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Autore: meiousetsuna    26/05/2021    6 recensioni
Scritta per il compleanno della dolce Keiniku - mille di questi giorni! Anzi, migliaia di anni! *-*
L'Apocalisse è sventata, e forse ora Crowley e Aziraphale possono lasciarsi andare a una bella serata a base di alcol, un'immensa quantità di alcol. E forse non solo.
Potrebbe avere un seguito...
Un bacio Ineffabile,
vostra Setsy
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buon Ineffabile compleanno, Keiniku-chan!

If you want a lover (I’m your man)

Crowley si è lasciato andare con un gesto plateale sul divano scozzese di Aziraphale, e malgrado la testa gli giri vorticosamente non può fare a meno di biascicare qualche commento del tipo ‘non ho mai visto qualcosa di così brutto tanto da vicino’, ma a dire la verità è una protesta vuota e lo sanno ambedue.
È tutto finito; la paura di vedere il mondo andare in briciole, di assistere alla distruzione di ogni cosa che piace loro. L’idea semplicemente terrificante di ritrovarsi di fronte a lottare per la propria vita – la morte dell’altro – è svanita come ogni incubo che si rispetti al primo accenno di luce.
Troppo alcol, ecco la verità. Non che ambedue le creature sovrannaturali non siano assuefatte al buon vino, o al cibo delizioso – in un caso – oppure a eccedere fino a scacciare la tristezza, la desolazione più nera – nell’altro. Il punto è che tutto è differente, e se bere in compagnia di qualche umano inconsapevole porta solo ubriacature tristi, quella sera è stata una festa; ogni bicchiere è sceso in gola come una carezza voluttuosa, il sapore del sole che ha incendiato l’uva di rosso e il profumo della vendemmia intrappolati in ogni goccia. Crowley non è abituato a godersi davvero niente, malgrado sia stato lo scopo della sua esistenza cercare edonistici piaceri; ma è solo su quell’orrendo sofà che ha la consapevolezza di rilassarsi dopo qualche migliaio di anni. La libreria è deliziosamente silenziosa a quell’ora antelucana. Non che di solito ci siano troppi clienti, visto come vengono trattati, ma insomma è differente.
La sensazione di essere solo in una folla si è capovolta, perché l’angelo che è di fronte a lui se l’è portata via. Ora sono solo in due, e Crowley si sente sopraffare come di fronte a un plotone di esecuzione.
“La mia sedia preferita non è così comoda, ma ha un certo stile”.
Non poteva dire una cosa meno stupida? O meno offensiva? Ma Aziraphale gli rivolge il sorriso di chi non ha alcuna intenzione di farsi trascinare in discorsi futili. Si avvicina lentamente misurando ogni passo, e se il demone avesse ancora un soffio d’aria da sprecare gli direbbe con fare sardonico che è una sua specialità, ma insomma, alla fine resta in silenzio.
Quando si siede sull’orlo del divano e si abbassa per nascondere il viso nell’incavo della sua spalla ha un leggero tremito, ma dura solo un istante. Con un riflesso meccanico la sinistra di Crowley si è tuffata nei suoi capelli chiari, come se non aspettasse altro, come se quel vuoto tra mandibola collo e clavicola fosse stato offeso di restare ignorato dall’eternità.
“Mi sono comportato male con te”. È proprio l’unica cosa che riesce a dire, e non ci mette umiltà da bravo abitante del paradiso, accidenti, anzi, si sente che gli è difficile.
“Non m’importa”. Bè, non che a orgoglio demoniaco Crowley stia messo molto meglio, sono una vera coppia di strambi, per questo si sono piaciuti da subito. E tanto, anche.
E adesso? Il demone è confuso, maled… benedizione a chi ha inventato gli alcolici! Forse c’entrano qualcosa, per altro, ma ora non lo ricorda. Sa soltanto che non potrebbe sentirsi meglio, tranne per le pareti che, inopportune, girano intorno a loro, ma piano.
Forse si è addormentato da bravo serpente stremato e sta sognando, perché gli pare che Aziraphale lo stia baciando sulle labbra, ora. Sa di fiori, di rugiada e di primavera, e anche un po’ della torta al doppio cioccolato che ha divorato facendogli torcere le viscere e il cuore, un po’ del vino pregiato che ha bevuto.
Il demone ricambia con una dolcezza che non credeva di possedere, ma evidentemente non basta. Aziraphale posa insicuro un ginocchio tra il fianco sottile del suo compagno e la spalliera del divano, e quando non trova opposizione si siede in braccio a lui, intensifica il bacio, mentre Crowley, con un mugolio soffocato, lo afferra in ogni modo per essere sicuro di non vederlo smaterializzarsi via. Dalla nuca, dai capelli, dalle maniche del cappotto, ogni cosa è un’ancora di salvezza.
Aziraphale si strofina lieve su di lui, facendogli esplodere interi firmamenti dietro gli occhi e chiedere quanto potrà resistere in quelle condizioni. Poco, a quanto pare, perché si rialza posando la schiena sul bracciolo e piegando le gambe.
“Cosa vuoi che faccia, angelo?”
La voce è impastata di desiderio e di paura e di qualcosa che spezza l’ultima parola, ma la risposta è così semplice e giusta. Le mani forti di Aziraphale lo riportano giù, steso com’era prima, poi scorrono in punta di dita a scoprire le linee del suo corpo attraverso la cortina degli abiti neri.
“Non so bene cosa sto facendo, mio caro, temo di essere molto ubriaco”.
Crowley sogghigna per quel tentativo di mantenere la facciata, o forse il pudore, e malgrado la tensione tra le gambe sia insopportabile si sente sciogliere il cuore.
“Lo sssai bene, angelo. È bellissimo”.
Le parole sono soffiate, con quel sibilo che l’eccitazione gli vieta di trattenere, e per un attimo – che dura un’altra eternità – fa temere al demone di aver rovinato tutto.
Ma Aziraphale gli prende una mano e la posa sul proprio cuore accelerato, sospira, e torna a prendere possesso della sua bocca, sentendolo tremare.
“Allora non sono certo che dovrei…”
L’espressione indignata di Crowley è irresistibile, e una risatina luminosa affiora sul viso morbido dell’angelo, e il bisogno di averlo ancora più vicino diventa qualcosa di famelico e disperato.
Non è la prima volta per Crowley, si ricorda com’è avere un uomo addosso, ma il peso concreto del suo amato in carne e ossa è una meraviglia inenarrabile. Gli tocca le cosce salde, strattona via il soprabito ingombrante, ma poi rallenta, non vuole che finisca presto. Tre giorni sembrano una previsione accettabile. Aziraphale sembra il più tranquillo dei due e ci sarebbe una certa ironia nella cosa, se qualsiasi emozione non rischiasse di sottrarre attenzione a quello di magnifico che sta succedendo. Ora è la giacca di seta nera a volare via, e i pochi bottoni allacciati della camicia.
Quando l’angelo raggiunge i fianchi e passa i pollici sull’orlo dei pantaloni Crowley non può fare a meno di inarcarsi e tendersi, poi fissa su di lui gli occhi dorati.
“Dovrei rendertelo più difficile, bastardo”.
“Non mi fermare, tesoro”.
C’è vera preghiera in quella voce e il demone vorrebbe sprofondare, anzi no! Vorrebbe essere proprio dov’è, ma senza deludere il suo angelo, non lo potrebbe sopportare.
“Non farlo, sai che scherzo. Lo sai, vero?”
Aziraphale riflette qualche secondo, sufficiente a Crowley per andare a fare un metaforico giretto al quartier generale e tornare.
“Certo che lo so!”
Ora Aziraphale non sembra davvero così ebbro, non di vino, almeno.
“Sei solo un…”
Il resto della frase muore annegando in un bacio bollente, si perde da qualche parte sulla sua pelle calda, evapora nell’aria, per tornare, infine, nell’azzurro degli occhi che lo amano.

 ≈ Fine ≈

I’m Your Man (Leonard Cohen)

 

  
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