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Autore: Nikita Danaan    11/07/2021    0 recensioni
"Quello sguardo così intenso mi fece sentire quasi a disagio, però allo stesso tempo mi aveva colpito. Vidi in esso molte sfaccettature dall'azzurro chiaro a una parte dell'iride tendente al cobalto, ma ciò che mi colpì di più in particolare fu il turbinio di emozioni che scaturiva dai suoi occhi: timore ma allo stesso tempo impazienza e...vi era forse anche l'amore nel suo sguardo?".
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota iniziale: questa storia l'avevo già pubblicata con un'altra fanfiction a tema "Haikyuu!" ovvero "Ti guarderò sempre le spalle, Asso!", perché volevo farci una raccolta, ma visto che una raccolta con due fanfiction non ha senso secondo me, ho deciso di ripubblicarla a sè stante. In più l'ho revisionata, perché non mi convinceva più come l'avevo scritta, inoltre le ho cambiato anche il titolo, perché questi due bimbi belli meritano solo il meglio!
Buona lettura! 💜

 

Davanti a me si erge un muro impenetrabile e molto alto. Se riuscissi, saltando, a vedere oltre, che vista otterrei?

Era ciò che mi ero sempre domandato. Per via della mia scarsa altezza non ero mai riuscito a valicare quel muro, fino a quel giorno, il giorno in cui vidi oltre il muro nel cuore di Kageyama Tobio.

***

Era un giorno di primavera. Il clima iniziava ad essere più mite, il vento accarezzava dolcemente i suoi capelli corvini e i miei ramati. Esso portava con sé l'odore della nuova stagione, dei fiori che sbocciavano e dei frutti che iniziavano poco a poco a maturare.

Stavamo andando a casa mia, visto che gli avevo chiesto se mi poteva aiutare con i compiti di matematica e dopo fare due passaggi con la palla nel mio giardino.

Per raggiungerla, lo avevo caricato sulla mia bicicletta e stavamo percorrendo una stradina di campagna, quindi si vedevano i campi di riso e di frumento e anche qualche ciliegio in fiore.

Alcuni dei loro petali rosati si depositarono sui nostri capelli, facendo però sbuffare Kageyama, anche se io lo trovavo adorabile. 

Nessuno l'avrebbe mai detto dei nostri compagni della Karasuno, però io pensavo che Kageyama Tobio fosse adorabile, infatti, mentre guidavo la bicicletta, lo fissavo di tanto in tanto con la coda nell'occhio. Scacciava via i vari insetti che gli ronzavano attorno e provava a togliersi i petali dai capelli, che rimanevano comunque attaccati imperterriti ai ciuffi neri.

Non sapevo perché, ma quel contrasto tra i suoi gesti infastiditi e la dolcezza dei petali mi piaceva. Forse perché gli davano un'aria meno seria e distante.

Scossi la testa ridacchiando e tornai a concentrarmi sulla strada, ma il suono della mia risatina non sfuggì alle orecchie dell'alzatore.

"Ohi, idiota, cos'hai da ridere?".

Alle sue parole, pronunciate con il suo solito tono burbero, non potei fare a meno di spaventarmi. Di norma gli avrei risposto a tono, ma quel momento lo sentivo come speciale e non volevo rovinare la pace e la quiete di quella splendida giornata di sole. Così respirai e gli risposi pacatamente "Scusami, è che anche a me gli insetti davanti alla faccia e cose varie che gli alberi mi fanno cadere tra i capelli mi danno fastidio, quindi ti capisco".

La mia risposta lo stupì non poco, dato che di solito trovavamo ogni scusa valida per poter battibeccare, per cui gli sorrisi e mi rigirai subito dopo.

La conversazione sembrò cessare lì e invece ad un certo punto Kageyama mi posò una mano su una spalla e me la strinse, sussurrando leggermente "Fermati".

Percepivo il suo fiato caldo sul collo e mille brividi mi percorsero a causa della tonalità roca e perentoria della sua voce. Sentivo addirittura l'aroma del latte in brick che aveva bevuto dopo gli allenamenti.

Inizialmente rimasi perplesso, però la presa sulla mia spalla si fece più salda e ciò mi convince a fermarmi e a scendere dalla bici. Mentre lui compieva la stessa azione, gli domandai borbottando "Okay, ho fatto come mi hai chiesto, ora però mi spieghi il perché, tanto ormai siamo quasi arrivati". Kageyama spostò lo guardo dal paesaggio davanti a sé a me, iniziando ad analizzarmi con le sue iridi chiare.

Quello sguardo così intenso mi fece sentire quasi a disagio, però allo stesso tempo mi aveva colpito. Vidi in esso molte sfaccettature dall'azzurro chiaro a una parte dell'iride tendente al cobalto, ma ciò che mi colpì di più in particolare fu il turbinio di emozioni che scaturiva dai suoi occhi: timore ma allo stesso tempo impazienza e...vi era forse anche l'amore nel suo sguardo?

Con il senno di poi ne sono certo: vidi negli occhi di Tobio l'amore quel pomeriggio.

"Con te sento tutte le mie difese cedere, soprattutto quando sorridi, Shoyo". 

Quando disse il mio nome mi sentì arrossire e mi parve addirittura che il mio cuore saltasse un battito. 

"Spiegami perché mi fai quest'effetto, io proprio non riesco a capirlo" terminò la frase con un filo di voce, che risuonò come una supplica alle mie orecchie.

Mi avvicinai a lui e mi immersi di nuovo nei suoi occhi, posando una mano sulla sua guancia e mettendomi in punta di piedi. Le nostre labbra erano a pochi centimetri l'una dall'altra e i nostri respiri si stavano fondendo in uno solo. Le feci combaciare con le mie, sentendo sulle sue il sapore del latte che mai mi sembrò più buono e dolce come allora. Kageyama mi cinse i fianchi con un braccio, mentre io mi aggrappai alle sue spalle forti, ma poi misi le braccia intorno al suo collo per avvicinarlo maggiormente a me.

Quel giorno di primavera, vidi oltre il muro che Tobio Kageyama si era costruito per nascondere le sue emozioni. La cosa buffa era che volesse nasconderle a me e la cosa ancora più divertente era che l'avevo capito senza che lui mi dicesse niente. 

Fu un bacio dolce, tenero, quasi ingenuo, un semplice sfiorarsi di labbra. Delicato come quei petali di ciliegio che aveva tra i capelli e che mi ritrovai tra le mani quando ci staccammo lentamente.

Dopo qualche secondo, gli sussurrai "Che sciocco che sei, Tobio. Non importa quanto sarà alto il muro che mi troverò davanti. Io salterò più in alto e vedrò oltre quel muro".

Lui mi sorrise in risposta e tutto d'un tratto mi sollevò da terra "M-ma che fai?" balbettai arrossendo. Mi mise seduto sul sellino posteriore della bicicletta, posandomi un bacio sulla fronte "Hai detto che siamo vicini a casa tua, giusto?" mi chiese mantenendo sulle sue labbra un sorriso più simile a un ghigno, ma che amavo comunque.

Amavo tutto di quel ragazzo ormai.

"Sì, perché me lo chiedi?". 

Lui non rispose, afferrandomi i polsi e mettendo le mie braccia attorno alla sua vita "Reggiti, adesso andiamo a casa, ti aiuto a studiare e poi facciamo quello che vuoi".

A quelle parole mi illuminai ed esclamai "Giochiamo a pallavolo finché dico io?". Kageyama sospirò rassegnato, annuendo e iniziando a pedalare "Va bene, ci alleneremo finché vorrai tu". Io lanciai un gridolino di gioia e lo ringraziai baciandolo su una guancia "Sei il migliore!".

Le sue gote divennero di un leggero rosso, mentre borbottava, fingendosi scorbutico non risultando affatto credibile un "Idiota di un Hinata".

Io liberai nell'aria una risata di gioia. Quando ormai casa mia era di fronte a noi, il vento primaverile portò via con sé le parole che ci sussurrammo subito dopo che ebbi smesso di ridere ed eravamo arrivati.

 

 

   
 
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