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Autore: Nana_13    28/07/2021    0 recensioni
- Terzo capitolo della saga Bloody Castle -
Dopo aver assistito impotenti allo scambio di Cedric e Claire, i nostri protagonisti si ritrovano a dover fare i conti con un epilogo inaspettato.
Ciò che avevano cercato a tutti i costi di evitare si è verificato e ora perdonare sembra impossibile, ogni tentativo di confronto inutile. Ma il tempo per le riflessioni è limitato. Un nuovo viaggio li attende e il suo esito è più incerto che mai. Pronti a scoprire a quale destino andranno incontro?
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10

 

Unica speranza


Nel piccolo salotto di Margaret era sceso il silenzio dopo la fuga di Rachel. Anche Juliet e Cedric per un attimo smisero di intingere i cucchiai nella zuppa, del resto neanche troppo malvolentieri considerato il sapore, e si scambiarono occhiate spaesate con le loro ospiti, non sapendo cosa dire. Per fortuna, Margaret seppe ritrovare in fretta il controllo della situazione. 

“Dovevo aspettarmelo.” disse, sospirando mesta. 

Ayris scostò un lembo della tenda per controllare che Rachel e Mark non si fossero allontanati troppo e li vide poco oltre l’ingresso, appoggiati al recinto delle pecore. “Se lo desideri, posso andare a chiamarli.” si offrì poi.

“Forse sarebbe meglio lasciarle del tempo per riprendersi. Tutte queste novità devono averla parecchio sconvolta.” consigliò invece Juliet, sentendosi in dovere di intervenire in favore dell’amica. Scoprire di essere l’erede di un’intera dinastia e in più anche una strega non era certo un boccone facile da mandare giù. In cuor suo, sperava che Mark riuscisse a tirarla su di morale, alleggerendo almeno un po’ il peso di quelle rivelazioni.

Margaret annuì, fissandosi le mani. “Mi rincresce di essere stata così diretta, ma attendevo questo momento da anni e l’emozione mi ha forzato la mano. Lasciamola stare per il momento.” 

Bastò questo per far allontanare Ayris dalla finestra e indurla a raccogliere le scodelle vuote per riportarle in cucina. Juliet ebbe l’impressione che quella ragazza non muovesse un dito senza il consenso di Margaret e che si astenesse dal manifestare l’antipatia nei loro confronti solo perché c’era lei presente. Comunque, quando le passò davanti per prendere il suo piatto, non poté non notare l’occhiata di traverso che le rivolse.

“Vorrei tanto che Rachel capisca quanto la sua presenza qui sia importante.” aggiunse Margaret riflessiva.

Dean la guardò, alzando incuriosito un sopracciglio. “Importante per cosa?” Quando però la donna non gli rispose, limitandosi a squadrarlo da capo a piedi per l’ennesima volta, decise che era arrivato il momento di chiarire. “Se vi state chiedendo se io sia o meno un vampiro, la risposta è sì.” 

Lei non sembrò stupirsene più di tanto, a conferma che ne avesse il sospetto fin dall’inizio. “Mi piacerebbe conoscere i motivi che ti hanno spinto a tradire Nickolaij e unirti a un gruppo di umani.” replicò in tono neutro. 

“Fantastico, voglio esserci anch’io quando lo farà. Ora potremmo concentrarci sul vero motivo per cui siamo venuti fin qui?” intervenne Cedric spazientito, senza neanche far caso all’occhiataccia di Ayris che lo puniva per essersi rivolto a Margaret in maniera tanto irrispettosa. 

Tuttavia, la donna non se ne mostrò offesa e, aggrottando la fronte, li scrutò ancora uno ad uno. 

“Mentre noi facciamo convenevoli, Claire è ancora in quel posto infernale.” disse a Dean e Juliet, per poi spostarsi su Margaret. “E la colpa è sua.” sentenziò.

“Ced…” tentò di rabbonirlo Juliet, senza successo.

“Cerca di calmarti.” si aggiunse Dean, dandole man forte. “Non è certo dipeso da lei se ora Claire è a Bran…”

Cedric lo fulminò con lo sguardo. “No infatti, quello è dipeso da te.” precisò. “Però non sarebbe mai successo se lei” indicò Margaret, cominciando a infervorarsi. “non avesse deciso di infilare l’anima della sorella morta nel suo corpo! Se non fosse stata identica a Elizabeth, quel maniaco non l’avrebbe mai notata e a quest’ora non saremmo nemmeno qui.”

“Che significa che Claire è a Bran?” Margaret sembrava più interessata a quello che a difendersi dalle accuse di Cedric. 

Juliet si accorse che la domanda fosse rivolta a Dean, ma provvide lei a rispondere. “Nickolaij la tiene prigioniera. A quanto ne sappiamo, voleva usarla per far tornare in vita Elizabeth.”

“Voleva?” ripeté Margaret, continuando a cercare spiegazioni da Dean. “Cosa glielo ha impedito?”

Pur non avendo molta voglia di rievocare l’episodio, lui sospirò paziente e le spiegò in breve cos’era successo, raccontandole dello scambio preteso da Nickolaij e di essersi visto costretto a mordere Claire per evitare il peggio. 

La donna ascoltò fino in fondo senza interromperlo, non mostrandosi neanche troppo impressionata dalla crudeltà di Nickolaij e soffermandosi più che altro sull’ultima parte del racconto. “Certo…” mormorò annuendo, quando Dean le disse della trasformazione. “Così facendo l’hai resa impura, impedendogli di usarla per i suoi scopi. Una mossa davvero astuta, devo complimentarmi con te.”

Consapevole che l’idea non fosse partita da lui e che tutti in quella stanza, a eccezione di Margaret, avessero solo voglia di linciarlo per quello che aveva fatto, Dean preferì esimersi dal ringraziarla.

“Povera ragazza.” mormorò lei, intristendosi. “Mi duole che le sia accaduto tutto questo. Quando ebbi le visioni non avrei mai potuto immaginare che gli eventi avrebbero preso una piega simile. Ad ogni modo, se è vero che Nickolaij amava così tanto mia sorella, rivederla in Claire potrebbe averlo dissuaso dall’ucciderla.”

“Potrebbe…” mugugnò Cedric con aria imbronciata.

“Capisco, è una magra consolazione, ma è l’unica speranza a cui possiamo aggrapparci.”

Nessuno trovò nulla da obiettare, anche se parlare dell’argomento era stato come riaprire una ferita mai del tutto rimarginata e, per evitare di venire sopraffatta dalla tristezza, Juliet provò a cercare risposte alle domande che si poneva da tempo. “C’è una cosa che avrei sempre voluto chiederle, se mai l’avessimo trovata.” esordì. “Lei ha detto di aver messo parti delle anime delle sue sorelle dentro i nostri corpi, ma allora perché Elizabeth è apparsa più volte in sogno a Claire senza mai manifestarsi, mentre io sono diventata Cordelia per settimane e neanche me ne sono accorta? Che differenza c’è tra noi due?” Era da quando si era risvegliata in casa di Laurenne con un inspiegabile vuoto mentale, che tentava invano di ricordare qualcosa di quel periodo, ma niente. Nonostante le avessero raccontato più volte cos’era successo, faceva ancora fatica a metabolizzare il fatto che avesse perso intere settimane della sua vita.

Vide Margaret rimanere alquanto sorpresa dalle sue parole, ciononostante continuò a non guardarla in faccia. Anzi, a un certo punto si alzò addirittura, spostandosi davanti alla finestra e guardando fuori con un’espressione assorta. “Curioso…” mormorò tra sé. “Dimmi di più.”

“Non c’è molto da dire. Ero stata appena ferita da un pugnale avvelenato quando siamo arrivate nel deserto, poi sono svenuta e al risveglio ho scoperto di essere stata un’altra persona per settimane, quando mi sembrava fossero passati solo pochi minuti.”

Margaret allora si concesse un istante di riflessione. “Dunque… Così su due piedi posso solo supporre che sia stato il forte trauma a risvegliare il frammento di anima che risiedeva in te. Il tuo corpo stava per morire e Delia ha voluto proteggerlo, per proteggere anche se stessa, altrimenti sarebbe scomparsa. È alquanto plausibile. Confesso di non aver previsto un simile effetto collaterale, devo ricordarmi di annotarlo nel grimorio.” ragionò, più tra sé che con loro.

“E Claire? Non mi pare che sua sorella l’abbia protetta quando è uscita da lei.” osservò Cedric, punto sul vivo. 

Dopo un attimo di spaesamento nel sapere che anche Elizabeth si era manifestata, Margaret non impiegò troppo tempo a dare una spiegazione logica. “Claire non stava morendo. Il veleno di vampiro che le è stato iniettato non l’avrebbe uccisa, solo cambiata. Quindi il suo corpo ha semplicemente rigettato Elizabeth perché inadatto a contenerla.” 

A Juliet allora sorse un altro dubbio. “Cosa succederà ora che le sue sorelle non sono più dentro di noi? Abbiamo vissuto con loro per anni…” Il suo timore era che, una volta interrotta la simbiosi con Cordelia, per lei la vita non sarebbe stata più la stessa. Aveva paura di cambiare, di scoprirsi diversa rispetto a prima. Anzi, riflettendo forse ci si sentiva già. Da diverso tempo, infatti, sentiva come uno strano senso di vuoto che non riusciva a colmare e pensava fosse dovuto alla perdita di Claire. L’incrinarsi del suo rapporto con Dean, poi, non aveva fatto altro che alimentare quel vuoto. Ora che era lì, però, le era sorto un dubbio. Che tutto ciò avesse a che fare con la scomparsa di Cordelia?

“Mia cara, non c’è nulla che non vada in te.” la rassicurò Margaret benevola, quasi le avesse letto nel pensiero. “Ammesso che quel frammento di anima possa in parte aver influenzato le vostre personalità, ora che non c’è più dubito che ne risentirete.”

Dalle sue parole Juliet intuì che non ne sapesse molto più di lei. Inoltre, si ostinava a non guardarla e temeva che lo facesse perché non voleva mostrarsi insicura.

In quello stesso momento, Mark e Rachel rientrarono in casa e l’attenzione dei presenti si focalizzò nuovamente su di loro. 

“Bene, eccoti.” constatò Margaret sollevata. “Ti sei ripresa?”

Rachel però non ricambiò il sorriso, facendo solo un cenno di assenso con la testa; poi le si avvicinò con aria sicura. “Non voglio mentirti. Non ho ancora accettato l’idea di essere una strega, anzi sono parecchio scettica al riguardo, ma ora il problema è un altro. Dobbiamo sapere se puoi aiutarci a salvare una nostra amica. È prigioniera a Bran e…”

Stava per raccontarle tutto ancora una volta, ma Dean si mise in mezzo. “Sì, questo lo sa già. Ne stavamo discutendo poco fa.” la informò.

“Salvarla?” domandò Margaret con aria un po’ sorpresa. “Sono spiacente, ma dubito che sia possibile. Non senza prima eliminare Nickolaij. Finché vive, non vi permetterà mai di portarla via.” 

“Se una strega del vostro livello non ci è riuscita secoli fa con un pugnale incantato, come possiamo sperare di riuscire noi nell’impresa?” obiettò Mark pratico. 

Sentirlo parlare dell’argomento la prese in contropiede. “Cosa sapete del pugnale?” chiese, aggrottando la fronte.

“Elizabeth è apparsa in sogno a Claire, mostrandole la notte in cui cercò di uccidere Nickolaij con il suo pugnale. Sperava che la magia al suo interno l’avrebbe ucciso, ma a quanto pare l’incantesimo non ha funzionato…” 

“Ha funzionato benissimo invece.” lo interruppe Margaret, quasi sulla difensiva. 

“Non mi pare, visto che è ancora tra noi.” replicò Cedric. 

“Lo scopo non era ucciderlo. Non subito almeno.”

Dean si accigliò, guardandola confuso. “Che intendete?”

“I membri della mia famiglia e di quella di Nickolaij non sono come gli altri.” chiarì lei. “Il sangue che ci scorre nelle vene ha origini antiche, quasi ancestrali. Ciò che può uccidere i vampiri comuni non ha alcun effetto su di noi, grazie all’estrema capacità rigenerativa dei nostri tessuti, perciò l’unico modo per toglierci la vita è trafiggere il nostro cuore con degli speciali paletti.” 

“Elizabeth ci ha detto anche questo.” disse Dean, un po’ seccato dal fatto che con quella donna non si arrivasse mai al sodo. In ogni caso, non lo lasciò trasparire. “Quello che non ci ha detto è cosa li rende speciali. Perchè dovrebbero fare la differenza?”

Margaret spiegò che erano composti da una lega di metallo che si narrava fosse stata incantata dalle streghe per contrastare i primi vampiri, da cui discendevano le casate Danesti e Draculesti. La loro peculiarità consisteva nell’impedire che le ferite si rimarginassero.

-Perfetto. Proprio quello che fa al caso nostro- pensò lui. “In effetti, un altro motivo che ci ha spinto a cercarvi era la speranza che voi foste in possesso di uno di questi paletti.” confessò infine. 

La delusione e lo sconcerto salirono alle stelle quando Margaret raccontò di averne trovato uno tempo prima dell’arrivo di Nickolaij, ma le era stato sottratto da qualcuno da cui si sarebbe aspettata lealtà…

 

L’alba stava per sorgere sul castello di Bran, ultima gloriosa dimora dei Danesti e simbolo del loro potere ormai decaduto. L’invasione era arrivata senza avvisaglie, come una pugnalata nella schiena a tradimento, spezzando bruscamente il silenzio della notte. 

“Lunga vita ai Draculesti!” aveva sentito esclamare Margaret dalla biblioteca, un istante prima che un intero esercito facesse irruzione nel cortile principale. Erano talmente numerosi da soppiantare le poche guardie a difesa dell’entrata. In mezzo a loro, aveva visto sventolare uno stendardo nero su cui era dipinto in rosso un drago rampante che sputava fiamme dalle narici e in pochi istanti era apparso subito chiaro che stava accadendo di nuovo quello che per anni aveva solo sentito raccontare: il ritorno dei peggiori nemici che la famiglia avesse mai combattuto. La causa della morte dei suoi genitori. 

Dopo aver appreso dell’assassinio del principe suo zio, si era ritrovata a dover prendere in mano le redini del comando, ma la situazione era precipitata ancor prima che potesse riorganizzare le difese e ora percorreva di corsa il cortile del castello disseminato di cadaveri. Ne riconobbe molti tra cortigiani e servitori, eppure si sforzò di guardare oltre, per non lasciarsi sopraffare dalla disperazione. 

“Meg!” si sentì chiamare d’un tratto, prima di vedere Cordelia sbucare da un lato del portico, il volto sconvolto dalla paura. Aveva i capelli sciolti e ancora in abito da camera, segno che avesse avuto a malapena il tempo di coprirsi con una vestaglia.

In pochi passi la raggiunse, cercando la sua mano in un gesto istintivo e trascinandola poi con sé dentro un vecchio ripostiglio, dove si conservavano i sacchi di farina. Lì per fortuna non era ancora arrivato nessuno.

“Meg, che succede? Ero nella mia stanza e all’improvviso ho sentito delle grida…” 

In pieno panico, iniziò a sommergerla con un fiume di parole e domande, a cui però non c’era tempo di rispondere se volevano salvarsi. Così Margaret la afferrò per le spalle, spingendola a guardarla negli occhi. “Ascoltami, i Draculesti hanno preso il castello. Dobbiamo andarcene da qui e in fretta.” Cercò per quanto possibile di mantenere un tono fermo, per non agitarla ulteriormente.

Cordelia la fissò spaesata. “Cosa? Ma com’è possibil…” Il frastuono all’esterno la fece trasalire, mozzando la frase a metà. Subito dopo sentirono delle urla strozzate e un forte tonfo fece tremare la porta di legno del ripostiglio. 

A quel punto, Margaret tornò a guardare la sorella. “Non c’è tempo per le spiegazioni. Ora devi fare ciò che ti dico.” le impose. “Appena saremo fuori, corri alle stalle e prendi il primo cavallo che riesci a trovare. Poi dirigiti nella foresta, alla capanna sul fiume. Adrien ci aspetta lì…” 

“E Beth? Era ancora nella sua camera, dobbiamo andare a prenderla, dobbiamo…”

Margaret, però, ci aveva già pensato. La sua prima preoccupazione quando si era accorta dell’invasione era stata la salvezza delle sue sorelle. “Penso io a lei. Tu devi fuggire, non puoi restare qui…”

Lei stessa venne interrotta da forti colpi alla porta, che qualcuno stava cercando di sfondare. 

“Meg…” mormorò ancora una volta Cordelia tremante, cercando rassicurazione negli occhi della sorella maggiore. 

“Stai dietro di me.” le disse, avvicinandosi all’uscita con fare sicuro, mentre intanto i colpi aumentavano d’intensità. La sola cosa che le separava dagli aggressori era quella porta e presto avrebbe ceduto, così Margaret pensò fosse il caso di accelerare. Tanto per loro non esistevano altre vie di fuga. Sollevato il braccio, chiuse gli occhi e si concentrò sull’obiettivo. Pochi attimi e con un forte strappo il legno si sradicò dai cardini, abbattendosi su chi si trovava dall’altra parte. Sapeva di avere solo qualche secondo di vantaggio, così prese Cordelia per mano e si fiondò fuori, scagliando sfere di fuoco contro chi si metteva sul loro cammino. 

“La strega!” esclamò qualcuno. “Fermate la strega!”

“È il momento, vai!” gridò alla sorella, approfittando dell’istante di panico che si era creato tra i nemici alla vista dei suoi poteri. 

Malgrado non volesse lasciarla, lei obbedì e tra le lacrime le rivolse un ultimo sguardo disperato, prima di voltarle le spalle e correre via, coperta dai colpi inferti da Margaret. 

Ora doveva raggiungere le scale a tutti i costi e arrivare da Elizabeth, ma era più facile e dirsi che a farsi. I nemici erano molti e più ne abbatteva più sembravano sbucare da ogni parte. Combatté a lungo, fino a farsi piazza pulita intorno. Quindi, sfinita, si appoggiò di schiena a una delle colonne del portico e, quando udì un rumore di zoccoli sul selciato, rivolse lo sguardo al portone principale. Un cavallo nero con sopra Cordelia cavalcava in quella direzione, verso la salvezza.

-Ce l’ha fatta- pensò, sentendo rinascere la speranza. Tuttavia, di lì a poco si accorse di aver cantato vittoria troppo presto. Il cavallo infatti non riuscì nemmeno a raggiungere l’uscita, perché venne circondato da ogni lato. Per lo spavento l’animale si impennò, nitrendo e scalciando per farsi strada, con Cordelia che cercava invano di controllarlo. Tutto avvenne tanto rapidamente che Margaret non poté fare nulla per impedirlo. Vide la sorella venire trascinata giù dalla cavalcatura e immobilizzata, mentre qualcuno che in un primo momento non aveva notato tra la folla degli assalitori si faceva avanti, distinguendosi tra gli altri. Margaret ebbe giusto il tempo di riconoscere lui e l’arma che aveva in mano; poi Byron si avventò contro Cordelia, piantandole il paletto nel cuore e ponendo fine alla sua vita.

Lo sgomento fu tale che a Margaret non riuscì nemmeno di gridare, anche se dentro il dolore esplose improvviso e incontenibile. Il peggio però fu che non poteva permettersi di indugiare. Se avessero catturato anche lei sarebbe stata la fine per Elizabeth. Così, facendo uno sforzo titanico per contenere la disperazione, si diresse di corsa verso le scale, scatenando con violenza i suoi poteri contro chiunque provasse a fermarla. 

Giunta al terzo piano, non perse tempo. Con il cuore in gola raggiunse la porta della stanza di Elizabeth e provò ad aprirla, ma si accorse che era sprangata. Allora bussò forte, chiamando la sorella. “Beth! Beth, sono io!” –Ti prego, fa che stia bene- si diceva nel frattempo.

A quel punto, sentì trafficare dall’altra parte e, quando infine la porta si aprì, tirò un sospiro di sollievo. “Grazie al cielo…” mormorò, coinvolgendola subito in un abbraccio.

Lei ricambiò a malapena, ma Margaret non ci fece caso. “Beth, Delia è morta. Ho visto Byron ucciderla, ci ha traditi tutti…” le disse, non riuscendo più a trattenere le lacrime.

Lei la fissò stralunata. Era evidente che non si capacitasse della morte della sorella. 

“È accaduto proprio quello che temevo. Lui è l’artefice di tutto. Ci ha ingannato, Beth. Ha chiesto protezione a nostro zio e poi gli si è rivoltato contro…”

“Ma di cosa stai parlando?” le domandò, lanciandole un’occhiata accusatrice.

Margaret ne rimase spiazzata. Possibile che non capisse? “Nickolaij.” replicò allora. “Per tutto questo tempo ha tramato nell’ombra per rovesciare la nostra famiglia. È lui l’ultimo discendente dei Draculesti, l’erede dell’Impalatore…”

“Adesso basta!” tuonò Elizabeth, spingendola via da sé. “Sei talmente ossessionata da questa storia da lanciare accuse infamanti su di lui senza averne le prove!”

Incredula per la cecità che ancora una volta sua sorella stava dimostrando, nonostante l’evidenza dei fatti, Margaret sentì montare la rabbia. “Come puoi parlare così? Cordelia è morta, nostro zio è morto! E c’è Nickolaij dietro a tutto questo!”

“Non puoi esserne certa! Non l’hai visto di persona!” ribatté lei con altrettanta foga. “La verità è che lo hai sempre odiato e ora stai cercando per l’ennesima volta di infangare il suo nome!”

Margaret rimase a fissarla allibita. “Mia povera sorella, tu hai perso il senno.” mormorò, scuotendo la testa.

Elizabeth però non sembrò neanche ascoltarla. “Devo andare da lui.” mormorò a se stessa. “Devo trovarlo.” E fece per varcare la soglia, ma Margaret prontamente si mise in mezzo. Avrebbe fatto di tutto per impedirglielo, anche stordirla con i suoi poteri e portarla via di peso se necessario.

“Lasciami passare.” protestò Elizabeth tra i denti.

D’un tratto, però, una voce lungo il corridoio attirò la loro attenzione, ponendo un freno allo scontro. “Non possono essere andate lontano, cercate dappertutto.” 

Era Byron. Margaret lo avrebbe riconosciuto a chilometri di distanza. Senza pensarci due volte, afferrò la sorella per un braccio, trascinandola nell’anticamera. “Non fiatare e resta nascosta finché non torno, siamo intesi?” le impose; poi, senza preoccuparsi della risposta, le chiuse la porta in faccia, rimanendo sola nella stanza. 

Intanto i passi nel corridoio si facevano più vicini, segnando l’arrivo imminente di Byron e dei suoi compari, che poco dopo infatti comparvero sulla soglia. 

Alla vista della cugina, le sue labbra sottili si piegarono in un ghigno compiaciuto, a cui Margaret si guardò bene dal rispondere, mantenendosi fiera e sicura di sé. 

“Dunque eccoti qua.” constatò Byron. 

“Mi hai trovata, ti faccio i miei complimenti.” 

Lui capì subito che lo stava sbeffeggiando, ma non le diede la soddisfazione di vederlo risentito. “E dov’è la cara cugina Beth?” chiese in tono serafico, scrutando nella stanza per individuare possibili nascondigli.

Margaret evitò l’argomento. “Cosa ti ha promesso Nickolaij perché tu accettassi di tradire la tua famiglia? Denaro? Potere? Considerazione?” ironizzò malevola. 

“Certo, continua pure.” ribatté lui, fingendo divertimento. “Sono solo gli ultimi disperati tentativi di una povera derelitta per mostrarsi superiore al resto del mondo. Come hai sempre fatto, d’altronde. La differenza è che tra pochi istanti smetterai di vivere, quindi perché mai dovrei sentirmi toccato dai tuoi insulti?” Detto ciò, il suo sguardo si posò sulla porta dell’anticamera e Margaret capì cosa avesse in mente. Subito dopo, infatti, con un cenno del mento la indicò ai suoi e due di loro fecero per andare ad aprirla. 

Con prontezza di riflessi lei sollevò la mano e di colpo quelli si bloccarono, come se una forza invisibile impedisse loro ogni movimento. Dopodiché contrasse le dita e la stessa energia si compresse sui corpi dei malcapitati, che iniziarono a gemere e a lamentarsi per il dolore.

“Non lasciatevi spaventare dai suoi incantesimi!” li redarguì Byron, vedendo gli altri al suo fianco irrigidirsi di fronte alla scena.

Senza degnare di uno sguardo le sue vittime, Margaret riservò la sua attenzione esclusivamente al cugino, inchiodandolo con un’occhiata carica dell’odio più profondo e assoluto che avesse mai provato. “Hai ucciso mia sorella…” mormorò, la voce tremante per la rabbia. Di tutti i membri della famiglia, Cordelia era la meno meritevole di una fine tanto crudele e naturalmente quel codardo aveva scelto di scagliarsi contro la più debole e indifesa. Il dolore che provava era tale da cancellare in lei ogni traccia di compassione e con un gesto secco serrò la mano a pugno, riducendo in poltiglia il cuore dei due vampiri, che si afflosciarono a terra senza vita. 

Perfino Byron rimase stupito che fosse arrivata a tanto, prima di riprendersi e ordinare ai rimasti di catturarla. Margaret lottò per impedire loro di avvicinarsi, ma era già stremata dall’uso prolungato della magia e in poco tempo venne immobilizzata e costretta in ginocchio. Gli aggressori le tenevano ferme le braccia in modo che non potesse lanciare incantesimi, mentre il cugino avanzava verso di lei minaccioso. L’occhio le cadde sulla sua mano destra, le dita strette intorno al paletto che le aveva rubato, e le sue intenzioni apparvero subito chiare. Tuttavia, continuò a fronteggiare il suo sguardo con dignità, senza lasciar trapelare il minimo segno di paura. In fondo, sarebbe stata felice di raggiungere Cordelia, ovunque ella fosse, e per un attimo pensò di non opporre alcuna resistenza. Ma ben presto si rese conto del suo egoismo. Cosa sarebbe stato di Adrien, il suo adorato marito, e di suo figlio se fosse morta? Non poteva crescere senza una madre. No, aveva ancora troppo da perdere. 

Fu allora che le venne l’idea. Le sue braccia erano bloccate, ma il fuoco che alimentava il suo potere era dentro di lei, doveva solo evocarlo. Non fu neanche così difficile in realtà, perché la sua furia sarebbe bastata a demolire il castello dalle fondamenta. Pian piano sentì il calore pervaderla fin dalla punta dei capelli, lambendo ossa e muscoli, e infine sprigionandosi all’esterno.

Davanti a sé vide Byron sgranare gli occhi per lo stupore, ma non fece in tempo a realizzare cosa stesse succedendo che lui e gli altri vennero scaraventati dall’altra parte della stanza dalla potenza della sua magia.

Ben presto tutto venne aggredito dalle fiamme e il suo stesso corpo diventò indistinguibile dal resto. Mentre sentiva il fuoco divorarla, rivolse un ultimo pensiero alla sorella, ancora chiusa nell’anticamera e che suo malgrado non era riuscita a proteggere. “Perdonami, Beth.” mormorò in un fil di voce, prima di giurare a se stessa che non avrebbe avuto pace finché la sua famiglia non fosse stata vendicata…

 

“Quindi… si è data fuoco?” ne concluse Mark, visibilmente impressionato.

Per tutta risposta Margaret sogghignò. “Non mi sono data fuoco. Io ero diventata fuoco.” precisò fiera. “È come se il corpo della strega e il suo elemento si fondessero, diventando un tutt'uno. Prima di allora avevo già sentito parlare di questa possibilità, ma si tratta di una magia talmente rara e potente che io stessa non non sono stata più in grado di replicare. Per lo più scaturì dalla disperazione per aver perso ogni cosa.” Il suo sguardo mutò in pochi istanti, facendosi più malinconico, persa com’era in chissà quali terribili ricordi. “Ad ogni modo, da quella notte non ho saputo più nulla del paletto.” disse infine. “È probabile che, vista la sua pericolosità, Nickolaij lo abbia fatto distruggere, così come all’epoca fecero i nostri antenati. Non avrebbe mai rischiato che qualcuno lo usasse contro di lui.”

Dean allora annuì, mostrandosi subito d’accordo. Non c’era alcuna possibilità che Nickolaij avesse conservato l’unica arma in grado di ucciderlo. Sarebbe stata pura follia.

“Meraviglioso. Siamo al punto di partenza.” commentò Cedric, sospirando frustrato. “Quindi visto che la sua magia non funziona e non abbiamo neanche il paletto, non c’è modo di ucciderlo.” L’espressione che si dipinse sul volto di Margaret fu diversa da quella che si aspettavano. Sembrava più compiaciuta che rassegnata, come se dietro di essa si celasse un’altra sorpresa. “Non esattamente.” replicò infatti. “C’è una parte della storia che non vi ho ancora raccontato. Prima di regalare il pugnale a Beth, l’ho incantato con una maledizione molto potente. Forse la più potente che sia mai riuscita a generare. Lei si infuriò a tal punto che credetti lo avrebbe gettato via, invece non è stato così.” Sorrise mesta, ripensando alla sorella. “Per qualche motivo lo ha conservato, forse perché in cuor suo sapeva di potersi fidare del mio giudizio.”

“Una cosa non mi spiego.” esordì Dean, dopo averla ascoltata. “Se con il paletto avrebbe potuto ucciderlo, perché non regalarle quello, invece di incantare apposta un’altra arma?”

“Perché all’epoca nutrivo solo dei sospetti sulla reale identità di Nickolaij, dunque non sarebbe stato prudente uscire allo scoperto con il paletto. Nessuno doveva sapere che ne ero entrata in possesso. E poi io e Beth non andavamo molto d’accordo in quel periodo. Accecata com’era dall’amore, non avrebbe compreso… Senza contare che Nickolaij avrebbe potuto convincerla a consegnarglielo. No, era troppo rischioso. Speravo che prima o poi mia sorella capisse che la stava ingannando e, nell’eventualità che usasse il pugnale, almeno gli avrebbe trasmesso la maledizione, portandolo comunque alla morte.”

“Sì, ma in che modo?” le chiese Mark frustrato. “In cosa consiste la maledizione?”

Margaret lo guardò per un istante, per poi rivolgersi di nuovo a tutti loro. “Nickolaij non può nutrirsi di sangue umano. Non gli fa più nessun effetto. Col tempo questo avrebbe dovuto condurlo a una morte lenta e dolorosa, ma il mio caro cugino deve aver trovato il modo di mantenerlo in vita. Un modo assai efficace, visto che è sopravvissuto per tutti questi anni.” constatò, senza riuscire a nascondere una punta di stizza nella voce. 

A quel punto, però, Rachel era già saltata alla conclusione successiva. “Ecco perché voleva Claire a tutti i costi. Riportando in vita Elizabeth sperava di spezzare la maledizione.”

La donna annuì e subito dopo un barlume di vittoria si accese nei suoi occhi castani. “Ciò che ha tralasciato di considerare è la reale artefice dell’incanto, ossia la sottoscritta. Beth era l’unica Danesti in grado di avvicinarsi a lui, per questo le ho dato il pugnale. Lei lo ha colpito, ma sono stata io a maledirlo.” rivelò trionfante.

“Perciò Claire non c’entrava niente!” proruppe Cedric, il cui sguardo d’accusa saettò immediatamente verso Dean. “Il suo sacrificio è stato inutile!”

“Non mi sembra. Tu sei ancora vivo e forse anche lei.” osservò, senza scomporsi troppo.

“No forse, Claire è viva. So che è così, quindi dacci un taglio.” ribatté Cedric, prima di tornare su Margaret. “Devi aiutarci a salvarla.” disse risoluto, passando direttamente al tu.

Lei comunque non ne sembrò turbata. “L’unico modo è far sì che Nickolaij non possa più nuocere a nessuno.” Margaret provvide subito a spiegarsi meglio. Visto che Byron era riuscito a evitare che morisse di fame, il solo modo per eliminarlo definitivamente era renderlo del tutto simile alle creature che più disprezzava al mondo: gli esseri umani. In questo modo lo avrebbero reso vulnerabile a qualsiasi arma e chiunque avrebbe potuto ucciderlo.

“Farlo diventare umano?” ripeté Dean, non molto convinto di aver sentito bene. La sua mente stentava a concepire anche solo l’idea che ciò potesse essere possibile.

Dall’altra parte Margaret afferrò al volo cosa gli stava passando per la testa senza bisogno che lo esternasse. “Comprendo le tue perplessità, eppure ti assicuro che un sistema esiste. Mi ci sono voluti secoli per scoprirla e perfezionarla, ma oggi posso affermare di essere in possesso della formula con cui creare l’antidoto al vampirismo. Purtroppo però c’è un ostacolo…”

“Perché non mi sorprende?” domandò Cedric sarcastico, venendo puntualmente ignorato.

“Con il passare degli anni e a furia di esperimenti, mi sono resa conto di non poter completare la pozione da sola. Ho bisogno dell’aiuto di un’altra strega.”

Non ci fu alcun bisogno che si rivolgesse a lei, perché Rachel aveva già capito tutto. L’occhiata carica di speranze che Margaret le lanciò servì a confermare ciò che stava pensando. 

“Ora, grazie a te, potrò vedere realizzato il lavoro di una vita.” disse con voce quasi trasognante.

Finalmente erano giunti al nocciolo della questione, il vero motivo per cui quella donna aveva atteso il suo arrivo per tutto quel tempo. Come prevedibile, non si trattava di una semplice riunione di famiglia. La sua presenza lì aveva uno scopo ben preciso. “E quella strega sarei io?” replicò, guardandola come se fosse impazzita. “No, tu non ti rendi conto di quello che dici. È ridicolo, insomma… Come pretendi che io possa riuscire a fare una cosa del genere?”

Il panico nella sua voce era lampante, ma Margaret tentò di rassicurarla. “Te l’ho già spiegato, sento un grande potere scorrere in te e sono certa che imparerai in fretta. Naturalmente dovrai restare qui per qualche tempo e lasciare che io ti insegni…”

“Assolutamente no!” la interruppe Rachel categorica. 

A quel punto, lei rimase a fissarla interdetta. “Come prego?”

“Ho detto di no. Non ho nessuna intenzione di starmene qui a perdere tempo giocando a fare magie, quando la mia migliore amica rischia la vita ogni giorno che passa. Non se ne parla. Se non sei in grado di aiutarci non importa, troveremo da soli il modo di salvare Claire.” 

Quel tono a dir poco impudente provocò un cambiamento visibile nell’atteggiamento della strega, che d’un tratto apparve a dir poco risentita e, quando Rachel le voltò le spalle con l’intento di lasciare la stanza, la sua mano si mosse con una rapidità inaspettata, impedendole la fuga. 

“Che sta facendo? La lasci andare!” esclamò Mark allarmato nel vedere Rachel irrigidirsi. 

Lei però non lo degnò di attenzione. “Stammi bene a sentire, ragazzina.” Serrò la mascella, piena di rabbia. “Ho atteso quasi cinque secoli che ti presentassi qui. Secoli vissuti nella speranza che un giorno io e la mia discendente avremmo combattuto e vinto contro Nickolaij. Questo è stato il mio unico pensiero per tutto questo tempo e ora tu osi rifiutarti? Osi avere la presunzione di riuscire da sola dove io e la mia famiglia abbiamo fallito?” Man mano che parlava il suo tono di voce si faceva sempre più alto, fin quasi a gridare. 

“Zia, ora calmati.” provò a dirle Ayris, stranamente meno agitata di loro, ma il suo intervento non servì a molto.

Nel frattempo, Rachel tentava invano di liberarsi dalla forza che la privava del controllo sul proprio corpo. Non riusciva a muovere un muscolo. 

“Sentiamo, cosa intendi fare per aiutare la tua amica? Sei un’illusa, non avresti alcuna possibilità senza di me.” continuò Margaret, senza accennare a lasciarla e ignorando le proteste generali. 

I suoi poteri erano davvero impressionanti, così come la naturalezza con cui li stava usando, ma Rachel era decisa a non lasciarsi intimorire. “Non puoi costringermi, non sono il tuo burattino!” le sbatté in faccia, mentre avvertiva la rabbia mescolarsi con il bisogno impellente di ribellarsi al suo potere. Lentamente e senza che se ne rendesse conto, le pareti del cottage iniziarono a tremare, seguite dallo scricchiolio sempre più violento dei vetri delle finestre. Poi si sentì pervadere da un’energia mai provata prima, che ben presto fuoriuscì da lei e si irradiò nella stanza, abbattendosi sui presenti.

Margaret e gli altri vennero scaraventati per terra e un attimo dopo fu di nuovo libera, ma le ginocchia le cedettero e finì carponi sul pavimento. Sollevò le mani ancora tremanti e le fissò esterrefatta, incapace di darsi una spiegazione. Le era accaduta una cosa molto simile a quando aveva temuto di morire sbranata dal lupo. Solo che stavolta aveva agito per rabbia anziché per paura. Perché continuava a succederle?

Senza nascondere l’inquietudine sul viso, sollevò lo sguardo su Margaret, che intanto si stava già rialzando e la vide rivolgerle un mezzo ghigno soddisfatto, quasi si compiacesse di ciò che l’aveva appena vista fare. 

“Che cosa mi sta succedendo?” le chiese spaventata in un sussurro. Nel frattempo Mark si era avvicinato per sapere se stava bene, ma non gli diede risposta. Si guardò attorno, vedendo gli altri stesi a terra scombussolati che cercavano di riprendersi. Juliet si teneva una mano sulla tempia mentre si rimetteva a sedere. A una prima occhiata non sembrava si fossero fatti male, ma chissà perché la cosa non la fece sentire meglio.

“Non temere.” la rassicurò Margaret, che sembrava già aver riacquistato la calma. “Sono solo i tuoi poteri. Non sei ancora in grado di dominarli, ma io ti insegnerò a farlo se me lo permetterai.”

Il tono che usò era più accondiscendente di quanto non fosse stato pochi minuti prima, eppure a Rachel non venne l’impulso immediato di affidarsi a lei. Il modo in cui parlava della magia, dei suoi poteri, di ciò che potevano provocare, era troppo rilassato, come se fosse normale ritrovarsi da un giorno all’altro con la capacità di esplodere all’improvviso, rischiando di far male a qualcuno. 

Evidentemente il suo silenzio fu più eloquente delle parole, perché lo sguardo di Margaret si spostò altrove, lasciando intendere di voler rimandare l’argomento. “Beh, ormai si è fatto tardi. Ne riparleremo domani, con più calma.” sentenziò infatti di lì a poco. “Immagino siate stanchi e vogliate riposare. Ayris vi aiuterà a sistemarvi.” 

La ragazza fece un cenno di assenso, prima di salire al piano di sopra per preparare i letti, mentre Margaret tornava di nuovo su Rachel. “Cerca di dormire e di chiarirti le idee. Domattina mi farai sapere cosa hai deciso, ma sappi che non mi arrenderò così facilmente con te.” 

Il tono con cui lo disse era a dir poco glaciale, non c’era traccia della cortesia con cui li aveva accolti, e fu abbastanza chiaro che non avesse preso bene il suo rifiuto. Tuttavia, Rachel non diede segno di cedimento. Non avrebbe permesso a quella donna di decidere della sua vita. Non più almeno. 

Senza aspettare una sua risposta, Margaret si congedò, lasciandoli soli in salotto a metabolizzare quanto era appena successo. Il silenzio durò una manciata di minuti, il tempo sufficiente affinché Rachel avvertisse tutti gli sguardi puntati addosso. Quello di Cedric, in particolare, non lasciava spazio a molte interpretazioni. “Non ne discuterò con te, Cedric. Non adesso.” mise subito in chiaro, prima ancora che aprisse bocca.

“Io credo proprio che dovremmo, invece.” insistette lui. “Perché non vuoi accettare il suo aiuto? È vero, tutto questo casino è partito da lei, ma potrebbe essere la nostra unica speranza di uscirne...”

“Adesso basta, Ced. Hai visto anche tu cosa ha fatto quella donna. Non appena il discorso ha preso una piega che non le piaceva si è scagliata contro di lei senza farsi scrupoli.” intervenne Mark, prendendo le sue difese. Era più che evidente quanto la reazione estrema di Margaret di fronte al suo rifiuto lo avesse turbato. 

“Non la sto giustificando, dico solo che forse è il caso di considerare la sua offerta.” 

A quel punto Dean, che finora non aveva espresso pareri, pensò che fosse arrivato il momento. “Suona strano detto da me, ma Cedric non ha tutti i torti.” 

Colto di sorpresa, lui alzò un sopracciglio e lo guardò basito. “Wow, mi devo preoccupare?” ironizzò.

Dean, però, non gli diede corda. “Immagino che questa storia della strega non deve essere facile da digerire.” disse a Rachel. “Tuttavia, le opzioni sono due: o rimaniamo qui a perdere tempo, come dici tu, ma con una minima speranza di rendere Nickolaij vulnerabile… E salvare Claire.” aggiunse subito dopo, cogliendo l’occhiata di traverso che Juliet gli aveva appena rifilato. “Oppure andiamo diretti a Bran per tentare l’ennesima missione di recupero che con tutta probabilità si concluderà con la nostra morte.” 

Come spesso accadeva, la sua logica si dimostrava inattaccabile e Rachel non aveva argomenti da opporgli. Che la seconda opzione non fosse nemmeno da considerare se ne rendeva perfettamente conto da sé, così come del fatto che non cogliere quell’opportunità avrebbe significato condannare Claire per sempre. Ma c’era dell’altro. Quanto successo poco prima con Margaret l’aveva sconvolta a tal punto che, sebbene all’inizio la pensasse diversamente, ora non era più tanto sicura di potercela fare da sola. E se fosse esplosa di nuovo? Se non fosse riuscita a controllare la rabbia e avesse fatto del male a qualcuno? Questa cosa della magia era del tutto nuova e aveva bisogno di una persona esperta che l’aiutasse a capire come dominare i suoi poteri, altrimenti chissà cos’altro avrebbe potuto combinare. 

“Senti, la vita fa schifo, okay, siamo tutti d’accordo su questo.” sentenziò Cedric, percependo la sua incertezza. “Ma adesso puoi cambiare le cose. Se tu e Margaret riusciste davvero a tirare fuori quella pozione, non solo potremmo togliere di mezzo quello psicopatico e riavere Claire, ma anche riportarla alla normalità. Ci hai pensato? Se fossi in te, almeno ci proverei.”

Nei suoi occhi Rachel vide riaccendersi un bagliore di speranza, di sicuro dettata dal bisogno impellente di aggrapparsi a qualcosa, che però lo rendeva cieco, impedendogli di mettersi nei suoi panni. Non era una decisione da prendere così, su due piedi. 

Vedendola ancora titubante, Juliet si sentì di intervenire. “Ray, ascolta. Capisco che tu sia sconvolta, lo sarei anch’io al tuo posto.” le disse comprensiva. “Però devo dare ragione a Cedric, vale la pena provarci.” Non voleva dare l’impressione di pressarla, ma la realtà dei fatti era che non avevano alternative. 

Tutto a un tratto, Rachel si sentì schiacciata dalle troppe informazioni che le vorticavano nella testa, tanto da aver bisogno di cercare conferme negli occhi di Mark, che non aveva più proferito parola.

Lui lo intuì e, incrociando le braccia, sospirò rassegnato. “Non lo so… Questa storia non mi piace. Margaret non mi piace. Prima avrebbe potuto farti del male e sembrava come se non le importasse.” Poi ci rifletté un istante. “A parte questo, non penso di avere il diritto di decidere al tuo posto, Ray. Nessuno di noi ce l’ha. Spetta solo a te capire cosa fare.” concluse.

Consapevole di ciò, Rachel non poté fare altro che annuire. 

“Forse è meglio dormirci un po’ su.” suggerì Juliet poco dopo. Ormai si sentiva addosso tutta la stanchezza di quella giornata così lunga e impegnativa. “Domani, a mente fresca, sarà più facile ragionare.”

Fece appena in tempo a dirlo, che Ayris tornò dal piano di sopra, informandoli di averli sistemati nella stanza di fronte a quella di Margaret. “Per quattro persone dovrebbe andar bene.” disse, per poi rivolgere un’occhiata eloquente a Dean, che capì al volo.

“Per me non c’è problema.” la rassicurò. Per quel paio d’ore scarse a notte che gli servivano, il divano o una poltrona sarebbero stati più che sufficienti.

 
   
 
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