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Autore: didone82    28/06/2021    0 recensioni
Gabrielle capisce che vuole essere un sostegno per Xena, si rende conto che non è più solo l'amicizia a legarle.
"Gabrielle finalmente la vide proprio in quel momento, e, forse si sbagliava, ma non appena i loro sguardi si incrociarono, l’espressione dura, concentrata, con i denti stretti e gli occhi infuocati della guerriera, lasciò spazio ad uno sguardo dolce."
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Gabrielle, Joxer, Xena
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dicono che serva un eroe, dicono. Forse hanno ragione.
Lei non era una guerriera, certo aveva imparato a difendersi, anche molto bene, ma si rendeva conto che la sua vocazione di aedo la distraeva. In battaglia talvolta la sua concentrazione veniva meno, persa nella volontà inconscia di memorizzare tutto quello che stava accadendo attorno a lei per poi imprimerlo sulla pergamena. In quei momenti si sentiva all’inferno e si voltava a cercarla nel clangore della battaglia, tra corpi sudati e insanguinati che si battevano nel fumo e nella polvere, tra urla di rabbia e di paura. E poi quel sibilo constante in sottofondo che richiamava la sua attenzione, ora a destra, ora a sinistra. Asciugato il sudore dagli occhi con il braccio, lo vide: il chakram di Xena saettava attorno a lei come un guardiano silente che la vegliava, abbattendo tutti coloro che incautamente le si avvicinavano minacciosi. Seguì con lo sguardo la traiettoria dell’arma fino a che non fu bloccata dalla presa salda e sicura della guerriera. Fiera leonessa, non mostrava mai cedimenti e non si arrendeva nemmeno quando era disperata. La spada ruotava e infieriva come se fosse la naturale prosecuzione del suo arto sinistro i cui muscoli tesi allo spasmo vibravano sotto i colpi. I piedi ben saldi al terreno sostenevano le gambe dai tendini contratti pronti a lasciare scattare la potenza dei suoi calci. I capelli lasciati liberi per confondere e distrarre gli avversari.
Gabrielle finalmente la vide proprio in quel momento, e, forse si sbagliava, ma non appena i loro sguardi si incrociarono, l’espressione dura, concentrata, con i denti stretti e gli occhi infuocati della guerriera, lasciò spazio ad uno sguardo dolce. Perché lei era cambiata, i motivi per cui combatteva erano cambiati ed era chiaro che il suo unico scopo era proteggere Gabrielle, fare in modo che non fosse mai in pericolo.

****

Il silenzio rimbombava nelle loro orecchie. Perfino lo sciabordio dell’acqua nella tinozza sembrava frastuono. Xena vi era seduta dentro, immersa nel liquido caldo e profumato, teneva le braccia poggiate al bordo e si aggrappava a questo come se avesse paura di affogare, teneva gli occhi chiusi e lasciava che Gabrielle le detergesse la pelle con un panno. C’erano voluti anni perché la guerriera le concedesse il permesso di avere cura di lei. La giovane sentiva sotto le sue mani i muscoli dell’altra ancora contratti: né l’acqua calda profumata, né il suo tocco delicato erano riusciti a sciogliere la tensione accumulata durante gli scontri. Sentiva il suo respiro regolare ma ancora profondo. Le versò dell’acqua sulla testa facendo scivolare via la polvere e il sangue. Le pettinò i capelli bagnati e sentì un sospiro, ma le mani continuavano a rimanere aggrappate al bordo della vasca di legno. Riprese il panno e le massaggiò la schiena e il collo “Quanto peso portano queste spalle?” le sfuggì continuando quella che ormai era diventata una carezza. Scese sul deltoide e poi sul bicipite: sembravano ancora fremere per lo sforzo bellico. Misurò con la punta delle dita l’avambraccio indugiando sulle vene ancora dilatate. Arrivò alla mano, forte e affusolata, anch’essa percorsa da un reticolo di vene e da tendini in rilievo. In quel momento Xena sembrò tornare alla realtà muovendo solo le dita che intrecciò a quelle della bionda. Durò solo un attimo, poi tornò ad aggrapparsi al bordo della vasca. Gabrielle sentì dolore in quel gesto e lo fece suo sentendo una stretta allo stomaco: quella donna portava dentro di sé tutto il dolore della battaglia che si era appena conclusa sul campo ma non dentro di lei. Quei fantasmi l’avrebbero tormentata insinuandosi in lei come un veleno lento che scorre piano nelle vene infettando tutto il corpo.
Gabrielle avrebbe voluto prendere su di sé un po’ di quel dolore e alleviarne il peso dalle sue spalle, portarlo insieme a lei e mitigarne gli affetti. Ma gli dei non glielo avevano concesso: avevano instillato in quel corpo di donna una forza sovrumana, ma non la possibilità di condividerne il peso con altri. Lei era l’eroe che il mondo aspettava.
La carezza di Gabrielle risalì le braccia seguendo la linea delle clavicole e del collo. Posò la fronte sulla sua spalla, lasciò un bacio sul collo e la circondò con un abbraccio. La strinse forte e sentì quel corpo contratto e teso sciogliersi nel calore del suo amore.
In quel momento scattò in piedi afferrando la spada e rivolgendola verso la porta che stava per aprirsi. Joxer rimase pietrificato vedendosi la spada puntata contro e un attimo dopo la paura lasciò spazio all’imbarazzo non appena si rese conto che la guerriera era in piedi davanti a lui completamente nuda e gocciolante, ancora dentro la piccola vasca di legno. Gli occhi sembravano di un blu ancora più profondo, ma lo sguardo era spento, quasi assente. Sembrava non essersi resa conto che quello immobile davanti alla porta era il suo amico e non un nemico.
“Io…ecco io…ho portato questi” balbettò imbarazzato e spaventato lasciando su una sedia lì vicino dei panni asciutti e puliti. Lasciò la stanza mentre Gabrielle, mettendosi davanti a lei per nascondere la nudità agli occhi dell’uomo, afferrava le spalle della guerriera imponendole di abbassare la spada.
Si premurò poi di asciugarla e ungendola con oli si accorse che sul suo corpo cominciavano a vedersi i segni della battaglia: lividi e tagli ricamavano la pelle bronzea. Aveva imparato a riconoscere tutte le cicatrici, tracciando una mappa nella sua mente che era costretta ad aggiornare continuamente. Ma quelle cicatrici, ai suoi occhi, rendevano il suo corpo ancora più bello. Xena ormai priva di imbarazzo, permetteva solo a lei di massaggiarla, asciugarla, vestirla. Gabrielle lo faceva con devozione e, da qualche tempo, con amore. “Gabrielle…io…” “Ssh, tu sei stanca” le accompagnò la testa sul cuscino e dopo averle scostato i capelli dalla fronte le posò un bacio sulle labbra. Ma Xena dormiva già. Avrebbe vegliato il suo sonno, l’avrebbe guardata dormire perché anche in quel momento la sua dea era bellissima.
Quello era il paradiso.
   
 
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