guarda senza capire davvero, questa volta. «Continui a dire “questa persona”. È un problema, per te, che sia un uomo? Lo sai che i tempi sono cambiati. Adesso due uomini possono mostrare apertamente il loro amore. Possono convivere, sposarsi…».
     «Come… Come sa che è un uomo?».
     Lei lo guarda con compassione. Sa che non sarebbe lì se si fosse trattato di una donna, di una rossa procace e frizzante, magari. No, in quel caso, non sarebbe su quel divano. «Hai detto che ti ha toccato. Ti ha baciato?».
     James scuote la testa. «Mi ha solo…». Solleva una mano e mima il gesto. Una carezza, no: una presa al mento. Forse non era stato proprio così, ma non ha buona memoria. A volte si confonde. A volte mescola i sogni con la realtà.
     «È un gesto piuttosto innocente. Sam non ti ha mai toccato in quel modo?».
     «No!». Bucky fa una smorfia. «Noi ci scambiamo pacche sulle spalle». Gesti da camerati, da amici. Non c’è nulla di fraintendibile in una pacca sulla spalla.
     La dottoressa Raynor sorride. «Allora, forse dovresti frequentare quest’uomo e vedere cosa succede».
     Bucky la fissa, incredulo. Dovrebbe frequentarlo? Non era quello che voleva sentirsi dire? Aveva bisogno di un’autorizzazione o qualcosa del genere.
     Si alza e infila le mani nelle tasche. Si passa di nuovo la lingua sulle labbra secche. «No», sospira. «È troppo tardi. Non ci vedremo più».
 
[Parole: 500]
 
   
 
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