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Autore: 20maggio2013    03/07/2021    0 recensioni
[Andreas Muller]
[Andreas Muller]"See me as I really am
I have flaws and sometimes I even sin
So pull me from that pedestal
I don't belong there."
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era assurdo come un piccolo studio mi riuscisse a mettere tanta agitazione tutta insieme, più di quanta ne avessi su un palco davanti a migliaia di persone, su un palco di uno stadio, sotto migliaia di occhi. Ma quello studio non era uno studio qualunque. Era lo studio da dove tutto era cominciato, era lo studio dove ero cresciuta, era lo studio dove mi ero innamorata, era lo studio dove ero diventata la ragazza che ero oggi, era lo studio che mi aveva visto crescere, migliorare, diventare la cantate che ero adesso. 

Ho sempre amato cantare. La musica ha sempre fatto parte della mia vita. Mia madre mi dice sempre che ho imparato prima a cantare e poi a parlare. La prima volta che ho preso un microfono in mano avevo solo quattro anni, la prima volta che ricordo di aver cantato una canzone avevo quattro anni. Era una canzone che avevo ascoltato alla pubblicità e che mi era rimasta impressa in mente e non avevo mai smesso di cantarla. Certo la maggior parte delle parole che dicevo erano inventate, soprattuto perché a quell'età ancora non conoscevo l'inglese. Poi all'età di sette anni, mia madre mi aveva iscritto ad una scuola di canto e da allora, il canto era diventato parte fondamentale della mia vita. A quattordici anni avevo scritto la mia prima canzone e da allora non avevo più smesso di scrivere. Cantare era la mia vita. Lo sapevano i miei genitori, la mia migliore amica e il mio insegnate di canto. Per questo, poco più di un anno prima, era stato proprio lui ad iscrivermi ai casting per Amici15. Era grazie a lui se ora ero una cantate a tutti gli effetti. Era stato lui a convincermi a partecipare a quel casting che mi aveva cambiato la vita. Quei casting che mi avevano permesso di realizzare il mio sogno. Quei casting che mi avevano dato molto di più di una carriera da cantante.

"Agitata?" mi domandò Stefano affiancandomi. Non risposi, non c'era bisogno che lo facessi. La mia espressione parlava da sola. E poi Stefano aveva imparato a conoscermi durante quell'anno trascorso lì. Era uno dei ballerini professionisti del programma ed era anche il supporter dei ragazzi. L'anno prima mi aveva aiutato molto a sconfiggere l'ansia e a dare il meglio di me. Soprattuto durate i casting, o durante la prima puntata dello speciale del sabato, o alla prima puntata del serale, o ancora alla finale.
"Oh avanti, hai cantato negli stadi, hai aperto i concerti in America e ti agiti a cantare qui dentro?" rise divertito ed io annui. 
"Lo so.. ma fa un certo effetto. Solo un anno fa ero seduta io tra quei banchi." mormorai affacciandomi da dietro il palco per vedere cosa accadeva in studio. Due ballerini si erano appena sfidati e stavano raggiungendo il centro dello studio per sentire il parere dei professori. Sorrisi riconoscendo uno dei due ballerini. Andreas Müller. Aveva partecipato all'edizione precedente del programma insieme a me, ma poi a causa di un infortunio era dovuto andare via e quest'anno aveva deciso di riprovarci, riprovarci perché voleva sapere come doveva finire. Ma Andreas Müller era molto più di un ballerino, almeno per me. Avevamo legato sin da subito, era stato il primo ragazzo con cui avevo parlato il giorno dei casting. Ci eravamo incontrati fuori gli studio, lui era uscito a fumarsi una sigaretta mentre io ero uscita fuori a prendere una boccata d'aria per smaltire la tensione. In quel momento pensavo che nessuno sarebbe riuscito a calmarmi, eppure era bastato un suo sorriso, era bastato parlare con lui per tranquillizzarmi. Certo, quando ero rientrata negli studio l'ansia era tornata. Ma era la giusta ansia che mi serviva per affrontare il casting e dare il meglio di me stessa. Ricordo ancora la gioia che provai quando entrambi riuscimmo ad entrare nella scuola. Io ero stata la prima dei due a ricevere la maglia della scuola e quando avevo indossato la felpa, lui mi aveva sorriso. Ricordo come mi aveva abbracciato dopo aver indossato anche lui la maglia. Ancora non ci conoscevamo bene, ma avevamo già legato. 

"La sfida a squadre è stata vinta dai Tassorosso." Annunciò Maria risvegliandomi dai miei pensieri. Osservai Andreas sorridere e dare il cinque ad uno dei suoi compagni di squadra per poi sentire Maria annunciare il mio arrivo. 
"Prima di iniziare la prossima sfida guardiamo un filmato." Disse mentre Stefano mi raggiungeva di nuovo e mi porgeva un microfono. Gli sorrisi mentre nello studio guardavano un video sul mio percorso da quando ero entrata nella scuola fino ad ora. Sullo schermo apparvero video di alcune mie esibizioni, titoli delle canzoni che avevo registrato mentre ero lì, i risultati che aveva avuto il CD che avevo fatto uscire quasi un anno prima, io che vincevo l'ultima edizione del programma e che alzavo in alto la coppa mentre i coriandoli riempivano lo studio, alcune mie esibizioni successive al programma. Poi lo schermo si fece blu e sopra apparve il mio nome scritto in bianco a caratteri cubitali.
"Amelia." Esclamò Maria richiamandomi. Presi un profondo respiro ed entrai anche io nello studio che mi aveva visto crescere, sotto le urla dei fan. 
"Ciao a tutti.." sorrisi salutando con la mano sinistra mente con la destra stringevo forte il microfono per scaricare l'ansia. 
"Sei bellissima.." sorrisi ancora quando partì il solito coro dagli spettatori. Intanto io sentivo il mio cuore battere velocemente nel petto. Faceva sempre un certo effetto stare lì, era un po' come tornare a casa.
"Allora Amy, come è stare di nuovo in questo studio?" mi chiese Maria sorridendomi.
"È un po' come tornare a casa. Anche se ho visto che molte cose sono cambiate dall'anno scorso." Mormorai guardandomi intorno. Salutai qualche fan che mi richiamava, sorrisi ai professori che mi avevano aiutato nel mio percorso e poi osservai i ragazzi che erano seduti tra i banchi. Sapevo perfettamente come si sentivano, infondo un anno prima ero nella loro situazione.

E poi incontrai un paio di occhi color nocciola, i suoi occhi. Quegli occhi che ultimamente non mi guardavano più come prima. Perché ultimamente le cose tra noi due non erano più le stesse. Perché io quell'estate, dopo la fine del programma, ero partita in America per promuovere anche lì il mio disco. Ero partita in America e Andreas non l'aveva presa tanto bene. E quella mia partenza ci aveva allontanato. Ed entrambi avevamo sofferto molto. Ma poi l'estate era finita ed io ero tornata, principalmente per lui. Ero tornata perché dopo che lo avevo conosciuto niente aveva più senso se lui non era al mio fianco, neanche la realizzazione del mio più grande sogno. Ottobre era arrivato e si era portato via l'estate appena trascorsa. E insieme all'estate era finito anche il mio tour in America. Ero tornata a Roma dove avevo iniziato a lavorare al mio nuovo album. Ero tornata a Roma dove sapevo ci fosse anche lui, lui che era una delle persone più forti che conoscevo, lui che mi aveva rubato il cuore. Ed io ero tornata a Roma solo per lui. 
"Allora Amy, cosa ci canti?" Mi domandò Maria riportandomi alla realtà e facendomi interrompere quello scambio di sguardi con Andreas. 
"È una nuova canzone, l'ho finita di incidere solo due gironi fa. Sarà il mio prossimo singolo. Si chiama Halo." Mormorai poi con un sorriso sulle labbra. Ci avevo messo il cuore in quella canzone, perché quella canzone parlava di noi. Parlava di me, parlava di Andreas. Maria mi sorrise per poi tornare a sedersi sulla sua poltrona. Posizionai il microfono sull'asta e mi sistemai le cuffie nelle orecchie, poi guardai Maria per farle capire che ero pronta e che poteva far partire la base. 

Chiusi gli occhi quando sentii le prime note di quella canzone, chiusi gli occhi e presi un profondo respiro prima di iniziare a cantare.
"I never promised you a ray of light
I never promised there'd be sunshine every day
I give you everything I have
The good, the bad."
E proprio come era successo quando avevo preso in mano la penna e avevo scritto quelle parole su un tovagliolo di carta del bar dove mi trovavo, anche questa volta pensai unicamente a lui. Aprii gli occhi e mi voltai verso di lui per guardarlo. In passato ci eravamo promessi tante cose, gli avevo promesso che ci sarei sempre stata, che avrebbe potuto contare sempre su di me. Ma non gli avevo mai promesso che ci sarebbe sempre stato il sole, che non ci sarebbero mai stati problemi tra di noi. Gli avevo dato e avrei continuato a dargli tutto quello che avevo. Il bene, il male. Tutto. Gli avevo promesso che ci sarei sempre stata il giorno successivo e avevo intenzione di mantenerla quella promessa. Quando ero partita per l'America, l'avevo fatto per seguire il mio sogno, non per allontani da lui.

Ricordo ancora fin troppo bene il nostro primo bacio. Ricordo che era passato un mese da quando eravamo entrati nella scuola di Amici. Ricordo che era sera tardi, lui aveva appena finito di preparare una coreografia che avrebbe dovuto ballare il giorno successivo in puntata. Io ero nella hall dell'hotel, cuffie alle orecchie mentre ripassavo il testo della canzone che avrei dovuto cantare il giorno successivo. Ricordo che mi aveva sorriso quando mi aveva visto tutta concentrata su quello che stavo facendo. Ricordo di aver ricambiato il sorriso, aver messo in pausa la canzone e aver tolto una cuffia mentre lui mi lasciava un bacio sulla guancia. 
"Hai già mangiato?" mi aveva chiesto sistemandosi il borsone sull'altra spalla. 
"Ti stavo aspettando." gli avevo sorriso io. Era nostro rito, quasi un gesto scaramantico, cenare insieme la sera prima della registrazione. E fino ad allora ci aveva sempre portato fortuna.
"Pizza in terrazza?" mi aveva domandato e io avevo sorriso in risposta. Un'ora dopo ci trovavamo sul terrazzo dell'hotel con i cartoni della pizza ormai vuoti a ridere per qualche battuta stupida. Ricordo di aver alzato lo sguardo in alto e aver sorriso notando che in cielo non c'erano nuvole e che si vedevano le stelle brillare nel cielo, ricordo che in quel momento mi era venuta anche ispirazione per una nuova canzone. Ricordo che avevo abbassato poi lo sguardo per poi sorridere ancora di più quando incontrai i suoi occhi che sembravano brillare più delle stelle in cielo. Accadeva questa strana cosa quando lo guardavo negli occhi e mi sorrideva, tutto il resto scompariva ed io ero felice, veramente felice. E anche quella volta, le poche persone che erano in terrazzo a fumare, scomparvero completamente. Eravamo solo io e lui, eravamo solo noi due ed eravamo insieme, tutto il resto non aveva importanza. Mai nessuno in diciotto anni mi aveva fatto l'effetto che aveva lui su di me. 
"Chiudi gli occhi." mi aveva sussurrato.
"Voglio fare una cosa." aveva spiegato quando aveva visto il mio sguardo confuso. E io avevo sorriso per poi chiudere gli occhi, fidandomi di lui. Mi aveva preso per mano e mi aveva fatto alzare in piedi. Ricordo come avevo trattenuto il respiro quando avevo sentito il suo sulla mia guancia, il cuore che sembrava essersi fermato quando il suo naso aveva sfiorato il mio, lo stomaco contorcersi quando aveva posato le sue labbra sulle mie. Ricordo di aver sorriso sulle sue labbra mentre il cuore aveva iniziato a battere irregolarmente nel petto. Ricordo la delicatezza con cui lui mi aveva accarezzato la guancia destra mentre con il braccio sinistro mi cingeva la vita. Ricordo di aver portato le mie mani dietro la sua nuca come per paura che si allentasse. Ricordo la sua lingua che aveva leccato le mie labbra come a chiedermi il permesso di approfondire quel bacio. Ricordo di come avevo schiuso le mie labbra concedendogli di darmi un vero bacio. Ricordo si aver sentito le gambe molli, come se non fossero state più in grado di reggermi, e se non fosse stato per le sue mani che mi stringevano a se sarei caduta a terra, quando le nostre lingue entrarono in contatto. Ricordo ogni minimo dettaglio di quel bacio. Era il nostro primo bacio, il mio primo bacio. Non avrei potuto dimenticare nulla. Riesco ancora a ricordare il sapore di quel bacio. Sapeva di patatine fritte, di pizza e di lui.

"Why do you put me on a pedestal?
I'm so up high that I can't see the ground below
So help me down you've got it wrong
I don't belong there."
Cantai quella strofa guardandolo mentre lui mi osservava. Mi aveva sempre messo sopra un piedistallo, ma io non mi sentivo di appartenere a quel posto. Mi sentivo al posto sbagliato, io non ero meglio di lui, eppure lui si era sempre ritenuto inferiore a me. Non aveva fatto altro che vedere alcune differenze, differenze che non contavano nulla. Non aveva fatto altro che evidenziare quanto io piacessi a tutti i professori di canto, di quanto i professori non facessero altro che complimentarsi per la mia voce, per i miei miglioramenti. Mentre lui non aveva tutti dalla sua parte, veniva criticato per alcune cose, si era spesso abbattuto per quelle critiche. Mi diceva sempre che se continuava a lottare era perché Veronica credeva in lui, perché la sua famiglia credeva in lui, perché i suoi fan credevano in lui, perché io credevo in lui. Non faceva altro che pensare al suo passato che non era stato tutto rose e fiori a differenza del mio. Mi ripeteva sempre che ero perfetta ed io ogni volta gli ripetevo che nessuno era perfetto, men che meno io. Perché io non mi ritenevo per nulla superiore a lui. Avevo anche io ancora tanto da imparare, anche io ricevevo critiche costruttive dai professori. Solo che a sua differenza, i professori non montavano un teatrino come accadeva con Garrison e Andreas. Ricordo la delusione, delusione verso se stesso, nei suoi occhi quando era dovuto andare via. Io ero a lezione con Fabrizio quando era successo tutto. Ricordo che rientrai in sala relax con un sorriso sulle labbra, adoravo fare lezioni con Fabrizio, erano le mie preferite. Ricordo lo sguardo di Lele che si era posato su di me, ricordo la terribile sensazione che avevo provato quando avevo sentito Lele pronunciare il suo nome facendomi spegnere completamente il sorriso. Ricordo di essermi accorta solo in quel momento delle espressioni degli altri ragazzi in saletta. Ricordo che Lele mi aveva fatto segno di raggiungerlo. Ricordo il rumore che aveva fatto il mio cuore quando l'avevo visto. Ricordo che i miei occhi erano diventati lucidi al vederlo in quello stato. Distrutto, gli occhi arrossati, gonfi e pieni di lacrime. Alessio che cercava di consolarlo. Michele che teneva una mano sulla sua spalla. L'altro braccio fasciato e la felpa blu poggiata sulle sue spalle. Ricordo di essere andata da lui ed averlo stretto forte a me. Ricordo di come lui avesse continuato a piangere tra le mie braccia. Ricordo di quanto mi fossi sentita impotente in quel momento. E ricordo quello che aveva sussurrato al mio orecchio prima che andasse via, prima che tornasse in hotel a fare le valigie.
"Vinci anche per me." mi aveva detto. Ed era quello che avevo fatto. Avevo vinto per me, avevo vinto per lui, avevo vinto per noi.

"One thing is clear
I wear a halo
I wear a halo when you look at me
But standing from here
You wouldn't say so
You wouldn't say so if you were me
And I, I just want to love you
Oh oh I, I just want to love you."
Se solo lui si fosse trovato al mio posto non avrebbe pensato in quel modo, avrebbe capito che non c'era tutta questa differenza tra di noi. Eravamo solo due ragazzi che stavano costruendo il loro futuro, che stavano seguendo il loro sogno. E l'unica cosa che volevo era poterlo amare, amare i suoi pregi e ancora di più i suoi difetti. Ricordo la prima volta che gli dissi quello che provavo per lui. Ricordo tutto quello che ho fatto con lui, perché lui è stato il primo. Il mio primo ragazzo, il mio primo bacio, il mio primo amore, la mia prima volta. È stato il primo in tutto.

Ricordo la prima volta che gli dissi di amarlo. Era appena iniziato l'anno nuovo. Eravamo appena tornati nella scuola dopo due settimane di vacanze natalizie. Non lo vedevo da quando lui era tornato a Fabriano dalla sua famiglia ed io ero tornata a Milano dalla mia. In quei quattordici giorni in cui non ci eravamo visti, però, non avevamo smesso di sentirci per un secondo. Avevamo passato ogni sera a parlare ore al telefono, perché dopo due mesi nella scuola ci eravamo abituati a passare la maggior parte del tempo insieme e stare così lontano da lui, trovarci in due città diverse, era strano. Ricordo che ero appena uscita dalla camera per raggiungere la mia compagnia di camera che mi aspettava al bar, quando l'avevo visto uscire dall'ascensore. Ricordo che avevo sorriso felice. E ricordo il suo sorriso quando mi aveva visto in fondo al corridoio. Ricordo che avevo iniziato a correre verso di lui mentre lui aveva fatto cadere le valigie  per terra pronto a stringermi tra le sue braccia.
"Quanto mi è mancato il tuo profumo." aveva mormorato affondando la testa tra i miei capelli.
"Mi sei mancata tantissimo." aveva detto poi guardandomi negli occhi. E anche lui mi era mancato, mi era mancato perdermi nei suoi occhi. Mi era mancato il modo in cui mi toccava, il modo in cui m baciava, mi erano mancati i suoi sorrisi, mi era mancato tutto di lui. Mi era mancato ma non glielo dissi.
"Ti amo." mormorai invece senza interrompere il contatto visivo. Ricordo la sorpresa nei suoi occhi al suono di quelle parole. Ricordo il sorriso che mi aveva fatto. Ricordo come avesse tentato di dire qualcosa per poi baciarmi senza dire altro. E ricordo che poi mi aveva guardato negli occhi e aveva sussurrato anche lui di amarmi. E ricordo il mio cuore che aveva perso qualche battito a quella parole. 

"I always said that I would make mistakes
I'm only human and that's my saving grace
I fall as hard as I try
So don't be blinded
See me as I really am
I have flaws and sometimes I even sin
So pull me from that pedestal
I don't belong there."
Avevo sempre detto che avrei commesso errori, come ogni singolo essere umano. Perché anche io ero umano ed era la mia unica qualità. Ho sempre cercato di fare la cosa giusta, ma durante il mio percorso ho commesso errori. Il più grande, forse, è stato quello di partire in America senza dire nulla. Ma poi ero tornata a Roma per rimediare ai miei errori, per risolvere i problemi che c'erano con Andreas, perché non desideravo altro che quello. Era stata la prima persona che avevo voluto vedere una volta messo piede sul suolo italiano. Avevo preso il primo taxi disponibile ed ero andata in quell'hotel che aveva visto nascere la nostra storia. Ero andata lì perché sapevo di trovarlo lì, sapevo che aveva provato a rientrare nella scuola di Amici e sapevo che era riuscito a riottenne quel banco. Ero andata in quell'hotel e l'avevo portato sulla terrazza che ci aveva visto innamoraci, che era stato lo scenario del nostro primo bacio e di tanti altri. L'avevo portato lì, ma non c'era stato alcun bacio. Il nostro rapporto non era più forte come prima. L'avevo portato lì e gli avevo detto che avrei fatto di tutto per tornare la coppia di prima, che avrei fatto di tutto per farmi perdonare. Gli avevo detto anche che doveva vedermi per quella che ero realmente, una ragazza uguale a lui. Una ragazza con tanti difetti, una ragazza che commetteva errori come tutti. Gli avevo detto di farmi scendere da quel piedistallo dove mi aveva sempre messo, perché quello non era il mio posto. Il mio posto era al suo fianco. E per la prima volta mi aveva visto per quella che ero realmente. Sempre la stessa ragazza innamorata di lui, con un sogno nel cassetto. Un sogno che avevo realizzato.  Per la prima volta aveva visto che anche io, come lui, avevo dei difetti, che non ero perfetta come aveva sempre pensato. Ricordo anche cosa mi disse in risposta. 
"Anche se ora riesco a vederti per quella che sei veramente, non ti amo di meno. Anzi, ti amo ancora di più." Aveva detto in un sussurro e io avevo sorriso. Avevo sorriso perché anche se sapevo che non sarebbe bastato quello per risolvere tutti i nostri problemi, ora sapevo che saremmo stati in due a lottare per tornare quelli di prima, a tornare la coppia di prima, ad avere il legame che avevamo prima che partissi, o meglio un legame più forte. Sapevo che non ero l'unica a lottare, che non ero l'unica a volerlo. 

"One thing is clear
I wear a halo
I wear a halo when you look at me
But standing from here
You wouldn't say so
You wouldn't say so if you were me
And I, I just want to love you
Oh oh I, I just want to love you."
L'unica cosa che volevo era amarlo, amarlo come avevo fatto quella notte.

Era il cinque marzo, la sera successiva alla registrazione in cui Andreas aveva avuto l'accesso al serale. Perché alla fine, nonostante le critiche e tutto, nonostante lui ritenesse me superiore, era stato proprio lui ad accedere al serale prima di me, era stato lui il primo dei due ad avere la felpa verde e non io. Erano tutti riuniti in camera di Andreas, nella 302. O almeno erano quasi tutti lì, alcuni erano tornati a casa per il weekend, altri erano in giro. E poi ceravano io e Andreas chiusi nella mia camera. Volevamo stare un po' da soli prima di raggiungere gli altri. Le ultime due settimane erano state più impegnative del solito, dato che ormai eravamo vicinissimi al serale, e ogni sera rientravamo in camera distrutti. 
"Hai intenzione di dormire con quella tuta?" domandai mentre giocavo con le corde della chitarra facendole vibrare dolcemente ma senza smettere di osservarlo in quella tuta blu. 
"Magari potrei farmela togliere da te." aveva detto in tono malizioso. Ricordo che in quel momento avevo smesso di suonare la chitarra per poterlo colpire con un cuscino. Ricordo che si era messo a ridere mentre si parava con le mani, ricordo che avevo riso anche io in seguito alla sua risata. Ricordo che poi mi aveva tolto il cuscino dalle mani mentre io provavo ancora a colpirlo divertita. Ricordo che aveva preso la chitarra e l'aveva spostata sul pavimento e ricordo il modo in cui si era avvicinato a me. Ricordo che mi ero morsa il labbro inferiore osservandolo avvicinarsi. Ricordo di aver chiuso gli occhi aspettandomi un suo bacio e ricordo l'esclamazione sorpresa che era uscita dalle mie labbra quando avevo sentito il cuscino colpirmi in faccia. Ricordo che avevamo iniziato a prenderci a cucinate. E ricordo di come i cuscini fossero finiti per terra, di come io fossi finita stesa sul letto e di come lui mi avesse incastra tra il suo corpo e il letto. Ricordo come mi aveva bloccato i polsi sopra la testa. Ricordo le nostre risata che si mischiavano nell'aria per poi essere spente da un suo bacio. Ricordo come quel bacio fosse diventato qualcosa di più. Ricordo come aveva lasciato andare le mie mani per potersi sistemare meglio su di me. Ricordo come avevo portato le mie mani dietro la sua nuca per averlo più vicino. Ricordo la scia di baci che aveva lasciato sul mio collo. Ricordo come gli avevo sfilato prima la felpa e poi la maglietta. Ricordo i brividi che avevo avuto quando aveva passato le sue mani sotto la maglietta per poter sfiorare i miei fianchi. Ricordo la delicatezza con cui mi avesse sfilato la maglietta che indossavo, ricordo il modo in cui mi aveva tolto il reggiseno. Ricordo il suo sguardo innamorato che osservava ogni centimetro della mia pelle per poi perdersi nei miei occhi. Ricordo la paura e il desiderio che avevo in quel momento. Ricordo il modo in cui mi aveva amato quella notte, ricordo la passione, l'amore, la delicatezza, la gentilezza che ci aveva messo. Ricordo i brividi sulla sua pelle quando avevo accarezzato i suoi addominali. Ricordo la mia pelle bruciare sotto i baci che lasciava sul mio corpo. Ricordo il dolore iniziale quando era entrato lentamente dentro di me. Ricordo le lacrime che avevano bagnato involontariamente le mie guance. Ricordo il suo pollice che me le asciugava, ricordo i suoi baci dati per farmi distrarre dal dolore. E ricordo perfettamente il momento in cui il dolore era andato via, era finito lasciando spazio solo al piacere. Ricordo i gemiti che lascivano la sua bocca, ricordo i miei gemiti che lo facevano sorridere. Ricordo i gemiti soffocati in un bacio. Ricordo come mi aveva stretto a se una volta finito, ricordo come mi aveva sussurrato di amarmi in un orecchio. E ricordo di come mi ero addormentata stanca tra le sue braccia.

"Like to think that you know me
But in your eyes
I am something above
It's only in your mind
Only in your mind."
Ricordo ancora quel girono di inizio giungo. Era il cinque giungo ed io ero stata invitata al centro commerciale di Napoli per promuovere il mio disco. Era la terza tappa che facevo dopo aver vinto il programma. Andreas era venuto con me, avrebbe dovuto accompagnarmi al centro commerciale, rimanere con me e supportarmi come aveva sempre fatto. Ma quella volta non uscimmo insieme dall'hotel. Non andammo insieme al centro commerciale. Poco prima dell'evento litigammo, litigammo come mai avevamo fatto. Dopo essere uscita da Amici, mi avevano affiancato un manager e ad Andreas non piaceva come lui lavorava con me. Diceva che mi stava solo usando, che non voleva che lavorassi con lui, che lui mirava solo a portarmi a letto. Mi ripeteva che io meritavo di più, meritavo di essere affiancata da una persona migliore, una persona che mi avrebbe saputo valorizzare. E io gli ripetevo che non era vero, che mi considerava superiore a quella che ero realmente, che tutto quello che stava dicendo accadeva solo nella sua testa. Ma in quel momento ero troppo occupata a pensare a lavorare, a seguire il mio sogno per accorgermi che Andreas avesse ragione. Per accorgermi che il mio manager mi stava solo usando, che stava sfruttando la mia fama. L'avrei capito solo alcuni mesi dopo, quando voleva farmi cambiare il modo di scrivere, di suonare, quando voleva rendere la mia musica commerciale solo per poter vendere di più. Ricordo come aveva sbattuto la porta della camera d'hotel ed era andato via. Ricordo di come avevo trattenuto le lacrime. Ricordo di come avevo fatto finta che tutto andasse bene, che non ci fosse nessun problema. Ricordo dei finti sorrisi che avevo rivolto ai miei fan solo per non ricevere domande. E poi ricordo di come avevo rovinato completamente il rapporto con Andreas. Ricordo che il mio manager era venuto da me a dirmi che sarei dovuta andare in America ad aprire i concerti di una band che stava spopolano. Ricordo di aver accettato subito e di essere partita, di essere andata via lasciando solo uno stupido messaggio vocale ad Andreas. Ricordo che avevo provato a contattarlo, ma che lui non mi aveva risposto, costringendomi a lasciargli quella nota vocale. Ricordo che ero partita perché sapevo che quello avrebbe solo aiutato la mia carriera, ricordo di averlo fatto anche per dimostrare ad Andreas che si sbagliava, che il mio manager era uno in gamba. Ma quel tour era stata l'unica cosa buona che lui avesse fatto per me, per la mia carriera.

"I wear a, I wear a, I wear a halo
One thing is clear
I wear a halo
I wear a halo when you look at me
But standing from here
You wouldn't say so
You wouldn't say so if you were me
And I, I just want to love you
Oh oh I, I just want to love you
I just wanna love you."
Il pubblico intorno a me urlava il mio nome. Eppure io non sentivo nessuno. L'unica cosa che sentivo era la musica. Per il resto ero completamente persa tra i miei pensieri, tra i miei ricordi. Cantavo dando tutta me stessa, mettendoci il cuore. Come avevo sempre fatto. E poi lo vidi sorridermi e farmi l'occhiolino. Sorrisi in risposta e continuai a cantare ripensando a quello che era successo la sera prima. Ero andata in hotel a trovarlo e proprio come facevamo un anno prima, avevamo ordinato la pizza ed eravamo andati a mangiarla in terrazza.

"E così domani sarai ospite ad amici." mi aveva mormorato mandando giù l'ultimo pezzo di pizza. Avevo sorriso e poi annuito a quella domanda.
"Sarà strano tornare in quegli studi senza la maglietta nera. O la maglietta bianca." avevo poi commentato e lui aveva riso. Poi aveva tolto il cartone della pizza dalle mie gambe, lo aveva poggiato a terra accanto al suo e si era alzato in piedi porgendomi una mano. Io l'avevo guardato confuso, poi avevo afferrato la sua mano e mi ero alzata anche io. 
"Una delle prime volte che siamo stati qui, tu hai alzato lo sguardo e hai visto le stelle in cielo." aveva mormorato alzando lo sguardo. Io avevo sorriso ricordando benissimo il giorno a cui si riferiva. Poi avevo alzato anche io lo sguardo e avevo visto che anche quel giorno si potevano vedere le stelle.
"E poi quando sei tornata in camera hai scritto quella che è diventato il tuo primo singolo." aveva sussurrato continuando a tenermi per mano per poi portarmi poco lontano da dove eravamo seduti. Poi mi aveva lasciato la mano, aveva preso il telefono e, dopo averlo lasciato sulla sedia dove era seduto, era tornato vicino a me. E poi avevo riconosciuto le note della canzone che aveva messo, la mia canzone. Avevo sorriso senza smettere di osservarlo.
"Balla con me." mi aveva sussurrato avvicinandosi ancora di più. Io avevo annuito e lui mi avevo cinto i fianchi con le sue braccia. Io avevo portato le mie mani al suo collo e avevo poggiato la testa sul suo petto iniziando a muovermi lentamente con lui. 
"Ti amo." avevo detto in un sussurro mentre ascoltavo i battiti del suo cuore.
"Ti amo." aveva sussurrato lui al mio orecchio stringendomi un po' di più a lui. Alcune cose erano cambiate rispetto a quando ero tornata. Avevamo fatto progressi, ma non eravamo neanche più la coppia di prima e forse non lo saremo stati neanche più. Eravamo cresciuti in quell'anno e in qualche modo non eravamo più i ragazzini di un anno fa. Ma eravamo sempre noi, eravamo cresciuti insieme. Eravamo cresciuti ma continuavamo ad amarci e questo era l'importante. Questo e il fatto che entrambi stessimo lottando per costruire qualcosa di solido. Perché nessuno dei due voleva fare a meno dell'altro.

"Ha ha, ha-ha ha halo
Ha ha, ha-ha ha halo
Ha ha, ha-ha ha halo
Ha ha, ha-ha ha halo
Ha ha, ha-ha ha halo
Ha ha, ha-ha ha halo
Ha ha, ha-ha ha halo
Ha ha, ha-ha ha halo
Ha ha, ha-ha ha halo."
 

  
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