Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: All_I_Need    26/07/2021    4 recensioni
John ha un incidente nel laboratorio della struttura militare di Baskerville. Mentre aspettano che gli scienziati trovino una soluzione, lui e Sherlock devono riesaminare la natura della loro amicizia mentre si destreggiano nella vita quotidiana e nel Lavoro, il tutto cercando di rispondere alle domande veramente importanti: va bene accarezzare il tuo coinquilino se al momento è un cane? E come chiedi esattamente le coccole a un autoproclamato sociopatico?
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sally Donovan, Sherlock Holmes
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo diciassette

"Ti rendi conto di essere coperto di fango, vero?” chiese oziosamente Sherlock mentre attraversavano i cancelli, facendo un solenne cenno del capo al guardiano che stava tirando fuori le chiavi dalla tasca per chiudere il parco per la notte.

John sbuffò. Certo che lo sapeva, cazzo! Prudeva in modo orribile. Si fermò, aspettando che Sherlock facesse qualche passo avanti prima di scrollarsi di nuovo, questa volta più violentemente. Una parte del fango e delle gocce d'acqua volarono via, ma non era tanto ottimista da credere di essersi sbarazzato di tutto.

Sherlock sbuffò quando John lo raggiunse sotto il lampione successivo. "Sei davvero uno spettacolo desolante. Molto più simile a un bastardo che a un purosangue. Se la mamma potesse vederti, le prenderebbe un colpo."

John uggiolò.

"E naturalmente la signora Hudson avrà molto da ridire sul sudiciume," continuò Sherlock. "Temo che passeremo questa serata a farti un bagno molto meticoloso."

John sospirò e si rassegnò al proprio destino. Almeno sarebbe stato pulito.

Svoltarono in Baker Street e presto raggiunsero la porta di casa. Sherlock l'aprì piano e fece entrare John. Le luci della signora Hudson erano già spente e così anche la TV. "Silenzio adesso, non vogliamo svegliarla."

Facendo attenzione a non fare troppo rumore, salirono di soppiatto le scale e tirarono due sospiri gemelli di sollievo quando Sherlock chiuse la porta dell’appartamento dietro di loro.

"Dritto in bagno, per favore, John," ordinò Sherlock.

John fece come gli era stato detto e andò cautamente in bagno, cercando di non lasciare troppa acqua sporca nella sua scia. La pozzanghera era stata più profonda di quanto avesse pensato all’inizio; la sua folta pelliccia lo aveva protetto dal notarlo in quel momento e forse anche la sua distrazione dovuta ai loro aggressori aveva avuto una parte, ma ora non si poteva negare che aveva assorbito fango e acqua come una spugna e tutto lo scuotersi del mondo non l’avrebbe aiutato a tirarli fuori.

Sherlock lo seguì due minuti dopo, dopo essersi tolto il cappotto, la giacca e le scarpe e aver rimboccato le maniche della camicia per prepararsi.

"Ho dato un'occhiata alla scatola di provviste portata dai tirapiedi di Mycroft e ho trovato dello shampoo per cani. Useremo quello invece della roba per umani, non mi interessa scoprire cosa potrebbe fare alla tua pelle o al tuo pelo. Qualche obiezione?"

John scosse la testa e Sherlock annuì, indicando la vasca. "Bene. Salta dentro, allora, e cerca di non scivolare sulla superficie della vasca."

Più facile a dirsi che a farsi, ma John riuscì ad arrampicarsi oltre il bordo ed entrare nella vasca. Non fu molto dignitoso, ma almeno riuscì a entrare da solo e non cadere sulla faccia.

Sherlock abbassò il soffione della doccia e lo accese, dirigendo il getto lontano da John mentre aspettava che l'acqua si scaldasse un po’. "Uno sbuffo se è troppo calda, un uggiolio se è troppo fredda,” lo istruì.

John gli fece un cenno con la testa e Sherlock aspettò che l'acqua avesse una temperatura che considerava adatta. Gliela puntò con attenzione sulle zampe anteriori. "Com'è?"

La temperatura era quasi giusta e John rimase in silenzio.

"Bene,” disse Sherlock. "Prima ti bagnerò per bene e poi lavorerò con lo shampoo. Sembra che il tuo muso sia stato risparmiato, quindi non dovremo preoccuparci di farti andare lo shampoo negli occhi. Fammi sapere se c'è un problema."

Mentre l'acqua tiepida gli penetrava lentamente nella pelliccia, John emise un sospiro soddisfatto. Erano passati secoli dall'ultima volta che si era goduto un bel bagno caldo e non si era reso conto di quanto gli fosse mancato. Di solito faceva la doccia la mattina, ma naturalmente non aveva fatto né il bagno né la doccia dalla sua involontaria trasformazione.

Abbassò la testa e guardò l'acqua che gorgogliava verso lo scarico, osservando con stupore quello che sembrava essere metà del terreno di un'aiuola di medie dimensioni scorrere oltre le sue zampe.

"Hai davvero troppa pelliccia," commentò Sherlock, usando una mano per dirigere il getto e l'altra per pettinargli accuratamente la pelliccia con le lunghe dita. "Come hai fatto ad assorbire così tanto fango in così poco tempo?"

John emise un brontolio sommesso e cercò di alzare le spalle come meglio poteva.

Sherlock chiuse l'acqua e prese lo shampoo. "Ora, vediamo se questo ti ripulirà. E, come bonus aggiuntivo, sembra che finirai per odorare di... mele. Huh." Guardò scettico il flacone e l'annusò. "Puri prodotti chimici, naturalmente. Sarei sorpreso se qualche mela fosse arrivata a dieci metri da questa roba. Forse a un certo punto le è stata mostrata la foto di una mela."

John sbuffò e prese nota mentale di sfidare Sherlock a creare lui stesso uno shampoo dall'odore migliore non appena avesse potuto parlare di nuovo.

Un attimo dopo il filo dei suoi pensieri deragliò quando entrambe le mani di Sherlock affondarono nella sua pelliccia e iniziarono a massaggiare lo shampoo nel denso mantello esterno.

John pensò che se fosse stato un gatto avrebbe potuto iniziare a fare delle fusa sonore in modo imbarazzante .

Invece, si inarcò semplicemente al tocco, con grande divertimento di Sherlock. "Bello?"

John emise un basso brontolio affermativo e Sherlock sbuffò. "Se il cervello dovesse mai venirmi meno, potrei ancora trovare un lavoro come parrucchiere o massaggiatore, o almeno così piace dire a mia madre quando sono a portata di mano per aiutarla con i suoi mal di testa da tensione.”

John sbuffò una risata all'immagine che gli si presentò, poi emise un ringhio basso che sorprese persino lui mentre le dita di Sherlock lo cardavano lungo la spina dorsale, dal collo all'osso sacro. All'improvviso, fu contento per la propria mancanza di corde vocali umane: se fosse stato umano, quello sarebbe stato un gemito di piacere davvero mortificante.

In realtà, si stava chiedendo con non poco allarme se i cani diventassero mai duri e, in tal caso, quanto ci volesse perché ciò accadesse. Sperava decisamente di non avere motivo di scoprirlo.

"Ho quasi finito con la schiena. Penso che potresti anche aver perso una quantità davvero disgustosa di particolato fine. La metà dell'inquinamento atmosferico di Londra sembra essere rimasto intrappolata nella tua pelliccia, John. Questa è una vergogna."

John guardò l'acqua che gli turbinava oltre le zampe e dovette ammettere che Sherlock poteva avere ragione su quello. L'acqua sotto la schiuma aveva un angosciante colore grigio.

"Ecco, fatto con la schiena, ora mi sto spostando sui fianchi, quindi se senti il ​​solletico ricordati di non mordere la mano che ti pulisce."

John voleva dirgli che questo era ridicolo, ma poi le dita di Sherlock si spostarono lungo la sua cassa toracica e verso i fianchi e lui sussultò alla sensazione.

"Te l'avevo detto," mormorò Sherlock, non abbastanza piano perché John non lo sentisse, e continuò a lavorare lo shampoo sulla sua pelliccia prima di sciacquarla con cura. Tutta l'acqua calda del mondo non poté fermare il brivido che scorreva lungo la schiena di John.

Si concentrò sullo stare fermo, sobbalzando solo un po’ mentre le mani di Sherlock e l'acqua calda si muovevano verso il suo petto e la pancia. Fortunatamente, lì la pelliccia era più corta ed era diventata meno fangosa del lungo mantello esterno sulla schiena e sui fianchi.

"Guarda, la tua pelliccia è davvero rossa sotto tutto quel fango. Ci sono anche delle macchie bianche, chi l'avrebbe mai detto?" lo prese in giro Sherlock. "Davvero, John, si potrebbe pensare che ti fossi rotolato in una pozza di fango per ore, invece di aver fatto la conoscenza di una singola pozzanghera."

John borbottò bonariamente contro di lui, poi guaì e si contorse quando una delle mani di Sherlock lo sfiorò accidentalmente mentre cercava di far uscire il sapone.

"Scusa," mormorò Sherlock e spostò la mano a una distanza di sicurezza. John fece un respiro profondo e ringraziò il cielo per il suo lungo pelo intriso d'acqua e per tutta la schiuma. Dio, come se l'intera faccenda non fosse già stata abbastanza imbarazzante!

"Quasi finito," promise Sherlock e si voltò verso le gambe di John, puntando il getto della doccia contropelo per far uscire più sporco che poteva. "Le tue zampe e i tuoi piedi probabilmente avevano comunque bisogno di un bagno. Cammini per Londra e corri a Regent's Park da più di una settimana e sappiamo entrambi che Londra non è precisamente famosa per la sua pulizia."

Sollevò con cura ciascuna delle zampe di John e lo sciacquò tra le dita dei piedi e sotto le piante delle zampe. "Dovremo anche tagliarti gli artigli, vedo, una volta che sarai asciutto. Non guardarmi così, la signora Hudson ci sgriderà entrambi se lasci dei graffi sul pavimento."

John aveva una risposta perfetta per quello, vale a dire che non era lui quello incline a distruggere il loro appartamento, ma naturalmente non poteva dire niente, così si limitò a sbuffare e a contorcersi un po’.

"Non ti azzardare a scuoterti qui," lo avvertì Sherlock. "Hai abbastanza acqua nella pelliccia da allagare il bagno."

Oh, era una tentazione.

John si tenne sotto controllo, però, e dopo avergli lavato la coda Sherlock chiuse la doccia e prese un asciugamano. "Ecco. Prima ti asciughiamo con la salvietta e poi tiriamo fuori l'asciugacapelli, altrimenti dovrai dormire davanti a un caminetto scoppiettante e credo che tu abbia una tua idea riguardo all’andare a dormire con i capelli bagnati, vero?"

John l’aveva, anche se l’idea del rumoroso asciugacapelli non era una prospettiva molto felice. Ancora una volta non poté fare altro che rassegnarsi al proprio destino e quindi lo fece con un sospiro.

Un attimo dopo, il soffice asciugamano bianco gli oscurò la vista e Sherlock si fece strada dalla testa fino al collo e lungo il suo corpo, lasciando per ultime le gambe mentre lo asciugava con movimenti rapidi ed efficienti, attento a non tirargli la pelliccia.

"Dovresti vederti,” disse Sherlock, ridacchiando. "Sembri un barboncino esploso."

John girò la testa per dargli uno sguardo che diceva chiaramente "Be’, grazie mille."

"In effetti, penso che farò una foto," gli disse Sherlock e tirò fuori il cellulare prima che John potesse offrire qualsiasi tipo di protesta. "Lestrade l’amerà.”

John avrebbe voluto poter gemere.


*****


Quando Sherlock dichiarò che John era asciutto, aveva scattato altre sei o sette foto ed era scoppiato a ridere per il puro livello di morbidezza che la pelliccia di John aveva raggiunto durante l'asciugatura.

"Questa la incorniceremo," annunciò, ridacchiando a un'immagine in cui John sembrava sorprendentemente simile a una nuvola di zucchero filato rosso.

John si lasciò cadere sul tappeto del bagno e si mise entrambe le zampe anteriori sul muso, in una chiara dimostrazione di quello che pensava di quella particolare idea. Sapeva già che non ci sarebbe stato modo di sfuggire a questo. Almeno era riuscito a raccogliere a sua volta del materiale di presa in giro su Sherlock durante l'intera avventura.

Quando finalmente uscirono dal bagno, dopo che Sherlock gli ebbe effettivamente tagliato gli artigli e raccolto alcuni campioni ‘per la scienza’, era già mezzanotte passata. Si fermarono quel tanto che bastava perché John spazzolasse una ciotola di cibo per cani e poi andarono prontamente a letto.

Non appena Sherlock si fu sistemato sotto le coperte, John si rannicchiò al suo posto ormai abituale ed entrambi sospirarono mentre si rilassavano.

"Mmh, odori di mele," mormorò Sherlock e John guardò un angolo della sua bocca alzarsi in quello che probabilmente avrebbe dovuto essere un ghigno, ma non andò a buon fine e si trasformò invece in un sorriso tenero.

John sbuffò e chiuse gli occhi, lasciando che il respiro di Sherlock e il battito familiare del suo battito cardiaco lo cullassero nel sonno.


*****


La mattina dopo, subito dopo la loro passeggiata, Sherlock depositò John con la signora Hudson e le istruzioni di non dargli da mangiare nulla per almeno due ore. Naturalmente, la porta del suo appartamento si era appena chiusa dietro di lui prima che la signora Hudson gli desse un biscotto del nuovo lotto che aveva preparato il giorno prima.

John lo mangiò con blando entusiasmo, ancora un po’ seccato per non aver avuto il permesso di accompagnare Sherlock nel vagabondaggio di quella mattina.

"Cosa ha combinato quel ragazzo oggi? E quel livido sulla faccia, non ce l’aveva ieri. Ha fatto a botte?"

John non poté fare molto di più che sbuffare e annuire.

La signora Hudson schioccò la lingua. "Oh, spero che tu abbia avuto la possibilità di mordere al sedere chiunque sia stato. Attaccare il nostro Sherlock, voglio dire!"

Borbottò tra sé per un po’, lasciando John ad annusare il suo appartamento e usare ogni finestra che si affacciava sulla strada per guardare Sherlock che fermava un taxi e il suo avanzare lungo la strada finché non svoltò fuori dalla vista.

Emise un piagnucolio insoddisfatto e saltò sul divano per rannicchiarsi sui cuscini e osservare con un'espressione triste la stanza orfana di Sherlock.

"Non fare quella faccia, John. Tornerà in men che non si dica, aspetta solo. Il tuo uomo può badare a se stesso per un po’, anche se non ci crederesti solo guardandolo," cercò di consolarlo la signora Hudson, dandogli pacche sulla schiena e arruffandogli le orecchie. "Ora muoviti, stanno trasmettendo Skyfall su Canale 4. Quel Daniel Craig è un bell'esemplare di uomo, lascia che te lo dica."

John le fece un po’ di spazio per sedersi e poi abbassò la testa sulle sue ginocchia. Era una posizione comoda, ma l'odore era tutto sbagliato. Era arrivato ad associare questa posizione all'essere impregnato dal profumo di Sherlock. L'odore di profumo floreale, farina e bicarbonato di sodio della signora Hudson era gradevole, ma non era il profumo che avrebbe preferito. Tuttavia, almeno il film lo avrebbe distratto dal preoccuparsi troppo per Sherlock. Dopotutto, stava semplicemente facendo quello che sapeva fare meglio: curiosare negli affari degli altri.


*****


Era decisamente strano lasciare la casa senza John al fianco. Si erano a malapena separati da Baskerville. In effetti, a parte l'unica volta in cui aveva chiesto a Donovan di portarlo al parco e l’evento particolare in cui John aveva deciso di portare la signora Hudson a fare una passeggiata, non c'era stato un solo episodio in cui fossero andati da nessuna parte l’uno senza l'altro.

Sherlock trascorse la maggior parte del viaggio in taxi a placare la sensazione di aver dimenticato qualcosa di essenziale.

Infastidito con se stesso per essersi trasformato in un sentimentale sdolcinato, Sherlock guardò fuori dal finestrino e cercò di distrarsi deducendo i pedoni, ma non era molto divertente senza John lì a deliziarsi delle sue conclusioni e rimproverarlo per quelle più stravaganti.

Si rese conto che stava di nuovo pensando a John e si richiamò all'ordine. Stava diventando ridicolo!

"Concentrati, amico!" si rimproverò mentalmente. Lo scopo di questo viaggio era entrare nell'edificio, con faccia di bronzo, e dirigersi verso l'ufficio di Forsythe per esaminarlo a fondo. Solo il cielo sapeva quanti indizi gli Yarder avessero mancato di notare durante la loro visita ai locali. Portare con sé un cane avrebbe semplicemente attirato attenzioni indesiderate. Così com’era, era soltanto un altro uomo in giacca e cravatta che andava in ufficio. Aveva perfino portato con sé la borsa del laptop per completare il quadro. C'erano diverse compagnie nell'edificio, all'osservatore casuale sarebbe stato impossibile dire da quale intendeva recarsi.

Il taxi lo lasciò proprio fuori dalla porta e lui diede la mancia all'autista prima di scendere ed entrare nell'edificio come se avesse tutto il diritto di essere lì.

Diversi altri uomini in giacca e cravatta gli fecero un cenno col capo e guardarono il suo Belstaff con un misto di apprezzamento e invidia quando si unì a loro nell'ascensore, ma quella fu tutta l'attenzione che gli dedicarono e tornarono in fretta ai loro pensieri o telefoni o tablet nella veneranda tradizione degli inglesi. Non sembrarono nemmeno notare la sua faccia ammaccata.

L'ascensore raggiunse il piano che voleva e Sherlock scese con un vago borbottio che avrebbe potuto essere ‘Salve’ o ‘Buongiorno’ se si fosse applicata un po’ di fantasia.

Estrasse una carta d'identità elettronica dalla tasca della giacca e la passò alla serratura della porta, soddisfatto di se stesso per essersi ricordato di prenderla in prestito dai beni della vittima al laboratorio. L’avrebbe restituita più tardi senza che nessuno si fosse accorto di niente.

Nel trambusto di una giornata lavorativa che era appena agli inizi e in cui la metà dei dipendenti non aveva ancora preso il caffè, nessuno gli prestò attenzione e lui andò direttamente negli uffici dei dirigenti senza rivolgere una seconda occhiata a nessuno. Forse una volta risolto il caso sarebbe tornato e avrebbe dato loro alcuni consigli su come aumentare la sicurezza nelle loro sedi.

Tirò fuori le chiavi di Forsythe, che aveva sgraffignato insieme alla tessera, e provò ad aprire la porta dell'ufficio. Chiusa a chiave. Bene, questo significava una maggiore probabilità che tutto fosse rimasto indisturbato, per come lo poteva essere dopo che ci erano passati gli Yarder.

Sherlock entrò, chiuse a chiave la porta dietro di sé, e si mise al lavoro.

Iniziò sedendosi alla scrivania della vittima in modo da poter dare un'occhiata in giro per l'ufficio a tutte le cose che Forsythe avrebbe visto ogni giorno al lavoro e farsi un'idea di come l'uomo si fosse organizzato. Iniziò a frugare nei cassetti della scrivania alla ricerca di documenti interessanti che la polizia potesse aver trascurato, ma sembrava che fossero stati molto accurati, tanto per cambiare. Considerando tutti gli sforzi compiuti per venire lì, non era sicuro di approvare quell'improvvisa diligenza.

Gli scaffali sui muri mostravano foto di famiglia con suo figlio al posto d'onore, una Bibbia (perché qualcuno avrebbe avuto bisogno di una Bibbia in un ufficio, Sherlock non ne aveva idea, ma un rapido sfogliare le pagine non rivelò scomparti nascosti o segni sospetti) e troppi libri sulla gestione aziendale. Come minimo l’uomo aveva preso sul serio il suo lavoro e si era impegnato nella sua azienda.

Sherlock rivolse la propria attenzione ai cassetti e agli schedari sul muro dietro la scrivania, ma questi erano stati perlopiù ripuliti dagli Yarder. Tuttavia, lui non si era guadagnato la propria reputazione essendo poco accurato, quindi provò ogni singolo cassetto. Uno di loro fece un po’ di resistenza mentre cercava di aprirlo e gli parve di sentire lo sfregare della carta. Poteva essere un foglio che si era semplicemente bloccato da qualche parte, naturalmente, ma Sherlock non si era guadagnato la sua reputazione nemmeno dando per scontata la soluzione più semplice senza verificarla.

Aprì con cautela il cassetto per metà e allungò una mano all'interno, accarezzando i lati e la parte superiore.

Un attimo dopo, le sue dita si incastrarono in del cartone robusto e lui sorrise soddisfatto, tirando fuori una cartella dal fondo del cassetto di sopra. Parte del nastro adesivo si era staccato, facendo sfregare uno dei bordi lungo il cassetto inferiore e avvisando Sherlock della sua presenza.

"Non così diligenti come avrebbero dovuto essere," mormorò e aprì il fascicolo.

Non riuscì a lanciare più di una rapida occhiata prima che un rumore fuori dall'ufficio attirasse la sua attenzione. Attraverso l'intarsio di vetro su entrambi i lati dell’uscio di legno, vide una donna dai capelli rossi dare un'occhiata furtiva su e giù per il corridoio prima di provare la maniglia. La porta sbatacchiò, ma non si mosse e Sherlock provò un lampo di gratitudine per aver pensato di chiudersela alle spalle.

Qualcosa nella donna gli sembrava familiare. Avrebbe potuto giurare di averla vista prima. Di solito, era John quello che ricordava nomi e volti così lui non sarebbe stato costretto a farlo, ma la vista di lei fece suonare un debole campanello e mentre si chinava dietro la scrivania per evitare di essere visto se lei avesse cercato di sbirciare attraverso il vetro e un buco con le persiane, ripercorse rapidamente la sua precedente visita.

Era stata importante? Si accigliò.

Un attimo dopo, sentì i suoi passi allontanarsi dall'ufficio e decise che qui aveva finito. Infilandosi la cartella nel cappotto, andò ad aprire la porta prima di uscire nel corridoio. Si aggiustò il cappotto, chiuse la porta dietro di sé e percorse i cinque gradini lungo il corridoio fino all'ufficio del braccio destro di Forsythe. Forse questa volta la donna aveva nuove intuizioni da offrire.


*****


"Signor Holmes,” disse la signora Munkeld, chiaramente colta di sorpresa quando lui entrò. "Non mi aspettavo che passasse. Com’è arrivato qui?"

Lui si limitò ad alzare le spalle e si sedette. "Ho la tendenza a riuscire ad entrare nei posti in cui voglio essere. Per inciso, la vostra sicurezza è pessima."

"Mi assicurerò di informarli," mormorò lei. "E vedo che questa volta non hai portato il suo cane."

"Volevo risparmiargli Londra durante l'ora di punta," le disse Sherlock senza problemi.

"Capisco. Ora, posso aiutarla con qualcosa?"

"Qualcuno è entrato o ha tentato di entrare nell'ufficio del suo capo da quando è stato ucciso?"

"A parte la polizia, vuol dire?" lei chiese. "Non per quanto ne so. È stato chiuso a chiave per tutto questo tempo e naturalmente non c'è motivo di entrare lì. La polizia ha portato con sé tutti i fascicoli e il suo computer, non c'è nulla che chiunque avrebbe potuto desiderare di prendere o lasciare lì dentro."

Sherlock annuì a se stesso e si appoggiò all’indietro sulla sedia.

Qualcuno bussò alla porta e un'altra donna entrò portando un vassoio. "Il suo tè, signora... oh." Notò Sherlock e arrossì, spazzandosi una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio. "Mi dispiace, non sapevo che avesse una visita. Vuole che le prenda una seconda tazza?"

Sherlock scosse la testa. "No, grazie. Non ho intenzione di restare a lungo."

"Il signor Holmes sta indagando su cosa è successo al signor Forsythe e suo figlio, Amanda,” spiegò la signora Munkeld alla sua dipendente, i cui occhi si spalancarono.

"Sa già chi l'ha fatto?" gli chiese mentre versava una tazza di tè per il suo capo. Le sue mani tremarono, facendo tintinnare la tazza sul piattino. "Tutti vogliono sapere chi è stato e perché. Abbiamo guardato il notiziario e Carol porta il giornale in ufficio tutti i giorni, ma non ci sono informazioni." Si morse il labbro. "Non pensa che la faranno franca, vero?"

"Non mentre mi occupo io del caso,” disse Sherlock e lanciò alla donna una rapida occhiata. "Lei è stata a lungo con la compagnia, signora...?"

"Conall, Amanda Conall," si presentò lei. "Io lavoro qui da quasi dieci anni.”

“E porta ancora il te,” notò lui.

Lei si strinse nelle spalle. "Non c'è molto da fare nel mio dipartimento in questo momento, la polizia ha portato via tutti i nostri file e computer. Abbiamo dovuto iniziare a costruire interi database nuovi, ma io non ho la testa per tutta questa programmazione. E tutti hanno bisogno di una tazza di tè, a volte. "

Lui annuì. "Quindi direbbe che conosceva bene il signor Forsyth?"

"Il signor Forsythe senior, sì. Era molto gentile, gli piaceva sempre fermarsi a fare due chiacchiere. Era molto impegnato, naturalmente, ma non faceva mai sentire i suoi dipendenti come se stessero perdendo tempo."

" Dal suo tono immagino che non si potesse dire lo stesso di suo figlio?" indagò Sherlock.

La signora Conall esitò. "Be ', nessuno vuole parlare male dei morti, naturalmente..."

"Ma?"

Lanciò un'occhiata a disagio alla signora Munkeld, che le fece cenno di continuare. "Be', era molto... brusco. Penso che fosse lo stress di imparare tutto in modo da poter subentrare una volta che suo padre si fosse ritirato. Sembrava essere peggio in questi ultimi due mesi. L'ho trovato addormentato alla sua scrivania diverse volte e quando si è svegliato è diventato molto secco con me. Penso che fosse imbarazzato.”

"Piuttosto comprensibile, considerando che l'aveva beccato a dormire al lavoro."

"Oh no, signore, non era durante l'orario di lavoro,” disse in fretta lei. "Stavo facendo gli straordinari e fuori era già buio."

Sherlock raccolse queste informazioni con un lento battito di ciglia. Si adattava a ciò che già sapevano sulla vita di Benjamin Forsythe. A quanto pareva, dover nascondere l'esistenza di un bambino piccolo oltre a svolgere un lavoro stressante non aveva giovato ai suoi schemi di sonno. Chiaramente avrebbe dovuto provare a prendere un cane, invece. Di certo quello sembrava aver fatto miracoli per la capacità di Sherlock di dormire una notte intera.

Scosse via il pensiero e si mosse per alzarsi.

"Be ', devo andarmene. Grazie per la collaborazione."

La signora Munkeld accantonò con un cenno i suoi ringraziamenti. "Oh, di nulla. Grazie per essere passato e per averci aggiornato."

Sherlock si chiese se si fossero rese conto che in realtà non aveva detto nulla sull'andamento del caso, ma decise di non attirare la loro attenzione sulla cosa. Invece, sfoggiò il suo miglior sorriso fasullo. “È stato un piacere. No, non si alzi, posso trovare la via d'uscita. Arrivederci."

Lasciò l'ufficio con un passo scattante, sentendosi come se l'intero pasticcio stesse finalmente per avere un senso.

Mentre superava la ridicola sicurezza, digitò un breve messaggio di testo a Lestrade e premette invio proprio mentre arrivava l'ascensore. Era ora di risolvere questo caso una volta per tutte.


*****


Sherlock arrivò a casa meno di tre ore dopo la sua partenza, il che, considerando il famigerato traffico londinese, fu un lasso di tempo sorprendentemente breve. Naturalmente tali considerazioni non lo salvarono dall'essere praticamente travolto nel corridoio da John, che si comportava come un cane più di quanto Sherlock avesse mai visto prima, saltando in piedi e cercando, senza successo, di leccargli il collo.

"Smettila, John,” disse, piegandosi un po’ indietro e usando entrambe le mani per respingerlo. "Cosa ti prende? Sono stato via solo da un paio d'ore!"

“È stato giù di morale da quando te ne sei andato," annunciò la signora Hudson dalla porta del suo appartamento, guardando con un sorriso complice sul viso l'eccitazione di John che rimbalzava e scodinzolava. "Sono riuscita a malapena a farlo interessare a una replica di James Bond e sai quanto gli piacciano i suoi film di James Bond.”

Sherlock alzò gli occhi al cielo. "È improbabile che lo dimenticherò."

John si calmò un po’, sembrando leggermente perplesso dalla propria stessa reazione. Sherlock decise di attribuire questo comportamento sorprendente a questa loro prima separazione più lunga in cui John non aveva saputo con precisione dove lui fosse, e anche subito dopo l'attacco al parco la scorsa notte!

Suppose che il livido sul suo viso ora dovesse essere di un colore davvero allarmante. Il fatto che nessuno avesse commentato il suo aspetto durante il suo piccolo viaggio nell'ufficio di Forsythe diceva qualcosa sull'apatia del londinese medio.

"Ti sei comportato bene?” chiese a John, che stava annusando il suo cappotto con un tale interesse da far chiedere a Sherlock quali odori fossero rimasti intrappolati nel tessuto. Se solo avesse avuto un naso così! Le cose che avrebbe potuto essere in grado di dedurre allora. Lascia perdere i profumi, probabilmente sarebbe in grado di selezionarli separatamente ed elencare i loro ingredienti in ordine di quantità inclusa nel processo di produzione.

"Quando tornerai ad essere umano, dovrai dirmi precisamente quanto sei stato in grado di annusare,” gli disse. "Voglio i dettagli, John,

John emise un basso brontolio che sembrava rassicurante, anche se Sherlock non riusciva a capire cosa fosse che glielo facesse pensare.

"Perché voi ragazzi non uscite un po’?" suggerì la signora Hudson. "È una bella giornata e sono sicura che un po’ di gioco al parco farebbe del bene a entrambi. E quando tornate possiamo metterti un po' di ghiaccio in faccia, Sherlock caro. Quel livido non ha un bell’aspetto "

Sherlock sospirò. "Bene. John, vai a prendere il guinzaglio e la borsa, sai quale."

John abbaiò e si arrampicò su per le scale, tornando un minuto dopo con entrambi gli oggetti. Dovette fare le scale con maggiore attenzione durante la discesa per evitare di calpestare il guinzaglio o la cinghia della borsa, ma ci riuscì quasi senza sforzo. Sherlock sorrise alla vista.

"Ti sei adattato molto bene, John. Un po’ più di tempo e nessuno crederebbe che tu abbia avuto solo poco più di una settimana per abituarti a questo corpo."

"E spero che nessuno debba mai metterlo in dubbio,” intervenne la signora Hudson. "Perché per quanto mi riguarda, preferirei di gran lunga riavere il nostro John nel corpo a cui appartiene.”

"Lo riavrà," le disse Sherlock, cercando di sembrare il più convincente possibile. Per quanto gli piacesse John il cane, voleva che John l'uomo tornasse. "Avanti, John, andiamo a fare una passeggiata."

Trascorsero due ore a Regent's Park, dove Sherlock lanciò la pallina da tennis finché il braccio non gli fece male e John cadde a terra ai suoi piedi, ansimando pesantemente e rendendo molto chiaro che se Sherlock avesse lanciato di nuovo la palla, sarebbe dannatamente dovuto andare a prenderla lui stesso. Si spostarono alla panchina libera più vicina per riposare e osservare la gente.

"Dico sul serio, sai,” disse Sherlock a John, fissando la grande distesa del prato. "Riprenderai il tuo corpo, anche se dovessi tormentare Mycroft ogni singolo giorno finché non accadrà."

John fece guizzare un orecchio verso di lui e gli diede un colpetto al polpaccio con il naso. Sherlock sorrise. "Potresti defecare sul tappeto nel suo ufficio per farti capire."

La risposta che ottenne fu lo sbuffo e l’ansimo che sapeva avrebbe dovuto essere una risata. Gli mancava la vera risata di John, quella che a volte riusciva a strappargli in momenti particolarmente ridicoli con un'elevata quantità di adrenalina che scorreva attraverso i loro corpi. Era passato troppo tempo dall'ultima volta che l'aveva sentita.

Il telefono gli ronzò in tasca e lui lo tirò fuori per dare un'occhiata allo schermo. "Avanti, allora. Sembra che Lestrade abbia le informazioni che gli ho chiesto. Andiamo allo Yard e risolviamo questo caso."

Si prese un momento per comporre una risposta per Lestrade mentre John scodinzolava prima di alzarsi e stiracchiarsi. Si voltò verso Sherlock con un'espressione di aspettativa sul muso.

"Sono proprio dietro di te." 


 




NdT: Le prenotazioni per le foto di Johnny sono ancora aperte, non siate timide 🤣
   
 
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