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Autore: MusicAddicted    30/05/2021    10 recensioni
Il problema, o almeno uno dei problemi principali fra Jessica e Killgrave, è che non si capiscono, non sanno com’è la vita dell’altro/a, non sanno com’è avere il potere dell’altro/a…
E se le cose cambiassero? Se loro cambiassero? Letteralmente!
Una fanfic follissima (?) che parte dall’episodio 1x7 ‘AKA Top Shelf Perverts’ e poi degenera!
Genere: Commedia, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jessica Jones, Kilgrave
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chapter III: When what’s mine is yours
 

Jessica’s POV

”Non te l’aspettavi, vero?” gongola Killgrave, “Vieni, te la mostro!” mi prende per mano.

Sono ancora così sconvolta che non mi divincolo nemmeno e mi faccio trascinare da lui e dal suo entusiasmo.

Percorriamo il vialetto e giungiamo alla porta, quando sembra accorgersi di qualcosa.

“Uh, è vero, potrei sempre buttarla giù con un calcio,” ridacchia Killgrave, recuperando uno dei bagagli. “Ma sarebbe così poco decoroso, soprattutto se hai una valida alternativa,” mi spiega, aprendo la tasca frontale del trolley.

Ne estrae un mazzetto di chiavi, una delle quali si inserisce perfettamente nella serratura.

“Benvenuta a casa tua, Jessi!” sorride lui, aprendo la porta.

Siamo solo all’ingresso e sono già assalita dai ricordi, è tutto così identico a come lo ricordavo, ogni dettaglio, ogni mobile, ogni cazzo di quadro.

Mi sembra di essere sul set di un film horror, stile ‘Le case morte viventi.’

Abbiamo giusto il tempo di percorrere un corridoio, prima che un uomo e una donna di mezza età, vestita da cameriera lei e da cuoco lui ci vengano incontro.

“Su ci sono le nostre stanze…” continua a farmi da cicerone la rovina della mia vita, incurante del loro arrivo.

“Mr. Killgrave, è tornato!” esclama la donna, con un forte accento Sud Americano.

“Ed è anche in compagnia, vedo.” aggiunge l’uomo, che il suo accento sa mascherarlo meglio.

“Alva, Laurent, lei è Jessica e sarà nostra ospite per un po’, trattatela meglio che potete,” mi presenta a loro Killgrave, con un gran sorrisone.

Un momento.

Come immaginavo, i due domestici lo stanno guardando sconcertati, ma non si azzardano a fare domande.

Mi giro anche io verso di lui, fulminandolo con lo sguardo.

E dire che fra i suoi pregi ho sempre riconosciuto che fosse piuttosto intelligente e perspicace.

“Cosa c’è?” si acciglia lui. “Oh, cazzo!” sembra arrivarci, finalmente.

E me ne dà prova nel mio pieno stile.

Faccio quello che non credevo di dover rifare, non così presto almeno.

Ricorro al suo potere. Un’altra, dannatissima, ma necessaria volta.


“Io e Jessica torniamo subito e mentre ci aspettate dimenticate quello che vi ha detto poco fa!” pondero bene ogni parola del comando che do a quei due sventurati.

Trascino con me fuori dalla casa Killgrave, tanto la porta principale è rimasta aperta.

 

“Idiota, ricorda che tu adesso sei me… quando mai hai visto un ostaggio presentare la sua prigione e il suo staff al proprio carnefice?” cerco di ragionare con lui.

“Hai ragione, non ci ho proprio pensato,” riconosce lui, guardando a terra con aria mesta. “Ė che non vedevo l’ora di mostrarti quello che ho fatto per te,” si rianima, guardandomi come se fosse un giocatore di Rugby che ha appena fatto meta.

E questo paragone da dove cazzo l’ho tirato fuori?
Accidenti a tutte quelle fottute partite che mi ha fatto guardare con lui!

“E comunque c’è un errore in quel che hai detto,” riprende il discorso lui. “Non sei certo un mio ostaggio, ti ricordo che tu stessa hai accettato di seguirmi.” recupera il suo atteggiamento da spaccone.

“Perchè non ho una cazzo di alternativa!” sbuffo, alzando gli occhi. “E ora torniamo dentro, ma stavolta fai parlare me. Io agirò da allegra e compiaciuta, tu vedi di assumere un’aria cazzuta e irritata quella che avrei io.” lo istruisco e lui annuisce.

 

Stiamo per raggiungere il salotto, quando mi volto verso di lui.

“Ehmm... Killgrave, come hai detto che si chiamano?” gli domando a bassa voce.

“Alva e Laurent. Jessi, tu hai un serio problema coi nomi delle persone,” alza gli occhi lui. “Ma devo dire che il mio te lo ricordi benissimo!” mi schiocca la lingua, con uno sguardo sornione.

“Difficile dimenticare la rovina della propria vita!” bercio io, prima di raggiungere i domestici.

“Mr. Killgrave, è tornato!” esclama Alva.

“Ed è anche in compagnia, vedo.” aggiunge Laurent.

Sembra che io Killgrave abbiamo usato una macchina del tempo, invece è solo l’effetto del mio comando.

Se non altro, stavolta so cosa fare.

Indico Killgrave e mi rivolgo a loro, cercando di sembrare altisonante, come fa lui di solito.

“Alva, Laurent, lei è Jessica e sarà nostra ospite per un po’,” esordisco nel suo stesso modo, mentre lui sfoggia la mia miglior espressione rabbuiata.

Ah, ma io ho in serbo una sorpresa per te.

“Trattatela.. né più né meno come se fosse una di voi; anzi, credo che non le dispiacerà nemmeno darvi una mano in cucina.”

Killgrave mi guarda come se mi volesse incenerire.

Non te l’aspettavi eh, caro il mio damerino?

“Come osi?” ringhia lui.

“Ti riservo solo quel che meriti, mia cara!” gli sorrido io.

“Ma ho i capelli freschi di piega!” protesta.

“Niente che un po’ di patate da pelare e qualche piatto da lavare possano rovinarti!” controbatto, impassibile.

Giurerei di averlo visto impallidire, ma è solo un attimo, poi sembra tornare piuttosto combattivo.

“Contento tu… ma sappi che sono molto innervosita al momento e non so quanto ti convenga lasciarmi avvicinare a una cucina, col mio potere così instabile…” borbotta e io colgo la velata minaccia.

“E va bene, snob impossibile che non sei altro, non voglio vedere andare in frantumi questa casa!” gliela do vinta, prima di riformulare le mie direttive ai due domestici.

Non ne ho il tempo, perché mi anticipano loro.

“Mi scusi se mi permetto, Signore, ma… è lei quella Jessica? Quella che aspettava con tanta fremenza?” azzarda Laurent.

“La Jessica per la quale ogni cosa doveva essere perfetta e che voleva trattare come una Principessa?” gli dà manforte Alva.

Guardo Killgrave è c’è qualcosa di indecifrabile nel suo.. nel mio sguardo.

Era davvero questo il suo piano?

“Killgrave, hai dei domestici un po’ troppo chiacchieroni!” si lamenta lui, che evidentemente non voleva essere scoperto in quel modo… oppure sì? Insomma, mi ha detto che mi ama, nemmeno ventiquattro ore fa!

“Beh, io sono liberissimo di cambiare idea e questi non devono essere affari che vi riguardano!” sbotto io. “Okay, trattatela bene… ma non troppo! E adesso portate i bagagli al piano di sopra e poi potete  andare a cucinare, qualsiasi cosa ma non la pasta all’amatriciana!” mi assicuro io e Killgrave mi guarda malissimo.

Così impari a innamorarti di me!


Killgrave’s POV

Quel tiro mancino che mi ha giocato con Alva e Laurent non me l’aspettavo.

Ma che dico? È Jessica, da lei mi dovrei aspettare di tutto.

A proposito, non è che ha approfittato delle ore in cui era senza di me per procurarsi altro Sufentanil? Del resto, ora che è me, le sarebbe estremamente facile.

Accidenti, non posso nemmeno farla perquisire dalla mia guardia, tantomeno posso chiedere a Jessica di farsi perquisire.

Un momento? E se se lo fosse procurato precedentemente? Magari ce l’ho io nel giubbino… no, non mi sembra.

Ma poi se me lo iniettasse… ora che sono lei ci vorrebbe un dosaggio molto più forte per stordirmi… vero?

“Allora, questo resto della casa me lo vuoi mostrare o no?” mi distoglie dai miei pensieri, la mia stessa voce, con tono annoiato.

 

“Huh? Ma certo, ti faccio strada…” le rispondo, avvicinandomi alle scale, poi mi volto repentino.

Non è il caso che le dia le spalle.

“Anzi, no, va’ pure avanti tu.” la esorto.

Lei trattiene a stento una risatina.

“Hai paura di ritrovarti con una siringa nel collo?” deduce, divertita.

Evidentemente è reciproca questa cosa di leggerci come libri aperti.

Non devo nemmeno annuire, lei ha già capito tutto.

 

“Puoi stare tranquillo, non è nei miei piani; è vero che non ti posso controllare ma mi servi vivo, sveglio e cosciente, questa cosa la dobbiamo affrontare in due,” gioca a carte scoperte lei.

“È lo stesso motivo per il quale non vuoi andare alla polizia a confessare le mie colpe?” la metto in difficoltà io, mentre salgo le scale con lei.

“Come, prego?”

“Suvvia, Jessi, non sono un idiota, so che miravi a strapparmi una confessione, magari registrandomi di nascosto.”

Lei mi guarda come un cerbiatto sorpreso dai fari di un'auto ed è una risposta più che eloquente.

“Beh, ora sei tu stessa la confessione, perché non torni al commissariato? Ieri scalpitavi così tanto di finire in prigione!”

“Ieri avevo i miei cazzo di motivi!” ringhia la mia detective.

“Mentre adesso l’idea di farmi finire dietro le sbarre non ti alletta più così tanto, eh?”

“Lasciando una finta super eroina con un potere così distruttivo a piede libero? Non ci voglio nemmeno pensare!” scrolla le spalle lei.

“Oh, ma il mio potere distruttivo lo userei solo per venire a liberare te!” ammicco.

“Non accadrà nulla di tutto questo. E ora ti decidi a mostarmi la mia stanza? Non ti nascondo che sono piuttosto stanca e vorrei riposarmi un po’.” sbuffa lei.

“Ma certo, la tua stanza. In questa casa quello che è mio è tuo.”

“Grazie al cazzo, questa è stata casa mia, per prima!”

Sorpasso la stanza che era del suo fratellino senza dire nulla per non destarle ricordi dolorosi e arrivo alla sua.

Non mi sfugge l’espressione del suo viso mentre si guarda attorno, il modo in cui osserva il cartello ‘Do not enter’ che c’è appeso alla porta,  i poster e i cd sulle mensole, identici a quelli che aveva quando era un’adolescente.

“Ho usato una lente per vedere meglio i dettagli delle foto che ho avuto dalle vecchia agente immobiliare.” le spiego tutto tronfio.

“Cos’è, vuoi un applauso? Solo perché una volta mi hai chiesto dove fossero i miei ricordi più felici e io ti ho risposto che erano a casa mia?”

 

“Allora te lo ricordi!” le sorrido.

“Mi stupisce che te ne ricordi tu!”

“Jessica, così mi ferisci. Io mi ricordo ogni cosa importante di te.”

Lei mi guarda senza dire nulla, ma conosco bene quello sguardo: so che mi sta prendendo seriamente.

Sento però il dovere di rompere quel silenzio fra noi.

“Ti avrei dovuto fare trovare un vestito, ma non avrebbe avuto senso, anzi, tanto vale che poi me lo metta io,” le rivelo, sedendomi sul letto.

“Hey! Okay che quello che è mio è tuo, ma levati subito da lì!” mi scaccia via lei e l’accontento, restando appoggiato al muro.

“Sai, ripensavo a quello che hai fatto prima, con quel taxista…” lancio il discorso. “Hai fatto bene. Certe visioni devono rimanere soltanto mie.”

“Se proprio ci tieni va’ davanti a uno specchio e sollevati la T-shirt quante volte vuoi, da me spontaneamente non otterresti nulla!” mi rinfaccia lei.

“Sì, è vero, potrei, ma così non c’è gusto…” borbotto.

“Fammi capire, preferiresti che cominciassi a sbottonarmi la camicia, per rivelarti un petto che è sempre stato tuo?”

Jessica non si limita a chiedermela questa cosa, comincia davvero a sbottonarsi, con una lentezza che mi uccide e ad ogni centimetro di pelle esposta che mi si palesa davanti agli occhi avverto una sensazione di calore umido nel basso ventre.

Da provocatrice nata che è, si avvicina sempre di più a me, fino ad essere a un solo respiro dal mio viso.

Tuttavia sembra accorgersi di come sto reagendo.

“Oh, andiamo, non ti può davvero eccitare… è il tuo corpo, cazzo!” si stranisce lei, riabbottonando in fretta la camicia.

“Sì… no, non lo so, dannazione! È perché sei tu a farlo, in qualunque corpo ti trovassi, mi farebbe questo effetto, perfino se è il mio, perché è diverso...arrgh, questa situazione mi sta facendo impazzire!” blatero, in evidente difficoltà.

“Un punto su cui concordiamo, finalmente!” ammette lei.

“Cosa? Che ti eccito in qualsiasi corpo mi trovi?” inarco un sopracciglio io.

“Nooo, che questa situazione ci sta facendo impazzire, idiota!” rettifica subito lei.

È già la seconda volta che mi chiama così, non che la cosa mi piaccia, però è altro a catturare il mio interesse.

Jessica si è scaldata troppo per negare quella verità, perchè sono più che certo che la stia negando.

Mi indico la maglietta.

“Vuoi un’ulteriore prova dell’effetto che hai su di me? Eccola, guarda i miei.. beh i tuoi capezzoli come sono prominenti, quasi mi fanno male. Forse è perchè tu indossi sempre quei giubbini e gli sciarponi che io non sono mai riuscito a vederli.”

“Sì, certo, è solo quello il motivo!” mi riversa addosso tutto il suo sarcasmo.

“Quindi io non ti eccito…” la guardo a fondo negli occhi.

“In nessun modo possibile, semmai mi disgusti!” abbaia lei.

“Quando stavamo insieme ti eccitavo, eccome!”

“Quando stavamo insieme mi comandavi e basta, stronzo!”

Okay, preferivo ‘idiota’.

“Certe tue reazioni non avevo nemmeno bisogno di comandarle!” la metto in difficoltà. “Secondo me ti scateno qualcosa ancora adesso…” mi faccio ancora più vicino a lei.

“Oh per favore, c’è l’ho più moscio di un peluche!” mi denigra lei.

Le afferro a sorpresa il cavallo dei pantaloni con una mano e sento una notevole e familiare rigidità.

“Bugiarda!” mi godo il mio trionfo, sogghignando.

Lei mi scosta violentemente la mano e mi spintona via.

“Tieni lontano da me le tue fottutissime mani! E poi...questo non significa un fottuto niente, semmai che ho i bollori per me stessa. So di essere uno schianto e quello è pur sempre il mio corpo!” si mette sulla difensiva.

Jessi, Jessi, questo si chiama arrampicarsi sugli specchi e non ti riesce nemmeno bene.

“Dev’essere la stanchezza a mandarmi gli ormoni in tilt,” trova una nuova scusante lei, stropicciandosi il viso con le mani. “Cazzo, è come passare le mani sulla cartavetra, ma tu come accidenti lo sopportavi?” mi domanda lei, anche se sono pronto a scommettere che sia solo una tecnica per cambiare argomento.

“Beh, è parte del mio charme.” le rispondo, sorridendo fiero.

“Puoi avere un sacco di charme anche col viso più liscio del culetto di un bebè, che cazzo mi fai dire?” sembra volersi mordere la lingua lei.

Il mio sorriso non fa che allargarsi.

“Credo proprio che prima di dormire andrò a radermi,” si lamenta lei, prima di spingermi verso la soglia.

“Ti aiuto io.” mi offro.

Lei mi guarda scettica.

“Tu?! Con la mia forza che nemmeno sai controllare? Ho detto ‘radermi’ non ‘decapitarmi’!”

In effetti non ha tutti i torti, forse non sono ancora pronto a tenere in mano oggetti contundenti.

“Facciamo così, concedimi giusto quelle due, tre ore di riposo e forse poi prenderemo un tè assieme e cercherò di essere gradevole…” mi offre come compromesso e io accetto, lasciandola sola.

Jessica’s POV

Mi accerto che Killgrave sia andato nella sua stanza, qualsiasi essa sia, e poi torno sul corridoio per trascinare i bagagli nella mia stanza.

I suoi servitori avrebbero avuto un po’ da ridire se avessi chiesto loro di portare quelli che sono i bagagli di Killgrave nella stanza della sua ospite.

Apro entrambe le valigie e ne estraggo qualcosa come dieci dannatissimi completi diversi , in ogni variante di blu, viola o grigio.
Snob elegantone che non è altro!
Un rasoio non mi sembra di vederlo, provo in una delle tasche interne e bingo: c’è un beautycase con tutto: rasoio elettrico, una lozione e dopobarba.

Esco di nuovo nel corridoio con tutto quello che mi occorre e mi chiudo nel bagno.
Cerco su internet il primo tutorial su come ci si rade che mi ispiri fiducia, faccio mie quelle nozioni e comincio, augurandomi che nel beautycase ci sia anche un kit d’emergenza se finisco per dissanguarmi.

Venti minuti e qualche taglietto dopo, posso ritenermi fiera del risultato, finalmente ho un viso liscio e levigato.
Tanto che sono in bagno ne approfitto per fare anche un doccia.

Esco solo con un telo annodato per attraversare il corridoio, una volta asciugata.

Fortunatamente non c’è nessuno che mi veda rientrare così nella mia camera, ma se anche fosse, vedrebbero un uomo a torso nudo, come ne esistono a milioni.
Okay no, magari non a milioni così belli…
Alt. Un momento. Cosa cazzo ho appena detto?
Come prima, quando ho deliberatamente detto a Killgrave che lui ha sempre charme, a prescindere, anche ora che è me? Meno male che almeno quest’ultima cosa non l’ho ammessa ad alta voce.

È stanchezza. È solo semplicissima, fottutissima stanchezza che mi fa pensare queste cose strane.

Rimetto le valigie a terra, una alla volta perché non riesco più a sollevarle insieme entrambe e mi corico, fresca di doccia, cullata dal buon profumo di lavanda del copriletto che grazie al cielo non è viola, ma a fantasia colorata su sfondo blu, come quello che avevo da piccola.

È raccapricciante come ogni dettaglio combaci … ma nello stesso tempo, in un modo molto distorto, tutto sommato è quasi... tenero?!
Povera me, ho proprio bisogno di dormire.
Corico la testa sul morbido cuscino tigrato e chiudo gli occhi.

Li riapro circa un paio di ore dopo, vestendomi in tempo prima che faccia irruzione Killgrave nella mia stanza, considerando anche il fatto che ho solo un asciugamano addosso.

Lui non si farebbe certo intimidire dal cartello che c’è appeso fuori.

Trovo la biancheria, infilo i pantaloni del completo grigio e stranamente trovo anche una T-shirt bianca, semplice, che probabilmente deve essere finita fra le sue cose per sbaglio.

Comincio già a sentirmi più me.

Scendo in sala da pranzo ed è lì che trovo Killgrave.
Come io mi sono messa più a mio agio, lui deve aver avuto la mia stessa idea.

“Sembra che tu debba andare a un gran galà conciato così.” commento a mezza bocca facendogli la panoramica di quel tubino longuette, smanicato senza spalline, con scollatura a cuore, viola glitterato.

“Tu invece sei così… semplice.” replica lui.

 

E, no, non lo intende affatto come un complimento.

“Era il mio regalo per te.” riprende il discorso lui. “Almeno ha avuto una sua utilità. Mi mancava indossare qualcosa di alta sartoria.”

“Io lo avrei fatto a brandelli se me lo fossi trovato davanti!” controbatto io, prendendo posto a capotavola, con lui che è già dall’altro lato.

Allungo una mano verso un paio di panini dolci che sono sull’alzatina, mangiandoli a morsi alternati.
In effetti, ora che ci penso, non ho nemmeno pranzato.

Killgrave deve aver il mio stesso problema, anche se predilige un cupcake triplo cioccolato e lui lo mangia in modo molto più decoroso.
Non sono abituata a vedermi così aggraziata.

“Il mio povero viso… mi hai fatto perdere tutto il mio fascino da bel tenebroso!” si lamenta lui, prima di agguantare il secondo cupcake, stavolta ai mirtilli.

“Zitto tu, tre giorni e ricresce tutto, io quella frangetta da showgirl la dovrò vedere per mesi!”

Sopraggiunge Alva che ci porta il tè, due tazze fumanti di una brodaglia dal colore poco rassicurante.

“Mr. Killgrave, ha visto? La Signorina Jessica il suo regalo l’ha apprezzato e le sta un incanto. Lei ha così buon gusto.” si complimenta con me Alva, lanciando un sorriso anche a Killgrave, prima di lasciarci.

“Di’ un po’, le hai ordinato di volerci vedere assieme?” lo interrogo con un’espressione arcigna.

“No davvero, non le parlavo da giorni, lo sai che ero dai Mc Carthy… lo hai forse fatto tu?” mi provoca lui.

Per poco non mi va di traverso il panino.

“Fossi matta!”

“Allora significa che la cara Alva sta ragionando con la sua testa e come darle torto? Tu ed io siamo una coppia favolosa, anche da scambiati!” sorride sornione lui.

“Oh, per favore, vedi di bere il tuo tè e dir meno cazzate!” alzo gli occhi, esasperata.

“Alva lo ha portato a entrambi il tè.”

“Non lo bevevo nemmeno quando ero la tua schiava e non lo farò certo ora” mi alzo da tavola, alla ricerca di un armadietto che quando avevo quattordici anni mi era proibito.

Ma quattordici anni non li ho più da un pezzo e voglio scoprire  se Killgrave ha rispettato davvero ogni dettaglio.

“Ora si ragiona!” faccio ritorno al tavolo con una bottiglia di whisky.

“Non dovresti…” borbotta lui.

“Quello che è mio è tuo!” gli faccio il verso, bevendo direttamente dalla bottiglia.

Killgrave mi guarda con aria di rimprovero, ma non deve farlo a lungo; non perché il suo sguardo abbia un qualche effetto su di me, ma perché è il mio stomaco a rivoltarsi dopo solo pochi sorsi.
Cioè il suo stomaco.

In effetti lui non è mai stato un gran bevitore.

“Cazzo, così non c’è gusto. Speravo tanto di regalarti una cirrosi epatica quando saresti tornato in possesso del tuo corpo, invece pare che questo tuo organismo da femminuccia non regga più di due bicchieri al massimo!” sbuffo io.

“Che fatto curioso, il tuo invece il tè sembra apprezzarlo senza problemi!” ridacchia lui, bevendo dalla sua tazza.

Stupido corpo traditore!

“Meglio così, almeno non ti rovinerai lo stomaco prima della nostra cena.” sentenzia lui.

“Cena? Con te?” strabuzzo gli occhi.

“Beh non ha senso far faticare il doppio i poveri Alva e Laurent facendo loro servire due cene in momenti diversi, no?” si gioca l’astuta carta della compassione.

“E da quanto in qua te ne fotte qualcosa di cosa sia più vantaggioso per le altre persone?” lo guardo scettica io.

“Da quando è vantaggioso per me. E dài, Jess, che ti costa una cena insieme? Non mi sono certo vestito così solo per prendere un tè.”

“E va bene, rompiscatole, ma solo perché muoio di fame. E non t’aspettare che io mi vesta più elegante!” mi arrendo io e lui sorride accomodante.

“Mi sembra un valido compromesso.”


TBC

Non avete idea di quanto mi stia divertendo a pianificare questa storia, spero che a voi diverta leggerla. ^^
 

Buonanotte, è tardino.

   
 
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