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Autore: crazy lion    03/08/2021    1 recensioni
Qualunque sia la loro regione natia, i Pokèmon restano creature buone e
pacifiche, a meno che non si sentano minacciate, com'è quasi accaduto a un
uovo abbandonato dalla sua mamma, allontanatasi all'improvviso. Grazie al
cielo, qualcuno è lì per raccoglierlo e riportarlo al sicuro, così che
abbia una possibilità di schiudersi e sorridere alla vita. In fin dei conti
"happy" significa felice, e no, Happiny non fa certo eccezione.
Disclaimer: i Pokémon non mi appartengono, ma sono proprietà degli autori che li hanno ideati.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Infermiera Joy, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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LA PICCOLA HAPPINY

 
Un'altra giornata stava iniziando nella regione di Arbora e Julie, la capo palestra, si alzò arzilla. Aveva la sensazione che quella  sarebbe stata una bella giornata. Si lavò e vestì, poi prese il suo bastone bianco e uscì. Grazie a Dio l'essere non vedente non le aveva impedito di diventare allenatrice di Pokémon e poi capo palestra, uno dei suoi sogni più grandi.
Andò nel refettorio a fare colazione e lì incontrò Eva, diventata allenatrice di Pokémon a dieci anni. Ora ne aveva diciannove e le due erano amiche da circa tre anni, nonostante adesso Julie ne avesse ventisette. Le due si salutarono, presero dal self service qualcosa da bere e da mangiare e si sedettero.
"Aspetta, ti aiuto" disse Eva, dato che Julie faceva fatica a tenere il bastone con una mano e il latte e la brioche al cioccolato con l'altra. Eva le prese il cibo e glielo appoggiò sul tavolo.
"È davanti a te" le disse.
"Grazie. Ho rischiato di far cadere tutto."
"Figurati, anche a questo servono gli amici. Oggi che farai?"
"Una passeggiata nella foresta, penso. Vieni con me?"
"Grazie ma no, devo allenare i miei Pokémon."
"Io l'ho fatto ieri, oggi li lascio riposare."
"Fai bene, non bisogna sforzarli troppo."
Ma, anche se non li avesse allenati, li avrebbe portati con sé. Una volta tornata nelle sue stanze prese lo zaino nel quale teneva le sfere poké e lo aprì.
"Oggi niente allenamento, ci godremo una passeggiata nella natura."
Ovviamente nessun Pokémon rispose.
La  ragazza uscì e cominciò a camminare. Il bastone la aiutava, ma erano anche i rumori a guidarla. C'erano molti Pokémon ancora selvatici, come il Pikachu che le sfrecciò davanti e che non riuscì a catturare, o il dolcissimo Dratini che le leccò una mano prima di strisciare dalla sua mamma.
"Che carino!" commentò Julie.
Bastava davvero poco per farla sciogliere.
A un certo punto diede un leggero calcio a qualcosa, ma non sembrava un sasso. Si chinò e dapprima sentì solo erba, foglie e aghi di pino, poi un oggetto le capitò fra le mani.
Ma è un uovo! pensò.
Non sapeva di che tipo di Pokémon fosse,, ma era strano che si trovasse lì sul sentiero. Di solito le mamme Pokémon non lasciavano mai i loro cuccioli nemmeno quando erano nelle uova, che nascondevano gelosamente nelle cavità degli alberi. Forse la madre l'aveva abbandonato perché, in qualche modo, aveva sentito che il cucciolo sarebbe stato troppo debole, un po' come facevano gli altri animali con i cuccioli. Si allontanò e tornò da Eva, spiegandole la situazione.
"È possibile che la mamma ritorni fra qualche ora" disse questa.
"È per questo che sono venuta a chiamarti. Tu ci vedi, sai se torna o no, io a meno che non faccia versi non riesco a capirlo. So che stai allenando i tuoi Pokémon, ma verresti con me? Sono preoccupata per quell'uovo."
La ragazza lesse l'agitazione sul volto dell'amica, fece rientrare i Pokémon nelle sfere, si mise in spalla lo zaino e andò con lei. Si nascosero dietro un albero un po' lontano dall'uovo e aspettarono in silenzio e quasi non respirando, ma dopo poche ore non era ancora venuto nessuno.
"Non possiamo lasciarlo qui, potrebbe morire" disse Eva. "Deve stare al caldo."
Lo prese e lo consegnò a Julie, che se lo mise sotto la maglia per trasmettergli un po' di calore con il suo corpo.
"Lo terrò al caldo fino al centro Pokémon" disse. "Spero che servirà a qualcosa."
Attraversarono l'intera foresta per arrivarci. Ci misero una giornata intera, mangiando bacche e funghi trovati nella foresta e sperando ardentemente che il calore del corpo di Julie bastasse a far restare vivo il Pokémon.
"La sento muovere, è ancora viva" disse.
Percepiva dei piccoli movimenti di tanto in tanto, come dei calcetti e sorrise al pensiero.
"Meno male!" esclamò Eva.
Una volta arrivate erano stremate. Entrarono e spiegarono alle infermiere la situazione.
"Dobbiamo incubarlo subito" disse una di loro.
Julie glielo consegnò e la guardò.
"Ne avremo molta cura, glielo promettiamo."
L'infermiera Joy lo mise in una teca di vetro al caldo, con un cuscino sotto per sostenerlo.
"Quanto ci vorrà perché si schiuda?" chiese Eva.
"Sei settimane, quando nascerà ve lo daremo. Ora andate pure a riposare, sarete stanche."
"Esauste," disse Julie, "ma ne è valsa la pena."
"Da dove venite?"
"Da Arbora, abbiamo camminato tutto il giorno."
Scoprirono che lì vicino c'era una piccola locanda. Entrarono e si sedettero e dopo un po' una donna venne loro incontro.
"Buonasera, cosa posso servirvi?"
Julie si era fatta leggere il menu dall'amica.
"Per me uno stufato con patate al forno" disse.
"Anche per me."
"Va bene, e da bere?"
"Acqua naturale non fredda" disse Eva.
"Avete del tè alla pesca?"
"Sì."
"Quello, allora."
"Va bene, arrivo presto."
Portò loro i piatti e le due mangiarono e bevvero con gusto.
"Ci sono camere dove possiamo dormire?"
"Certo, venite."
La donna mostrò loro una camera doppia con un grande letto, un bagno e due comodini e chiese se avrebbero invece voluto optare per due singole. Scelsero la doppia e pagarono i poké che la donna disse loro, dieci a testa.
"È un buon prezzo, non trovi?" chiese Eva.
"Sì, molto basso. Pensavo sarebbe costata di più."
La signora portò loro vestiti puliti, più o meno della loro taglia, si fece dare quelli sporchi da mettere a lavare e chiese loro se avrebbero voluto fare un bagno. Le due, che si erano coperte con un asciugamano perché nude, dissero:
"Lo faremmo volentieri."
La donna portò due catini di legno pieni di acqua calda dalla quale proveniva un buonissimo profumo.
"È acqua di rose" spiegò.
Le due si lavarono e si rilassarono, mentre l'acqua diventava grigia tanto erano sudate e sporche di fango. Una volta fuori si strizzarono i capelli e se li avvolsero intorno a un panno caldo per asciugarli, poi si misero la camicia da notte che la signora aveva dato loro, assieme ad altri vestiti per il giorno successivo, e andarono a letto. Julie avrebbe vouto parlare con Eva dell'uovo e chiederle, secondo lei, come stava, ma era così stanca che crollò quasi subito addormentata. Anche la sua amica dormì un sonno profondo.
Il giorno dopo, quando si svegliarono, il sole era già alto nel cielo.
"Sono le nove" disse Julie.
Aveva un orologio in Braille, la scrittura dei non vedenti, con il quale riusciva a leggere le ore.
Eva si stiracchiò nel letto come una gatta e si alzò. Julie era già in piedi e si stava vestendo. Quando furono pronte, le ragazze scesero.
"Vi offro la colazione" disse loro la signora.
"È troppo generosa, non possiamo accettare" disse Julie.
"Oh, per favore, che sarà mai una colazione offerta? Dai, venite."
Julie si fece guidare da una golosissima Eva. Arrivarono al tavolo con due brioche a testa e due tazze di tè bollente. Ne avevano proprio bisogno, anche se cercavano di non esagerare con i dolci per mantenersi in forma. Dopo colazione ripartirono per Arbora.
Nelle sei settimane seguenti, Julie allenò i suoi Pokémon quasi ogni giorno, un po' perché ne avevano bisogno, un po' perché in questo modo non pensava a quell'uovo tutto solo nell'incubatrice. Era per il suo bene stare là, lo sapeva, ma avrebbe voluto rimanergli accanto. Tuttavia, capiva che non era possibile.
"Julie!"
Eva la stava chiamando. Fece rientrare Eevee nella sfera poké, prese lo zaino con le altre e si diresse dall'amica.
"Che c'è? Stavo allenando Eevee."
"Ho una notizia che ti renderà molto felice! È arrivata questa per te."
Le fece sentire un foglio.
"È una lettera. Vuoi che te la legga?"
Non era in Braille, ma scritta con la scrittura normale, o quella che i non vedenti definivano in nero, quindi Julie non avrebbe potuto capirla senza aiuto.
"Sì,  ti prego, leggi."
"Gentilissima,
sono l'infermiera che si è presa cura del suo Pokémon. Abbiamo chiesto alla sua professoressa chi lei fosse per rintracciarla e mandarle questa missiva per informarla che l'uovo si è schiuso e una piccola Happiny è nata. Può passare a prenderla quando vuole. Stia tranquilla, sta bene.
Cordialmente,
infermiera Joy"
Julie tirò un grido così acuto che spaventò uno stormo di Chirbird che volò via.
"Sei felice, a quanto vedo" disse Eva.
"Certo che lo sono, Ma perché non siamo andate in macchina l'altra volta? Ci avremmo messo meno tempo."
"Hai ragione, da scema non ci ho pensato. Prendo la macchina e andiamo."
Quando giunsero a destinazione ed entrarono nel centro Pokémon, l'infermiera Joy consegnò fra le braccia di Julie l'esserino più carino e dolce che lei avesse mai conosciuto. L'Happiny aveva braccine e gambette corte e quando fu in braccio all'addestratrice chiuse gli occhi ed emise un versetto.
“Ehi!” esclamò la ragazza. “Come sei bella! E che bella vocina che hai.”
Il viaggio di ritorno fu tranquillo, si fermarono solo per far mangiare qualche bacca alla piccola Happiny, che aveva spesso fame. Quando apriva la bocca assomigliava a quella di un pulcino affamato.
"Hai fame, eh, piccolina?" le chiese Julie, accarezzandone il pelo morbido.
Pur non essendo simile a un gatto, la Happiny fece un versetto che assomigliava a quello delle fusa.
"Tra poco saremo a casa."
La catturò nella sfera poké per tenerla più al sicuro dagli scossoni che ogni tanto faceva Eva, visto che la strada era dissestata.
Una volta a casa la fece uscire e le presentò uno a uno i suoi amici. Gli altri Pokémon si comportarono bene con lei, la leccarono o ci giocarono, soprattutto Pichu ed Eevee. Insomma, alla fine, dopo un inizio sfortunato, anche Happiny aveva trovato una famiglia che la amava.
   
 
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