Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Ray Wings    16/07/2021    0 recensioni
Il boato che sfondava le sue finestre, il tremore della terra che la faceva cadere dalle scale, le urla di sua madre mentre correva a prenderla. Per le strade era il caos, riuscire a correre in mezzo alla folla senza separarsi era quasi impossibile. Poi quel pupazzo, stretto tra le mani di sua sorella Rose, che saltava via. Scivolato a terra. Lei era stupidamente tornata indietro per riprenderlo, e allora l'aveva visto... imponente, massiccio, corazzato. Il gigante correva, distruggendo tutto ciò che incontrava, puntando dritto al Wall Maria, puntando dritto a lei, immobile. Paralizzata. Aveva ascoltato il suo ruggito un istante prima che venisse schiacciata... ma non lo faceva mai. Non in quell'incubo. Lei puntualmente si svegliava un istante prima di morire, madida di sudore, tremante come una foglia.
«Bea...».
«Mikasa... scusami, ti ho svegliata».
«Hai di nuovo sognato Shiganshina?»
«Era da un po' che non lo facevo».
«Reiner ti sta stancando troppo con questa storia degli allenamenti extra. Domani gli parlerò, deve lasciarti in pace».
Già, Reiner ci teneva così tanto che lei diventasse più forte... chissà perché l'aveva presa così a cuore.
ALLERTA SPOILER PER CHI NON HA LETTO IL MANGA! Io ho avvertito :P
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eren Jaeger, Jean Kirshtein, Mikasa Ackerman, Nuovo personaggio, Reiner Braun
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Beatris crollò a terra, ansimante. Non cercò di trattenersi, si accasciò come un peso morto e si stese a terra. Il sudore sulla faccia fece da collante per la polvere e i sassi del cortile, nel mischione avrebbe lasciato una bella strisciata scura sulla pelle. Ma era troppo stanca persino per preoccuparsi della sua pulizia, tanto si sarebbe lavata prima di andare a letto... sempre se avesse avuto le forze di rialzarsi da lì. Un paio di stivali arrivarono nel suo campo visivo e, anche se non alzò lo sguardo a guardare il volto di chi aveva davanti, seppe perfettamente a chi appartenevano.
«Lasciami morire qui» mormorò, socchiudendo gli occhi. «Ormai per me è finita».
«Non mi abituerò mai al tuo modo di fare così drammatico» ridacchiò Reiner, inginocchiandosi davanti a lei. 
«Ultimamente mi distruggi, stai esagerando» disse lei senza muoversi.
«È perché sei migliorata», e Beatris d'istinto spalancò gli occhi. Non riuscì a muoversi, ma ebbe almeno la forza di portare lo sguardo al volto di Reiner. «Dici sul serio?»
Reiner annuì e le porse una mano. «Andiamo, un'alimentazione regolare fa parte dell'allenamento».
«Non riesco a muovermi. Per me è finita» mormorò e tornò a chiudere gli occhi, senza muoversi di un centimetro. 
«Stai cercando una scusa per farti portare in spalla?» le chiese e non poté far a meno di notare il sorrisino che lei provò invano a trattenere. «Camminare a volte è così faticoso» disse, ma non riuscì ad essere convincente nemmeno per se stessa. 
«Non ti porterò in spalla» le disse, risoluto. 
«Vuoi lasciarmi qui a morire?»
«Non posso portarti sempre io, dopo gli allenamenti. Devi vincere la tua pigrizia, Tris».
«La mia non è pigrizia» disse, aprendo lievemente un occhio per guardare il compagno. Il nero della polvere sulle guance nascose il lieve rossore che cominciava già a nascerle sul volto, questo la salvò dal dover spiegare che aveva scoperto dal giorno della montagna, quando lui l'aveva presa in spalla la prima volta, che era qualcosa che le piaceva molto. Non sapeva perché, ma sentiva che quelle spalle erano perfette da stringere, il suo collo si incastrava perfettamente tra i suoi gomiti, e poggiando la testa sulla sua spalla poteva sentire il suo odore che aveva scoperto avere il bisogno di sentire almeno una volta al giorno. Persino a fine allenamento, quando era sudato e aveva i capelli umidi appicciati al collo, il suo acre odore di stanchezza e fatica riusciva a solleticarle il petto. Non era pigrizia, era dipendenza. 
«E allora perché fai così? Pensavo avessi deciso di impegnarti».
«Mi alleno ogni giorno, accetto di fare tutto quello che dici, mi sveglio presto la mattina e non faccio tardi nemmeno una volta. Non ti sembra abbastanza?»
«Che diamine» sospirò Reiner. «Certe volte sei più capricciosa di una bambina».
«Sono stanca davvero, Reiner. Oggi ci sei andato giù pesante!»
«Domani abbiamo l'esame in campo con il movimento tridimensionale, devi essere pronta».
«Non fa parte dell'allenamento anche il riposo? Stancarmi così il giorno prima dell'esame non è controproducente?»
«Fidati, starai bene. So cosa faccio e da ora fino a domani mattina hai tutto il tempo per riposarti. Non ti chiederò altro, potrai dormire quanto vuoi domani, salteremo il nostro incontro pre-colazione».
«Domani potrò dormire?!» strabuzzò gli occhi Beatris, emozionata all'idea di potersi finalmente riposare un po'. «Sì, ma adesso alzati e andiamo a mangiare. Non azzardarti ad andare a letto a stomaco vuoto».
E Beatris tornò a richiudere gli occhi, sorridendo sotto ai baffi. «Non credo riuscirò ad alzarmi da sola in nessun modo. Accidenti, spero proprio di non morire di fame da qui a domani mattina».
Reiner sospirò ancora, stufo di insistere. Si alzò in piedi e si allontanò di un paio di passi. Beatris aprì gli occhi, sentendolo allontanarsi, chiedendosi se davvero avesse deciso di lasciarla lì. Affamata e insoddisfatta. Ma non ebbe modo di capire che stesse accadendo che si sentì afferrare per una caviglia e venne trascinata sul selciato. 
«Ho promesso a Mikasa che ti avrei tenuta in vita, se non lo faccio quella mi ammazza».
D'istinto Beatris iniziò a urlare e dimenarsi, in preda al dolore per i sassetti del cortile che così facendo le sfregavano addosso e le si infilavano addirittura nei vestiti. 
«Che significa che lo hai promesso a lei? Quando è successo?!» chiese sorpresa, ma data la scomoda situazione le uscì un tono che più sembrava arrabbiato.
«Qualche giorno dopo l'accaduto della carne. Quando mi hai fatto finire in punizione la prima volta» rispose Reiner con una strana apatia, come se non ci fosse stato niente di strano.
«Che?! Me lo hai tenuto nascosto fino ad'ora?!» 
«Non te l'ho tenuto nascosto, non me l'hai mai chiesto».
«Aspetta... stai facendo tutto questo per quella promessa?» chiese e Reiner si fermò, smettendo di trascinarla, un attimo prima di arrivare alla sala comune. Sembrò rifletterci qualche istante, prima di voltarsi e sorriderle. «Non me l'ha chiesto lei di prometterglielo. Anzi, non sembrava essere molto d'accordo, a dire il vero».
«Eh?» mormorò lei, non riuscendo a capire. Mikasa non voleva che Beatris restasse in vita? Non voleva che qualcuno la tenesse in vita? Che stava dicendo?
«È venuta a scusarsi per conto tuo di ciò che mi avevi combinato, non sapeva che ci avevi già pensato tu con quel pezzo di carne rubato. Quando gliel'ho raccontato sembrava essere pronta per venire a cercarti e tirarti due pugni» sghignazzò e Beatris sussultò all'idea di Mikasa furiosa con lei. «Mi ha redarguito e mi ha avvisato del pericolo che avrei corso se ti avessi dato corda. Mi ha avvertito che saresti stata impegnativa e soprattutto invadente, ha cercato di promettermi che ti avrebbe tenuta lontano da me la prossima volta, ma anche lei è sotto addestramento e in più è molto impegnata ad occuparsi di Eren che sembra avere il tuo stesso istinto autodistruttivo... anche se con intenzioni ben diverse. È difficile per lei occuparsi di tutti da sola. Anche Armin, benché non sia incosciente come voi due, è più debole e ha bisogno di essere sostenuto. State portando quella ragazza all'esasperazione» ridacchiò, divertito. 
«Mikasa... ti ha detto che mi avrebbe tenuta lontano da te?» mormorò Beatris, dispiaciuta che l'amica si fosse presa così a carico la responsabilità delle sue azioni. Non parlava molto, era sempre taciturna e pacata, e per questo era difficile accorgersi delle volte che come un angelo custode proteggeva e si occupava di tutti senza mostrarsi troppo apertamente. Non era offesa per quello che l'amica aveva detto di lei, sapeva che era vero, ma era colpita dall'istinto quasi materno che aveva mosso Mikasa ad avvicinarsi a uno sconosciuto per scusarsi delle azioni della figlia scapestrata. Avrebbe dovuto darle più considerazione, mai aveva pensato quanto fosse presente e fondamentale per tutti loro, abituata a non notare le sue azioni se non quelle in direzione di Eren. 
«Le ho detto di non preoccuparsi, che certo non mi spaventavi e avrei saputo cavarmela. Sarei stato in grado di gestirti anche da solo. Non sembrava essere d'accordo, ma credo in realtà fosse preoccupata più per te che per me. Aveva paura che non avendoti sotto pieno controllo avrebbe potuto perdere presa su di te, perciò le ho promesso che me ne sarei occupato io. Avrei diviso con lei questo fardello».
«Mi... consideri un fardello?!» mormorò, adesso realmente ferita e offesa. Reiner semplicemente la indicò con una mano, senza aggiungere altro, e per lei fu sufficiente. Si stava facendo trascinare come fosse stata un peso morto, certo che era un fardello! Soprattutto in un momento come quello. 
«Le ho detto di lasciarti andare e che ci avrei pensato io a tenerti in vita, quando lei non guardava» aggiunse Reiner, prima di sospirare imbarazzato. «E poi lei mi ha detto che se ti fosse successo qualcosa a causa mia mi avrebbe ammazzato».
E ancora un tenero sentimento cominciò a pompare in petto a Beatris. Mikasa non era mai stata tanto plateale nelle sue dimostrazioni d'affetto, a volte aveva persino pensato che non la sopportasse perché il più delle volte era lei che le correva dietro, e Mikasa invece era sempre costretta a intervenire per proteggerla e tirarla fuori dai guai. Sapere che teneva a lei così tanto da minacciare qualcuno di morte fu una piacevole sorpresa. Avrebbe dovuto dare più attenzioni a Mikasa, glielo doveva. Ultimamente la stava trascurando molto, convinta che fosse troppo impegnata col suo addestramento e in quello di Eren.
«Sinceramente ci tengo alla mia pelle, perciò ti terrò in vita» concluse Reiner, prima di voltarsi per riprendere a camminare. Ma Beatris lo interruppe, chiedendogli repentina: «Perché? Non mi conoscevi nemmeno, allora, perché ti sei voluto caricare di questa responsabilità? Perché... non hai fatto che provare a proteggermi fin dal primo momento?»
Reiner era ora voltato di spalle, riuscire a leggergli l'espressione era impossibile. Ma esitò a lungo prima di rispondere, forse immerso nei suoi pensieri. «Chissà...» mormorò infine, e sembrò stranamente sincero. Qualsiasi cosa fosse che l'aveva spinto a prendere Beatris sotto la propria ala, non riusciva a identificarlo nemmeno lui. L'aveva vista in quella cattedrale e l'aveva guardata attentamente, fino alla fine della sua canzone, stranamente attratto da quella figura. Non sapeva cos'era, non era stato interesse, non era stato niente che fosse in grado di identificare. Era stato come se si fosse accorto di essersi dimenticato di qualcosa di importante, era stato come se qualcosa nella sua mente cercasse di dirgli che lei non andava persa di vista, era come se qualcosa, nel petto, gli avesse urlato a squarciagola che era sua responsabilità. Che avrebbe dovuto occuparsene perché era la cosa giusta da fare, e che spettava a lui farlo e a nessun altro. Forse non era stato altro che un latente desiderio di redenzione, per essere stato la causa di tutti i suoi mali. Forse aveva scorto oltre quel sorriso la morte che aveva iniziato a inghiottirla e tutto il suo dolore, ma mai se n'era accorto realmente. L'aveva solo percepita e aveva sentito che spettava a lui dover rimediare a ogni cosa. Ma non riusciva a capirne il motivo. Si era impuntato da subito, non appena aveva riconosciuto la bambina della cattedrale nel volto della ragazza che era atterrata sul suo tavolo il giorno del litigio tra Eren e Jean. Non appena aveva scoperto che lei era quella bambina, qualcosa gli aveva detto che avrebbe dovuto occuparsene personalmente. Era una sua responsabilità. E aveva trovato il modo di convincere Bertholdt a lasciarglielo fare, con una scusa che aveva usato per ingannare anche se stesso. Aveva davvero creduto che fosse solo convenienza, lo aveva creduto fino al giorno della montagna e della valanga, quando non era stato in grado di abbandonarla... quando era stato pronto a morire pur di riportarla viva indietro. 
Sospirò ancora una volta, arrendevole, e infine lasciò andare la caviglia di Beatris. Si voltò, le si affiancò e infine si inginocchiò, dandole le spalle. 
«Avanti» le disse. «Non darmi tempo di ripensarci». 
Beatris si sollevò seduta e lo guardò, mentre aspettava che lei gli salisse in spalla, ma non si mosse. Qualcosa l'affliggeva, Reiner riusciva a scorgerglielo sul volto abbattuto. 
«Mh?» mormorò, cercando di capire cosa avesse. Beatris abbassò lo sguardo e parve stringersi nelle spalle, prima di confessare con tristezza: «Non voglio essere il tuo fardello».
Sapere di essere per lui solo una responsabilità da portare sulle spalle, nient'altro che promesse, era triste e frustrante. A lei piaceva poter passare un po' di tempo insieme, gli piacevano persino quegli allenamenti extra distruttivi che lui continuava a proporle per migliorarsi, solo perché la maggior parte delle volte poi si concludevano con una risata, uno scherzo, delle chiacchiere e la vicinanza di qualcuno a cui sentiva di voler ormai un gran bene. Avrebbe voluto fare qualcosa per lui, per non essere solo un peso, ma cosa avrebbe potuto fare una ragazzetta debole come lei? Non faceva che richiedere attenzioni, senza nulla in cambio, perché ne sentiva il bisogno. Persino con Mikasa... non era mai stata altro che un fardello da portare sulle spalle. 
«Credi che le persone si impegnerebbero tanto per aiutarti se tu fossi solo un fardello?»
«Eh?» mormorò, sorpresa. Reiner si voltò, ma restò inginocchiato al suo fianco.
«All'inizio puoi sembrarlo, ma se qualcuno si fermasse a darti una possibilità...» e si sporse verso di lei, infilandole un braccio sotto le ginocchia e poggiandole l'altro dietro la schiena. «Scoprirebbe che in realtà sei come un'attrezzatura delle nostre. Pesante da indossare, ingombrante, ma necessaria se si vuole provare l'ebbrezza di volare» e con una naturalezza fuori dal comune la sollevò da terra, prendendola in braccio. Beatris si irrigidì e d'istinti si aggrappò alla camicia di Reiner, sentendosi il terreno mancare da sotto le gambe. 
«Che fai?!» sussultò. «Mettimi giù». 
«Dicevi di essere stanca, ti porto a mangiare» e cominciò a salire i gradini della veranda che avrebbero portato alla sala comune. Beatris avvampò e in preda al panico schiacciò il volto tra i suoi vestiti, come se avesse voluto nascondercisi dentro e sparire. 
«Ti prego, è imbarazzante!»
«La prossima volta cammina da sola, allora» la provocò, entrando nella sala. «E comunque, Tris...» sentendosi chiamare, Beatris alzò appena lo sguardo sul suo volto, restando comunque nascosta il più possibile. Bastò per riuscire a vederlo sorridere con dolcezza. «Non sei poi così pesante».
«È perché sei molto forte» rispose lei, fraintendendo, convinta che stesse realmente parlando della sua pesantezza fisica, forse troppo imbarazzata per essere portata a cena in quel modo per riuscire a ragionare lucidamente. Reiner sghignazzò divertito e si avvicinò al tavolo di Eren. La mise sulla panca vicino ad Armin sotto lo sguardo inebetito dei compagni, tanto inebetito che la zucchina che Eren aveva raccolto con il cucchiaio ricadde nel piatto e lui nemmeno se ne accorse. Reiner lasciò Beatris seduta vicino ad Armin e le fece una vivace scompigliata di capelli, prima di spiegare: «Si è fatta male, non riusciva a camminare».
Non vide lo sguardo omicida di Mikasa arrivargli direttamente, ma riuscì comunque a percepirlo attraverso la pelle e ne rabbrividì. «È solo un crampo, passerà tra poco» specificò rapido, intimorito dalle intenzioni di Miasa.
Col volto ancora in fiamme e le spalle strette tanto da risultare minuscola, Beatris semplicemente annuì. «È già quasi passato».
«Vado a prenderti qualcosa da mangiare, non azzardarti ad andare a letto digiuna» l'ammonì Reiner e si voltò, diretto verso le cucine. «Va bene» sibilò ancora Beatris, completamente passiva a quella situazione.
«Stai bene?» le chiese Armin, preoccupato. E chissà perché, invece di rassicurarli, Beatris seguì l'istinto e negò tanto vistosamente che le ciocche di capelli le volarono ovunque. No, non stava affatto bene. Aveva lo stomaco spappolato dall'agitazione, avrebbe voluto scavare una buca a terra e seppellircisi dentro. Probabilmente non era vero, ma sentiva di avere tutti gli sguardi dei suoi compagni addosso. Cosa stavano pensando in quel momento, avendola vista tenuta in braccio da Reiner in quel modo. 
«Quel bastardo sta esagerando con questa storia degli allenamenti extra» disse Mikasa, lanciando uno sguardo furioso nella direzione dove aveva visto sparire Reiner. «Appena torna gliene dico quattro».
«No, tranquilla!» sussultò Beatris e riuscì finalmente a sorridere, a tornare lentamente in sé. «Lui non c'entra, è colpa mia».
«No, non è vero. Non inventare scuse, non sei capace» l'ammonì Mikasa e Beatris sentì qualcosa tra la rassegnazione e la frustrazione portarla ad accasciarsi. A volte quella storia che non era in grado di inventare scuse era davvero pesante. «Dico sul serio» cercò di insistere. «Voleva che mi fermassi ma ho esagerato, non prendertela con lui. Non... ammazzarlo» ridacchiò nervosa, ripensando a ciò che Reiner le aveva raccontato della sua promessa fatta a Mikasa. Anche se Reiner era grande e grosso, sapeva che contro Mikasa persino uno come lui avrebbe avuto dei problemi. In fondo, a volte, nel combattimento corpo a corpo, Reiner si faceva abbattere persino da Eren. Mikasa la fulminò, probabilmente intuì che lei sapesse della minaccia che aveva fatto a Reiner circa un anno addietro, ma non aggiunse altro perché Armin fu rapido nel riuscire a cambiare discorso: «Secondo voi cosa ci aspetta all'esame di domani?»
«Non lo so» parlò finalmente Eren, tornando a puntare la zucchina che gli era sfuggita la prima volta. «Ma sono deciso, questa volta, a non restare indietro. Ce la metterò tutta e riuscirò ad arrivare primo, questa volta».
«Non dirlo troppo a voce alta o Mikasa potrebbe decidere di farti passare avanti a lei di proposito» lo ammonì Beatris ed Eren scattò a fulminare la mora al suo fianco: «Non azzardarti! Devo batterti con le mie forze!»
«Eren, non esagerare o finirai col farti male come è successo a Bea» gli rispose semplicemente Mikasa e Beatris tornò ad arrossire, sentendosi di nuovo in imbarazzo per quella scusa che non riusciva a reggere troppo. «Sto bene, davvero» mormorò.
Reiner tornò indietro con due piatti in mano e uno lo lasciò davanti a Beatris, prima di voltarsi e andarsene, intenzionato a cenare insieme a Bertholdt al tavolo vicino.
«Potevo... andarci da sola» mormorò Beatris, sempre più in imbarazzo per tutte quelle attenzioni.
«Pensa a farti passare quel crampo» le disse Reiner, sicuramente più bravo di lei nel mentire, e le fece un semplice gesto con la mano prima di sedersi di fronte a Bertholdt. 
«Io e Bea continuiamo a essere ultimi, spero che questa volta ci vada meglio» ridacchiò Armin nervoso, tornando sul discorso esame. «Forse dovresti allenarti di più anche tu come fa lei» le suggerì Eren. «Possiamo unirci anche noi a lei e Reiner per gli allenamenti extra».
E Beatris sussultò, senza neanche capirne appieno il motivo. Sentì una confusione muoversi dentro lei, un misto tra l'entusiasmo di poter avere i suoi amici a fianco, e il rammarico di non poter più sentire come suo personale quel momento che si ritagliava insieme a Reiner. Era sia felice che triste all'idea di averli con sé, e non riusciva a capire quale delle due emozioni fosse predominante.
«Mi sembra una buona idea» confermò Mikasa, ma sapeva che probabilmente il suo era solo un modo per riuscire a controllare che Reiner non le facesse del male. Forse la scusa del crampo non era stata una buona idea, lei non sembrava averla presa bene. 
«Dovremo sentire cosa ne pensa Reiner, non possiamo semplicemente imbucarci» disse Armin, timoroso, e Eren si voltò immediatamente verso il biondo. Alzò un braccio e chiamò a gran voce: «Ehy, Reiner! Possiamo allenarci anche noi con voi?»
Reiner restò per un attimo perplesso, forse confuso dall'essere chiamato così, senza un contesto, e per la domanda improvvisa. In fondo, dopo mesi, ci pensavano solo ora che volevano unirsi a loro? Esitò, ma più per la confusione che per un vero dubbio in proposito, anche se sapeva che probabilmente, se fossero stati tutti insieme, quei momenti non sarebbero più stati gli stessi. Ma forse era meglio così, forse avrebbe dovuto mollare un po' la presa sul senso di attaccamento che stava sviluppando con Beatris. Se fosse peggiorato, sarebbe stato un pasticcio per tutti quanti.
Ymir passò loro in mezzo in quel momento e lanciò uno sguardo malizioso a Eren, prima di dire a Christa: «Questo è quello che succede quando gli idioti non riescono a leggere tra le righe, rovinano le coppie». 
Una provocazione che fece arrossire di colpo sia Reiner che Beatris, ma entrambi reagirono violentemente alla cosa. Era talmente tanto, da essere irritante. 
E all'unisono risposero a Eren, quasi con furia: «Certo che sì!»


Quando Reiner uscì dal suo dormitorio, la mattina seguente, e raggiunse il cortile insieme a un gruppo di compagni per andare a fare colazione, rimase sorpreso nel vedere Beatris intenta a correre lungo tutto il perimetro del campo. Era sola, già in divisa, e correva ormai da così tanto tempo che poté vederle la stanchezza sul volto. Considerato che le aveva concesso di dormire quella mattina e di riposare, era decisamente strano. Non c'era altro che gli venisse in mente se non che avesse combinato qualcosa e Shadis l'avesse di nuovo messa in punizione. Sospirò e si voltò, pronta ad andare a fare colazione e lasciarla stare, ma lei riuscì a vederlo e gli corse incontro. Gli si affiancò, rallentò, ma non smise di alzare le ginocchia ritmicamente, correndo sul posto.
«Buongiorno, Reiner!»
«Che hai combinato?» le chiese, senza neanche salutarla. Nonostante tutto, sembrava di buon umore, era allegra e solare, e l'idea che avesse combinato qualcosa già di prima mattina lo divertiva. Perciò non riuscì a restare serio e sorrise, divertito. 
«Eh?! Che intendi, scusa?» chiese lei, corrucciandosi.
«Sei in punizione?»
«No!»
«E allora che fai?» 
«Riscaldamento in preparazione dell'esame per oggi» spiegò e aumentò la frequenza dei passi sul posto, caricando di più la muscolatura.
«Riscaldamento?» mormorò Reiner, fermandosi del tutto per guardarla. Lei non si fermò nemmeno in quel caso e continuò a saltellare, correre sul posto, fare stretching e alternare una serie di esercizi senza prendere fiato nemmeno un attimo. «Tris, ti avevo detto di riposare» la rimproverò.
«Sono riposata» esclamò lei, allegra, abbassandosi a fare un paio di squat. Non aveva nessuna logica, saltava da un esercizio all'altro nel giro di cinque secondi, non seguiva serie, né un ordine. Faceva quello che voleva quando voleva, finendo solo con lo stancarsi senza nessun tipo di beneficio. Reiner le mise le mani sulle spalle e questo la costrinse a bloccarsi. «Ferma!» le ordinò e per i primi due secondi parve funzionare, Beatris riuscì a fermarsi e smettere quell'assurdo allenamento che non avrebbe allenato nessuno. Ma al terzo secondo iniziò a battere un piede per terra, a sollevare una gamba, e riprese a saltellare sul posto. Reiner fece forza sulle sue spalle, spingendola verso il basso, costringendola a fermarsi se non avesse voluto cadere.
«Ho detto fermati!» la rimproverò. «Hai l'adrenalina a mille, devi fare un paio di respiri profondi. Così ti stanchi solamente e non è utile all'esame che dovremo fare tra un paio d'ore».
«Ma no, sto solo scaricando un po' la tensione, non sto facendo niente di che» spiegò lei e facendo forza contro la sua presa provò a muovere le braccia per stirare i muscoli e sciogliere le articolazioni. 
«Da quanto sei qui fuori?» indagò, preoccupato.
«Era da poco l'alba credo» rispose lei innocentemente e riuscì a scivolare dalla sua presa per tornare a muoversi con esercizi improvvisati e scoordinati.
«Stai scherzando?» Reiner spalancò gli occhi. «Tris! Adesso devi calmarti!» 
«Sono calma».
«No, affatto! Adesso vieni a fare colazione e resti seduta a riposarti per un po', anche se a questo punto non so quanto possa aiutare. Hai dormito stanotte?»
«Ho dormito... un poco».
«Mikasa non ti ha detto niente, quando ti ha visto venire qui fuori?»
«Non mi ha vista! Ma non ha visto nemmeno te, avrà pensato che eravamo insieme» alzò le spalle Beatris, prima di iniziare a correre in cerchio intorno a Reiner.
«Ma che ti prende? Non è da te stare così in ansia per un esame» le chiese lui, provando a seguirla con lo sguardo. Iniziava a essere irritante, doveva trovare il modo di fermarla o sarebbe impazzito. 
«Aaahh» lamentò Beatris fermandosi di fronte a Reiner, ma continuando a saltellare compulsivamente, come se avesse dovuto andare in bagno. «È colpa tua».
«Mia?!» sussultò lui, offeso.
«Hai troppe aspettative su di me, non riuscirò mai a farcela!» e saltellò più velocemente. «Allenamento! Mi serve altro allenamento!» disse e si voltò, pronta a riprendere a correre lungo tutto il cortile. Ma Reiner fu rapido, la prese per i fianchi e la sollevò infine da terra. Beatris iniziò a dimenarsi come un gatto afferrato e a scalciare in giro, in preda all'agitazione. «Lasciami andare!» disse, provando ad afferrare le braccia di Reiner intorno alla sua vita che la tenevano sollevata da terra. «Mettimi giù».
«No, non lo farò fintanto che non chiariamo questa cosa».
«Come facciamo a parlare se mi tieni ferma così? Non posso nemmeno guardarti in faccia!»
«Ti metto giù ma tu prometti di stare ferma immobile?»
«Va bene, va bene» disse, provando in quel momento a sgusciare via dalla sua presa spingendosi verso l'alto. Non ce ne fu bisogno, Reiner la mise finalmente con i piedi per terra e lei si voltò a guardarlo, riuscendo miracolosamente a restare ferma. Ma lo sguardo abbattuto e imbarazzato fissava la punta delle sue scarpe. 
«Non dovrei essere io il motivo della tua agitazione, non devi pensare di farlo per compiacere me, devi farlo per te stessa. Per raggiungere il tuo obiettivo» le disse, severo.
«Ma... avevamo detto al lago che la mia forza...» mormorò lei, arrossendo. Anche solo ricordarlo le faceva salire il batticuore, era imbarazzante. 
«Quella deve servirti a tenerti in vita» sorrise Reiner. «Vuoi restare insieme a me, a Mikasa, Eren, Armin e tutti gli altri, giusto? Ti piace stare con noi».
Non era esattamente quello di cui avevano parlato, o forse semplicemente era stata lei a comprendere male. Non avevano mai messo in mezzo anche gli altri, loro avevano parlato solo di loro due... ed era quello a cui si era aggrappata.Voleva restare con Reiner. Certo, anche con Mikasa e gli altri, ma soprattutto con Reiner. Da quando avevano iniziato a parlare di più, da quando lui si era mostrato gentile le prime volte, da quando si era dimostrato protettivo nei suoi confronti, qualcosa era scattato nel petto di Beatris. Le piaceva stare insieme agli altri, ma niente reggeva il confronto con uno dei loro momenti insieme. Reiner era sempre così carino e premuroso, e lei aveva scoperto che le piaceva da impazzire vederlo sorridere. Non lo faceva quasi mai... 
«Sì, vorrei restare insieme... a voi» disse, assecondandolo, troppo in imbarazzo per ammettere tutto quello. 
«E allora devi tenerti viva, e la tua forza deve servire a quello. Ma restare in vita e migliorare nei voti sono due cose molto diverse, per restare in vita ti basterebbe lasciare l'accademia».
«Questo mi ucciderebbe!» sussultò lei.
«O magari potresti unirti a un corpo diverso da quello di ricerca. La guarnigione, o se punti in alto addirittura la gendarmeria. Così potremmo continuare a vederci una volta finito l'addestramento, magari lavorare insieme qualche volta. Sarebbe più sicuro».
«Sì...» mormorò lei, e non poteva negare che ci aveva pensato. Sapeva che Reiner si sarebbe unito alla gendarmeria, era quello che voleva, e a lungo aveva riflettuto sul provare a seguirlo. Ma lei non sarebbe mai entrata tra i primi dieci, poteva al massimo puntare alla guarnigione. Ci aveva pensato... ma non avrebbe mai trovato il coraggio di lasciar uscire all'esterno Eren, Mikasa e Armin e restare a guardare nella speranza di vederli tornare. Non sarebbe più rimasta paralizzata di fronte al terrore, lei avrebbe imparato a combattere e così avrebbe protetto chi amava. «Ma non posso lasciare i miei amici da soli. Mikasa, Eren e Armin... vorrei imparare a proteggerli».
«E allora vedi che io non c'entro niente?»
«Sì, ma ti sei impegnato così tanto in questi mesi...» sospirò ma non terminò la frase che Reiner le diede un colpetto sulla fronte con un nocca. «Tu ti sei impegnata tanto» la corresse. «Per me non era altro che normale routine, non ho fatto nessuna fatica. E non ho nessuna aspettativa».
«Perciò...» mormorò. «Se non dovessi superarlo...»
«Lo supererai» le disse sicuro, ma lei continuò a mormorare, sempre più in agitazione: «Sì, ma se non dovessi riuscirci...»
E Reiner sospirò ancora, affranto. Quanto tempo e impegno avrebbe dovuto ancora impiegare per riuscire a sistemare la sua autostima e farla sembrare vagamente decente?
«Facciamo una scommessa» le propose, colto da una vaga idea. Non era sicuro che fosse potuta funzionare, ma tanto valeva provare. «Se supererai questo esame, come sono sicuro che farai, allora...» ci rifletté un istante, chiedendosi cosa avrebbe potuto proporle di allettante per stimolarla a provarci. Non sapeva bene cosa le piacesse, in quell'anno gli aveva dato talmente tante informazioni, ma mai aveva espresso apertamente un desiderio o una volontà. Era bravissima nelle chiacchiere di circostanza, ad ascoltare gli altri, ma quando si trattava di aprirsi, parlare di sé, era sempre così vaga e sfumata. Perciò non restava che la via del generico: «Ti darò... qualsiasi cosa tu voglia. Chiedi pure, qualunque cosa. Anzi, ti dirò di più, il prossimo giorno libero che ci concederanno faremo tutto quello che vorrai tu. Se vuoi qualcosa te lo comprerò, se vuoi andare da qualche parte ti ci porterò, tutto quello che vuoi. Che ne dici?»
Beatris l'ascolto con gli occhi spalancati e il rossore sulle guance si fece sempre più acceso man mano che ci rifletteva. Un'intera giornata libera con lui, in giro, a fare qualsiasi cosa avesse voluto... come fosse stata una sorta di appuntamento. Si immaginò in giro per le strade, al suo fianco, a mangiare qualcosa insieme, a camminare sulle rive del fiume, o magari in qualche fattoria a vedere gli animali, una passeggiata nel bosco, e se qualcosa le fosse piaciuto lui gliel'avrebbe presa. Magari avrebbero trovato dei fiori. Avvampò, vedendolo mentre le allungava una margherita. E annuì vigorosamente.
«Se invece non lo supererai allora...» tornò pensieroso, cercando una punizione adeguata. Era difficile trovare qualcosa che facesse malvolentieri, aveva persino accettato di seguirlo nei suoi allenamenti extra. Si lamentava spesso, questo era vero, ma alla fine era molto accondiscendente su tutto, mai riusciva a far imporre la propria volontà. Ma l'idea che cercava gli arrivò, fortunatamente, e non gli dispiacque nemmeno. «Allora canterai per me, tutte le sere».
«Eh?!» urlò Beatris, sentendosi morire dalla vergogna. Per qualche motivo non le piaceva cantare, nonostante sapesse farlo benissimo, probabilmente imbarazzata all'idea di essere al centro dell'attenzione. Ma qualunque fosse il motivo, Reiner ormai sapeva che lei avrebbe volentieri declinato. Non aveva mai cantato se non nella cattedrale per sua sorella morente e per lui, la sera al lago, quando l'aveva visto turbato. In altre occasioni, anche se glielo si chiedeva, scappava via sempre con qualche scusa. Il che era un peccato... sentirla cantare gli alleviava il dolore all'animo. Quasi quasi si ritrovò a sperare che davvero non lo superasse quell'esame, sarebbe stato fantastico potersene andare a letto tutte le sere dopo averla sentita.
«Non voglio farlo!» si ribellò, infatti. 
«Scommetto non ce ne sarà bisogno, perché andrai benissimo» e le allungò una mano, per stringerla come d'accordo.
«Se scommetti sulla mia riuscita allora avresti dovuto mettere i vantaggi per te in quel caso. Questa scommessa non ha alcun senso, se vinci tu praticamente il premio me lo prendo io e viceversa» borbottò Beatris, turbata all'idea di dover rischiare così tanto. Non avrebbe mai accettato di cantare tutte le sere, sarebbe fuggita dall'accademia piuttosto.
Reiner ridacchiò. «Sì, hai ragione» ammise, ma subito aggiunse: «Allora? Ci stai?»
Non gli importava del premio, aveva solo voluto trovare qualcosa con cui spronare Beatris a non arrendersi e provarci con tutte le sue forze. Qualcosa in cui credere, perché era davvero certo che questa volta non avrebbe fallito. Se lo sentiva. 
Beatris esitò, turbata dalla punizione che avrebbe dovuto subire se mai non fosse andata bene. Ma l'idea di poter passare il giorno libero con Reiner da normali amici, senza doversi allenare per forza o parlare solo di addestramento, era qualcosa a cui non avrebbe mai rinunciato al mondo. Allungò la mano e gliela strinse, timida. «Va bene». 
«Dai» sorrise Reiner e si voltò verso la sala comune. Non lasciò andare la mano di Beatris, semplicemente cambiò mano, ma la tenne ben salda a sé intenzionato a tirarla via da quella follia mattutina. «Adesso vieni a fare colazione» le disse e camminò spedito, un passo davanti a Beatris, tenendola per mano per costringerla a seguirlo. E il batticuore di Beatris arrivò a chiuderle la gola. Avrebbero camminato mano nella mano anche il loro prossimo giorno libero insieme?
Entrarono nella sala comune, si presero la loro porzione dalla cucina e raggiunsero il resto dei compagni. C'era un'aria tesa, ma esaltata. Ovunque era vociare, ovunque c'era entusiasmo e ardore. Promesse si alzavano in aria, nessuno era intenzionato a essere lasciato indietro quel giorno. E per la prima volta anche Beatris aveva qualcosa per cui combattere. Non avrebbe accettato mai l'ultimo posto, non quella volta! Avrebbe fatto di tutto per vincere quella sfida. Finirono di mangiare e si avviarono prima in aula, dove avrebbero valutato la loro velocità nell'attrezzarsi. Montare l'attrezzatura, vestirsi, e infine avrebbero dovuto correre fuori, prendere i cavalli e correre verso la foresta alle spalle del centro di addestramento. Era una gara di velocità e precisione, perché quegli stessi movimenti tridimensionali che loro si erano agganciati li avrebbero poi sostenuti per il resto dell'esame. Quella prima parte fu un vero disastro. Beatris aveva le mani sudate e tremolanti, riuscire a essere precisa fu letteralmente impossibile. Ci provò, ci provò con tutta se stessa, ma fu inevitabilmente l'ultima a uscire dall'aula. Riuscì a recuperare un po' di terreno grazie ad April, che le permise di raggiungere il resto dei compagni ed entrare nella foresta insieme a loro, lasciandosi i ritardatari alle spalle. Tra questi aveva persino visto Reiner: era bravo in molte cose, ma nell'equitazione non aveva mai brillato eccezionalmente. Arrivati nella foresta dovettero legare i cavalli e partire infine all'attacco, cercando le solite sagome dei giganti e abbatterne il maggior numero possibile. E nonostante il vantaggi di April, per Beatris quella fu veramente una bella sfida. Era più veloce rispetto che ai primi tempi, e riusciva bene a muoversi tra i rami, ma era sempre comunque un passo indietro rispetto agli altri. Non appena scorgeva un gigante, qualcuno arrivava prima di lei e le rubava l'uccisione. Finì inoltre il gas più velocemente rispetto che ai compagni e questo la costrinse ad andarsi a rifornire per prima. Tornò a svolazzare tra i rami, riuscì a colpire qualche gigante, ma non erano altro che miseri tre metri. 
Sentì un moto di sconforto abbatterla, man mano che passava il tempo e lei non riusciva a fare molto più rispetto al solito. Era già pronta ad arrendersi, ormai abbandonata su un ramo, ma infine si rialzò in piedi. Non le importava distinguersi, non le importava arrivare tra i primi, le sarebbe bastato non essere l'ultima. Ebbe un'idea, pazza, ma che forse avrebbe potuto funzionare. Doveva riuscire a essere più veloce e ora come ora la sua prestanza fisica non le permetteva di caricare troppo con tutto quel peso addosso. Non aveva potenza di fuoco, non aveva forza, e aveva dei riflessi nella norma, niente che avrebbe potuto farla distinguere. Ma aveva la carica, l'energia e soprattutto era spericolata. Si tolse di dosso la giacca e gli stivali e li lasciò sul ramo. Si tolse poi dalla fondina le lame per le spade, lasciandone solo due di riserva, una per mano. Scaricò le bombole di riserva, tenendone anche quella solo lo stretto necessario. Si liberò di tutto il peso inutile, comprese le cinghie ornamentali, fibbie che non sarebbero servite, qualsiasi cosa. Non era eccezionale, ma si sentiva già meglio, più leggera. Fermò tutto sul ramo dove si trovava, legandolo con le maniche della giacca e infine saltò giù. Arrivò a sfiorare il suolo, si diede spinta aereodinamica usando la posizione del corpo, ignorò le rigide regole di posizione per manovrare al meglio il dispositivo. Non le interessava essere precisa, doveva essere veloce. Salì fin sopra i rami degli alberi, volò più in alto del previsto e per poco non mancò la presa. Sentì il panico chiuderle la gola mano mano che prendeva velocità, ma infine riuscì a intercettare un classe sette metri prima degli altri. Tagliò la strada a Jean e tagliò la nuca al gigante prima di lui, andando a finire oltre, praticamente fuori controllo, incapace di rallentare. 
«Scusa, Jean!» la sentì urlare solamente, prima di vederla sparire nella foresta. E proseguì, verso il secondo gigante. Faceva una gran paura, quella velocità non le permetteva di avere pieno controllo, ma dopo un po' ci prese persino gusto. Cominciò a contare qualche uccisione in più, e a ogni avanzamento era un urlo di gioia. Due, tre, quattro... arrivò persino a perdere il conto. Si trasformò in una scheggia priva di schemi che volava ovunque potesse, tuffandosi da un anfratto a un altro, arrivando però al suo obiettivo prima di altri. Perse il conto delle volte che si ritrovò a piroettare in preda al panico o a sgambettare per il troppo slancio, ma ciò che contava era riuscire ad andare avanti. Ma prima che potesse accorgersene il gas terminò, prima che potesse tornare a riprendere le scorte dove le aveva lasciate, e con un ultimo urlo terrorizzato cadde verso terra. Riuscì a non schiantarsi al suolo grazie a una prontezza di riflessi che le permisero di agganciarsi a un ramo con il rampino e restare così appesa, come un salame, a cinque metri da terra in attesa di aiuto. Fu Shadis in persona a raggiungerla e vedendola priva di alcune parti di equipaggiamento, appesa, senza gas, e avendo visto cosa aveva fatto... semplicemente negò con la testa e si appuntò qualcosa. Ci aveva provato. Ci aveva provato davvero... ma non era andata nemmeno quella volta. E Beatris si accasciò, in preda allo sconforto.
Quella sera, al ritorno dall'esame, non ebbe nemmeno il coraggio di andare a guardare il tabellone dove avevano appeso i risultati. Non ne aveva bisogno, aveva combinato di nuovo un gran casino. E non sapeva se a demoralizzarla era più l'idea di aver fallito di nuovo o la scommessa fatta con Reiner: avrebbe perso il suo appuntamento e sarebbe stata costretta a cantare tutte le sere. Valutò l'ipotesi di andarsene per sempre e sparire, magari a nord. Era la volta buona che l’avesse fatto davvero. Si fermò di fronte a Christa e Ymir, le sentì parlare, ma non ascoltò molto di ciò che avevano da dire. Erano impegnate a commentare l'esame appena passato, e lei non voleva più sentirne parlare per un po'.
«A te com'è andata, Bea?» le chiese Christa e Beatris sghignazzò nervosa: «Lasciamo perdere».
«Sei già andata a vedere i risultati?» 
«No, ma non importa. Lo sguardo di Shadis è bastato a farmi capire tutto» disse Beatris e in quel momento vide l'amica sussultare e sbiancare. Shadis metteva i brividi, ma addirittura così tanto che bastava pensarlo? «Spaventa così tanto anche a...» iniziò a chiedere, curiosa di sapere cosa ne pensava Christa, ma non ebbe tempo di concludere la frase. Christa fece un paio di balzi indietro, terrorizzata, e Ymir si impegnò nel tirarla via e metterla in salvo dalla furia che era appena arrivata in scivolata da loro. Reiner le era corso dietro con tale enfasi che quando era arrivato al suo fianco era stato costretto a puntare un piede a terra e frenare, alzando un gran polverone. Si era girato, neanche l'aveva salutata, si era chinato e l'aveva presa in spalla. Infine era corso via, con Beatris in preda al panico appesa alla sua spalla come un sacco di patate. Questa allungò una mano invano verso Christa, urlando per cercare aiuto, ma non ottenne niente se non sguardi perplessi e spaventati. Reiner corse fino al tabellone nel cortile, dove esposti vi erano voti e valutazioni, senza dire una sola parola. Arrivò di fronte a questo e si voltò di colpo, così da permettere a Beatris di vederlo, e disse solo: «Tris, guarda!»
Beatris poggiò i palmi delle mani sulla sua schiena così da riuscire a rialzarsi e per qualche motivo il suo sguardo andò a posarsi subito sui primi classificati. Mikasa era al numero uno, senza nessun tipo di eccezione, e poco più in basso, sesto, vi era anche Reiner. Nella valutazione personale, scritta da Shadis, si accennava al suo problema con la lentezza nella corsa col cavallo, ma niente che avesse potuto penalizzarlo così profondamente. Infine, senza leggere il resto dei duecento e più nomi, arrivò fino all'ultimo, consapevole di ciò che avrebbe letto. Ma si sbagliò. 
«Abrham Gerbod» mormorò lei. Salì rapidamente i nomi prima dell'ultimo, chiedendosi dove fosse il suo, ma non lo trovò. Salì, ancora, e ancora, tant'è che fu costretta a sollevarsi e poggiare le mani sulle spalle di Reiner per raddrizzarsi completamente con la schiena e arrivare a leggere i nomi scritti più in alto. 
E finalmente trovò il suo.
«Beatris Moreau» sibilò, a occhi spalancati. «Sono... centosettesima».
«Hai scalato ben metà classifica solo con questo esame! E siamo solo alla fine del primo anno!» esclamò Reiner, alzando gli occhi per riuscire a guardarla in viso, e le fece un enorme sorriso, felice di quel risultato forse anche più di quanto non lo fosse lei. 
Beatris si portò le mani alle labbra e mormorò, incredula. «Ce l'ho fatta».
«Già!» 
E l'euforia le esplose in corpo. Non era più ultima. Ce l'aveva fatta, non era più la peggiore. Gli allenamenti di Reiner erano serviti, il trovare una motivazione, tutte quelle attenzioni, quell'impegno, finalmente iniziava a vederne i frutti. Alzò le braccia verso il cielo, si slanciò verso l'alto e urlò euforica: «Ce l'ho fatta!»
Reiner venne travolto completamente da tutta quella gioia, si fece coinvolgere nel festeggiamento, e avendo ancora Beatris sollevata dalle gambe iniziò a girare un po' su se stesso e a saltellare per come poteva. Fu divertente per qualche secondo e avrebbe volentieri continuato, ma Beatris abbassò gli occhi su di lui.
«Grazie, Reiner» disse emozionata e gli fece un enorme sorriso, uno dei suoi soliti sorrisi angelici che tanto lo facevano restare incantato. Infine avvolse le braccia intorno alla sua nuca. Se lo strinse al petto, poggiò una guancia sulla sua testa e lo abbracciò lì dov'era, sollevata, tenuta ancora in braccio, in mezzo ad altre persone che li guardavano chi sghignazzando e chi scocciato per il troppo baccano. Non gli diede nemmeno uno spiraglio per respirare, lo avvolse completamente schiacciandoselo al petto, e Reiner si rese conto troppo tardi dei risvolti di quella situazione. Oltre che l'imbarazzo di avere compagni cadetti a fissarli, si sentì soffocare schiacciato al petto di Beatris, con gli occhi premuti esattamente sul seno. Si sentì travolgere dal panico, tentò di arretrare con la testa ma Beatris lo teneva come un serpente tra le sue spire. 
«Tris...» sibilò con quel poco di lucidità che aveva. «Lasciami!» e per fortuna non dovette insistere tanto per riuscire a tornare libero... anche se mai avrebbe dimenticato la vergogna di quel momento.


Nda.


Ma come sono carini sti due *-* qui la romance è forte e selvaggia! xD Soprattutto per Tris, che ormai palesemente sta iniziando a provare qualcosa per lui. E se questo capitolo vi ha fatto sorridere, non perdetevi il prossimo dove ci saranno tanto sole, cuore e amore <3 Reiner ha una promessa da mantenere ehehe :P


E su questa scia di pace e ammmmore, vi lascio la canzone del giorno, molto soft ma caruccia :3
Enjoy! 

E alla prossima!

https://www.youtube.com/watch?v=lQFgkLrtJ0M&ab_channel=NihalCry09






   
 
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