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Autore: SaWi    01/07/2021    1 recensioni
Mantenendo lo sguardo fisso negli occhi del fratello, Loki non lasciò trapelare alcun pensiero o sentimento. Tamburellò solamente con le dita sulla copertina del libro, riflettendo. Aveva già dimenticato quale scherzo volesse riservare a Thor.
“Parlatemi di vostro fratello.”
“Di Loki?”
La donna annuì lentamente, sistemando una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Sì, del Dio dell’Inganno che tanto vi fa penare.”

Fanfiction di genere introspettivo che segue Loki mentre riflette sull'amore ricordando eventi passati e, da essi, crea la metafora del terzo episodio: l'amore è un pugnale. Veramente non è reale?
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Frigga, Loki, Thor
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Incest
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Salve! Ho scritto questa fic abbastanza di getto a seguito del terzo episodio ma, per via del lavoro, non sono riuscita a pubblicarla prima del quarto episodio. La metafora di Loki, per quanto assurda, mi è piaciuta molto e adoro come questo telefilm stia mostrando un lato più fragile di Loki. Personalmente, non ritengo che fosse necessario il telefilm per comprendere quanto si tratti di un personaggio di grande profondità emotiva, ma adoro comunque xD
Ad ogni modo, la fic contiene un flashback in cui Loki ha il corpo femminile. Sinceramente non sapevo bene come preferivo trattare il pg a livello di pronomi, perciò ho scelto di mantenere il femminile nel caso delle azioni/rimandi specifici al corpo, il maschile nel caso di riflessioni e pensieri. Spero che questo non arrechi fastidio a nessuno e, nel caso contrario, mi dispiace.
Detto questo, buona lettura!

TAG:    Introspection, Missing Scene, Female Loki, Kid Loki (Marvel), un po’ di Praise Kink, Light Angst
 





È un abbraccio




Sylvie si era addormentata da poco, infine cedendo alla stanchezza; Loki aveva mantenuto un contegno finché la sua Variante era rimasta vigile, assaporando l’alcol che gli veniva servito senza esagerare e in apparente tranquillità, nonché insolitamente in silenzio. Da quando la ragazza aveva chiuso gli occhi, però, la situazione era drasticamente cambiata e, sebbene avesse dissimulato con abilità, il Dio dell’Inganno non poteva realmente mentire a se stesso: chiedere a Sylvie di parlare dell’amore era stato un errore dettato dall’eccessiva curiosità e dalla necessità di confrontarsi – e ora ne pagava le conseguenze.

“Cos’è l’amore?”

La domanda, che non si era certo posto per la prima volta, restava priva di una risposta univoca e ciò non solo lo accigliò, ma lo spinse addirittura a bere qualche drink di troppo, persino per gli standard Asgardiani. Per questo si ritrovò chino sul piccolo tavolo a cui erano seduti, molti bicchieri vuoti al suo fianco, una penna in mano e davanti a sé la pergamena, appena rievocata, su cui poco prima aveva scritto l’incisiva frase di Sylvie: “L’amore è odio.”

La fissò a lungo, senza neppure battere gli occhi, quando infine un sussurro risoluto scivolò via dalle sue labbra:

«L’amore è un pugnale.» lo scrisse anche, aggrottando appena la fronte per la concentrazione di alimentare con il suo seiðr l’inchiostro della penna, runa dopo runa. «È un’arma.»

Allontanò il volto dal foglio contro cui si era quasi poggiato, preda non tanto della stanchezza quanto piuttosto dell’alcol, e batté un paio di volte gli occhi in direzione delle parole appena immortalate.

Le armi feriscono, uccidono; possono spezzare ossa, recidere arti, smembrare qualsiasi creatura. Tuttavia, solo un pugnale della più raffinata fattura può perforare la carne in profondità, fino agli organi interni che, nascosti dietro un sottile taglio apparentemente innocuo, quasi un graffio, sanguineranno fino a spengersi lentamente.

Fino a rendere la loro vittima fredda. Non più Asgardiana, bensì Jǫtunn; da principe degli Æsir a trofeo di guerra.

“Il tuo diritto di nascita era la morte.”

La voce di Odino risuonò improvvisa nella sua testa, alimentando il gelo che da allora dimorava nel suo petto e che lì continuava a persistere in assenza di un calore che potesse scioglierlo. Fin da quando aveva memoria, Loki aveva desiderato esclusivamente che il padre riconoscesse il suo valore e che, soprattutto, lo accettasse per quel che era – che lo accettasse dunque per il suo amore per la conoscenza e per la magia, ma anche per il divertimento che provava nel causare trambusto, nello scherzare e smascherare con sorrisi e taglienti commenti le più scomode realtà.

Invece, Odino aveva ricambiato le sue speranze con le menzogne, infine sancendo con quelle parole il disprezzo che provava nei suoi confronti.

Con rammarico Loki chiuse gli occhi, riaprendoli sulla figura china di Sylvie. Trovava curiosa la facilità con cui, nonostante l’apparente diffidenza, si era addormentata in sua presenza. Tale curiosità però non era sufficiente da tenerlo lontano dalle sue attuali riflessioni, né dal piacere dell’alcol. Dopo una veloce occhiata ai bicchieri al suo fianco, così da accertarsi che fossero effettivamente vuoti, Loki chiamò a sé il cameriere per prendere un altro paio di drink e far portare via i calici vuoti.

Scansando una ciocca di capelli dal volto, bevve un lungo sorso. Poggiò poi il bicchiere vicino all’altro ancora pieno, abbassò lo sguardo in direzione della pagina e accennò un sorriso amaro.

Solo troppo tardi sapeva di essersi sbagliato.

“Vi amo, figli miei”, il sussurro del padre accarezzò il suo udito e nello stesso momento le sue labbra si mossero: “figlio di Odino”.

Rilesse velocemente quanto aveva scritto e, poggiando la punta della penna sulla carta, proseguì. Aveva fretta di allontanarsi da quei ricordi che a stento gli appartenevano.

«L’amore è un pugnale. Un’arma…» accompagnò la lettura ad un mormorio, andando oltre. «…che può essere impugnata da vicino o da lontano.»

Non male, per essere già brillo.

A suo avviso, l’amore aveva innumerevoli forme e ognuna di esse incalcolabili sfaccettature, al punto da ritenere addirittura il singolo termine “amore” insufficiente a racchiudere la complessità di emozioni, sensazioni e stati d’animo che poteva causare. Difatti, Loki sapeva di amare il padre, ma era anche consapevole che non si trattava affatto dello stesso affetto che provava per la madre – per Frigga, la regina di Asgard, la potente maga che nei filmati raffiguranti il suo futuro aveva visto morire per colpa di un suo capriccio.

Serrando le labbra in una sottile linea, Loki chiuse gli occhi e cercò dentro di sé un altro ricordo, caldo e colorato e gelosamente custodito.


“Loki, tesoro, cosa è successo?”

“È scappata…”

Frigga si chinò al suo fianco, seguendo lo sguardo del figlio dalle sue piccole mani alla sponda del lago artificiale davanti a cui era seduto.

“È scappata via…”

La regina sorrise dolcemente, accarezzando il volto del bambino; il palmo era grande e caldo, morbidissimo.

“Che animale cercavi di catturare questa volta? Qualcosa per spaventare Thor?”

Mentre sollevava lo sguardo in direzione della madre, l’espressione contrita del piccolo si illuminò di un sorrisetto felice.

“Un rospo gigante!” esclamò, gesticolando con le mani per mostrarle quanto grande era la creatura che aveva intenzione di acciuffare. La donna sollevò le sopracciglia in sorpresa e continuò a sorridere, abbassando entrambe le mani su quelle del figlio.

“Cielo, proprio così grande?”

Loki annuì convinto.

“Sì!”

“Mmmh… la mamma non può insegnarti a prendere le rane…”

“Perché no?”

“…ma posso insegnarti qualcosa di più bello, ti va?”

Il bambino corrugò comicamente la fronte, portando in fuori le labbra. Dopo attenta riflessione, annuì con ancora più determinazione di prima.

“Solo perché dici che è più bello.”

“Certamente.”

Abbassandosi all’altezza del figlio e stringendogli con delicatezza una mano, Frigga rivolse il piccolo palmo verso l’alto e lo sollevò vicino ai loro volti. Quasi ridacchiando, Loki guardò con due grandi occhi verdi la punta delle sue dita; piccole scintille vi danzavano, facendogli il solletico.

“Un altro po’ di seiðr,” mormorò la madre, unendo la propria magia a quella del figlio. “un pizzico di fantasia e…”

Frigga soffiò sul palmo.

Le minuscole luci d’energia vorticarono e si ingrandirono, scappando via verso il lago con affanno, arricciandone la superficie altrimenti piatta finché non raggiunsero il centro del piccolo specchio d’acqua; lì si sollevarono in volo, in alto e velocemente, fino ad esaurirsi in tanti e colorati fuochi d’artificio.

“Madre!” esclamò Loki, riuscendo a stento a star fermo per la felicità. “Sono bellissimi!”

La donna, abbassando lo sguardo verso gli occhi del figlio su cui si riflettevano i fuochi, sorrise con affetto.

“Meglio di un grande rospo?”

“Sì!”

Senza lasciar andare la mano più piccola, Frigga interruppe il flusso delle scintille per intrappolarle nel palmo del bambino. Non avendo a quel punto alcuna via di fuga, i minuti sprazzi d’energia si alzarono lì, scoppiettando in fuochi piccoli e colorati davanti ai loro volti.

“Vogliamo farli vedere anche a tuo fratello, che dici?”

In poco tempo, il viso del giovane si imbronciò sempre di più.

“Mh…”

Dopo qualche momento di silenzio e considerazioni, Loki chiuse gli occhi alle scintille colorate e li riaprì davanti ad un piccolo serpente verde, educatamente arrotolato sul suo palmo.

“Loki…”

Il giovane Dio rise, annullando l’innocua illusione e facendo abilmente tornare lo spettacolo di luci; la madre non gli aveva spiegato come farlo, tuttavia il piccolo aveva già compreso sufficientemente l’arte della magia.

“D’accordo madre.” sussurrò, lasciandosi abbracciare. “Prima della buonanotte glieli faccio vedere.”


Un sorriso triste si poggiò sul volto di Loki, restandovi anche quando il Dio riaprì gli occhi al locale scarsamente illuminato. Senza riflettere, non preoccupandosi di attirare l’attenzione, rievocò sul palmo della mano i fuochi d’artificio dei suoi ricordi.

In quel momento sembrarono freddi, spenti, irrimediabilmente differenti.

Con la mano libera riafferrò il calice di liquore mezzo vuoto e in un singolo sorso ne bevve l’intero contenuto. Sotto il suo sguardo, intanto, i fuochi scomparvero; al loro posto una serpe scura strisciava sul suo palmo, destandosi.

L’amore aveva troppe forme.


“Dammi le mani.”

“Loki, se è un altro dei tuoi scherzi—”

Il più giovane brontolò, alzando gli occhi al cielo. Il fratello dubitava sempre di lui, qualsiasi gioco stessero facendo, persino durante i più innocenti come quello attuale, mentre erano entrambi seduti sul suo letto e riparati sotto le lenzuola che, con un po’ di seiðr, Loki stava tenendo sospese.

“È una magia di nostra madre,” lo zittì, guardandolo di traverso, “non te l’ho fatta vedere per anni, ma madre aveva insistito tanto e non volevo causarle troppo dispiacere.”

Riluttante, il più grande protese le mani verso il fratello, ancora guardandolo di sottecchi seppur con un sorriso.

“Di nostra madre?”

“Proprio lei, sì.”

“…E va bene allora. Vediamo.”

Visibilmente sollevato, Loki poggiò le proprie mani su quelle di Thor, facendo in modo che rivolgessero verso l’alto tra i loro volti, esattamente come era successo anni prima con la madre.

“Guarda bene.”

“Mi formicolano le dita.”

Dandogli un colpetto con il piede, Loki lo guardò nuovamente di traverso.

“È il seiðr.”

“Quello di nostra madre non pizzica così tanto.”

“Nostra madre ti tratta ancora come un bambino, ecco perché.”

Preoccupandosi in realtà che il prurito del fratello fosse dovuto alla sua inesperienza, il giovane principe chiuse gli occhi per concentrarsi al meglio. Nel tempo aveva perfezionato quella semplice illusione, impegnandosi affinché i singoli fuochi non fossero mai dello stesso colore o grandezza.

“Non è assolutamente vero.”

“Sì che lo è. E ora fa silenzio.”

Con le palpebre ben serrate, Loki lasciò fluire con attenzione la sua magia attraverso le mani del fratello e, solamente quando avvertì i primi scoppiettii, riaprì gli occhi. Davanti a sé c’erano i fuochi, brillanti e colorati come aveva desiderato. Ancora più avanti, però, c’era il volto del fratello: la sua espressione sorpresa, il sorriso sulle sue labbra, la luce nei suoi occhi.

Trattenendo il respiro, Loki cambiò bruscamente illusione e in un attimo l’allegro scoppiettare dei fuochi d’artificio venne rimpiazzata dal sibilare di un serpente. Il rettile, irritato, schiuse le proprie spire sul palmo ampio di Thor, sollevando la testa per mostrare al Dio del Tuono l’ampiezza delle sue fauci.

Ma Thor sorrise persino più di prima. Rise addirittura, mentre chinava il capo in direzione del muso dell’animale, il quale non solo non si allontanò, bensì saggiò l’aria con la piccola lingua.

“È bellissimo, Loki. Adoro i serpenti.” mormorò Thor con la sua voce calda, accarezzando il serpente sulla testolina e lungo il corpo sottile, ridacchiando quando l’animale si allungò e iniziò a risalire il suo braccio.

Sollevò il capo in direzione del fratello. Loki non riuscì a distogliere lo sguardo dai suoi occhi; vedeva se stesso riflesso in uno stupendo mare azzurro.

“È questo l’incantesimo di nostra madre?”


«L’amore è un pugnale.» ripeté Loki, lapidario.

Strinse la mano, schiacciando la serpe illusoria in un lampo di luce verde. Subito dopo riafferrò la penna e la poggiò sul foglio sottostante, lasciandola scorrere guidata dall’ispirazione e dall’alcol che circolava copiosamente nel suo corpo.

«Un’arma che può essere impugnata da vicino o da lontano. Puoi vederti in esso, è bellissimo.»

Rilesse le parole appena scritte, soppesandole nella sua mente; un po’ criptiche, un po’ melodrammatiche, ma tutto sommato il suo discorso sembrava acquisire un senso. Affinché proseguisse però, sentiva la necessità di bere ancora; così, dopo aver tracannato l’ultimo drink rimasto, il Dio dell’Inganno riempì uno dei calici vuoti sfruttando la sua magia – nessuno al bancone avrebbe fatto caso al liquore che svaniva da una bottiglia chiusa – ed iniziò a sorseggiarlo.

I suoi occhi erano fissi sulla pergamena, sullo spazio vuoto che sapeva perfettamente come riempire.

“Finché non ti fa sanguinare.”


“Posso unirmi a voi, splendida signorina?”

Al suono della voce bassa dell’uomo, il sopracciglio scuro della donna si alzò così tanto da rischiare di raggiungere l’attaccatura dei folti capelli neri. Sollevando lo sguardo dal libro che stava leggendo, i suoi occhi incrociarono quelli azzurri che conosceva fin troppo bene.

“Volete unirvi a me,” sussurrò in rispetto del silenzio richiesto nella modesta biblioteca – seppur deserta –, a differenza di quanto fatto da quel bruto di suo fratello, “a leggere il mio stesso libro?”

Thor, naturalmente, non sapeva di aver appena rivolto la parola a Loki – e Loki, per una volta, non aveva la benché minima idea di che pensieri potessero attraversare quella testa vuota. Immaginò però piuttosto velocemente che il suo attuale aspetto femmineo e promiscuo dovesse aver ingannato il fratello e, con altrettanta velocità, uno scherzo elaborato si strutturò nella sua mente.

Sorridendo accavallò la gamba, lasciando che lo spacco del vestito nero che indossava mostrasse gran parte di una coscia lunga e tesa.

Lo sguardo di Thor si poggiò chiaramente lì e, sebbene gli avrebbe volentieri dato uno schiaffo per insegnargli le buone maniere, Loki mantenne un sorriso affabile.

“Allora?”

“Beh, non proprio il libro.” rispose finalmente l’altro, guardandola negli occhi. “Non amo la lettura.”

“Non lo avrei mai detto.”

Thor si corrugò, le mostro un sorriso impacciato e sedette comunque accanto a lei, senza aspettare un effettivo consenso.

“Il posto qui davanti era troppo lontano?”

“No, non direi. Ma preferivo starvi più vicino, signorina…?”

Incrociando le braccia, Loki fece sparire il sorriso dalle sue labbra.

“Rúna.”

“Un bel nome.”

“E voi, signore, qual è il vostro nome?”

Thor sgranò gli occhi, portandosi una mano al petto e allargando le spalle.

“Non mi conoscete?”

Il sorriso riapparve particolarmente luminoso sul volto di Loki; provava soddisfazione nel far capire al fratello che non tutti conoscevano necessariamente il fantomatico e bellissimo principe di Asgard. Sperava che, un minimo, la sua arroganza diminuisse.

“Non direi.”

“Lasciate che mi presenti allora. Sono Thor, figlio di Odino.” lo disse con voce grave, raddrizzando fieramente la schiena. “Principe di Asgard.”

“Oh, sangue reale dunque.” commentò con finta ammirazione, chiudendo il libro che stava leggendo e poggiandolo sul suo grembo. “Comprendo la spiccata bellezza.”

Il fratello sorrise come il perfetto idiota che era; ben prima però che potesse rispondere al complimento, Loki lo precedette:

“Non riesco a spiegarmi però cosa possa richiedere le attenzioni di un reale in questa cittadina di periferia, in biblioteca per giunta.”

Con un sospiro eccessivamente drammatico, il Dio del Tuono si grattò la testa.

“Sono in cerca di mio fratello, Loki. Sapete, non fa altro che causare guai ed è mio compito tenerlo d’occhio costantemente.”

“Non mi dite.”

Thor alzò un sopracciglio, chiaramente perplesso dal tono freddo e piatto della donna.

“Purtroppo è la realtà.”

“Dunque perché state parlando con me?”

“Che intendete?”

“A meno che non riteniate che io sia vostro fratello, il che mi sembrerebbe alquanto improbabile, non vedo per quale ragione intrattenere una conversazione con la sottoscritta possa aiutare il vostro divino compito.”

Dopo qualche momento di silenzio, durante i quali Loki poté giurare di vedere gli ingranaggi dell’encefalo di Thor incepparsi, giunse l’eloquente risposta:

“Beh, siete una bella donna.”

Le labbra del Dio dell’Inganno si schiusero per la sorpresa ma furono svelte nel richiudersi, strette in una linea scura di rossetto.

“E voi un uomo incredibilmente sicuro di se stesso.”

Thor rise e sebbene non fossero particolarmente vicini, Loki avvertì le vibrazioni di quel petto sulla sua pelle.

“Non ne vedo lo svantaggio.” rispose, poggiando un gomito sul tavolo per sporgersi in avanti, verso la donna. “Ad ogni modo, se mio fratello non desidera essere trovato, nulla gli farà cambiare idea. Posso quindi solamente sperare che esca fuori, così che possa dimostrare ai nostri compagni che il suo ultimo scherzo era innocuo, senza cattive intenzioni.”

Mantenendo lo sguardo fisso negli occhi del fratello, Loki non lasciò trapelare alcun pensiero o sentimento. Tamburellò solamente con le dita sulla copertina del libro, riflettendo. Aveva già dimenticato quale scherzo volesse riservare a Thor.

“Parlatemi di vostro fratello.”

“Di Loki?”

La donna annuì lentamente, sistemando una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

“Sì, del Dio dell’Inganno che tanto vi fa penare.”

“Lo conoscete, dunque, sebbene non sapeste chi fossi io.”

Loki rise, battendo le palpebre volutamente più del dovuto.

“Non conoscevo il vostro aspetto, tuttavia non sono certo una donna di poca cultura.”

Dopo qualche momento di silenzio, il volto di Thor fu illuminato da un ennesimo sorriso. Batté il palmo della mano sul tavolo, ancora una volta non preoccupandosi del luogo in cui si trovavano, e si protese più comodamente in avanti, verso di lei.

Loki ignorò la figura riflessa nelle iridi azzurre.

“E sia. Cosa volete sapere?”

“Com’è fatto, il suo aspetto esteriore, così che possa riconoscerlo se mai avrò l’onore di incontrarlo.”

Chiaramente, Thor non si aspettava una simile richiesta, eppure la sorpresa sul suo volto fu presto rimpiazzata dalla concentrazione: la fronte si corrugò, riempendosi di rughe espressive. Sembrava essere particolarmente determinato nel sedurla e Loki non seppe se trovarlo ridicolo oppure irritante.

“Loki è… un uomo, alto.”

Come poco prima, il sopracciglio di Loki scattò eccessivamente in alto.

“Wow. Estremamente eloquente.”

Il Dio del Tuono brontolò, portando una mano al mento. Si strofinò la barba ripetutamente, mantenendo sul volto un’espressione comicamente simile a quella di qualcuno che soffre di stitichezza.

“Raggiunge circa la mia altezza, sebbene appaia più magro e minuto.” riprese, deciso nell’accontentare i desideri della bella signorina. “Ha un fisico indubbiamente scolpito. Si affida spesso alle sue magie e trucchetti vari, eppure in forza non manca.”

Poggiando il gomito sul tavolo, Loki inclinò il capo e lo sorresse sul palmo della mano, sorridendo al fratello.

“Continuate, vi prego.”

“Lui, uh… Lui—”

“Le sue spalle, sono ampie? Le gambe muscolose e dritte? E com’è il suo volto, ricoperto di ruvida barba oppure liscio, delicato ed elegante?”

Per qualche assurda motivazione, le parole che Loki aveva appena pronunciato con il solo intento di metterlo ulteriormente in difficoltà, ebbero un effetto diametralmente opposto: il volto del fratello tornò a rilassarsi e il suo sguardo brillò.

“No, non delicato. Forte ed elegante.”

Fu Loki che a quel punto corrugò la fronte, perplesso dal repentino mutamento d’espressione. Thor però proseguì liberamente, sicuro delle sue parole.

“Ha lineamenti decisi e regali, come scolpiti dal migliore artista Asgardiano. Sul suo volto non v’è alcuna traccia di barba e la sua pelle è chiara, liscia, priva di imperfezioni.”

Le gote del Dio dell’Inganno lo tradirono, scaldandosi e colorandosi di un dolce rosa. Thor dovette mal interpretare quella reazione perché, oltre a sorridergli, sollevò una mano per toccare l’estremità dei capelli scuri.

“Ad incorniciare il suo volto, invece, vi è una chioma nera e lucente di morbida seta.” mormorò, risalendo una singola ciocca fin quasi alla sua attaccatura. Intanto si sporse più in avanti, più vicino, e Loki non seppe come reagire a quelle attenzioni, a quei complimenti. Mai avrebbe pensato che il narcisismo sarebbe stata la sua rovina.

“Li mantiene più corti dei vostri, non dubito però che gli donerebbero di qualsiasi lunghezza.”

Thor proseguiva, ignaro del conflitto del fratello – proseguiva e anche l’altra mano si faceva avanti, sfiorando con le nocche la mascella che Loki stava tenendo ostinatamente serrata.

“Sono ribelli, esattamente come lui, ma il colore scuro risalta la carnagione e…” ancora più vicino, le dita ruvide di calli poggiarono sulla sua tempia. “…gli splendidi occhi verdi, dalle lunghe ciglia. Sono proprio come i vostri, brillanti, grandi, ricchi di idee e sensazioni che spesso mi sfug—”

Si trattò di un istinto, di un desiderio a lungo trattenuto: Loki scattò verso il fratello con tutto il corpo e le loro labbra si incontrarono così, tra le unghie lunghe che graffiarono lo scalpo di Thor e i denti che ferirono la bocca carnosa.

Voleva zittirlo, voleva baciarlo per sentire il sapore delle sue labbra, per avvertire il respiro caldo solleticargli la pelle.

Ma soprattutto voleva fargli chiudere gli occhi; doveva smettere di guardarlo a quel modo senza sapere che fosse Loki.

Seppur preso alla sprovvista dal gesto, il lato più rozzo e basilare di Thor prese il sopravvento: una mano trovò appiglio alla nuca di Loki, in quel gesto che il Dio si era illuso fosse riservato solamente a lui, mentre l’altra poggiò senza vergogna sul suo seno. Lo strinse, lo soppesò, quasi Loki fosse una donna avvezza ai piaceri carnali e disposta ad assecondarli.

Rifletteva troppo, invece.

Per questo quel cedimento durò solo pochi momenti e si interruppe subito, quando il libro dimenticato sul suo grembo cadde a terra – aveva allargato le gambe in modo che il tocco rovente della mano del fratello, scesa dal suo seno, premesse sulla coscia esposta con più insistenza.

Spinse contro il petto ampio, separandosi dalla sua bocca a quel punto macchiata di rossetto. I capelli biondi erano spettinati, gli occhi già scuri di lussuria.

Proprio in quelle pupille dilatate Loki si vide, affranto per aver creduto per qualche istante che i complimenti fossero genuinamente rivolti a lui. Ferito perché quella passione che Thor stava dimostrando per una sconosciuta a lui non sarebbe mai stata dedicata.

Colpì la guancia dell’uomo con un sonoro schiaffo.

“Bestia.”


Riaprendo gli occhi, Loki trovò davanti a sé l’immagine sfocata del tavolo su cui si era addormentato, non la pergamena. L’alcol doveva aver finalmente invaso a dovere il suo corpo. Rimettendosi a sedere più correttamente e dopo essersi accertato che Sylvie stesse ancora riposando, sollevò le braccia ed inarcò la schiena per stiracchiarsi e far scrocchiare il numero maggiore di ossa possibile. Eppure, nonostante fosse in un attimo già del tutto sveglio, era irrilevante: il sogno appena rivissuto occupava ancora i suoi pensieri.

Non che potesse aspettarsi diversamente, tenendo conto della loro natura e di quanto alcol annebbiasse la sua mente. Non si lasciò però scoraggiare; riafferrando la penna e sistemando la pergamena davanti a sé, dopo aver raddrizzato un angolo probabilmente piegato dal suo gomito mentre dormiva, pronunciò e scrisse quanto prima aveva pensato:

«Finché non ti fa sanguinare.»

Da quel giorno in cui aveva baciato Thor, il suo atteggiamento nei confronti del fratello era irrimediabilmente mutato. In un primo momento, dentro di sé lo aveva incolpato di tutto, rendendo la sua vita un inferno di inganni e scherzi di cattivo gusto. Ma Loki era volubile, così preferiva credere, ed era trascorso un solo decennio prima di un nuovo cambiamento nel suo comportamento: dalla rabbia indiscriminata era passato ad una finta e crudele indifferenza. Così, mentre attorno a lui tutti divenivano più aspri nei suoi confronti, mentre i loro sguardi si riempivano di diffidenza e disprezzo, il Dio dell'Inganno aveva cercato di attuare il più elaborato scherzo, quello di ingannare se stesso e di andare contro la sua natura.

Aveva cercato l’amore altrove, quello sbagliato e da chi non gli interessava. Lo aveva cercato in più compagni, talvolta anche contemporaneamente, ma non era stato sufficiente – non era stato sopportabile e, difatti, mentre il fratello e i suoi amici si divertivano liberamente, Loki era rimasto solo.

La sua più grande paura, che invece di fargli aprire gli occhi, lo aveva ulteriormente accecato. Con disperazione accuratamente nascosta, aveva ripreso a ricercare approvazione. Per il fratello, così apparentemente ignaro dei suoi sentimenti e gradualmente sempre più arrogante, nulla era cambiato. Per Loki, invece, nulla era più lo stesso.

La brama d’approvazione, il terrore di essere abbandonato lo avevano lentamente consumato, portandolo allo stremo, in una condizione tale da rendergli impossibile affrontare correttamente la scoperta della sua natura. Nella sua follia finalmente aveva tutto senso: perché il padre avesse sempre favorito Thor, perché tutti lo guardassero con diffidenza, perché persino la madre disapprovasse i suoi scherzi.

Forse meritava d’essere solo, era destinato ad esserlo.

Lo aveva pensato e per un breve attimo vi aveva creduto. L’attimo che lo aveva portato ad abbandonarsi al vuoto, quel giorno sul Ponte dell’Arcobaleno, con l’urlo del fratello a riecheggiare straziato nei suoi timpani.

Aveva sperato in Hel e invece era stato catturato, torturato, fin quando nella sofferenza e nel terrore aveva deciso che, se nessuno lo avesse amato, li avrebbe costretti a farlo.

Non aveva funzionato.

“Vieni a casa.”

Come poco prima la voce del padre, fu la voce del fratello a sussurrare alla sua mente. Un ricordo recente, che gli regalò l’illusione di sentire ancora il calore del suo ampio palmo poggiato alla sua nuca.

Portando una mano al collo, premendola sopra quel tepore immaginario nella speranza di sentirlo ancora, Loki guardò la pergamena.

«Sanguinare è riduttivo.» considerò ad alta voce con amarezza, adocchiando velocemente i bicchieri vuoti al suo fianco. Con un sospiro, ne riempì uno come aveva fatto poco prima e, guardando l’alcol volteggiare nel bicchiere, rifletté che forse aveva bevuto un po’ troppo. Le sbornie tristi non erano mai belle.

«Dovrei aver finito il sangue da versare, ormai.»

“Loki, eri il mondo per me.”

Storse il naso, chiudendo gli occhi.

“Pensavo che avremmo combattuto fianco a fianco in eterno, ma alla fin fine tu sei tu ed io sono io.”

La voce del fratello era veramente fastidiosa, anche se proveniva da ricordi che aveva esclusivamente visto.

“Magari c’è ancora del buono in te ma ad essere sinceri le nostre strade si sono divise molto tempo fa.”

Bevve tutto d’un sorso, battendo il vetro contro il tavolo con forse un po’ troppa forza; qualche sguardo si girò nella sua direzione, qualche sopracciglio si sollevò indignato, ma Loki non vi prestò alcuna attenzione e non si preoccupò neppure di controllare che Sylvie dormisse ancora. Si abbandonò al contrario ad una breve e secca risata, scuotendo il capo. Quella metafora che stava cercando di creare, da ubriaco, stava evidentemente mettendo a dura prova i suoi nervi già stanchi.

Tuttavia, un Loki non si arrende mai. Velocemente riafferrò la penna, premendo le ultime rune sulla pergamena. Lasciò che fosse l’istinto a guidarlo, senza riflettere troppo – non era certamente una saggia idea se l’intento era creare qualche evocativa figura retorica, ma Loki era consapevole che le grandi idee non erano sempre il suo forte.

«Ma, infine, quando provi a raggiungerlo…»

Si fermò, alzando lo sguardo per guardare dritto avanti a sé, senza veramente concentrarsi su nulla.

…Quando provi a raggiungerlo?

“Se fossi qui potrei anche abbracciarti.”

Alzò la penna dal foglio.

Sorrise.

 
 






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Se avete letto fin qui, vi ringrazio! Spero vi sia piaciuta la fanfiction 8D personalmente l'ho trovata liberatoria, anche se ha fatto un po' male xD
Nel mio cervello, comunque, la parte finale della metafora - ovvero "non è reale" - non è esattamente quello che aveva ideato Loki. Quella frase, in fin dei conti, la completa Sylvie quando Loki è decisamente troppo ubriaco per mettere altre 2 parole di fila. Ecco quindi perché ho scritto l'intera fanfiction, perché ho problemi xD

Come nota aggiungo solo che Rùna, il nome che ho fatto scegliere a Loki, l'ho pescato un po' a caso da internet affidandomi a siti un po' dubbi, ma il suo significato dovrebbe essere “secret, secret lore, secret knowledge, magic”. Mi sembrava molto adatto a Loki!
E niente, se voleste lasciare commenti o kudos mi rendereste molto felice <3

   
 
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