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Autore: Stella Dark Star    14/06/2021    2 recensioni
Di punto in bianco Vil e Leona vengono incaricati dal preside Crowley di prendersi cura di un ragazzino ospite al Night Raven College. Il piccolo si chiama Rey, ha tredici anni ed è un incrocio tra un umano e un leone e....questo è tutto ciò che possono sapere, visto che per vari motivi non può rivelare il suo cognome o il suo Paese di provenienza! Eppure in lui c'è qualcosa di familiare, soprattutto nel suo aspetto. Inoltre sembra trovarsi a suo agio nonostante la situazione insolita e ha grande confidenza con chiunque, come se li conoscesse da sempre. Fare i babysitter si rivela più facile del previsto, però ci sono troppe cose che non quadrano. Chi è quel ragazzino? Da dove viene? E soprattutto da...QUANDO?
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Cater Diamond, Epel Felmier, Leona Kingscholar, Ruggie Bucchi, Vil Schoenheit
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Meravigliosi guai al Night Raven College'
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Capitolo quindici
Lo scorrere del tempo
 
Trey
Era all’incirca metà pomeriggio di quella domenica particolarmente strana. Quando Trey si era alzato al mattino, quasi alla solita ora di tutti i giorni, si era ripromesso di dedicare del tempo al progetto per la torta nuziale affidatogli da Vil in persona il giorno precedente, ma dal momento in cui era uscito dalla stanza per preparare la colazione era accaduto di tutto! In principio c’era stato il forno, il quale aveva deciso di rompersi e sbuffare fumo come una locomotiva proprio mentre si stavano cucinando dei biscotti alla panna che aveva fatto apposta per Riddle. Addio biscotti e ore perse assieme ad altri ragazzi del dormitorio a riparare il dannato forno. Poi c’era stato ‘l’incidente’ di Cater proprio prima di pranzo. Allarmato e spaventato nel trovarlo privo di sensi sul pavimento, era comunque riuscito a mantenere un minimo di sangue freddo per portarlo in infermeria, assistere alle prime cure del medico e occuparsi di lui per un po’. Quando poi era tornato al dormitorio, si era messo le mani nei capelli ritrovandosi di fronte un Riddle visibilmente alterato per essere stato costretto ad ingurgitare delle schifezze fatte a caso (parole sue letterali!), invece di un pasto succulento preparato da lui. PANICO!!! Se l’era cavata promettendogli di preparare una merenda speciale esclusivamente per lui ed ogni minuto del pomeriggio lo aveva impiegato per portare a termine tale compito. E ora, col vassoio in mano, si stava dirigendo tutto tronfio e soddisfatto verso la stanza di Riddle, pregustando in anticipo la sua espressione gioiosa e un pizzico infantile nel mangiare i pasticcini di crema e fragole che gli aveva preparato. Ormai quei momenti erano divenuti la sua gioia più grande… Poter passare del tempo da solo con lui, guardarlo negli occhi, ascoltare la sua voce, erano tutti dettagli preziosi di cui si nutriva voracemente in quelle ultime settimane dell’anno scolastico, prima della fine di tut-un momento. Perché i suoi pensieri stavano prendendo quella piega? Non c’era tempo per la tristezza. Stava giusto attraversando la lounge  quando la sua attenzione fu attirata dal rumore di una porta sbattuta.  Voltandosi, vide Cater entrare di tutta fretta, lo smartphone in mano, il viso pallido come un lenzuolo. Lo osservò avvicinarlo all’orecchio, bisbigliando: “Ti prego ti prego ti prego…”
Pur non essendo vicino a lui, Trey riuscì ad udire la voce registrata avvisarlo che il numero chiamato non era attivo.
Cater imprecò tra i denti. Si battè un pugno sulla coscia e lanciò lo smartphone sul sofà che era al centro del salone, per poi raggiungerlo e sedersi sui cuscini. Capo chino, mani premute contro il viso, cominciò a piangere. Trey non sapeva cosa fosse accaduto o perché fosse lì invece che in infermeria, ma sapeva bene che non poteva lasciarlo da solo in quello stato. A malincuore, doveva far attendere Riddle. Si avvicinò, posò il vassoio sul tavolino in legno e prese posto accanto a Cater. Iniziò abbozzando uno scherzo a mezza voce. “Sarebbe stato strano se fossi davvero rimasto in infermeria a riposarti e lasciare che le cure magiche facessero effetto!”
Cater non reagì alle sue parole o alla sua presenza, il pianto gli spezzava il respiro e le lacrime sfuggivano dalle sue mani per precipitare sui pantaloni.
Trey allora cambiò approccio e si fece premuroso, cosa che gli riusciva sempre molto bene. “Ehi… Adesso vuoi dirmi cosa ti sta succedendo?”
Finalmente una reazione, Cater abbassò le mani, lasciando così scoperto il viso arrossato e contratto dal pianto. Cercò di deglutire per poter parlare. “Mi…hic… mi sono innamorato…”
Trey lo guardò con sospetto. “Vil?”
“Ah ah! No!” Per lo meno riuscì a ridere, nonostante le lacrime continuassero a sgorgare dai suoi occhi senza sosta. “Mi sono…innamorato davvero. Questa volta.”
“Allora dobbiamo festeggiare!” Accennò Trey, sorridendo.
“E’…è qualcuno che mi ricambia. Non credevo che…hic…non credevo di poter essere così felice. Però…” Cater scosse il capo. “Non potrò rivederlo per molto tempo. Dannazione.” Ormai tra il piangere e il ridere il suo viso era un miscuglio di maschere!
Trey gli avvolse affettuosamente le spalle col braccio e gli diede una pacca sulla spalla. “Il fatto che hai trovato qualcuno che ricambia i tuoi sentimenti è un buon inizio! Anche se mi rendo conto che stare separati farà un male infernale…almeno sai che quando vi rivedrete sarà tutto come prima…” Nel dire quell’ultima frase la sua voce cambiò radicalmente, facendosi da scherzosa a cupa. E la cosa non sfuggì a Cater. Si passò le maniche sugli occhi, per quanto poco servisse con quel pianto insistente. “Anche tu potrai rivedere Riddle! Stai finendo il terzo anno scolastico, mica devi morire!”
Trey distolse lo sguardo, riabbassò il braccio. “Non puoi capire… Riddle non sa niente di ciò che provo…”
“E allora diglielo, idiota!” Ritrovando un certo vigore, Cater si mise a parlare a voce alta. “Che cosa aspetti? Se non sei tu a dirglielo, lui non lo capirà mai! Come potrebbe? Siete sempre stati amici, non ha motivo di pensare che lo ami!”
Trey sospirò. “Non è così facile…”
“E invece sì! Devi solo andare da lui, prenderlo fra le braccia e dirgli che lo ami e vuoi stare con lui per il resto della vita, nonostante il suo carattere assurdo!” Indicò il vassoio. “Questo è per lui, immagino.” Senza attendere conferma lo prese in mano e glielo porse. “Avanti. Vai. Non sprecare nemmeno un minuto. Fai in modo che l’unico anno in cui non sarete qui insieme non sia motivo di una separazione definitiva.”
Trey lo guardò con tanto d’occhi. Non lo aveva mai visto così tenace! Aveva quasi voglia di dargli retta… Quasi. Si alzò e gli prese il vassoio dalle mani. “Non ti prometto niente. Ma ora dovresti seriamente andare a riposare prima di svenire un’altra volta!” Non era proprio un rimprovero ma… Ad ogni modo lasciò la lounge e raggiunse la stanza di Riddle. Per prevenire un temporale, mentre posava il vassoio sulla scrivania pensò bene di giustificarsi. “Scusa il ritardo. Cater è fuggito dall’infermeria e mi ha fatto perdere tempo. Ma non temere, il tè è ancora caldo, ora lo verso.” Prese la teiera e versò nelle due tazze il tè alla frutta fumante e profumato, poi scoperchiò il piatto per controllare che la crema sui pasticcini fosse ancora bella in forma (non che ci fosse motivo per cui doveva essersi smontata, ma un pasticcere fino al midollo come lui aveva di queste preoccupazioni…). “E’ tutto pronto!” Servizievole più che mai, si occupò anche di scostare la sedia per farlo accomodare, invece Riddle non si mosse. Gli dava di spalle ed era stranamente silenzioso.
“Riddle?”
“Io…ero venuto a cercarti…”
“Come?”
“Ero…venuto a cercarti… Visto che non arrivavi, pensavo di raggiungerti alle cucine e…prima di entrare nella lounge ho sentito…la tua voce e quella di Cater…”
Il cuore di Trey mancò un battito, in un istante si sentì raggelare. “Hai…sentito?”
“Ho sentito…tutto…”
Per tutte le rose bianche!!! Ora sì che era finita. Di certo Riddle lo odiava a morte, quindi si era letteralmente mangiato anche la possibilità di restare suo amico. Perfetto. Accidenti a Cater.
“Riddle io…”
“E’ la verità? Quello che provi per me…”
Trey dovette concedersi un momento per trovare il coraggio, chiuse gli occhi e strinse i pugni. Poi li riaprì e parlò. “Sì. E’ così. Sono innamorato di te. E’ successo durante il tuo primo anno qui al college. In qualche modo i miei sentimenti di amicizia si sono trasformati in amore, ma ho continuato a comportarmi da amico perché sapevo che non mi avresti mai corrisposto. Ora che lo sai non vorrai più vedermi…”
“Perché…?” Riddle si voltò lentamente, il capo chino che rendeva impossibile vedergli il volto. “Perché dovrei volere questo?”
Un momento… EH? “Riddle…ma tu…”
Riddle alzò di poco il capo, il suo viso era rosso come un pomodoro, ma in un modo diverso da quando si arrabbiava…e il suo sguardo era lucido e tremolante. “Non…vuoi stare con me?”
Trey si ritrovò in ginocchio, le forze lo avevano abbandonato al pensiero di avere una microscopica speranza di aggiustare le cose. “Stai cercando di dire che…io e te…magari…”
“A piccoli passi… Va bene?” E gli porse la mano, come avrebbe fatto un sovrano con un suddito.
Tremando dall’emozione, Trey prese quella mano bianca e delicata nelle proprie. “A piccoli passi… Sì… Va benissimo…” Aveva un bisogno disperato di piangere, la felicità gli straripava dal cuore.
 
Leona
Leona si stava rimirando allo specchio, lo sguardo severo e attento ad ogni dettaglio. Aveva tanto insistito a scegliere da solo quell’abito, senza l’aiuto di nessuno, ma adesso…gli saliva l’ansia al pensiero di aver sbagliato qualcosa e beccarsi un’occhiataccia dalla propria fidanzata! Però…massì, l’abito andava bene. E gli accessori? Era saggio indossare i ninnoli caratteristici del suo regno, collane e bracciali di perline colorate, sopra vestiti completamente bianchi? E i capelli erano ben acconciati? Per quello aveva preso spunto dall’acconciatura che gli era stata fatta durante la serata romantica, ossia aveva legato i capelli in una bassa coda con un foulard colorato. Sbuffò. “Ok, ci andrò nudo.”
“Per quello dovresti aspettare la notte di nozze!”
La voce preannunciò l’arrivo di Farena e in breve attraverso lo specchio comparve la sua figura imponente e nobile.
“Fratello… Non farci caso, sono solo nervoso.”
Farena gli si affiancò, il volto sorridente. “Posso immaginare! La tua fidanzata è una ricercata modella e testimonial sia di abbigliamento che di cosmetici!”
Leona sentì il bisogno di lasciare un luuungo sospiro, la tensione era insopportabile. “Prima di dimenticarmene, è tutto a posto per la questione del territorio? Quando firmeremo?”
“Non oggi!” Il tono scherzoso poi si fece più serio. “Non hai di che preoccuparti. Sei mio fratello, quella firma è solo una questione burocratica. Per quanto mi riguarda il quartiere delle iene è già sotto il tuo dominio. Devo ammettere che quando me ne hai parlato la prima volta, sono rimasto sorpreso, non credevo che nutrissi un tale interesse, ma dopo aver ascoltato con attenzione i tuoi piani per il futuro ho capito.”
“Lo so che è stata una cosa improvvisa, ma devo prendere in mano la situazione e preparare il terreno per Ruggie. Deve stare al college un altro anno, è vero, ma non voglio perdere tempo. E’ troppo importante, sia per me che per lui. Quella gente ha bisogno di aiuto e se nessuno vuole fare niente allora…”
“Calmo. Farai ogni cosa come si deve e io non ti metterò i bastoni tra le ruote.” Farena gli posò le grandi mani sulle spalle. La sua stazza era tale che a confronto Leona sembrava piccolo! “Ah ma guardati! Il mio fratellino è cresciuto e ha messo la testa a posto! Non smetterò mai di ringraziare Vil per un simile miracolo!”
Leona fece una smorfia a metà tra l’offeso e il divertito. “Vuoi fare a botte?”
“Non ti conviene, ho sempre vinto io!”
La loro risata complice spazzò via ogni ombra e ogni tensione.
“Ora dovresti mettere da parte tutto questo, però. E’ tradizione che sia lo sposo ad attendere all’altare, non il contrario!”
Leona fece spallucce. “Vil ieri ha detto che arriverà elegantemente in ritardo.”
“Dovremmo comunque andare, il saggio anziano è arrivato un’ora fa. Non è il caso di essere scortesi dopo che l’hai pregato di celebrare le tue nozze!”
In quel momento le porte si spalancarono e all’interno della stanza si precipitò un eccitatissimo Cheka, che corse dritto verso Leona per saltargli in braccio. “Zio Leona!”
Leona lo prese al volo e lo issò contro la spalla. Il piccolo brillava come il sole e sul capo aveva una coroncina di fiori. “Zio Leona, andiamo? Voglio portare gli anelli all’altare prima dell’arrivo della zia Vil!”
Leona ridacchiò. “Ma quanto è impaziente questo paggetto! Non hai paura di inciampare davanti a tutti?”
Cheka aggrottò le sopracciglia. “Zio!!! Non portare sfortuna!!!”
“Ah ah! Era solo per dire!”
Vederli scherzare, ma soprattutto vedere Leona così giocoso nei confronti del nipotino era uno spettacolo per gli occhi. Fino a poco tempo fa Leona era insofferente al cucciolo, anche se questo gli aveva sempre dimostrato un enorme attaccamento, poi da un giorno all’altro le cose erano cambiate, o meglio, era LUI ad essere cambiato. Era maturato, era migliorato, era diventato responsabile. In qualche modo aveva fatto emergere la parte migliore di sé. Una parte di cui Farena andava molto fiero.
 
Vil
L’ampia finestra del salotto di casa Schoenheit era dotata di una nicchia e comodi cuscinetti colorati dove ci si poteva accomodare per osservare il panorama. Trovandosi la casa in cima ad una collina e osservando da quella precisa angolazione, si vedeva gran parte della via. Il lastricato, ancora bagnato da una pioggia passeggera e illuminato dalla luce artificiale dei lampioni, aveva quasi un effetto argentato. Da entrambi i lati si susseguivano case in legno dall’aspetto elegante e un tantino rigido, coi tetti dall’accentuata pendenza, le finestre coperte da tendine ricamate, piccoli giardini adorni di piante resistenti a temperature fredde e da classici pini e abeti. Un paesaggio che col calare della sera diventava particolarmente rilassante. Se durante il giorno Vil preferiva dedicarsi alla lettura di un libro, fare visita ai vicini per stare in compagnia o fare una breve passeggiata fino ai negozi del centro, la sera  gli piaceva rannicchiarsi in quel piccolo spazio e lasciarsi cullare dalla serenità prima di andare a dormire.
Il rumore di passi sul parquet non lo disturbò, anzi fu lieto di voltarsi e osservare l’arrivo di suo padre Eric in tenuta da casa e con in mano due tazze fumanti.
“Il cioccolato caldo in piena estate è una gioia che puoi trovare solo qui a casa!”
Gli disse con voce gentile, porgendogli la voluminosa tazza su cui erano disegnate delle stelle viola su sfondo bianco.
“Grazie, papà.” Vil la prese e l’avvicinò al viso per odorare il buon profumo del cioccolato al latte aromatizzato con l’arancia. “Mmmh… Il mio preferito!”
Eric si sedette di fronte a lui, al lato opposto della nicchia. “Spero ti farà tornare a casa più spesso! Anche se sono abbastanza certo che non ti abituerai mai al caldo impossibile della Savanna…”
Vil ridacchiò. “La prossima estate verrò senz’altro! Verremo tutti e tre!” Posò la mano libera sul voluminoso ventre e lo accarezzò con gesto delicato. Anche attraverso il camicione rosa antico, questo spiccava tondeggiante come una palla!
Eric bevve un sorso di cioccolato, senza distogliere lo sguardo da quel punto, poi lasciò un sospiro rilassato. “Quando ti sei sposato con quello là, ho abbandonato le speranze di poter avere dei nipotini. Invece sei riuscito a sorprendermi…”
“Sì… Con l’arrivo del mio piccolo Rey la mia felicità sarà completa!”
“Rey…” Eric lo guardò con sospetto. “E’ stato quello là a scegliere il nome?”
Vil gli lanciò un’occhiata severa, ma subito scoppiò a ridere. “Papà, smettila di chiamarlo in quel modo! Comunque sì, è stata un’idea di Leona e io l’approvo!”
A quel punto Eric preferì tapparsi la bocca con una lunga sorsata di cioccolato, altrimenti gli sarebbero uscite parole ben più aspre! In qualche modo aveva accettato Leona come genero, ma questo non significava che gli piacesse. Inizialmente si era opposto duramente a quella relazione, soprattutto dopo averlo scoperto tramite i social, poi gradualmente si era reso conto che Vil lo amava davvero e anche quell’altr-ehm Leona sembrava sinceramente innamorato. Inoltre era un principe, aveva una residenza privata ed era in grado di prendersi cura di Vil. E allora aveva ceduto. L’unico dispiacere era la decisione di Vil di smettere di recitare, nonostante il suo grande talento. Per lo meno voleva proseguire con la carriera di modello, addirittura poche settimane prima era diventato testimonial di un nuovo marchio di abbigliamento dedicato proprio alle donne in gravidanza.
“Papà, mi stai fissando!” Vil lo rimproverò scherzosamente. Bevve un sorso di cioccolato e tornò a dedicarsi al panorama. Ad un certo punto il suo sguardo si accese, premette la mano contro il ventre. “Ciao, mio piccolo amore!” Il bambino stava scalciando proprio sotto la sua mano, piccoli colpi che gli davano una grande gioia ogni singola volta.
“E’ quasi il momento, giusto?”
Vil alzò lo sguardo su di lui. “In questi giorni, se ho calcolato bene i tempi. Forse domani stesso! Per fortuna, anche se ormai siamo diplomati, il Preside Crowley ha concesso a Leona di fare uso dello Specchio magico del college per gli spostamenti, così potrà raggiungermi in qualunque momento!”
Eccolo là, le uniche cose di cui parlava erano il bambino e Leona! Aveva solo loro nella mente! E nel cuore. E lui, suo padre, era finito al terzo posto. Ne era consapevole, ma fin che avesse visto suo figlio così felice, non si sarebbe lamentato.
 
Epel
La moto sfrecciava rapida su quel sentiero fortemente pericoloso, che dal college conduceva in paese. Un fulmine rosso e potente, con a bordo un aitante giovane dallo sguardo fiero, gli occhi riparati da una visiera blu altamente tecnologica che portava la firma del dormitorio Ignyhide, il vento che sferzava fra i bellissimi e lunghi capelli color lavanda, come anche la tunica indaco rappresentante il Pomefiore. Chino e ben saldo contro quella potenza rombante, sulla cui fiancata era illuminata la figura di una mela avvelenata, non appena ebbe passato il bosco il suo sguardo si volse verso il lago. Con un’abile manovra svoltò e percorse l’ultimo tratto attraverso l’erba. Piedi a terra, premette il minuscolo pulsante di un apparecchio che aveva all’orecchio e in un istante la visiera scomparve. Scese dalla moto e la adagiò con cura contro il tronco di un albero poco in vista. A quell’ora del mattino il sole si rifletteva sulle acque del lago, rendendolo una distesa di luce bianca, ma ora non era quello ad interessargli. Vagò tutto attorno con lo sguardo, in un’ampia panoramica del luogo, fino a quando non notò una figura ad una certa distanza. Con passo sicuro s’incamminò in quella direzione, l’erba alta che gli inumidiva gli stivaletti neri dotati di tacco e lacci rossi. Quando giunse a quella figura, il suo sguardo parve illuminarsi più della luce riflessa sul lago. Fra l’erba spuntavano numerose varietà di fiori selvatici e, fra essi, giaceva addormentata la creatura dalla bellezza più pura e candida che si fosse mai vista. Le labbra naturalmente rosse come delle ciliegie, le lunghe ciglia nere, il volto fresco e pulito, le mani unite contro il petto che tenevano un delizioso garofano rosa. Il giovane si chinò ginocchio a terra, lo sguardo colmo d’amore rivolto a quel volto dormiente. Senza ulteriori esitazioni, abbassò il capo e sfiorò le rosse labbra con un bacio.
Il respiro cambiò, gli occhi si aprirono di uno spiraglio svelando uno sguardo lucido e assonnato, ma subito le labbra s’inarcarono in un lieve sorriso.
“Epel!”
Lui ricambiò il sorriso, adorava sentir pronunciare il proprio nome da quella voce dolce.
“Ben svegliato!” Sussurrò, facendo sfiorare le punte dei loro nasi con fare giocoso.
Neige sbatté le palpebre un paio di volte e finalmente si svegliò del tutto. Fece una piccola smorfia triste. “Uhhh scusami.. Mi ero steso a guardare il cielo e mi sono appisolato!”
Epel gli porse la mano e lo aiutò a rialzarsi. “Quel garofano…non l’hai raccolto qui, vero?”
Allora Neige abbassò lo sguardo sulla mano che ancora stringeva il gambo del fiore e lo guardò con aria sorpresa. “Oh accipicchia, me ne stavo dimenticando!” Sollevò la mano e disse con entusiasmo: “Congratulazioni, nuovo leader del dormitorio Pomefiore!”
Epel si schermì. “Più che altro, meglio tardi che mai! Sono già al terzo anno! Se non ci fossi riuscito adesso avrei perso la mia occasione!”
“Invece io sapevo che ce l’avresti fatta! Non sei cresciuto solo in altezza, ma anche in abilità!” Disse Neige, appuntandogli il fiore (cui aveva spezzato il gambo in eccesso) su una delle fascette dorate che facevano da decorazione alla tunica. Invero, anche togliendo il fatto che lui indossava i tacchi della divisa, per guardare Epel negli occhi doveva sollevare lo sguardo. Nell’arco di un anno quel ragazzo era cresciuto parecchio, si era irrobustito grazie all’esercizio ed era diventato affascinante e virile senza però abbandonare una certa grazia. In poche parole, un perfetto principe azzurro!
“Sono felice che tu abbia la giornata libera. Temevo che anche questo fine settimana fossi costretto a stare sul set di quel nuovo tv drama…” Se nell’aspetto era maturato, nel carattere c’era ancora molto su cui lavorare!
Neige scosse il capo sfoggiando un sorriso beffardo. “Non fingere con me! Lo so che sei geloso del mio coprotagonista! E ti ho già ripetuto più volte che è un bravo ragazzo e non ci sta provando in alcun modo con me!”
“Se lo dici tu…” Quel tono dubbioso la diceva lunga su come la pensasse davvero, ma tant’è…
“Uh uh! Per fortuna so come far tornare di buon umore il mio fidanzato geloso!” Neige lo prese a braccetto e lo condusse poco più in là, dove era stesa una coperta su cui giacevano due tazze in porcellana, una teiera abbinata e un contenitore di forma circolare con un coperchio rosso caratterizzato dal manico a forma di mela. Neige, entusiasta, si gettò in ginocchio sulla coperta e sollevò il coperchio emettendo un sonoro: “Tadaaaaan!”
Si trattava di una torta di mele casereccia. Nel vederla, Epel dimenticò subito il malumore e sorrise. “Hai trovato il tempo di cucinare!”
“Già! Adesso che sono diventato bravo a fare le torte di mele, ne preparo ogni volta che posso! Non smetterò mai di ringraziare tua madre per avermi insegnato!” Fece una pausa, mentre Epel si accomodava sulla coperta a sua volta, quindi riprese. “Mi ha telefonato ieri sera dopo le riprese! Ha detto che il falegname ha terminato i telai per le finestre! Lei li ha già visti e pare che siano stupendi così intagliati! Ahhh non vedo l’ora che il nostro nido d’amore sia ultimato! E sono così felice di andare a vivere accanto ai miei futuri suoceri!” Aveva l’aria sognante di una fanciulla innamorata, le gote leggermente imporporate per la contentezza. Anche se il suo fidanzato di fatto doveva soggiornare al college per un altro anno, col cuore era già volato al giorno in cui avrebbero cominciato a vivere insieme, felici e contenti!
 
Jack
L’aria seria che lo caratterizzava fin dalla tenera età, col passare del tempo si era accentuata ancor più. Sommando questo alla sua notevole altezza e al fisico muscoloso, si poteva dire senza esagerare che Jack faceva paura a guardarlo! Ed era esattamente ciò che voleva, un piccolo aiuto concessogli dalla natura per far sì che il compito assegnatogli fosse più…facile? Con addosso la nuova divisa interamente di colore nero, composta da pantaloni in lino dal taglio morbido, un’ampia camicia dello stesso tessuto che su di lui era comunque attillata, un cinturone in vita con fodero dove teneva una pistola ed infine scarponi militari, non lasciava dubbi su quale fosse il suo ruolo all’interno di quella residenza. Con Vil al fianco stavano attraversando un corridoio privo di finestre ed illuminato da lanterne ad olio. Il ticchettio dei tacchi riecheggiava. Con la coda dell’occhio, Jack sbirciò la figura di Vil. Si sentiva vagamente nervoso dal momento in cui si erano rivisti, qualcosa dentro di lui aveva preso fuoco e continuava ad ardere a causa della sua abbagliante bellezza. Bello lo era sempre stato, ma con addosso il titolo ufficiale di Principessa e la maternità che ne era seguita, era sbocciato come uno splendido fiore. Un fiore con le spine, per l’esattezza.
Giunti ad una biforcazione, presero la sinistra e si affacciarono ad una grande e pesante porta su cui era dipinta l’immagine di una verdeggiante oasi. Accanto era una guardia armata di lancia.
Vil si fermò, salutò la guardia con un cenno del capo e poi si rivolse a lui.
“Queste sono le stanze di Rey. Sono sorvegliate giorno e notte da una guardia, oppure da due in base alle esigenze. A partire da domani, oltre ad essere a capo delle guardie di mio figlio, ti occuperai personalmente della sua sicurezza, lo seguirai come un’ombra ogni qualvolta metterà piede fuori dalle sue stanze e sarai il suo scudo all’aria aperta.”
Con assoluta serietà, Jack rispose. “Ho capito.”
L’espressione di Vil si alleggerì e un accenno di sorriso gli sfiorò le labbra. “Hai già un’aria perfettamente professionale per essere fresco di diploma!”
“Mi sono preparato a questo giorno sia fisicamente che mentalmente. Tre anni fa ti ho fatto un giuramento e mi impegnerò con tutte le mie forze per onorarlo.”
Una sincerità ammirevole. Vil gli sfiorò il braccio, la pelle fresca a contrasto con quella calda di lui. “E io te ne sono grato. So che con te accanto né io né mio figlio correremo pericoli.”
Jack rischiò di perdersi nei suoi occhi di ametista così magnetici e splendidi. Il suo sguardo era diventato più brillante da quando aveva cominciato a truccarsi con colori più naturali, come l’oro e la terra. Gli donava molto.
“Vado a svegliare Rey dal suo sonnellino pomeridiano. Aspettami qui!”
Girò sui tacchi, nel senso della parola, ed entrò nelle stanze. Da fuori Jack udì una voce femminile, appartenente alla balia, e poi di nuovo la voce di Vil, però incredibilmente dolce come non l’aveva mai sentita. Frasi come “tesoro mio, è ora di svegliarsi”, “apri gli occhietti”, “oh ma quanto sonno ha questo cucciolo”, “vieni in braccio alla mamma”. Inevitabilmente gli si inumidirono gli occhi e una piacevole sensazione gli riempì il petto. Per quanto fosse bravo a mascherarla, non era in grado di reprimere la propria sensibilità. Chiuse gli occhi per riprendersi, udì il rumore dei tacchi avvicinarsi. Li riaprì giusto nel momento in cui dalla porta ricomparve Vil. Quale immagine di immensa tenerezza! In braccio a lui, avvinghiato al suo petto e sostenuto da una mano sotto al sederino, era un cuccioletto di appena due anni, piccolo, paffuto, con una adorabile codina sottile che terminava in un batuffolo ondeggiante, i capelli chiari e arruffati da cui spuntavano due orecchiette tenerissime, una manina con cui si stava stropicciando gli occhietti assonnati.
“Rey, ti presento il mio amico Jack! D’ora in poi si prenderà cura di noi!”
Jack gli parlò gentilmente. “Piacere di conoscerti, principino Rey.”
Il cucciolo abbassò la manina e sbatté le ciglia un paio di volte prima di allungare lo sguardo su di lui. I suoi occhi verdi si sgranarono su quella figura possente, un istante dopo il piccolo si arrotolò contro il petto della madre, tremando come una foglia, le orecchiette abbassate, la codina stretta attorno al suo braccio, mentre emetteva dei teneri suoni molto simili a dei guaiti.
Sorpreso e allo stesso tempo intenerito da quella reazione, Vil si affrettò a rassicurarlo. “Tesoro mio, non devi avere paura! Jack è grande e grosso ma è tanto buono e ti vuole bene!”
Jack allungò una mano, rivolta col palmo verso l’alto, e l’avvicinò al cucciolo. “Questa mano è anche capace di fare le coccole, sai?”
Gli occhietti di Rey, ancora lucidi per lo spavento, la fissarono con sospetto.
“Se vuoi, puoi chiamarmi ‘zio’ Jack!”
“Sio Jack?” La vocina dolcissima e quell’errore di pronuncia di chi non ha ancora imparato a dire la ‘z’, strapparono un sorriso sia a Jack che a Vil. Aveva smesso di tremare, però si vedeva che era ancora incerto. Si sporse leggermente e con moooolta cautela posò la propria manina su quella enorme di lui.
“Visto? Avete già fatto amicizia!” Concluse Vil, sorridente.
Entrando a contatto con quella manina tiepida e fragile, Jack sentì di avere trovato la propria ragione di vita.
 
Ruggie
Sul tavolo del salotto era stesa una grande mappa raffigurante un edificio di tre piani che, già a prima vista, conteneva parecchie camere da letto. Leona, leggermente chino sulla mappa e con una mano sotto al mento, stava seguendo con attenzione il resoconto fornitogli da Ruggie. Con loro, era anche un altro ragazzo dai capelli blu che gli coprivano gran parte della faccia.
“E questo è tutto! Se non ci saranno rallentamenti, i lavori di ristrutturazione saranno ultimati entro la fine di questo mese, così i bambini potranno tornare e ci sarà molto più spazio anche per accogliere altri orfanelli.”
Leona fece un cenno col capo, abbassò la mano e la lasciò ricadere al fianco. “Ben fatto, Ruggie. Alla prossima riunione con gli investitori faremo un’ottima figura e, già che ci siamo, potremo presentare il prossimo progetto.”
Ruggie rispose raggiante: “Ci puoi scommettere! Il quartiere sta fiorendo un po’ per volta e non stento a credere che nel giro di pochi anni non avrà nulla da invidiare ai quartieri più ricchi!”
Il ragazzo s’intromise con un accenno di timidezza. “Una visione un po’ troppo ottimista… Anche se stiamo facendo del nostro meglio, il quartiere delle iene non diventerà mai lussuoso…”
“Questo è vero, ma almeno la gente vivrà dignitosamente.” Precisò Leona, per poi aggiungere rivolto ad entrambi. “Sono fiero di voi, state facendo un lavoro magnifico.”
“E’ stato possibile per merito tuo. Hai trovato degli investitori, garantendoci così i fondi per realizzare i progetti, e segui ogni cosa con grande interesse. Lo sappiamo noi e lo sa la gente del quartiere. Siamo tutti felici di averti come principe.”
“Bah falla finita! Meglio che me ne vada, non sono abituato a ricevere complimenti da te!” La buttò lì, facendo un gesto con la mano, quindi si avviò verso l’uscita. “Non dimenticatevi dell’invito a cena di domani sera, altrimenti Vil se la prenderà con me come la volta scorsa!” E chiuse la porta alle proprie spalle.
Ruggie ridacchiò ma subito lasciò un sospiro e tornò a dedicarsi alla mappa.
Il ragazzo abbozzò una domanda. “Questo orfanotrofio ti sta molto a cuore? Mi sembri impaziente di vederlo restaurato, anche più di quando ci siamo occupati dell’ospedale.”
“In effetti, è così… Un giorno desidero adottare un cucciolo da quel posto.”
“Adottare? Credo non avresti problemi a trovare una ragazza da sposare e con cui mettere su famiglia! Sei così popolare! Tutte le donne del quartiere ti mangiano con gli occhi!”
Ruggie ridacchiò. “Shishi! Non è il mio destino sposare una ragazza!”
Quella risposta mozzò il respiro al ragazzo. “Vuoi dire che…” Non finì la frase perché Ruggie riprese la parola con tono parecchio scherzoso. “Piuttosto tu! Quando ti troverai una bella ragazza? Capisco che terminato il college abbiamo deciso di condividere questa casa perché avevamo una mole di lavoro smisurata che ci occupava giorno e notte, ma ora che le cose procedono spedite puoi pensare anche a te stesso e al tuo futuro!”
“Ehm…veramente io non…”
“Anche tu avresti delle ammiratrici se potessero vederti bene in faccia! Dovresti deciderti a tagliarti questa assurda frangia!” E detto questo, con entrambe le mani cercò di afferrare la chioma blu e di sollevarla fin sopra la fronte. Il viso del ragazzo era arrossato per l’imbarazzo, questa non era una novità, ma Ruggie non si sarebbe mai aspettato di vedere quegli occhi sottili del colore dell’ambra  su cui erano sopracciglia blu sottilissime.
Il ragazzo non ebbe il coraggio di incontrare il suo sguardo. “Non guardarmi, per favore…”
“Ma lo sai che…hai degli occhi bellissimi?”
“Non m’importa. Non posso farli vedere a nessuno. I miei occhi riflettono le mie emozioni, devo tenerli nascosti.”
“Cosa…?”
“Soprattutto con te. Io sono così felice di lavorare al tuo fianco, di condividere questa casa con te e di essere tuo amico… Se tu ti accorgessi di ciò che provo davvero per te… Non voglio rovinare tutto.”
“Non potresti mai rovinarlo…”
I loro sguardi s’incontrarono e fu allora che Ruggie capì. Percepì una sensazione intensa come se la gravità fosse cambiata, si sentiva leggero e al contempo ancorato a quel ragazzo che aveva avuto accanto fin dal primo anno di college. Era stato una presenza importante per tutto quel tempo, più di un collega, più di un amico, ma fino ad allora non era stato in grado di vedere oltre, preso com’era dal lavoro.
“So che suonerà ridicolo vista la situazione in cui ci troviamo ma… Ti andrebbe di uscire con me?”
Il ragazzo avvampò ancor più, per quanto fosse umanamente possibile! La voce gli uscì balbuziente. “S-se per t-te v-va bene.. S-sì!”
 
Rook
Una dimora alquanto inquietante. Quello che voleva essere un rifugio nella foresta, era più una spartana struttura realizzata interamente in pietra, con delle finestre strette e lunghe che assomigliavano a feritoie, composta di uno stanzone quasi buio, i servizi e un cucinino che faceva anche da mattatoio. Un luogo adatto a chi non vuole farsi trovare, a chi vive per conto proprio, a chi lavora senza seguire leggi morali. Un cacciatore…divenuto anche cacciatore di taglie. Nello stanzone le pareti erano ‘abbellite’ da trofei di caccia, quali teste di cervo, gufi impagliati, perfino un  orso di mezza taglia che riempiva un angolo. Il caminetto a legna era l’unica cosa normale, lì dentro.  Davanti a questo, seduto su di una poltrona foderata di velluto rosso, Rook era immerso nel lavoro manuale ed estremamente preciso della costruzione di frecce. Certo non di legno! Si parla di frecce di ultima generazione, composte di materiali resistenti indispensabili a, purtroppo, colpire bersagli mobili umani. Pur essendo concentrato sul lavoro, da un po’ fischiettava sulle note di una canzone. Alla parete opposta, quindi alle sue spalle, era un tavolo che fungeva da scrivania, tenuto piuttosto in disordine, cosparso di documenti, mappe e volantini vecchio stile con foto di uomini ricercati e la somma di denaro come premio. E poi c’era un computer portatile, da cui proveniva la canzone canticchiata da Rook.
One sooooooong
I have but one sooooong
One sooooong
Only for youuuuu…”
Sullo schermo acceso era aperta la pagina di un noto notiziario online, MagiNews. Per come era posizionato il cursore, non era visibile il titolo e della foto principale si vedeva appena il fondo. L’articolo era così strutturato:
“Villaggio di Harvest. Si sono svolte ieri le nozze tanto attese che vedono protagonista il famoso talento del cinema e della tv Neige LeBlanche. Il giovane amato dai fan di tutto il mondo, ha pronunciato i voti nuziali nel piccolo villaggio agricolo dove vive da alcuni anni con l’ormai marito Epel Felmier. La cerimonia, svoltasi all’interno di uno dei numerosi meleti di proprietà della famiglia Felmier, ha accolto solo parenti e amici stretti degli sposi, in una ricercata intimità lontano dai riflettori. La foto di questo articolo, scattata da un  familiare, è stata resa ufficialmente pubblica dagli sposi stessi. Tra gli invitati, di spicco erano senz’altro il principe Leona e la principessa Vil del regno Afterglow Savanna, quest’ultimo intimo amico di entrambi gli sposi. Come è noto, un tempo Vil e Neige si erano contesi la notorietà, salvo poi stringere un forte legame di amicizia, mentre con Epel avevano frequentato lo stesso college e lo stesso dormitorio, chiamato Pomefiore, dedicato alla famosa Regina Cattiva. Il paggetto incaricato di portare le fedi all’altare, composta di un arco adornato di fiori, è nientemeno che il principino Rey figlio della coppia reale. Per il banchetto, gli sposi non si sono rivolti a nessuno chef, affidando ogni portata ai parenti che si sono concentrati su piatti tipicamente contadini. Mentre la torta, una curiosa creazione composta di molteplici torte di mele, è opera di Neige e della suocera. Quella che per la maggiore si è svolta come una cerimonia tradizionale, si è poi trasformata in una favola quando lo sposo si è esibito per Neige, intonando una canzone d’amore scritta da lui stesso e musicata dall’amico e testimone di nozze, ossia la principessa Vil. Epel, già noto col soprannome di ‘Principe Azzurro’ nel campo delle corse in moto di cui è campione nazionale da due anni, ha così dimostrato di meritarsi tale soprannome anche nella vita quotidiana. La canzone, intitolata ‘One song’, è in vendita online come singolo e sta già riscuotendo un enorme successo…”
L’ultima parte dell’articolo non era leggibile.
Terminato di assemblare i componenti dell’ultima freccia sul tavolino, Rook la ripose nella faretra che era poggiata accanto alla poltrona. Notò che il fuoco stava perdendo d’intensità, perciò si alzò e raggiunse una catasta di legna. Invece di prendere un ciocco, deviò la mano verso una mensola e prese un album che vi era sopra. Tenendolo fra le mani ne baciò la copertina in tessuto viola, come se si trattasse di una reliquia, e poi lo aprì. Le sue dita parvero danzare sulle immagini ritraenti Neige LeBlanche, tutti ritagli recuperati da vecchie riviste. Lo sguardo di Rook si soffermò su ognuna di queste, le dita sfiorarono i capelli corvini come se potessero coglierne la morbidezza, poi fu la volta delle labbra rosse e arcuate in un dolce sorriso. Neige, il suo idolo fin dai tempi dell’infanzia. Tenendo l’album aperto fra le mani, camminò fino ad essere davanti al caminetto e si mise a cantare.
One looooove
That has possessed meeee
One loooove
Thrilling me throuuuugh
One sooong
My heart keeps singiiiing
Of one looove
Only for youuuu”
Protese le braccia in avanti e lasciò che l’album gli scivolasse dalle mani per ricadere tra le fiamme danzanti.
 
  
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