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Autore: Lady_Baskerville    04/08/2021    1 recensioni
«Piantala di comportarti come un bambino, noi ci andremo!»
«Ma perché?!»
«Perché è tuo fratello, Sherlock!»
[...]
Il fattore scatenante delle loro accese discussioni erano sempre dalle cose più sciocche e banali, come su a chi toccasse lavare i piatti o comprare il latte, e comprendevano ogni volta lui che riprendeva Sherlock per il suo essere insensibile ad apparentemente tutto ciò che non comprendesse omicidi e cadaveri, finendo puntualmente con lui che parlava da solo.
Questa volta il colpevole era l’invito all’evento meno atteso dal detective, ovvero il matrimonio dello stesso fratello Mycroft Holmes con l’ispettore Greg Lestrade.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Rosamund Mary Watson, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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«Piantala di comportarti come un bambino, noi ci andremo!»
«Ma perché?!»
«Perché è tuo fratello, Sherlock!»
John si massaggiò le tempie ormai sull’orlo di una crisi di nervi mentre osservava il cocciuto detective voltargli le spalle uscendo dalla cucina. L’ex medico di guerra si prese la testa tra le mani scuotendola in un modo di sconsolazione buttando l’occhio sulla causa dell’ennesimo litigio col marito. L’invito abbandonato sul bancone di legno che fungeva da isola, pareva osservarlo accanto alle tazze della colazione toccata a mala pena. Nonostante il grande amore che provava per lui, erano di più le volte il cui si domandava perché diavolo avesse accettato di sposarlo. Il fattore scatenante delle loro accese discussioni erano sempre dalle cose più sciocche e banali, come su a chi toccasse lavare i piatti o comprare il latte, e comprendevano ogni volta lui che riprendeva Sherlock per il suo essere insensibile ad apparentemente tutto ciò che non comprendesse omicidi e cadaveri, finendo puntualmente con lui che parlava da solo.
Questa volta il colpevole era l’invito all’evento meno atteso dal detective, ovvero il matrimonio dello stesso fratello Mycroft Holmes con l’ispettore Greg Lestrade. Non correva buon sangue tra i due fratelli, sembrava che ogni singola cosa che facessero mandasse di conseguenza sui nervi l’altro e ovviamente, trovandosi costretto tra due fuochi più simili ad incendi, John doveva sorbirsi le lamentele di entrambi. C’era però da dire che il dottore si prendeva quel paio di ore in cui il maggiore egli Holmes lo invitava al Diogenes Club per una tazza di tea per sfogarsi a sua volta e parlare male del marito con chi più di tutti lo avrebbe capito.
Un po’ controvoglia, fece strisciare la sedia sul pavimento raggiungendo l’altro uomo nel salone lì accanto sperando che la sua rabbia si fosse sbollita quel tanto che bastava per avere una conversazione da persone adulte e mature, anche se certe volte gli sembrava di parlare con un bambino di quattro anni disubbidente e iperattivo.
«Tesoro.» Tentò di richiamare il fagotto di coperte ammucchiato sul divano sedendosi sulla poltrona di pelle lì accanto. «Che ti piaccia o no Mycroft fa parte della tua famiglia, e anche della mia da quanto di ho sposato.»
Le coperte non risposero.
«Non vuoi far sentire Greg accettato?»
Ancora nessun fiato. John alzò gli occhi al soffitto cominciando a spazientirsi della cocciutaggine dell’altro.
«È un tuo amico, devi andarci.»
«Io non ho amici.» Disse finalmente pronunciando con disgusto l’ultima parola.
«Mi chiedo davvero come mai.» Sospirò il dottore gettando definitivamente la spugna.
Aveva avuto a che fare con gli orrori della guerra, visto la morte in faccia più e più volte, fattosi trascinare nelle imprese più assurde senza fiatare, ma cercare di fare cambiare idea al detective quando questo si impuntava su qualcosa era pressoché impossibile farlo tornare sui suoi passi. A meno che… Un grande sorriso si fece spazio sul suo viso bruciato dal sole.
«Molto ben, io mi ritiro. Ma non credere di averla vinta così facilmente Sherlock.»
L’uomo finalmente fece fare alla testa riccioluta capolino dal bozzolo di coperte che si era creato intorno, teneva le folte sopracciglia aggrottate, segno che la sua curiosità era stata stuzzicata. John lasciò il comfort della poltrona puntandogli occhi nelle iridi chiare del marito. Lo avrebbe sconfitto colpendolo nel suo punto più debole mettendo in campo l’artiglieria pesante.
«Non vorrai mica…» le palpebre si assottigliarono diventando due pericolose lame di ghiaccio.
«Non mi hai lasciato altra scelta. Vado a chiamare il boss.»
Sherlock sapeva più che bene che con lei non avrebbe saputo resistere e già si vedeva a fare di nuovo lo stupido testimone all’ennesimo matrimonio a cui nemmeno voleva andare.
«No John! Aspetta!» alzandosi di scatto fin con l’inciampare nelle stesse coperte che fino a quel momento lo avevano protetto, rovinando al suolo con un tonfo sordo.
Un angolo delle labbra del biondo scattò verso l’alto. Se lo meritava, e lui non aveva la minima intenzione di aiutarlo a rimettersi in piedi, ma anzi si affacciò alla porta che dava sulle scale per richiamare la sua arma segreta.
«Rosie, tesoro, potresti venire qua un attimo?» Urlò senza staccare per un attimo lo sguardo dall’altro intento a dimenarsi furiosamente nel disperato tentativo di liberarsi.
«Questo è un colpo basso.» Borbottò rabbioso e John lo ignorò.
«Che succede papi?» Chiese la bambina appena varcò la soglia del salotto.
«Di’ all’altro tuo padre che noi tr andremo al matrimonio di tuo zio Mycroft.»
«Lo zio si sposa? Che bello!» Trillò allegra la bambina prendendo a sbattere le mani entusiasta.
«Ma allora voi due vi siete messi d’accordo per punirmi.» Esalò il detective giacendo sconfitto con la schiena sul tappeto ancora avvolto nella sua prigione di tessuto.
«Sì, finalmente chiunque ci sia lassù ha avuto pietà di noi povera anime che hanno la disgrazia di dover avere a che fare con te, e ci ha dato la possibilità di godere delle tue pene.»
Sherlock ebbe l’accortezza di non rispondere alla provocazione.
«Papà per favore ci possiamo andare?» Pregò Rosie facendo sporgere il labbro inferiore, cosa a cui il consulente investigativo non sapeva come dire di no, ma questa volta ne valeva della sua dignità. «Voglio fare da damigella della sposa.»
«Ehm no tesoro, lo zio si sposa col suo fidanzato Greg.» La corresse John cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridere ma senza troppo successo. L’immagine del rotondetto signor Holmes in vestito bianco era tanto divertente quanto disturbante.
«Se ci tenete così tanto, perché non ci andate voi due?
«Ci sarai anche tu Sherlock e fingerai di divertirti.»
«Non ti pare di pretendere troppo adesso? Puoi anche obbligarmi a venire a quel dannato matrimonio, ma di certo non puoi costringermi a fingere pure che sia felice di essere lì.»
«Bene, quindi hai deciso di venire, saggia decisione.»
«Sì che bello! Spargerò i fiori quando entrerà la sposa vero?»
«No! Non era quello che volevo dire!»
«Vado a rispondere all’invito dicendo che parteciperemo con grosso piacere.»
«John ti supplicò.»
Sherlock, liberatosi della camicia di forza in cui era avvolto caracollò malfermamente fino alla cucina tentando di fermare il marito prima che fosse troppo tardi, ma lui aveva ormai richiuse l’invito con sorriso trionfante e le braccia incrociate al petto.
«Ho segnato per il menù di carne per tutti, ti va bene tesoro?»
Sherlock con un gemito di dolore si lasciò abbandonare al suolo, l’unico che lo avesse davvero sostenuto in quella giornata funesta. Pareva sul punto di strapparsi i capelli, ma invece chiuse gli occhi richiudendosi per qualche secondo nel suo palazzo mentale, probabilmente per cercare per i migliaia di cassetti qualcosa in grado di riacquistare la sanità.
«Bene.» Disse alla fine ormai rassegnatosi al suo orribile destino.
Raccolse il suo contegno e con fredda eleganza tornò a sedersi al tavolo della colazione.
«Rosie, ora vieni qui anche tu. La colazione è pronta.»
John rise per l’assurdità del repentino cambiamento del marito, era così ogni volta. Non sapeva con certezza che cosa egli andasse a cercare ad ogni loro litigio per dargliela vinta in quel modo, ma per qualche motivo sapeva che riguardasse la loro piccola famiglia.
«John.»
«Che cosa c’è.»
«Ti amo.»
Il medico sorrise, quello era quanto più Sherlock ad avvicinarsi ad un "mi dispiace", ma era di quanto più bello sapesse dirgli.
«Ti amo anche io.»

  
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