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Autore: CedroContento    07/07/2021    3 recensioni
[Thilbo Bagginshield]
"Ricominceremo da capo, chiaro; siamo masochisti, quasi speriamo che la volta dopo le cose saranno diverse.
Potrebbero, perché no?
Allora, se siete pronti, riavvolgiamo tutto ancora una volta."
Sulla scia degli eventi del film "Lo Hobbit", questa fic racconta la storia d'amore che vorrei.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo, Gandalf, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Non è che non mi piacciono le verdure, è che il cibo verde è strano da masticare, e poi non sa di niente. Sarebbe stata decisamente meglio una bella bistecca con le patatine fritte.”
 
Ori

 
 
 
La valle di Gran Burrone era veramente meravigliosa come Bilbo aveva letto nei suoi libri, e come tante volte gli avevano raccontato Gandalf - o Mithrandir, come aveva scoperto lo chiamavano gli elfi - e sua madre, quando era piccolo.
Belladonna Tuc non aveva avuto occasione di vedere realmente l'Ultima Casa Accogliente, aveva sempre dovuto fare affidamento esclusivamente sulla sua sconfinata fantasia per dipingerla nei suoi racconti. Bilbo avrebbe tanto desiderato che anche lei, almeno una volta, avesse potuto vedere quel luogo meraviglioso con i propri occhi; ma sua madre non ne aveva mai avuto la possibilità, e questo lo riempiva di amarezza.
Nonostante questo rimpianto, Bilbo riuscì a godere dei giorni che trascorse nella Casa di Elrond, furono rigeneranti sia per il suo fisico che per la sua mente.
Imladris era un luogo di assoluta pace e serenità. Bilbo apprezzava l'indole tranquilla e riflessiva degli elfi. Erano dediti alla musica, ai racconti e alla poesia, la loro saggezza era profonda, e anche il buon vino ed il buon cibo non mancavano; questo nonostante gli elfi non mangiassero nulla di origine animale, si nutrivano unicamente di ciò che offriva spontaneamente la natura. (1)
A Bilbo la cosa non disturbava affatto, non quanto questo tipo di dieta disturbasse i nani, almeno. L'indole burrascosa di questi ultimi non era affatto stata smorzata dalla pace di quel posto, anzi, se possibile l'aveva peggiorata.
Di giorno in giorno i nani si facevano più insofferenti e inquieti - Thorin in particolare sembrava più scontento che mai -, facevano sempre un baccano terribile, con grande frustrazione di chi li ospitava. Avevano interrotto praticamente ognuno dei sontuosi banchetti che venivano organizzati in loro onore, con canti sguaiati e lanciando il 'cibo verde' ovunque, erano di una maleducazione vergognosa. 
Bilbo si riscoprì ad evitare sempre più di frequente e volentieri la loro compagnia, preferendo quella degli elfi, o addirittura la solitudine.
Trovava piacevole passare diverse ore solo con sé stesso e, soprattutto, in silenzio. Rimanere in silenzio, essere in grado di ascoltare chiaramente i propri pensieri, gli era mancato moltissimo, solo ora se ne rendeva conto. 
Da quando il primo nano si era presentato alla sua porta, quella fatidica sera di qualche settimana prima, e poi durante il viaggio fin lì, gli era sembrato di essere stato sbalzato a destra e sinistra come in balia di un tornado. Ora, invece, sentiva di aver ritrovato la propria lucidità ed equilibrio. Forse però non era del tutto un bene: sempre più spesso si ritrovava a chiedersi cosa ci facesse lì, non a Gran Burrone, quello era fantastico, ma insieme alla compagnia di Scudodiquercia. Era tutto un enorme sbaglio? 
 
 
 
“Forza, Bilbo, ti insegno ad usare quel tagliacarte!” gli propose Fili, in una di quelle che i nani consideravano un'altra noiosa mattinata.
“Ottima idea!” fece Kili, entusiasta. 
Bilbo decise di accettare l'offerta, in parte perché si sentiva in colpa per aver trascurato la compagnia dei nani e un po' perché voleva realmente imparare ad usare quella sua bella spada. Dopotutto, il loro viaggio, il loro viaggio pieno di insidie, sarebbe proseguito prima o poi e Bilbo voleva essere in grado di difendersi se ce ne fosse stato bisogno, ne aveva abbastanza di sentirsi un peso. 
Fili si rivelò essere un insegnante molto paziente, gli insegnò una serie di mosse che gli fece ripetere in sequenza un’infinità di volte: prima da fermi, poi muovendosi avanti e indietro in linea retta. Qualche volta era il nano ad eseguirle e toccava a Bilbo parare. 
Presto lo hobbit si sentì meno impacciato a maneggiare la spada, era già un buon risultato. 
“Piega bene quelle ginocchia, Mastro Baggins. E girati più a sinistra, più a sinistra!” commentò la voce brusca e profonda di Dwalin, alle loro spalle. 
Bilbo non si era accorto di avere un pubblico, si augurò che lui non fosse tra quello.
“Se sei così delicato non imparerà un bel niente,” fece Thorin un istante dopo, confermando il timore de lo hobbit. Sì, c'era anche lui. 
Bilbo si sentì arrossire fino alla punta dei capelli, chissà da quanto lo stava osservando, in silenzio. E lui era così goffo! 
Completamente distratto dalla presenza di Thorin, Bilbo perse tutta la sua, già precaria, sicurezza. Parò i colpi di Fili sempre più disordinatamente. Inevitabilmente presto mancò un banale montante che aveva intercettato ormai decine e decine di volte e si ritrovò a guardare la spada di Fili ferma ad un millimetro dalla punta del suo naso. 
Proprio come Bilbo pensò che non poteva esserci modo peggiore in cui potesse rendersi ancora più ridicolo, Thorin disse: “Fatti da parte, Fili. Ci penso io”.
Era un incubo.
Bilbo lanciò un'occhiata implorante a Fili, quando fece per cedere il posto a Thorin, come gli era stato chiesto. Il nano colse il messaggio, ma con un'espressione dispettosa si limitò ad alzare le spalle, lasciando intendere a lo hobbit che non riusciva a trovare una buona scusa per non obbedire. Bugiardo che non era altro. 
“Avanti, Mastro Baggins. Colpiscimi,” lo incoraggiò Thorin, che se ne stava lì, con la spada pigramente tenuta bassa lungo il fianco, quasi fosse ancora nel fodero.
Bilbo non voleva farlo, non voleva battersi con Thorin, nemmeno per finta. Si sentiva così a disagio davanti a lui che ebbe la tentazione di girarsi e correre via. 
Ma nemmeno a lui venne in mente una buona scusa per defilarsi; non gli rimase altra scelta che sollevare la spada e calare un fendente poco convinto su Thorin.  
Come aveva ben supposto, il nano non dovette mettere troppo impegno nel parare i suoi primi colpi, in fin dei conti però non stava facendo nulla di troppo diverso da Fili. Bilbo cominciò a pensare che forse si era preoccupato di fare una pessima figura per niente, non era poi così tragico. Sbagliava. 
Thorin non si limitò più per molto solo a parare i suoi deboli attacchi, presto contrattaccò. Bilbo non fece quasi in tempo a finire di caricare un colpo orizzontale che si sentì colpire violentemente al polso dalla mano libera del nano.
La spada gli sfuggì di mano, in parte per l'impatto, in parte perché aveva mollato la presa sull'arma per la sorpresa. Con un rapido movimento Thorin lo aveva disarmato, e ora Bilbo poteva sentire l'acciaio freddo della sua lama sulla pelle del collo; si era fermato giusto in tempo. 
“Forza, ancora una volta,” disse Thorin, lasciandolo andare e facendogli segno di raccogliere la spada. 
Riluttante e con il polso dolorante per la manata del nano, Bilbo raccolse la sua arma e si preparò a colpire ancora. E ancora Thorin lo disarmò e lo immobilizzò, questa volta alle spalle, e poi di nuovo la volta successiva, e quella dopo pure.
Quando per l'ennesima volta Thorin ebbe la meglio su Bilbo, colpendolo con un calcio e facendolo finire con il sedere a terra, Kili si azzardò ad intervenire: “Ci stai andando un po' pesante, zio Thorin”. 
“Deve imparare,” rispose semplicemente quello, senza togliere i suoi occhi di ghiaccio di dosso da lo hobbit.
“Cosa, precisamente?” chiese a quel punto Bilbo, stufo, rifiutando scontrosamente, con uno schiaffo, la mano che Thorin gli stava porgendo per aiutarlo a rialzarsi.
Un gesto del genere non era affatto da lui, Thorin però era stato in grado di fargli perdere il controllo come nessuno era mai riuscito a fare prima di allora.
“Perché non me lo dici, così facciamo prima?” chiese ad un Thorin interdetto, rialzandosi e costringendo sé stesso a tenere la testa alta.
Non si era mai sentito tanto umiliato in vita sua, ma ne aveva decisamente abbastanza di tutta quella prepotenza.
“Ricorda, Mastro Baggins, che se mai ci sarà uno scontro nessuno ci andrà piano con te. Non c'è spazio per chi non è in grado di difendersi, lascia combattere chi sa farlo. Tutto ciò che devi fare tu, è scappare e nasconderti”. 
Era questo il punto quindi: Thorin voleva semplicemente rimetterlo al suo posto, ricordargli quanto fosse inadeguato, quanto sbagliata fosse la sua presenza lì. 
Non si prese il disturbo di rispondergli e nemmeno di raccogliere la sua spada.
Girò sui tacchi e a denti stretti, più ferito di quanto non gli piacesse ammettere, si allontanò. Non voleva più essere costretto a sostenere lo sguardo sprezzante del principe dei nani.
Thorin, con sua grande delusione, si era rivelato essere niente di più che un arrogante presuntuoso. Un eroe agli occhi di chiunque, un combattente e un condottiero al pari di quelli di cui si narrava nei poemi epici, così al di sopra di Bilbo, così al di sopra di tutto e tutti, da non curarsi minimamente di cose come i sentimenti altrui. A Thorin non importava di nessuno, se non di sé stesso. 
 
 
 
Bilbo non desiderò altro che passare il resto della giornata solo, per questo decise di perdersi nei meandri della meravigliosa dimora degli elfi. Se quello non era in grado di restituirgli la calma non avrebbe saputo che altro inventarsi. 
Dopo qualche ora, nel suo vagare, si imbatté in Re Elrond, signore di Gran Burrone.
A differenza di Thorin, nonostante fosse una persona senza dubbio molto molto importante, Elrond era di una modestia e di un'educazione lodevoli. Più di una volta si era già intrattenuto con lo hobbit e aveva conversato con lui, come fosse un suo pari; Bilbo ne era molto onorato.
In realtà non riusciva a spiegarsi come mai Elrond trovasse piacevole passare il suo tempo con lui. Gli hobbit non erano così interessanti, di sicuro non avevano molto di nuovo da raccontare ad un elfo di più di seimila anni. Ma Elrond diceva di considerare i mezz'uomini - era così che chiamava gli hobbit - un popolo molto interessante, dotato di grande valore, un valore che perfino loro stessi sottovalutavano.  
“Non sei con i tuoi compagni?” gli chiese Elrond quel giorno, con la sua incrollabile eleganza e gentilezza.  
Bilbo scosse la testa, cercando di nascondere il proprio stato d'animo. 
“Non gli mancherò,” si limitò a rispondere, lacunosamente. Era più tranquillo, ma non era certo di essere pronto a parlarne. “La verità è che per molti di loro non dovrei trovarmi in questo viaggio,” non riuscì a trattenersi dall'aggiungere. 
“Per molti, o solo per uno?” chiese Elrond, indovinando quale fosse la questione, anche senza che Bilbo avesse bisogno di dire altro. Era sorprendente il suo intuito.
“Conoscevo il nonno di Thorin, Thror, quando regnava sotto la montagna. Hanno lo stesso identico portamento: un carattere forte, fieri e caparbi come pochi,” proseguì l'elfo. 
A Bilbo scappò un sorriso amaro a quell'affermazione. Era proprio vero che non aveva mai conosciuto nessuno testardo quanto il principe dei nani, forse solo Gandalf poteva fargli degna concorrenza. 
Per qualche minuto Elrond e Bilbo rimasero in silenzio. Bilbo adorava quel modo di fare degli elfi: erano in grado di fermarsi a riflettere a lungo nel bel mezzo di una conversazione senza che il silenzio risultasse strano o diventasse imbarazzante; in fin dei conti, con l'eternità davanti, potevano anche permettersi di finire un discorso in tutta calma. 
“Ho sentito dire che gli hobbit sono molto resilienti,” riprese Elrond.
“Sul serio?”
Bilbo si chiese dove lo avesse portato il filo dei pensieri del signore di Gran Burrone per arrivare a quella conclusione. 
Elrond annuì: “Ho anche sentito che sono affezionati alla comodità delle loro dimore”.
Lo hobbit allora capì dove voleva andare a parare, ma non era proprio nello stato d'animo adatto per sentirsi dire che era fuori dal comune, dopo che Thorin aveva fatto di tutto per farlo sentire insignificante, e ci era riuscito benissimo. 
“Io ho sentito dire che non è saggio cercare il consiglio degli elfi, perché risponderanno sia sì che no,” rispose sospirando, azzardando una certa confidenza. 
Il bel viso di Elrond si illuminò mentre sorrideva divertito.
“Ci fa molto piacere se resti qui, se è ciò che desideri, questo lo sai,” disse congedandosi. 
Non era la prima volta che Elrond tentava lo hobbit con l'invito a fermarsi, gli aveva già proposto di rimanere tutto il tempo che desiderava, qualora non avesse voluto proseguire il suo viaggio con i nani della compagnia di Scudodiquercia.
Mai come quel giorno Bilbo fu tentato di accettare.
Gli elfi della Valle Nascosta avevano preso tutti in gran simpatia il piccolo mezz'uomo, una persona semplice, ma colta e a modo. Bilbo aveva trascorso abbastanza tempo con loro da rendersi conto che il disprezzo di Thorin nei loro confronti era del tutto ingiustificato. Ormai era certo che se avevano agito come avevano fatto dovevano aver avuto una motivazione valida e importante, che il nano evitava intenzionalmente di precisare. E ora capiva anche come mai Gandalf avesse più volte preso le loro difese. Lo stregone aveva avuto ragione, Bilbo si fece l'appunto mentale di dargli retta sempre, in futuro. 
 
 
 
Vagava ormai da tutto il pomeriggio, non si sentiva stanco, e soprattutto non desiderava ancora incontrare nessuno dei nani, quando una gran confusione attirò la sua attenzione.
Seguì la direzione da cui proveniva il gran baccano, intuendo già chi ne fosse la causa e, nonostante fosse preparato a cogliere i nani intenti a fare qualcosa di molesto, la scena che gli si parò davanti lo lasciò basito.
I nani, tra schizzi e schiamazzi, stavano facendo il bagno in una delle raffinate fontane scolpite degli elfi, e lo stavano facendo completamente nudi. 
Quattro di loro erano intenti a darsi battaglia nell'acqua poco profonda, Bombur si preparava ad eseguire un tuffo a bomba e qualcuno, che Bilbo non riuscì ad identificare, usava la scultura di Lúthien Tinúviel come fosse uno scivolo d'acqua. 
“O cielo!” esclamò.
Non avevano alcun senso del pudore o rispetto! 
Lo hobbit si voltò veloce, facendosi scudo sugli occhi con una mano, per evitare di vedere inavvertitamente altro; aveva già visto fin troppi sederi pelosi, per non parlare del resto. Ma, una volta che si fu girato su sé stesso, non ebbe tempo ti muovere un singolo passo che si ritrovò a sbattere contro un corpo massiccio, caldo e accogliente.
“Non ti unisci a noi, Mastro Baggins?” chiese Thorin senza scomporsi, afferrando delicatamente lo hobbit per le braccia per scostarlo dal suo petto, quello nel quale era affondato il suo naso.
Un angolino della mente di Bilbo pensò che fosse una sorpresa trovarlo lì, solitamente manteneva un certo contegno e non prendeva parte agli scherzi degli altri nani; probabilmente la voglia di vandalizzare per dispetto una fontana degli elfi era una tentazione troppo golosa.
Il resto del suo cervello registrò invece solo che Thorin era mezzo nudo, e sembrava proprio scolpito nella pietra: le spalle larghe, i pettorali grossi, gli addominali ben definiti. Tutto coperto da una morbida peluria nera e riccia, più folta sul petto, che proseguiva in linea retta proprio sotto l'ombelico e più in basso…
Beh, (s)fortunatamente aveva ancora i pantaloni. 
Thorin alzò una delle sue sexy sopracciglia – ehm, no, era un sopracciglio normale, del tutto normale - visto che Bilbo sembrava pietrificato e non accennava a rispondere.
“Io-io… No, no,” farfugliò lo hobbit. “Ho già visto molto più di quanto non intendessi. E poi, ecco, io sono già pulito. Così è meglio che…” mettere insieme una frase sensata sembrava incredibilmente difficile. 
Bilbo sentì il volto andare in fiamme e la situazione peggiorò, quando notò che Thorin non solo si era accorto del suo imbarazzo, ne doveva aver capito il motivo, e ne sembrava molto molto compiaciuto.
Bilbo avrebbe voluto sotterrarsi.
Come si poteva avere così poco amor proprio da sentirsi attratti da una persona che ti disprezzava e mortificava come Thorin aveva fatto con lui, solo poche ore prima? Ebbe vergogna di sé stesso, per il modo in cui lo faceva sentire, per quella stupida attrazione.
Istintivamente si massaggiò il polso, l'umiliazione di quella mattina ancora bruciava, Thorin rimaneva l'ultima persona che avrebbe voluto vedere, figurarsi stargli vicino a quel modo
“Scusa, devo andare,” disse liberandosi con uno strattone dalle mani di Thorin. 
Mosse appena un passo per allontanarsi che il nano lo trattenne con forza per l'avambraccio. Quando Bilbo lo guardò negli occhi chiari, vide che tutto l'autocompiacimento era scomparso. 
“Quello che intendevo dire stamattina,” cominciò a dire, con l'aria di qualcuno che cerca con cura le parole da scegliere, “è che se mai sarai in pericolo non devi correre rischi inutili solo perché credi di essere in grado di farcela.” 
Ovviamente, come dimenticarsi che per Thorin Bilbo non era buono a nulla. E lui che per un momento si era illuso che volesse scusarsi, che idiota. 
“Lo terrò a mente,” rispose, cercando di nascondere quanto lo ferisse il fatto che Thorin avesse quell'opinione di lui.
Si allontanò in tutta fretta, senza più voltarsi. Pensò che dopotutto l'idea di rimanere a Gran Burrone non era del tutto sbagliata.
Thorin non lo voleva assieme a loro, e nessuno dei nani si era accorto o dispiaciuto della sua assenza in quei giorni. Perché Bilbo non era uno di loro. 

 

 
  1. Perché gli elfi sono vegani, no? (su)
   
 
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