Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Ray Wings    31/07/2021    0 recensioni
Il boato che sfondava le sue finestre, il tremore della terra che la faceva cadere dalle scale, le urla di sua madre mentre correva a prenderla. Per le strade era il caos, riuscire a correre in mezzo alla folla senza separarsi era quasi impossibile. Poi quel pupazzo, stretto tra le mani di sua sorella Rose, che saltava via. Scivolato a terra. Lei era stupidamente tornata indietro per riprenderlo, e allora l'aveva visto... imponente, massiccio, corazzato. Il gigante correva, distruggendo tutto ciò che incontrava, puntando dritto al Wall Maria, puntando dritto a lei, immobile. Paralizzata. Aveva ascoltato il suo ruggito un istante prima che venisse schiacciata... ma non lo faceva mai. Non in quell'incubo. Lei puntualmente si svegliava un istante prima di morire, madida di sudore, tremante come una foglia.
«Bea...».
«Mikasa... scusami, ti ho svegliata».
«Hai di nuovo sognato Shiganshina?»
«Era da un po' che non lo facevo».
«Reiner ti sta stancando troppo con questa storia degli allenamenti extra. Domani gli parlerò, deve lasciarti in pace».
Già, Reiner ci teneva così tanto che lei diventasse più forte... chissà perché l'aveva presa così a cuore.
ALLERTA SPOILER PER CHI NON HA LETTO IL MANGA! Io ho avvertito :P
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eren Jaeger, Jean Kirshtein, Mikasa Ackerman, Nuovo personaggio, Reiner Braun
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Poche volte uscivano dall'accademia e quando accadeva era sempre una grande emozione. Il solo potersi mostrare in giro con addosso la divisa delle reclute era fonte di orgoglio, passando in mezzo alla gente erano in molti a puntar loro gli occhi addosso, con venerazione e curiosità. Per quel giorno e il successivo Trost li avrebbe ospitati e avrebbe fatto loro da campo di battaglia, per permettere di svolgere il loro esame su un terreno che non fosse sempre una foresta. Avrebbero dovuto usare le loro conoscenze tecniche e capacità militari in piena città, con una finta evacuazione in corso, così da valutare le loro capacità sul campo. Una simulazione, a cui persino il corpo di Guarnigione si sarebbe unito per dare loro supporto. Sarebbe servito da esercitazione alla popolazione in caso di vero attacco da parte dei giganti, come in passato, e ai cadetti per verificare le conoscenze apprese fino a quel momento. Vennero divisi in gruppi, vennero affidate loro varie zone da difendere e vennero infine installati cartonati di giganti da attaccare e a cui recidere le nuche. Avrebbe fatto numero la quantità di giganti abbattuti ma anche la loro capacità di collaborazione, la tecnica, la capacità di eseguire gli ordini e l'attenzione nell'insieme. Era un esame di una consistenza massiccia, ma era l'esame di fine secondo anno, era giusto che fosse così. La Guarnigione iniziò la finta evacuazione, gli istruttori iniziarono a innalzare i cartonati e i cadetti si prepararono sui tetti, pronti a entrare in azione.
«Fanno le cose in grande» commentò Beatris, guardando un gruppo di persone correre verso il Wall Rose, seguendo le istruzioni di evacuazione di alcuni soldati della guarnigione.
«È da apprezzare l'impegno, non badano a trattenersi per addestrarci» commentò Armin.
«Ehy, Jean!» chiamò Marco. «Casa tua non era da queste parti?»
«Davvero vivi qui?» chiese Beatris, curiosa.
«Perché non sei andato a trovare tua madre?» insisté Marco e l'unica cosa che fece Jean fu voltarsi, irritato, e urlargli contro: «Chiudete il becco! Abbiamo un esame da fare!»
«Ha ragione» sussurrò Armin, imbarazzato. Si avvicinò a Beatris e  le sorrise amichevole. «Cerchiamo di concentrarci anche noi».
Ma lei sospirò, affranta. «Ci hanno separati sia da Mikasa che da Eren che da Reiner. Sono un po' nervosa. Non so se ce la farò da sola».
«Almeno noi due siamo stati messi insieme, possiamo farcela» provò a incoraggiarla Armin, anche se faticò a nascondere un po' la tristezza di non essere considerato qualcuno a cui affidarsi. Sapeva che la colpa era sua, avrebbe dovuto dimostrare di essere degno di fiducia e non ci riusciva, ma questo genere di cose non facevano che rigirare il coltello nella piaga. 
«Non preoccupatevi» disse Jean, ancora nervoso, ma comunque determinato. «Siete affiancati dal migliore, ce la faremo sicuramente!»
Ma i due amici si lanciarono uno sguardo sconfortato. Jean era sicuramente tra i migliori, ma il suo egocentrismo a volte lo tradiva e vederlo nervoso non aiutava. Non erano certi che non si sarebbe lasciato sopraffare dalle emozioni. Sospirarono, abbattuti.
«Almeno con noi c'è anche Annie» commentò infine Armin e lei li guardò con freddezza prima di dire: «Non aspettatevi che vi faccia da balia come fanno i vostri amichetti. Arrangiatevi da soli».
«Ha ragione!» esclamò Beatris, improvvisamente determinata. «Reiner si è impegnato tantissimo in questi due anni per aiutarmi a migliorare, glielo devo!»
E per quanto Armin non condividesse con lei il senso di dovere che aveva nei confronti degli altri, sapeva che non poteva essere da meno. Aveva un sogno da raggiungere, avrebbe dovuto dare il massimo e credere di più in se stesso. Annuì, perciò, convinto.
«Avete finito di blaterare? Ci siamo!» ringhiò Jean e non appena terminò la frase i capitani diedero infine il via alla prova. 
Saltarono giù dai tetti e iniziarono a volare in giro, usando il loro movimento tridimensionale. Si mossero in squadra e raggiunto il primo svincolo si prepararono a dividersi e setacciare la propria zona, ma Jean li bloccò, urlando: «Seguite me! Andiamo a fronteggiare i giganti nelle retrovie!»
«Eh? Ma quella è zona del gruppo sette!» disse Beatris.
«Il nostro compito era di occuparci della prima linea» disse Armin.
«Non siate così rigidi! Dobbiamo uccidere i giganti, in quella zona ce ne sono molti di più. Il compito di un soldato è abbatterne il più possibile!»
«Tu vuoi solo metterti in mostra» mormorò Annie, per niente convinta, ma per qualche ragione decisero di seguirlo. Non tanto per la fiducia nei suoi confronti, quanto per senso di collaborazione. Erano una squadra, dovevano muoversi da squadra, non avrebbero lasciato Jean da solo. 
«Jean, fai strada! Ti seguiamo!» gli disse Beatris e questo animò Jean di un nuovo fuoco. Abbandonarono la zona a loro assegnata, lasciando i giganti della prima linea al resto dei cadetti, e volarono verso la zona più indietro. Beatris riuscì a darsi il giusto slancio, si spinse un po' più in alto e affinò lo sguardo, cercando oltre i tetti. Con il tempo si era rafforzata e aveva capito che il suo punto di forza non era la prestanza fisica, ma l'agilità. Aveva perso mesi per addestrarsi su quello, imparare a prendere velocità e muoversi correttamente tra gli ostacoli, ormai era diventata decisamente molto capace. Il suo essere spericolata, inoltre, le permetteva di improvvisare manovre folli, ma spesso efficaci. Riusciva così a volare più alto degli altri.
«Avvistamento! A nord-ovest, un isolato da qui» gridò, intercettando il nemico.
«Andiamo!» gridò Jean, deviando all'interno di un vicolo. Venne seguito dal suo gruppo, ma solo pochi secondi dopo Armin, guardandosi attorno, si accorse di una stranezza.
«Dov'è finita Beatris?» mormorò, non vedendola più. 
«Avrà trovato un altro alveare da raccogliere» rispose Annie, stizzita, e lo superò per raggiungere Jean. Arrivarono nella via principale, dove finalmente alla loro destra videro la sagoma di un gigante di cinque metri, ma purtroppo per loro era già stato preso di mira da un'altra squadra. Reiner e Sasha erano già in dirittura di arrivo, il primo dall'alto, la seconda da destra e avrebbero colpito in pochi secondi, sempre prima rispetto a Jean e i due compagni. Ma dalla finestra di una casa a fianco comparve all'improvviso un rampino che costrinse sia Reiner che Sasha a deviare per non essere presi in pieno. Beatris uscì pochi istanti dopo da quella stessa finestra, trascinandosi dietro una tenda ormai lacerata e un paio di vasi di fiori. Sicuramente avrebbero poi chiesto i danni, ma in quel momento la sua priorità era un'altra. Passò davanti a Reiner e Sasha, che la guardavano a bocca aperta per la sorpresa, e in pochissimi istanti tagliò la nuca al gigante che aveva preso di mira. Si fermò sul tetto di fianco, si scosse per togliersi di dosso i resti della tenda che aveva strappato nella foga di usare quella scorciatoia improvvisata e sembrò accorgersi del risultato della sua azione solo in quel momento. Guardò il gigante con la nuca recisa perfettamente e ansimando per la stanchezza alzò le braccia al cielo.
«L'ho preso!!!» gridò euforica. 
«Ma... cosa...?» balbettò Jean, perplesso.
«Beatris... è passata davanti a tutti?» si unì Armin, altrettanto sconvolto dalla novità.
«Quella ragazzetta ha iniziato a fare sul serio» commentò Annie, lievemente sollevata nel constatare che stava smettendo di fare il peso morto e basta.
«Mi... mi hai rubato l'uccisione?!» chiese Reiner a bocca spalancata e Beatris parve accorgersi di lui solo in quel momento. Sussultò, arrossì e in preda al panico disse: «Mi dispiace!»
La reazione di Reiner non fu assolutamente quella aspettata, ma solo perché come al solito a dominarla era sempre e solo il senso di colpa. Aveva pensato che lui si sarebbe arrabbiato, invece Reiner sorrise incendiato improvvisamente di un'eccitazione che non credeva di avergli mai visto in volto. «Così mi piaci, Tris. Fammi mangiare la tua polvere, se ci riesci!» e fece scattare il proprio meccanismo, volando verso un'altra zona della città, pronto a dar la caccia ai giganti. Beatris sussultò e ancora rossa in volto, ora per almeno mille motivi, non esitò a partire all'inseguimento di Reiner, pronta ad accettare la sfida. 
«Ehy! La squadra!» le gridò contro Jean, frustrato nel vedere l'amica tradirlo sul più bello.
«L'hanno presa sul personale» commentò Armin, ridacchiando nervoso. Tutti i buoni propositi erano andati in fumo, avevano abbandonato la formazione, si stavano sgretolando come squadra, stava andando tutto a rotoli. Anche se avessero abbattuto il maggior numero di giganti, quelli erano errori abbastanza gravi da farli cadere tutti in fondo alla classifica dei voti senza nessun tipo di esitazione. Per quanto si fossero impegnato, d'ora in avanti, Armin sapeva che era destinato ad arrivare ultimo anche quella volta.
«Imbecilli» disse Annie, voltandosi. «Non perdiamo tempo, proseguiamo. Cerchiamo di salvare la situazione».
«Che cazzo!» ruggì Jean e fu il primo a partire, riprendendo la loro sfida al maggior numero di giganti abbattuti, seguito da chi gli rimaneva a fianco. 
Reiner tenne d'occhio Beatris dietro di sé per i primi trenta secondi, poi la vide improvvisamente sparire. Si corrucciò, chiedendosi dove fosse finita, e dovette aspettare altri trenta secondi prima di vederla sfiorare il selciato davanti a lui. Tagliando per chissà dove, aumentando l'aerodinamicità con una manovra folle, era riuscita a superarlo, e la vide slanciarsi ora verso l'alto. Arrivò almeno un paio di metri sopra i tetti, la vide guardarsi attorno rapidamente e poi lanciare il rampino verso una direzione precisa. 
"Quando ha imparato ad alzarsi così in alto?" si chiese, sorpreso di vederla così agile nel movimento. Si era esercitata molto, era vero, ma mai aveva dimostrato quelle capacità... che fosse finalmente riuscita a trovare la motivazione giusta? Che avesse iniziato a capire come sfruttare le sue qualità? Era leggera e piccola, era più facile per lei puntare sulla velocità e l'agilità di movimento anziché sulla forza, come aveva sempre fatto. Lui, per quanto si fosse impegnato, con la sua massa non sarebbe mai riuscito a raggiungere quote del genere o passare da anfratti tanto piccoli come le finestre in cui ogni tanto si infilava. Sfruttava al meglio l'ambiente intorno a lei, sembrava aver finalmente cominciato a capire come muoversi. Fu difficile ammetterlo, ma non poté che esserne orgoglioso sentendo di essere parte di quel merito. Diede gas e decise di non farsi battere. Quando la raggiunse la vide abbattere il suo secondo gigante e voltarsi, pronta a raggiungere il terzo esattamente tre metri più avanti. Ma questa volta fu Reiner a volarle incontro, taglierle la strada e rubarle l'uccisione. Nel volare via, soddisfatto, le rivolse uno sguardo compiaciuto. Beatris conosceva Reiner ormai da due anni, ma mai l'aveva visto sorridere con una tale eccitazione. Quel gioco, sempre se poteva chiamarsi così, lo stava infervorando decisamente molto. Mai avrebbe immaginato che un addestramento avrebbe potuto emozionarla tanto. Voleva farlo, voleva continuare a farlo sorridere in quel modo, voleva continuare a sfidarlo, a inseguirlo, perché, diamine, era la cosa più divertente che le fosse mai capitata negli ultimi tempi. Si sentì dentro un fuoco che non credeva fosse nemmeno possibile poter provare. 
E diede gas. 
Si incrociarono in continuazione, provarono più volte a tagliarsi la strada, saltavano e volavano. Sempre più sotto sforzo, sempre più concentrati, sempre più in preda alla foga. E persero il conto delle volte che erano riusciti a rubarsi gli abbattimenti a vicenda, degli sguardi di sfida lanciati e quelli frustrati per essersi fatti sgraffignare l'abbattimento. Passarono ore, talmente presi dalla loro personale sfida che avevano persino dimenticato la ragione per cui erano realmente lì. Neanche si preoccupavano più del mantenimento delle strategie, di intralciare compagni, della formazione o del lavoro di squadra. Ogni tanto era persino possibile sentirli ridere a gran voce, mentre volavano via da un nuovo gigante abbattuto, e lanciarsi insulti, o minacce, o frasi di sfida. Erano come due ragazzini in preda ai giochi e non furono poche le volte che vennero persino ripresi dai loro stessi compagni, vedendoli comparire fuori programma dal nulla e litigare tra loro per raggiungere per primi i giganti. 
Continuarono, talmente presi, che nemmeno si accorsero dello scadere del tempo della prova. O almeno, Reiner non se ne accorse. 
Di fronte all'ennesimo gigante, ormai sapeva che era suo. Aveva già alzato le lame, pronto a recidere la nuca della sua nuova vittima, quando vide Beatris aumentare la velocità e puntare dritto verso di lui. Non contro il gigante, ma contro Reiner stesso. Sgranò gli occhi, colto dal panico, e tirò indietro le lame, dando la schiena alla compagna, terrorizzato all'idea di poterla ferire accidentalmente. Beatris lo colpì in pieno, gli ci si schiantò contro proprio quando ormai erano sopra la nuca del gigante e con un ultimo sforzo riuscì ad abbatterlo al posto di Reiner proprio un istante prima di sentire le campane di fine esame suonare. Lo sentì lanciare un lamento, dolorante per il colpo, ma ciò che avvenne dopo fu anche peggio. I loro cavi si intrecciarono, si incastrarono per via delle traiettorie discordanti, e nello schiantarsi l'uno contro l'altro non fecero che peggiorare la cosa. Persero l'equilibrio dell'attrezzatura, persero il senso dell'orientamento e con un urlo finirono entrambi col cadere a terra. 
«Tris!» urlò Reiner in un misto tra la collera e il terrorizzato. 
Atterrarono con un tonfo sul selciato, un colpo che non li avrebbe lasciati immuni e sicuramente avrebbero dovuto fare un giro in infermeria non appena fossero tornati. L'istinto gli disse di tenere gli occhi aperti e fu una fortuna, perché vide una delle loro lame, volata via dalle mani di Beatris probabilmente, volare dritto verso il suo volto. Non sentì nemmeno il cuore pulsare, si mosse tanto rapidamente che forse aveva fatto prima lui del proprio cuore a battere il suo colpo: si voltò da un lato, afferrò Beatris per le spalle e la trascinò indietro, tirandosela addosso appena in tempo per evitare di essere colpita dalla lama affilata. Una volta appurata la relativa sicurezza in cui si trovavano si accasciò a terra e si concesse di riprendere fiato.
«Sei... impazzita?» ansimò, senza riuscire a muoversi. Non sapeva se era per la stanchezza, la paura, o il dolore che sentiva alle costole per quell'ultimo scontro. Restò steso a terra, a braccia e gambe spalancate, ancora attorcigliato nei cavi che non si erano ritratti del tutto e avvolto dai rampini delle loro attrezzatura e qualche lama volata in giro nello scontro. Sopra il suo petto, anche Beatris sembrava non essere messa meglio. Non si muoveva se non per il profondo respirare, per riuscire a prendere fiato.
«Così... sono arrivata a metà» riuscì a mormorare, dopo qualche secondo.
«Eh?» si corrucciò lui.
«Quando ci alleniamo insieme non riesco mai ad arrivare a metà, rispetto a quello che fai tu» deglutì per inumidire la gola e tirò un altro paio di boccate d'aria. «Se tu fai cinquanta flessioni, io ne faccio sempre meno di venticinque. Non riesco ad arrivare mai nemmeno a metà rispetto a te».
«Quello... era la mia metà?» le chiese, sorpreso. 
Beatris annuì e alzandosi tremolante su un gomito riuscì a guardarlo in volto e sorridergli. «Era il tredicesimo... tu ne hai abbattuti ventisei».
Reiner la guardò sorpreso per qualche istante e pian piano tutta la rabbia per l'imprudenza della manovra che aveva messo in pericolo entrambi svanì, lasciando spazio a divertimento e soprattutto tanto orgoglio. Aveva ragione: era migliorata veramente molto. Ed era anche merito suo. 
«Sei davvero incredibile» ridacchiò, accasciandosi di nuovo a terra per riprendere fiato. 


«Stavate giocando sporco, bastardi?» l'urlo di Jean li raggiunse prima che fossero riusciti a svoltare l'angolo e vederlo. Reiner e Beatris si scambiarono uno sguardo interrogativo e si avvicinarono al gruppo in lite. Jean era in piedi, a pugni stretti, dietro di lui Armin stava cercando di calmarlo, ma niente lo dissuadeva dall'urlare furioso contro Connie e Sasha seduti a terra. 
«Non avete fatto che seguirci e rubarceli a noi!»
«Eri troppo lento, Jean» biascicò Connie, masticando una patata al vapore.
«Giocare sporco? A volte te ne esci con certe sciocchezze, Jean» lo canzonò Sasha, brandendo una seconda patata. «Quando si caccia non ci sono etichette da rispettare».
«Non sciorinarmi sciocchezze sulla caccia, ragazza patata!» la rimproverò Jean.
«Ragazza patata?!» sussultò Sasha. «Pensavo ve lo foste dimenticato!!!» ruggì, prima di alzarsi e urlare contro Jean: «Non darmi nomignoli!»
«Giusto! Chiedile scusa!» ruggì anche Connie, affiancando l'amica.
«E comunque quella zona era sotto la nostra sorveglianza, Jean, siete voi ad aver imbrogliato invadendo la nostra area» si intromise Reiner, ormai vicino abbastanza da poter partecipare. Jean si voltò, sentendo la voce dell'amico, e incrociò così anche lo sguardo con Beatris. «E tu dove diavolo eri sparita?!» urlò, furioso. «Ci hai piantati in asso di punto in bianco per una delle tue solite sciocchezze, come hai fatto con l'alveare!»
«Oh, insomma, basta con questa storia dell'alveare!» sospirò Beatris, abbattuta.
«Adesso calmati, Jean» gli disse Reiner e Connie lo sostenne con: «Sì, calmati! Sei proprio strano oggi, stai urlando contro tutti. Cosa c'è?! Ti manca la mammina?» lo canzonò.
«È così?» chiese Sasha innocentemente e Jean alzò un pugno pronto a colpirla, ma si fermò e la minacciò solamente con uno sterile: «Chiudete quella boccaccia!»
Sasha e Connie reagirono come due animali, si misero in posizione da combattimento e iniziarono a ringhiare come due bestie feroci. Niente di spaventoso però, solo tanto ridicolo.
«Datevi una calmata, ragazzi. Basta» si avvicinò Reiner, pronto a intervenire nel caso avessero iniziato a picchiarsi. «Jean, non arriverai mai alla polizia militare con questo atteggiamento. Controllati».
E questo sembrò dissuadere Jean dal picchiare i due compagni lì seduta stante. Fece un passo indietro, ma continuò a fulminarli, furioso. «La prossima volta vedremo chi abbatterà più bersagli!»
«Potete fare una sfida come abbiamo fatto io e Reiner» squittì Beatris, allegra. «È stato divertente, vero?» e si voltò a sorridere al compagno, ancora divertita da quella specie di gioco e follia che avevano fatto poco prima. Era stato da incoscienti giocarsi un esame per una cosa come quella, ma non gli era importato. Lei aveva raggiunto il suo obiettivo di arrivare a metà di Reiner e si era impegnata come mai prima d'ora, dei voti poi se ne sarebbero preoccupati. Reiner esitò per un istante, pensieroso: non poté far a meno di riflettere su quella semplice frase. Era stato divertente. Lo era stato davvero! Da quant'era che non faceva qualcosa di divertente? In vita sua, anzi, aveva mai avuto momenti in cui divertirsi? Era incredibile, al limite dell'assurdo, che iniziasse a provare tutto quello proprio in un posto come Paradis. Mai ci avrebbe creduto, ma quel soggiorno che doveva essere una semplice missione sotto copertura gli stava lasciando molto più del previsto. Non era buono, non lo era affatto, ma non poteva negare che sì, si era davvero divertito. E avrebbe voluto rifarlo altre cento volte.
«Sì» sorrise finalmente in risposta. «È vero».
«Era un esame, non un gioco!» ruggì ancora Jean, furioso. 
«Esattamente» la voce del comandante Pixis attirò la loro attenzione. Seguito da alcuni suoi sottoposti si stava avvicinando a loro, rigido nella sua ferrea posizione da comandante, ma con lo sguardo inebetito e il volto arrossato. Sembrava ubriaco, ma non erano certi che fosse così. «Non approvo che certe controversie vengano risolte durante un addestramento ufficiale».
Reiner e Beatris si irrigidirono e cominciarono a sudare freddo. Forse il loro piccolo gioco non era poi passato tanto in sordina, forse era stato decisamente più grave del previsto. Ma lo sguardo di Pixis si posò su Jean e continuò: «Ma il vostro spirito combattivo è veramente lodevole, sono deciso ad assecondarlo» e già solo questo cominciò a sollevare una serie di primi dubbi in proposito. Pixis si sfilò una fiaschetta da sotto la giacca e bevette un sorso, prima di riporla nuovamente. 
«Ma è ubriaco?» sussurrò Beatris verso Reiner e questo l'ammonì con un rapido: «Sh!».
«Vi sfiderete in cucina» decretò il comandante, lasciando che il gelo calasse tra le persone presenti.
«Eh?» sussultò Jean, chiedendosi se non avesse capito male. 
«Una gara di cucina!» ripeté Pixis e Sasha si illuminò: «Cucinare?!»
«Davvero insegnano anche queste cose in accademia?» mormorò Beatris, voltandosi nuovamente verso Reiner che rispose con un perplesso e imbarazzato: «Non credo fosse previsto dal programma».
«Così è deciso! Stasera della cena vi occuperete voi, sarà una gara all'ultima pietanza!»
Jean fece un passo avanti. «Con tutto il rispetto, comandante, ma...» ma si interruppe quando Sasha gli si mise davanti e gli puntò contro la propria patata al vapore: «Jean! Ti insegnerò l'arte culinaria, vedrai di cosa sono capace!»
«Scommetto che a casa cucinava sempre tua madre!» rise Connie, schernendolo.
Jean puntò lo sguardo furioso prima a Connie, poi a Sasha. La ragazza masticava la sua patata al vapore con lo sguardo di chi stava progettando di uccidere qualcuno, era agguerritissima e certo Jean non si sarebbe tirato indietro. Non per così poco.
«Va bene! Chiedetemi quello che volete, cucinare o pulire, farò qualsiasi cosa e se vinco non mi intralcerete mai più!»
«Dovrei organizzare un nuovo giro di scommesse» ridacchiò Beatris tra sé e sé, divertita all'idea di vedere un'altra sfida tra compagni. Aveva usato un tono di voce sufficientemente basso, ma incredibilmente Jean riuscì comunque a sentirla e si voltò di colpo, puntandole un dito contro: «Tu verrai con me e Armin!» le gridò contro.
«Eh?!» sussultò lei.
«Io?» mormorò Armin, indicandosi spaventato. Perché avevano dovuto coinvolgerlo?
«Non azzardarti a tradirmi mai più, è chiaro?!» la rimproverò Jean. 
«Tradirti?» balbettò Beatris, non riuscendo a capire cosa avesse fatto di sbagliato. Ma il fatto che qualcuno fosse arrabbiato con lei la metteva a disagio e la faceva quasi sembrare un cagnolino intimorito. «È chiaro?!» gridò Jean più forte e lei, per quanto fosse stupido, reagì mettendosi in posizione di saluto e gridò: «Signorsì, Signore!»
«Non devi trattarlo come un superiore solo perché ha alzato un po' la voce, Tris» le disse Reiner, cercando di ristabilire un po' il suo pudore, ma Sasha ringhiò immediatamente: «Reiner! Non familiarizzare col nemico!»
«Cosa?!» sussultò Reiner, confuso. Stavano tirando in mezzo anche lui? Perché?!
«Giusto!» strinse i pugni Connie, entusiasta. «Sarà una sfida tre contro tre! Vincerà il cuoco migliore!»
«Devi farti perdonare per quello che ci hai fatto oggi» disse Jean a Beatris che rispose, ancora diligente come un vero soldatino: «Ok!»
«Giochi sporco, Jean, hai imparato come addomesticarla» sospirò Reiner, vedendo abbattuto come bastasse far leva sui sensi di colpa di Beatris e sul suo senso di inferiorità per convincerla a fare quello che volevano.
«Reiner! Allontanati dal nemico, adesso!» ruggì Connie, infervorato come non mai. Reiner sospirò abbattuto, per niente intenzionato a farsi coinvolgere in quella situazione, ma non ebbe tempo di dire niente che Beatris cambiò nuovamente volto. Si girò a guardarlo, gli sorrise allegra e gli disse: «Sarà divertente, dai!»
Un altro gioco, il secondo in una sola giornata, e per quanto non fosse entusiasta all'idea di prendere parte a quella ridicola sfida, l'idea di competere di nuovo con lei, stimolare il suo desiderio di dare il massimo, lo stuzzicava abbastanza. Sospirò di nuovo, alzò gli occhi al cielo e infine si affiancò a Connie. 
«La sfida avrà luogo stasera, allora!» annunciò Pixis, ufficialmente. «Cucinate e portate a tavola il vostro piatto migliore!»


«Jean!» gridò Beatris, alle spalle del compagno. Avevano persino avuto il permesso di sellare i cavalli e portarli fuori città, il comandante Pixis aveva preso la cosa molto seriamente, forse anche troppo. In groppa ad April, Beatris tentò di raggiungere Jean in testa al piccolo gruppo. «Che intenzioni hai? Perché stiamo entrando nella foresta?»
«Da piccolo giocavo in questa foresta, la conosco come le mie tasche» sghignazzò Jean. «Qui nei dintorni c'è un Cinghiale Colossale, se riuscissimo a cacciarlo e servirne la carne la vittoria sarebbe sicuramente nostra».
«Un Cinghiale Colossale!» sussultò Beatris. «Sembra terrificante».
«Non preoccuparti, lo prenderemo sicuramente».
«Ehy, voi!» la voce di Sasha li fece voltare tutti dalla sorpresa. «Non è una bella coincidenza che siamo tutti qui?»
«Voi qui?!» sussultò Jean. 
«Il naso di Sasha ha fiutato la carne di prima qualità in questa zona» spiegò Reiner.
«Non lascerò che la prenda tu! Hya!» gridò Sasha e spronò maggiormente il cavallo, fino a superare il trio. 
«Andiamo, Jean! Questo posto è come casa tua, no?» chiese Armin. «Non possiamo farci battere su questo terreno».
«Ci serve un piano» mormorò Beatris, pensierosa. 
«Ci basterà seguire l'istinto!» disse Jean, sterzando e inoltrandosi nella foresta prima degli altri tre, così da separarsi da loro. Corsero nei boschi a lungo, fino a quando non trovarono un punto dove legare i cavalli così da poter procedere a piedi e seguire meglio le tracce. Jean, a passi pesanti, si guardava intorno e intanto avanzava spedito.
«Dico sul serio, Jean» disse Beatris, raggiungendolo. 
«Zitta, mi farai scappare la preda» l'ammonì lui, sempre più furioso. 
«Non possiamo farcela contro di loro! Reiner è troppo forte, non possiamo batterlo, e Sasha ha un fiuto impeccabile, troverà il cinghiale sicuramente prima di noi, mentre Connie... beh, Connie non so quale qualità abbia, ma riesce lo stesso ad arrivare sempre prima di me!»
«Tutti riescono ad arrivare prima di te, Beatris» le disse Jean, frustrato dal suo animo arrendevole. Forse portarla era stato un errore, gli avrebbe messo i bastoni tra le ruote. 
«Beatris ha ragione» mormorò improvvisamente Armin, facendo scattare Jean. «Armin!» lamentò. «Non ti ci mettere anche tu, basta una pessimista tra noi!»
«Non sono pessimista, sto solo cercando di farti capire che dobbiamo pensare a una strategia!» sbraitò Beatris e Armin annuì. «Esatto! Loro hanno molte più qualità dalla loro parte, ma noi possiamo lo stesso trovare il modo di fregarli. Pensa a Connie! Lui ti supera sempre perché ti segue, aspetta che sia tu a fare il lavoro sporco, e poi ti ruba la preda da sotto al naso. Possiamo usare la stessa strategia, non se lo aspetteranno».
«Non ruberò niente a nessuno, voglio guadagnarmi da solo la mia preda!»
«Ma è innegabile che Sasha abbia un fiuto migliore del nostro, non si tratta di rubare ma di volgere la situazione a nostro favore» e gli occhi di Armin si andarono a posare su Beatris, bruciando di una strana intensità, prima di aggiungere: «E usare le loro debolezze a nostro vantaggio».
«Eh?» sbiancò Beatris, non riuscendo a capire perché adesso guardasse proprio lei. Ma quando si voltò verso Jean vide che anche lui la guardava con uno strano sogghigno sulla faccia. Avevano in mente qualcosa, non sapeva cosa, ma sapeva che avrebbe finito con l'andarci di mezzo lei. Sperava solo che non fosse niente di troppo spaventoso.


Era ormai un'ora che girovagavano senza meta e Reiner aveva assoluta certezza che non avrebbero cavato mai un ragno dal buco, in quella situazione. Sasha aveva ottimo fiuto, ma era anche tanto stupida a volte ed era difficile capire quando potevano fidarsi o meno. La vicinanza di Connie non l'aiutava a essere più seria. Ma, contro ogni previsione, e lasciandolo assurdamente sorpreso, riuscirono a trovare delle prime tracce. Feci, che Connie e Sasha esaminarono anche fin troppo attentamente. «È bella grossa» commentò Connie.
«Ed è fresca. Il cinghiale dev'essere qui da queste parti» disse Sasha, stuzzicando le feci con un bastoncino. 
«Non sarà comunque facile trovarlo, potrebbe essere ovun...» provò a intervenire Reiner, ma Sasha sussurrò, improvvisamente sporta oltre un masso: «Eccolo!»
«Impossibile...» balbettò Reiner, stralunato. Era stato sicuramente solo un grandissimo colpo di fortuna, non poteva essere altrimenti. 
«È davvero enorme» disse Connie, guardandolo mentre stava dormendo. Ed aveva ragione, era il cinghiale più grosso che avesse mai visto in vita sua, grande quasi quanto un titano. Quale follia demoniaca aveva partorito una cosa come quella?! 
«Come pensate di prenderlo?» chiese.
«Gli tirerò una freccia» rispose Sasha, estraendo il suo arco. 
«Non basterà!» sussultò Reiner. «È gigantesco, dobbiamo organizzare un piano d'attacco. Preparare una trappola».
«Siamo armati, andiamo alla carica» disse Connie, voltandosi per parlare con i due compagni. Chiacchiere fatte a bassa voce, ma che bastarono. Il cinghiale si svegliò dal suo sonno e si sollevò, fulminandoli con una tale ferocia che fecero venire per un attimo la pelle d'oca a tutti e tre. Reiner compreso. 
Grugnì e questo sembrò destarli. 
«Sasha! Vai, attacca per prima!» ordinò Reiner, riprendendosi dal panico. 
«Sì!» gridò lei e urlando caricò la prima freccia. Il cinghiale si voltò, scalciò terriccio e sassi e iniziò a scappare. La freccia di Sasha si conficcò nella coscia di questo ma la pelle fu talmente dura e resistente che lui parve non accorgerse nemmeno.
«Inseguiamolo!» gridò Reiner e Connie partì per primo, ruggendo un carico: «Sì!»
Sasha sparò il proprio rampino dell'attrezzatura per il movimento tridimensionale direttamente contro la pelle dell'animale e riuscì così ad appigliarsi a lui. Rimase aggrappata al cinghiale e riuscì a non perderlo. Connie e Reiner le furono dietro, muovendosi sempre con il dispositivo per il movimento tridimensionale, e insieme cominciarono a correre e inseguire il cinghiale per tutta la foresta. 
«Sasha! Non lasciarlo!» gridò Reiner, cercando di restarle dietro. 
«Carneee» gridò questa, in preda ad un'isteria affammata. No, non c'era bisogno di dirglielo, non l'avrebbe mai perso di vista. Era quasi riuscita a raggiungerlo, usando il proprio rampino come corda per avvicinarsi, quando da intorno a loro sbucarono Jean e Armin, sorprendendoli in un'imboscata.
«Grazie, Connie» ridacchiò Jean. «Sapevo che seguirvi sarebbe servito».
«Ehy! Quella è la mia battuta!» ruggì il pelato, furioso nel constatare che Jean aveva alla fine usato la sua stessa strategia per fregarlo. Armin si affiancò a Sasha, ormai aggrappata al pelo dell'animale, e sfilò da dentro la maglia un mazzo di patate dolci.
«Sasha! Guarda qua! Patate deliziose per te» provò a chiamarla, ma niente distreva la ragazza dal suo delirio della carne. «Salsicce, braciole, arrosto» continuava a ripetere come un mantra.
«Non funziona» commentò Armin, preoccupato.
«Piano B! Ora, Bea!» gridò Jean e solo allora Reiner, guardandosi attorno, si rese conto che effettivamente la ragazza mancava all'appello. La vide comparire all'improvviso da in mezzo ai rami, davanti a loro, tagliando loro la strada. Li aveva seguiti forse in parallelo, nascosta tra gli alberi, ed era stata strepitosa nel non farsi scorgere. Come un proiettile volò davanti al cinghiale, con le lame tra le mani, pronta a colpire e lacerare. Ma qualcosa scattò nel suo meccanismo, il rampino si staccò dall'albero e Beatris perse il controllo della propria attrezzatura. Urlando, in preda al terrore, finì nuovamente in mezzo agli alberi dall'altro lato del sentiero. 
«Bea!» gridò Armin, in preda al panico. Sentirono rumore di rami che si spezzavano, alberi che si incrinavano e infine la voce di Beatris che gridava in preda al terrore: «Reiner! Aiuto!»
Non ci fu bisogno di aggiungere altro. Reiner, sentendosi chiamare, lasciò immediatamente perdere il cinghiale e si tuffò in mezzo agli alberi, per andare a cercarla. E non notò perciò il sorriso di Jean, nel vederlo. «Come previsto» sussurrò quest’ultimo, un istante prima di vedere anche Connie venir scalciato via da Armin, distratto da quanto successo a Reiner. 
«Vai, Jean! Prendila, è tua!» gridò Armin, riuscendo a fermare Connie. Non restava che lui, solo contro Sasha, il suo vero nemico, e quell'enorme cinghiale che aveva deciso di fare suo. 
Reiner, alle loro spalle, sparì nel bosco ignaro di quanto appena successo e di essere in realtà caduto in una trappola. Si guardò attorno, atterrò poco dopo, e con il volto pieno di panico chiamò: «Tris!» 
Non riuscì a vederla da nessuna parte e questo non fece che aumentare il suo terrore e il senso di impotenza. Cos'era successo? Beatris finiva sempre nei guai, ma raramente chiamava aiuto esplicitamente, di solito cercava di risolverla da sola o quantomeno essere l'unica vittima, senza coinvolgere nessun altro. Se l'aveva chiamato, allora doveva essere qualcosa di davvero grave.
«Tris!» chiamò ancora, terrorizzato. Sentì un frusciare alle sue spalle, ma si voltò lo stesso troppo tardi. Con un urlo, Beatris gli arrivò addosso, volando appesa alla sua attrezzatura, e lo scaraventò a terra. La ragazza scoppiò a ridere e sollevò il busto, restando seduta a cavalcioni sopra di lui, ormai atterrato.
«Ti ho preso, Reiner!» esclamò, divertita come una bambina.
«Che...» balbettò Reiner, confuso, forse in realtà più agitato per averla seduta a cavalcioni sopra di sé, che per quanto appena successo. Beatris continuò a ridere, divertita, ma senza avere l'intenzione di alzarsi da sopra di lui. «Non avrei mai creduto che il piano di Armin avrebbe funzionato, avrei giurato che mi avresti lasciato perdere e non saresti caduto nella trappola».
«Trappola...» riuscì a realizzarlo solo in quel momento, era stato sciocco, ma la verità era che si era fatto coinvolgere troppo emotivamente in tutta quella storia. Quella giornata piena di emozioni non avevano fatto che farlo vibrare per tutto il tempo come una corda di chitarra ed era stato impossibile per lui ragionare razionalmente. Si era fatto trascinare da quella situazione.
Beatris annuì, allegra. «Io non ci credevo, ma loro hanno insistito. Mi hanno detto di attirarti da una parte, facendoti credere di essere in pericolo, e poi immobilizzarti. Dicevano che ci saresti cascato sicuramente. Assurdo» scoppiò a ridere divertita. «Avevano ragione! Ti ho preso, Reiner!»
Reiner rilassò i muscoli e riuscì pian piano a riemergere dalla sua confusione mentale. Si sentì uno stupido per essere caduto in una trappola così ovvia, ma non se ne rimproverò. Aveva reagito esattamente come i suoi compagni avevano previsto, e sapeva che quella volta, per quanto provasse a negarlo a se stesso, la sua reazione non era stata dettata da niente di calcolato o razionale. L'aveva sentita chiamare aiuto e l'istinto l'aveva portato a scattare nella sua direzione. Aveva anche potuto provare a ingannare se stesso all'inizio dicendo che si era avvicinato a lei perché l'aveva creduta una preda facile, qualcuno che avrebbe potuto usare a suo vantaggio senza problemi, ma negare che le cose col tempo si erano evolute spaventosamente non sarebbe servito a niente. L'aveva appena dimostrato persino a se stesso... lui era corso a salvarla. E forse lo avrebbe fatto ancora. Beatris rideva sopra di lui, divertita da quella situazione, e più lo faceva più Reiner sentiva il desiderio di alzarsi e stringerla tra le braccia. Era come una magia, un sortilegio in cui era caduto, come uno stolto si era lasciato intrappolare con una facilità distruttiva. Forse non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, forse avrebbe tenuto quel segreto per sé, ma Beatris aveva davvero appena catturato e intrappolato tutto ciò che lui possedeva e avrebbe mai potuto possedere. Restò qualche istante a guardarla ammaliato e infine mormorò: «Già. Mi hai proprio preso». E lei non poteva nemmeno immaginare quanto fosse vero.


«Jean» finalmente Beatris riuscì a trovarlo. Era seduto da solo, nel cortile della caserma, in un angolo all'ombra, lontano da qualsiasi tipo di sguardo. Gli si avvicinò, guardandosi attorno curiosa. Era strano per lui isolarsi, nonostante non fosse tra i più popolari del loro corpo cadetti cercava sempre comunque compagnia, anche solo per vantarsi delle sue incredibile doti. «Che fai qui? Non dovremmo andare a cucinare per stasera?»
Jean sospirò, affranto. «Sei sparita per mezz'ora» le disse.
«Mi avete detto di tenere Reiner impegnato, l'ho trattenuto per un po', ma quando siamo tornati sul sentiero non c'eravate più» si giustificò lei. Da quella mattina Jean non faceva che accusarla di ogni cosa, persino di aver eseguito gli ordini che lui stesso le aveva detto. Era davvero intrattabile, cominciava a non sopportarlo più.
«Lo so... lascia stare» sospirò ancora Jean.
«Che significa?! Che sta dicendo?»
«Sasha ha preso il cinghiale» spiegò infine e Beatris sussultò. «Te lo sei fatto rubare da sotto al naso!»
«Già» rispose Jean affranto e questo fece allarmare ancora di più Beatris. Si era arreso? Dov'era finita la sua carica combattiva? Quello non era Jean, cosa gli stava succedendo? «Mi sono fatto fregare dalla ragazza patata, è assurdo. Sono davvero un caso disperato...»
«Non puoi arrenderti!» gridò Beatris e gli si lanciò a fianco, inginocchiandosi vicino a lui. «Non tu!»
Jean alzò gli occhi al cielo «Senti da che pulpito viene la predica».
«Senti...» disse Beatris, e lo guardò severa. «Io davvero non ti sopporto!»
Fu di una sincerità improvvisa e disarmante, tanto che Jean, per quanto potesse immaginarselo, si ritrovò lo stesso a sorprendersene e sentirsi persino un po' ferito. «Ma questo non significa che debba abbandonarti al tuo destino! Perciò adesso smetti di fare lo stronzo e accetta il mio aiuto, chiaro?» e gli porse un fagottino, rettangolare, con un fiocco a chiuderlo. 
«Che razza di incoraggiamento sarebbe questo?» la rimproverò.
«Quello che ti meriti!» gli rispose a tono e spinse il fagottino tra le sue mani, costringendo così a prenderlo. «Te lo ha portato tua madre» gli spiegò infine.
«Che?! È venuta qua?» urlò Jean e la collera tornò a incendiargli gli occhi. «Maledetta, mi deve sempre mettere in imbarazzo! Quella stregaccia...» non finì di insultarla che venne colpito all'istante da uno schiaffo da parte di Beatris. Fece male, ma non tanto quanto la ferita nell'orgoglio. Beatris era tra le più scarse del corpo cadetti, la più debole, e si comportava sempre come una bambina ingenua e timorosa. Mai si sarebbe aspettato un gesto simile da parte sua, mai si sarebbe aspettato che lui, proprio lui, venisse preso a schiaffi da qualcuno di tanto insignificante. 
«Mi hai fatto male!» le urlò contro, una volta che si fu ripreso dallo shock.
«Esattamente come hai fatto tu!» e Jean sentì aprirsi una finestra davanti a lui, tanto improvvisamente che il tonfo delle persiane contro le pareti lo fecero sussultare. Spalancò gli occhi e li puntò in quelli di Beatris. Erano strani, era quasi spaventosa: aveva appena detto che lui l'aveva ferita, eppure non c'era alcuna traccia di dolore al loro interno, né di rabbia. Solo... una strana forza. Come se avesse davanti a sé un'ardua sfida che era ben intenzionata a superare. Non l'aveva mai vista così. Aveva sempre pensato che fosse ridicolo che una persona come Reiner, quasi al suo livello, perdesse tempo dietro ad una nullità come quella, ma iniziò a chiedersi se non fosse stato lui a sbagliarsi... se Reiner non avesse visto qualcosa di completamente diverso, che Jean invece non aveva notato. Beatris era fuoco vivo.
«Jean» gli disse lei, approfittando del mutismo in cui lui sembrava essere caduto. «Io mi sono iscritta all'accademia con l'intenzione di arruolarmi al corpo di ricerca, fin dall'inizio sapevo che non avrei dovuto dare niente di più che la mia vita. Non c'era bisogno di essere forti, di essere decisi, non avevo nessuno obiettivo se non quello di sacrificarmi per la causa. Ed è il motivo che mi spingeva a non provarci nemmeno».
«Ma che stai dicendo? Perché vuoi farti uccidere?» mormorò Jean.
«Ho capito che mi sbagliavo» rispose lei repentina. «Il mio desiderio è quello di proteggere le persone e non posso farlo da morta, questo l'ho capito solo adesso. Reiner mi ha aiutata molto, non credo che sarei mai riuscita a fare niente se lui non si fosse intestardito tanto nel volermi aiutare, nonostante io fossi la persona più rompipalle e problematica del mondo».
«Ma questo cosa...» mormorò Jean, intenzionato a chiederle cosa c'entrasse con lui, ma Beatris lo interruppe e proseguì, puntandogli un dito contro. «Perciò io adesso farò altrettanto!» quasi ruggì. «Mi intestardirò e aiuterò una delle persone più problematiche e rompipalle di questo mondo a cambiare!»
«Eh?!» continuò Jean, non riuscendo a capire se dovesse sentirsi offeso o lusingato. 
«Ascolta» si ammorbidì lei. «Non mi importa se mi farai del male, sono un soldato, sono abituata a farmi male. Ma è importante che tu comunque capisca quando lo fai a qualcuno perché desideri entrare nella polizia militare, e un poliziotto deve essere il primo a capire quando qualcuno ha bisogno di aiuto. Devi imparare a sviluppare un po' di empatia o non riuscirai mai ad arrivare dove desideri arrivare».
«Io sono empatico» disse lui, offeso, e lei accasciò le spalle scoraggiata prima di dirgli sghemba: «Seh, come il gigante corazzato. Ma per favore!»
«Non paragonarmi a quei mostri!» gli disse, offeso, e Beatris d'istinto gli fece una linguaccia: «Brutto gigante sghembo!» 
«Piantala!» abbaiò Jean e Beatris mollò la presa, vinta. Si rilassò, inginocchiata sui talloni, e gli sorrise per qualche secondo, prima di indicare il fagotto che lui teneva ancora tra le mani. «Da quanto tempo non vedi tua madre?»
Inutile. L'argomento madre ancora gli dava sui nervi. E nonostante tutti i buoni propositi, tornò a innervosirsi. «Non lo so e non mi interessa» ringhiò ma all'improvviso si accorse di qualcosa. Ebbe come una sensazione, un piccolo fremito, che lo spinse a guardare nuovamente il sorriso armonioso di Beatris. Era così dolce, da essere quasi innaturale. E si sentì improvvisamente stupido nel non essersene accorto prima... lui non aveva fatto che inveire contro sua madre, infastidito dalla sua presenza, di fronte a una persona che aveva perso la propria nel peggiore dei modi. Eppure, nonostante questo, Beatris non sembrava volerlo rendere partecipe del proprio dolore. Abbassò le spalle, rattristato, e con un po' di imbarazzo disse infine: «Mi dispiace».
Se possibile, il sorriso di Beatris parve allargarsi ancora di più, felice di chissà cosa. 
«Visto?» disse. «Stai già imparando...» e si alzò in piedi, pronta ad allontanarsi.
«Imparando...?» mormorò Jean, non riuscendo a capire subito di cosa parlasse. 
«Mangiati quel pasto, prima che si freddi. Poi vieni in cucina e vediamo di inventarci qualcosa per stasera, mi rifiuto di vederti sconfitto dalla ragazza patata!» e si voltò, come se stesse cercando di fuggire. Jean si stupì di riuscire a comprenderla così a fondo, se ne stupì soprattutto perché in quei due anni che avevano praticamente vissuto assieme non aveva mai nemmeno pensato che ne avesse uno di fondo. L’aveva sempre creduta solo una stupida ingenua. Si sorprese di scoprire solo ora che dietro quella maschera c’era molto di più. Non aveva mai fatto altro che guardare se stesso, mai si era soffermato su chi avesse attorno, soprattutto su chi credeva essere una nullità come lo era lei. E cominciò a comprendere molte cose.
"Empatia" rifletté, capendo solo in quel momento a cosa si riferisse Beatris con la sua ultima frase. Avrebbe dovuto imparare a essere più empatico, anche con sua madre. In fondo, lei non aveva mai fatto altro che volergli un gran bene. 
«Tris» la chiamò. Beatris si fermò e si voltò a guardarlo con una strana espressione sorpresa. «Grazie» disse Jean infine, con un rasserenato sorriso sul volto. Aveva capito, si sentiva già meglio, più completo, meno vuoto. Ora sapeva cosa doveva fare. 
«Prego» gli rispose lei, ma per qualche motivo sembrava esserci qualcosa che non la convinceva. 
«Comincia pure ad andare, ti raggiungo tra poco» le disse, non capendo perché ora lo stesse guardando in quel modo. Beatris annuì e fece per voltarsi di nuovo, per andarsene, ma esitò. «Jean» mormorò infine, titubante. «Non chiamarmi Tris, per favore» disse guardando altrove, rossa in volto, e con un tono di voce che palesemente era imbarazzato.
«Eh?!» sgranò gli occhi lui, non capendo quale problema ci fosse. 
«Bea può andare benissimo!» gli sorrise, ma quel sorriso sembrava più finto di qualsiasi altro sorriso che mai avesse fatto. Era palese e addirittura fastidioso.
«Ma che dici? Reiner ti chiama sempre così, qual è tuo problema, adesso?» chiese Jean, inarcando un sopracciglio per l'incredulità. 
«No, ti sbagli, non mi ha mai chiamata così» disse lei e si voltò dall'altro lato, cercando di non farsi vedere in volto. 
«Bugiarda!» 
«Beh nessuno mi ha mai chiamata Tris in vita mia, mi hanno sempre chiamata tutti Bea, perciò usa Bea anche tu!» gli disse, di nuovo in preda alla furia. Tutti i buoni propositi di andare d'accordo, tutte quelle dolci sensazioni di vicinanza e affetto, erano andate in un fumo in un attimo. «Che problema ti causa, scusa?» aggiunse lei, infastidita.
«Figurati se è un problema! Voglio solo capire che ti è preso, adesso?»
«Non ho assolutamente niente, solo mi infastidisce».
«E allora dillo anche a Reiner, scusa!»
«Oh, insomma! Che ti importa a te di come mi piace farmi chiamare da lui!» e arrossì. Di colpo. Senza preavviso alcuno. Solo perché ormai era troppo tardi per riuscire a rimangiarsi tutto, a riformulare la frase e farla sembrare meno palese di quanto lo fosse in realtà. Sentì il gelo calare nell'intero cortile, ebbe come la sensazione che qualcosa fosse uscita dal suo corpo -magari la sua anima- e fosse sparita così, nel nulla, mentre Jean non faceva che fissarla con sguardo inebetito e occhi spalancati. Ormai consapevole di quale fosse la verità.
«Sei gelosa del nomignolo che ti ha dato?» disse infine, sviscerando così il mistero. Non la vide neppure arrivare, sentì solo il tallone di Beatris colpirlo in piena nuca e sbatterlo a terra con un tonfo. 
«Idiota!!!» la sentì ruggire come un animale, e dopo averlo fisicamente punito con una forza che nemmeno le apparteneva, se ne andò lasciando Jean lì, dolorante col viso schiacciato a terra... ma il fagottino fortunatamente intatto. 


Nda.


Sta follia culinaria non è merito della mia psiche malata, ma si tratta di un OAV che ho preso “in prestito” xD Non ricordo il titolo o il numero, ma è incentrato su Jean e sul suo rapporto con la madre. Era simpatico, volevo approfondire un po’ di cose in serenità, perciò eccolo qua! Sono molti gli elementi usciti fuori da questo, a partire dal rapporto Jean-Tris, che si detestano particolarmente (lui la crede una nullità stupida, lei uno spocchioso antipatico). Ma soprattutto Reiner che comincia ad accettare i suoi sentimenti, ad arrendersi in realtà più che accettare. E quella frase, che come potete intuire, è molto importante visto che è anche il titolo della storia…
Ti ho preso, Reiner” :3
Nel prossimo… ci sarà una svolta importante! Vi aspetto numerosi!


La canzone di oggi è dedicata a Tris, alla sua forza che inizia a emergere, a lei che inizia ad avere i primi successi (e non solo nell’esame, ma anche mostrando il suo vero carisma anche a un antipatico come Jean, fino a scuoterlo un po’). Non è nulla di che, ma essendo un capitolo così leggero e pieno di allegria cercavo qualcosa che facesse da “sottofondo musicale”. Il mood è quello giusto :3
Enjoy!

https://www.youtube.com/watch?v=iZ3JYsc3yyY&ab_channel=LittleRockstar97
   
 
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