Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Red Saintia    15/07/2021    9 recensioni
Anche se è difficile immaginarlo, impossibile sapere come sarà, imprevedibile capirne i vari percorsi... il futuro arriva per tutti. Anche quando il presente incombe come un macigno pronto a schiacciarci a terra, ci sarà sempre un domani nuovo, diverso, migliore. Perché il dolore anestetizza cuore e sentimenti, inaridisce l'anima e spegne le speranze. Ma come tutte le cose di questo mondo pian piano passa, e resta solo un silenzioso compagno con il quale si riesce pacificamente a convivere.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Armin Arlart, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Mikasa Ackerman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La storia riprende dopo un "time skip" temporale. Sono trascorsi i tre anni canonici dalla fine della guerra. Alcuni fatti, da questo punto in poi, seguiranno la parte conclusiva del manga, altri sono di mia invenzione . Ci risentiamo in fondo al capitolo, buona lettura.



Un vento leggero si insinuava tra i rami degli alberi creando un suono tenue e rilassante. La natura si apprestava a rinascere spargendo ovunque i suoi variegati colori.

Il cielo terso, macchiato solo da sporadiche nuvole bianche, si lasciava guardare, quasi a desiderare che il suo osservatore perdesse il proprio sguardo nella sua immensità.
Una figura di donna, pigramente adagiata all'ombra di un albero, osservava da non molto distante dei bambini rincorrersi sul prato.

Le loro risate erano l'unico piacevole frastuono nella vastità di quel silenzio che sembrava avvolgerla. Chiuse gli occhi e lasciò che la sua mente vagasse tra i ricordi, mescolando i volti e le risate di quei bambini con altri... ben più familiari.

Volti, occhi, sguardi, risate che facevano parte di un tempo lontano chiuso nella memoria come un tesoro prezioso da custodire e proteggere. Pensieri che le facevano tremare il cuore costringendola a stringere ancora più forte le braccia intorno al corpo. Il suo era un freddo che non sarebbe mai passato, né poteva essere lenito. Ormai vi era abituata, assuefatta a quel dolore tenue ma costante che si portava dentro e con il quale conviveva da tre anni. Riaprì gli occhi all'improvviso allertata da un leggero rumore alle sue spalle. Era lento e cadenzato ma pian piano si faceva più vicino. Rumore di passi in avvicinamento. Si alzò senza voltarsi. Erano passati anni eppure i suoi sensi erano sempre affilati e allerta come quelli di un predatore, anche se colui che aspettava non era di certo un nemico.

Il rumore alle sue spalle si fermò e lei finalmente decise di voltarsi.

Una folata di vento le sciolse il nastro che aveva tra i capelli lasciandoli liberi e ribelli. Si tenne la sciarpa con la mano destra, nel timore che anch'essa potesse sfuggirle via.

I suoi occhi grigi e allungati incrociarono un azzurro intenso che ben conosceva. Per un attimo le sembrò di rivedere per la prima volta il colore di quel mare che tanto avevano anelato. Sentì gli occhi inumidirsi di calde lacrime, ma cercò di trattenersi dal lasciarle scorrere inesorabili.

"È passato molto tempo dall'ultima volta che ci siamo visti. Ti trovo al quanto bene, e vedo che ti sei fatta crescere i capelli finalmente." Parlò con un filo di voce, come suo solito. Era visibilmente commosso anche lui. Cercava di mantenere lo sguardo fisso in quello della sua più cara amica, rimandando il momento in cui gli occhi sarebbero caduti inevitabilmente sulla piccola lapide incisa ai piedi di quell'albero.

"Anche tu stai bene. Hai l'aria un po' stanca ma ti trovo sereno. Sono contenta che tu sia tornato... Armin."

"Ed io sono contento di averlo fatto Mikasa."

Finalmente si avvicinò alla ragazza e lo stesso fece lei incontrandosi a metà strada, sciogliendo così quei tre anni di distanza in un abbraccio nel quale soffocarono entrambi le lacrime che ancora restavano loro. Si guardarono a lungo, cercando nei loro sguardi quella familiarità, quell'affetto e quella comprensione che solo chi aveva vissuto le stesse esperienze poteva avere.

"Ci sei mancato... Armin." sussurrò, non appena riuscì a smettere di singhiozzare.

"Anche voi mi siete mancati." rispose, assecondando le parole di Mikasa e includendo in quell'incontro anche chi non poteva più esserci fisicamente ma rimaneva sempre presente tra loro.

"Sei tornato da solo?"

"Certo che no. Ti avevo anticipato che li avrei portati tutti con me." e in quell'istante si voltò alle sue spalle facendo segno loro di raggiungerli.

Lo sguardo di Mikasa sembrò riprendere vita non appena udì la voce squillante di Connie e le imprecazioni di Jean che battibeccava con Reiner. Fece qualche passo per poterli vedere meglio e con grande sorpresa vide che con loro c'era anche Annie.

"Ehi Armin... sei riuscito persino a convincere Annie a seguirti. Le tue capacità di persuasione sono decisamente migliorate." lo stuzzicò sorridendo.

"Ma che dici... smettila. Era felice anche lei di poter tornare. In fondo in un modo o nell'altro siamo tutti legati a questo posto."

Solo allora, quando vide che Mikasa non lo stava osservando, guardò con attenzione la lapide che conteneva ciò che restava di Eren. Il petto prese a fargli male, come se quel dolore che aveva soffocato per tutto quel tempo tornasse all'improvviso ricordandogli di avergli solo dato l'illusione di essere svanito.

"Ehi Mikasa come stai!" l'abbraccio di Connie fu breve e caloroso, le ricordò i vecchi tempi.

"Chiassoso come sempre eh... non ti smentisci mai."

"Lasciala respirare per la miseria così la soffochi." intervenne Jean

"Ma sta zitto. Dì piuttosto che vorresti stringerla tu in un caldo abbraccio..."

"Stupido idiota io ti ammazzo se non chiudi subito quella bocca!" gli si avventò contro cercando di mascherare il suo totale imbarazzo.

"Come vedi certe cose non cambiano mai." la voce profonda e calma di Reiner la fecero voltare nella sua direzione.

Si osservarono a lungo e in silenzio. L'astio che Mikasa nutriva nei suoi confronti non era un segreto per nessuno. Avevano archiviato le divergenze che li avevano messi l'uno contro l'altro, eppure... in modo latente e silenzioso c'era sempre come una coltre spessa di diffidenza che serpeggiava tra loro.

"Forse non è un male che certe cose rimangano uguali." rispose in modo composto, forse più del dovuto.

"Ehilà... ti trovo bene Mikasa." una voce familiare che ben ricordava fece spostare la sua attenzione alle spalle di Reiner.

"Annie, mi sorprende davvero vederti insieme a questi tipi poco raccomandabili." rispose, marcando la voce sull'ultima affermazione che non sfuggì alle orecchie di Connie e Jean.

"Noi? Poco raccomandabili? Ma se quei due hanno provato ad ammazzarci un'infinità di volte." urlò Jean

"Guarda che sono sempre in tempo a rimediare." gli rispose subito Reiner

"Ah sì? Ma non credere che te lo renderò facile ammasso di muscoli senza cervello!" cominciò ad imprecare.

"Ecco che ricominciano..." sospirò Annie con aria rassegnata.

Mikasa li osservò uno ad uno. Erano cambiati, il loro sguardo era diverso, e sarebbe stato così per sempre, perché l'orrore che avevano vissuto lo portavano marchiato addosso in modo indelebile. Eppure in quelle abituali e vecchie schermaglie lei colse quella voglia di guardare avanti e ricominciare che avevano sempre rincorso fin da quando erano ragazzi. In un modo o nell'altro c'era riuscito. Li aveva radunati tutti attorno a sé, aveva lasciato che vedessero il mondo che lui aveva protetto, seppur a modo suo.

Un mondo che sapeva per certo non sarebbe mai riuscito a vedere. Aveva reso amici coloro che un tempo provavano solo odio reciproco. La loro voce avrebbe raccontato una storia che per molti poteva sembrare solo una favola grottesca per spaventare i bambini. 
In quei volti era racchiusa la sua speranza, i suoi sogni, il futuro che non aveva potuto vivere. Aveva compiuto un piccolo miracolo che adesso risplendeva come una tenue speranza nel mare d'odio e d'orrore che li aveva sempre circondati.

Radunati all'ombra di quell'albero restarono in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri, ognuno ricordando un momento, una parola un gesto che avevano condiviso con lui. Quando i loro sguardi si incrociarono il pensiero di tutti viaggiò lungo la medesima linea immaginaria, così come un tempo i sentieri potevano guidare i ricordi di ogni persona. Avrebbero voluto che Sasha fosse lì con loro. Mai come in quel momento la sua assenza sembrava di nuovo avere un peso insostenibile, che faceva male fin nel profondo.

Lei avrebbe saputo cosa dire, avrebbe colto qualche sfumatura divertente e ci avrebbe ironizzato sù. Loro avrebbero riso... mascherando il pianto e sarebbero andati avanti. Ma lei non c'era, e il silenzio di quel momento divenne una cappa opprimente impossibile da sopportare oltre.

Fu Armin il primo a distogliere gli occhi lasciando che il suo sguardo si perdesse oltre la collina sulla quale si trovavano. Osservava attento e avido tutto ciò che lo circondava. Non tornava in quei luogo da tre anni e solo in quel momento si rese conto che lentamente le persone stavano ricostruendo ciò che avevano perso. I bambini che fino a quel momento avevano giocato rincorrendosi a vicenda vennero chiamati da una voce di donna che intimava loro di tornare a casa perché il pranzo era quasi pronto. Armin, guardando quella scena, si ritrovò a sorridere nello stesso modo malinconico in cui anche Mikasa aveva fatto vedendoli giocare.

"Ragazzi sarete stanchi, forza seguitemi vi ho preparato qualcosa da mangiare."

Gli occhi di Connie si illuminarono per la sorpresa. "Dici davvero? Non credevo che sapessi cucinare?"

Lo sguardo piccato di Mikasa lo fece rabbrividire riportandolo ai vecchi tempi.

"Ma sta zitto idiota, non ne fai una giusta." lo rimbeccò Jean

"Vedete di piantarla voi due." intervenne Annie placandoli entrambi.


Lasciarono la collina scendendo più a valle per un breve tratto, da lontano poterono scorgere una piccola baita interamente circondata da fiori che si stagliava solitaria nella tranquillità che la circondava.

"Quella è casa tua Mikasa?" chiese Armin

"Direi di sì, anche se definirla mia non è proprio corretto. Diciamo che girando qui intorno l'ho trovata, e visto che era disabitata e in stato di abbandono l'ho rimessa in sesto prendendola in prestito come casa."

Giunsero sotto al portico e si trattennero per un attimo ad osservare la natura rigogliosa di quel luogo che si estendeva dinanzi a loro.

"Pensavo che Historia ti avrebbe ricompensata in modo più adeguato per i servigi resi durante la guerra." Reiner le parlò guardandola dritta negli occhi. Non voleva provocarla, ma la necessità di sapere cosa fosse accaduto in quegli anni lo resero al quanto diretto nelle parole.

"Credo che Historia abbia cose più importanti di cui occuparsi. Ci sono ancora piccoli focolai di gruppi jeageristi da tenere a bada, prima che possano diventare pericolosi. E poi la ricostruzione dell'intera isola non è cosa da poco. Per quanto riguarda me... non mi serve l'aiuto di nessuno, so cavarmela benissimo da sola." concluse.

"Su questo non avevo dubbi." rispose conciso Reiner

"Allora vogliamo entrare?" Annie spezzò finalmente la sfida di sguardi tra i due prendendo l'iniziativa ed entrando in casa.


Una tavola imbandita li accolse in modo inatteso. Era semplice eppure molto curata. Armin sorrise e quasi si commosse, dopo tanto tempo finalmente poteva dire di trovarsi in un luogo dall'odore familiare. Il pranzo semplice ma gustoso preparato da Mikasa fu molto apprezzato. Le verdure che aveva imparato a coltivare da sua madre, quando era piccola, si rivelarono una risorsa preziosa.

"Te la cavi ai fornelli Mikasa, non credevo davvero. È sorprendente." l'espressione stupita di Armin fu condivisa anche da tutti gli altri.

"Diciamo... che non è tutta farina del mio sacco. Parecchie cose me le ha preparate la titolare dell'emporio in paese. Io ho fatto solo una minima parte."

"Tranquilla, non devi mica giustificarti siamo qui perché ci fa piacere e perché in fondo... quest'isola è pur sempre casa nostra." le parole di Jean espressero il pensiero di tutti, e Mikasa gliene fu sinceramente grata.

"Ma lo sai che Jean è diventato proprio un bravo oratore. Sapessi quanto parla, di continuo, anche quando nessuno lo ascolta più. Credo che andando avanti di questo passo lo crederanno un pazzo delirante."

"Io te la spacco quella testa vuota che ti ritrovi Connie Springer. Giuro che ti cambio i connotati prima o poi."

"Comunque in parte è vero..." intervenne Reiner

"Che vuoi dire?"

"Tu parli davvero troppo Jean, come se adorassi il suono della tua stessa voce."

A quel punto il limite di sopportazione fu raggiunto. "Ma senti da che pulpito. Lo sniffatore seriale di lettere. Se lo sapesse Historia ci faresti una figura da pervertito lo sai."

Reiner abbassò lo sguardo visibilmente imbarazzato, mentre Jean continuava ad urlargli contro.

"E pensare che in molti li considerano eroi..." le parole di Annie rivolte a Mikasa provocarono in quest'ultima una schietta risata.

Da quanto non si sentiva così leggera, da quanto non ascoltava le loro voci, i litigi, le battute, persino le imprecazioni le erano mancate. I loro occhi, quegli sguardi ai quali non servivano parole per capire, per capirsi. Ormai erano legati, da un filo sottile e indissolubile. Per quanta distanza quel mondo potesse mettere tra loro, alla fine si sarebbero sempre ritrovati. Armin rimase a guardarla in modo defilato. C'era ancora tristezza nei suoi occhi, il suo viso però gli appariva più disteso. Ormai aveva raggiunto la consapevolezza che non c'era altra strada da percorrere. L'aveva accettato, e in quei tre anni aveva imparato a convivere con le scelte fatte.

 

Era pomeriggio inoltrato quando Jean propose di fare un giro in paese. Connie, Annie e Reiner accettarono mentre Armin preferì rimanere con Mikasa che non aveva particolare voglia di passeggiare quella sera.

"Sei sicuro che non ti scoccia il fatto che vada con loro?"

"Certo che no, vai pure e divertiti."

"Ma potrei rimanere anch'io a farvi compagnia." insistette Annie

"Ti ho detto di andare, non preoccuparti. E poi se non ci sei tu quei tre rischiano di farsi arrestare dalla gendarmeria per schiamazzi."

"Come vuoi, allora ci vediamo più tardi." gli strinse le mani tra le sue, sfiorando la sua guancia con un lieve bacio.

Quando vide i tre allontanarsi Mikasa fece capolino sotto il portico con un vassoio tra le mani che poggiò delicatamente su di un tavolino in legno. Armin si voltò nel momento stesso in cui Annie non fu più a portata del suo sguardo, e notò che Mikasa lo stava guardando sorridendo.

"Che hai? Perché fai quella faccia?"

"Quale faccia? Guarda che la mia è un'espressione del tutto normale."

"Se vuoi chiedermi qualcosa puoi farlo. Sai che non ti mentirei mai." lo sguardo della ragazza si addolcì sentendo quelle parole.

"Non c'è niente che debba chiederti che i tuoi occhi non mi abbiamo già mostrato Armin. Se tu sei felice, io lo sono per te, non serve che sappia altro."

Il ragazzo ricambiò lo sguardo di Mikasa sorridendo con un leggero rossore sul volto. Lei intanto stava versando del tè nero fumante in due ampie tazze. 
Armin si sorprese."Da quando bevi del tè?"

"Da un po' in effetti... anche se preferisco di gran lunga il caffè bollente, però ci sono volte in cui ne sento l'esigenza." rispose senza sollevare lo sguardo dal tavolo.

Gli diede una delle tazze e lui incatenò gli occhi di lei nei suoi per evitare che potesse sfuggirgli.

"Sai una cosa..." cominciò, soppesando bene le sue prossime parole "... sono sorpreso che da stamane tu non mi abbia ancora chiesto di lui."

Mikasa trasalì in modo talmente evidente che cercare di mascherarlo sarebbe stato inutile. Ovviamente il riferimento di Armin venne colto al volo. 
"Abbiamo parlato di tante cose oggi, mi sarà passato di mente evidentemente."

Lui bevve un sorso senza staccarle gli occhi di dosso. "Io non credo, ma se lo dici tu..."

"Non vi ho chiesto neppure di Pieck se è per questo, ma non ti sei sorpreso più di tanto."

Armin si fece serio, aveva capito che lei stava sviando il discorso di proposito e la cosa non gli andava giù. "Avrai sicuramente intuito che Pieck è tornata a Marley a trovare suo padre, e poi lei sta più che bene, al contrario di qualcun altro." rispose

"Anche gli altri avrebbero potuto tornare dai propri familiari, invece hanno scelto di seguirti."

"Sì è vero, ma non sarebbero mai potuti tornare dai loro cari senza prima essere passati qui a Paradis a portargli un saluto. Era una promessa che ci scambiammo dopo la fine della guerra." lo sguardo di Armin divenne triste al solo ricordo di tutta la devastazione che avevano intorno durante quei giorni.

"Capisco." La voce di Mikasa lo ridestò all'istante.

"Ehi... non sviare il discorso, con me non attacca. Davvero non ti interessa di sapere del capitano Levi, di Gabi e Falco?"

Erano anni che non sentiva pronunciare il suo nome, e adesso sentirlo chiamare nuovamente con il grado di capitano le provocò una frustrante nostalgia mista a paura. Finì il suo tè, assaporandone l'ultimo sorso. Ci aveva messo del tempo ma alla fine aveva capito come mai a Levi piacesse tanto quella bevanda. In principio quasi non la sopportava, quel profumo riportava alla mente troppi ricordi, troppo dolore. 
Poi capì che assaporandolo nel modo giusto aveva il potere di tranquillizzarla e placare il suo animo. Lentamente i ricordi sembravano non fare più così male, diventando un qualcosa da poter sopportare senza rimanerne distrutta.

"Mi sono tenuta in contatto con Historia, ci siamo scritte, e so che quei tre sono insieme in una città che si chiama Londra. Mi ha riferito che lui si sta ancora riprendendo dalle ferite riportate, ma tutto sommato sta bene. Questo è quanto, e ciò mi basta." concluse

L'atteggiamento assunto da Mikasa lo irritò terribilmente. Si stava di nuovo chiudendo a riccio, nel suo tipico modo scontroso e risoluto di chi non vuole far trasparire ciò che prova realmente.

"Davvero ti basta questo? Sai Mikasa credevo avessi smesso di raccontarti cavolate ma vedo che non è così."

"Ti prego Armin non ricominciare..."

"Io ricomincio eccome! Perché so come sei fatta e questo tuo modo di parlare lo conosco fin troppo bene."

"Beh... mi dispiace se credevi di trovarmi cambiata, temo di non poter essere diversa da come sono."

Armin si alzò osservando il sole che cominciava a tingersi dei caldi colori del tramonto. In quegli anni aveva visto diverse albe e molti tramonti. Aveva conosciuto persone e culture diverse, paesaggi incantevoli e costruzioni imponenti. Eppure niente era paragonabile a ciò che provava su quell'isola nella quale era nato e cresciuto, un luogo che racchiudeva in sé ciò che era stato e quello che rappresentava adesso.

"Sai Mikasa... io ho compreso bene il motivo per cui non sei venuta con noi durante questi anni. Il dolore che sentivi dentro era un qualcosa di tuo soltanto che dovevi viverti e superare da sola, con i tuoi tempi. Adesso però la guerra è finita, sono trascorsi anni, e benché ci sia ancora tanta incomprensione e diffidenza nei nostri confronti noi abbiamo il dovere di lottare. Di camminare a testa alta e difendere ciò che abbiamo conquistato. Conosci così poco delle origini della tua famiglia, pur sapendo che c'è qualcuno che potrebbe aiutarti tu ti rifiuti persino di nominarlo. Perché mi chiedo?" si voltò verso di lei pretendendo una risposta.

"Non c'è niente degli Ackerman che mi interessi sapere. Ciò che conosco mi basta e avanza. Tu ed Eren eravate la mia famiglia, non mi serve sapere altro."

"È qui che ti sbagli invece! Allora anche a nessuno di noi serviva sapere altro. Se avessimo ragionato tutti in questo modo saremmo rimasti perennemente dietro le mura aspettando una morte inevitabile come topi in gabbia. Invece abbiamo voluto sapere e conoscere, e questo desiderio ci ha portato tanta sofferenza e dolore ma anche tanta speranza. Ci ha fatto incontrare persone nuove, che ci hanno accettato e capito. Niente potrà mai essere facile in questa vita Mikasa... però adesso noi sappiamo di avere la forza necessaria per affrontarlo. Questo dovresti saperlo bene."

In quel preciso istante si rese conto di quanto Armin gli fosse mancato, di quanto le sue parole riuscissero a scuoterla dentro. Le era mancata la sua incrollabile fiducia nel prossimo, e quel suo modo di cogliere in qualsiasi cosa un lato positivo.

"Mi sei mancato tanto... Armin." lo disse con una semplicità così disarmante da sorprenderlo. Gli occhi lucidi e le labbra tremanti della ragazza gli fecero capire di quanto il suo cuore fosse ancora preda di tumulti e dolore. Si avvicinò lentamente e la strinse con dolcezza lasciando che sfogasse le sue lacrime nell'incavo del suo collo.

"Mi sei mancata anche tu... testona." rispose, dandole un buffetto sulla spalla.

"La verità è che ho sempre avuto paura di capire chi sono realmente. Abbiamo combattuto per metà della nostra vita, a volte credo di non saper fare altro che ferire a morte le persone. Li rivedo sai... nei miei sogni, quando provo a non pensare, loro mi tormentano ricordandomi le mie azioni. Volti di uomini, donne, intere famiglie. È atroce, e il più delle volte insostenibile."

"E tu pensi che per noi sia diverso? Tutti ci siamo sporcati le mani e l'anima Mikasa, non siamo migliori di te. Lo sapevamo e ne abbiamo accettato il peso. Sei stata per troppo tempo da sola chiusa nel tuo dolore, è arrivato il momento anche per te di vedere quel mondo che lui ci ha lasciato da difendere."

"Non c'è posto in questo mondo che possa riportarlo indietro da me... non c'è luogo che io possa vedere senza pensare che avrei voluto scoprirlo con lui." gridò quelle parole senza accorgersene, perché aveva bisogno di tirarle fuori, aveva necessità che qualcuno le ascoltasse.

"Lo so... ma nonostante tutto, credimi, il mondo al di fuori di quest'isola vale la pena di essere visto. E poi lui sarà sempre con te, come lo è stato fino ad ora." la sfiorò all'altezza del cuore soffermando lo sguardo sulla sua sciarpa rossa, ormai scolorita dal tempo.

"Ti prometto che ci penserò..." rispose asciugandosi gli occhi.

 

La luna era già alta nel cielo quando decisero di rientrare per godere del caldo tepore della baita. "Siamo tornati! Accidenti la temperatura all'esterno è piuttosto fresca ancora" Connie rabbrividì entrando dalla porta.

"Guarda loro invece... distesi comodamente a godersi piacevolmente questo bel tramonto."

"Non stare sempre a lamentarti Jean, forza entrate vi preparo un caffè caldo." si alzò dirigendosi ai fornelli ma al ragazzo non sfuggirono i suoi occhi arrossati dalle lacrime.

"Armin... va tutto bene?"

"Tranquillo Jean, non è niente,

Anche per Reiner e Annie fu chiaro fin da subito il motivo per il quale Armin aveva deciso di rimanere con Mikasa, quindi evitarono di porre ulteriori domande.

"Ragazzi se sapete adattarvi potete rimanere qui quanto volete. Al piano di sopra ci sono due camere da letto, io starò con Annie e voi potete prendere l'altra."

"Non che mi entusiasmi molto l'idea di dormire nella stessa stanza con lui." rispose Reiner indicando Jean.

"La cosa è reciproca, ecco perché mi sistemerò su questo comodo divano, idiota!"

"Ci sono due ampi letti per ogni stanza, dovreste avere abbastanza spazio."

"Ti ringrazio Mikasa, ma credimi il divano andrà benissimo."

"Comunque tra due giorni ripartiamo. Domani andremo a Mitras per salutare Historia e aggiornarla sulla situazione e poi ci rimetteremo in viaggio." la informò Armin

"Così presto?" la delusione nella sua voce fu palpabile.

"Ricordati quello di cui abbiamo parlato, riflettici bene, poi mi darai una risposta."

Mikasa abbassò lo sguardo sfiorando la sciarpa. Non si era allontanata da quel luogo per tre anni, pensare che la sua quotidianità potesse essere diversa da quella la spaventava. Eppure dal momento in cui aveva parlato con Armin di Levi, il pensiero di volerlo rivedere non sembrava più una cosa così irrealizzabile. Avrebbe potuto trovare le risposte alle domande che si era sempre posta, e fare chiarezza sui molti dubbi legati alle sue origini.

Si sorprese ad assorvarli in silenzio durante la cena. Avevano raggiunto una tale conoscenza ed armonia da capirsi al volo. Lei, che non era mai stata particolarmente loquace, si scoprì un'attenta osservatrice e la cosa la rese ugualmente felice. Si trattennero accanto al fuoco morente a lungo, fino a quando la stanchezza non ebbe la meglio.

 

Il silenzio e la solitudine che l'avevano accompagnata in quei tre anni erano stati improvvisamente sostituiti dalla loro presenza. D'improvviso quella baita aveva acquistato un nuovo calore, un calore dal sapore familiare. Se chiudeva gli occhi poteva quasi rivedere tutti loro, quando dormivano sotto lo stesso tetto ai tempi dell'addestramento. Quando ancora i loro sguardi erano carichi di speranze e aspettative. Provò a rigirarsi nel letto, ma il sonno anche quella volta sembrava non volerla accogliere.

"Neanche tu riesci a dormire?"

La voce di Annie la sorprese facendola sollevare dal letto. "Non sono la sola vedo."

"Per forza, il russare di Reiner terrebbe sveglio persino un sordo."

Quell'affermazione trovò conferma nella lieve risata di Mikasa. "Allora... cosa hai deciso di fare, partirai con noi?" le chiese a bruciapelo.

"E tu come fai..."

"A saperlo? Beh... diciamo che se ho imparato a conoscere un po' Armin, come credo, sono sicura che lui te lo avrà già chiesto. E tu stai ancora valutando cosa fare."

"Lo conosci più che bene allora. Credo che chiunque sia meritevole dell'affetto di Armin debba ritenersi una persona fortunata."

"Sì, lo so. Però tu non hai risposto alla mia domanda."

Mikasa si mise definitivamente seduta sul letto con le gambe incrociate, cercando una risposta che ancora non aveva. "Ci sto ancora pensando..."

"Quindi non hai scartato la sua proposta a priori, direi che è già qualcosa."

"Non so se sia la cosa giusta per me in questo momento.

"Ma non puoi neanche dire che sia quella sbagliata. Devi provarci per scoprirlo. E poi... nessuno ti vieta di tornare qui quando ne avrai voglia. Ma sai anche che non puoi restare così per sempre."

Mikasa abbassò lo sguardo. Se un giorno le avessero detto che avrebbe discusso in piena notte del suo futuro con Annie Leonhart avrebbe dato loro dei pazzi, e invece...
"Forse hai ragione, ma non è facile lo stesso."

In quel momento Annie si rese conto che la ragazza che aveva di fronte non era solo coriacea estermamente ma anche all'interno. Armin aveva avuto il suo bel da fare per tenerla a bada in tutti quegli anni.

"Accidenti, più ti osservo e più similitudini vedo tra te e quel testone del capitano Levi. Sembrate fatti della stessa pasta. Comunque sia dormici sù, magari domani parlando con Historia potresti convincerti definitivamente."

Non era la prima volta che la paragonavano a Levi. Negli anni in cui aveva fatto parte del Corpo di Ricerca in molti, soprattutto le nuove reclute, avevano sempre evidenziato il fatto che entrambi sembrassero l'estensione l'uno dell'altra, soprattutto in battaglia. Avevano un modo di capirsi tutto loro, che non ammetteva parole, solo sguardi e puro istinto. Anche lei lo sapeva bene, ma non lo avrebbe mai ammesso.

Si rimise distesa tirando un lungo sospiro sperando di mettere a tacere i mille pensieri che affollavano la sua mente.




Eccoci nuovamente per questa sorta di "seconda parte" della storia. Ciò che è accaduto lo conosciamo bene, il manga è terminato da qualche mese e quindi mi sembra giusto portare avanti coloro che sono sopravvissuti a questo incredibile racconto. Eren ha lasciato loro un mondo da difendere sacrificando se stesso e venendo giudicato a metà tra mostro genocida e dittatore. Adesso c'è un dopo... che tutti loro devono affrontare. Inutile dirvi su quale personaggio focalizzerò la mia attenzione, penso sia piuttosto palese.
Un'ultima precisazione e poi vi lascio. Nelle tavoli finali del manga si vede Levi insieme a Gabi, Falco e Onyankopon in una città del tutto nuova che io, e altre amiche, abbiamo dedotto possa essere Londra. Non è specificato comunque, quindi prendetela come una mia personale libertà ai fini della storia. Per adesso vi saluto ringraziandovi come sempre. Ci rivediamo la prossima settimana.

   
 
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