Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Red Saintia    05/08/2021    9 recensioni
Anche se è difficile immaginarlo, impossibile sapere come sarà, imprevedibile capirne i vari percorsi... il futuro arriva per tutti. Anche quando il presente incombe come un macigno pronto a schiacciarci a terra, ci sarà sempre un domani nuovo, diverso, migliore. Perché il dolore anestetizza cuore e sentimenti, inaridisce l'anima e spegne le speranze. Ma come tutte le cose di questo mondo pian piano passa, e resta solo un silenzioso compagno con il quale si riesce pacificamente a convivere.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Armin Arlart, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Mikasa Ackerman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ehilà Reiner sono di nuovo io, come stai? Come state tutti? 
Ricordati che mi hai promesso che saresti venuto a trovarci, quindi vedi di liberarti al più presto dai tuoi impegni. La vita qui è sempre frenetica, c'è un costante fiume in piena di persone che si riversano per le strade. La cosa positiva è che sembrano ignorarci, come se il nostro evidente aspetto da stranieri per loro non avesse importanza. 
Io e Falco facciamo lunghe passeggiate e rimaniamo incantati davanti a queste immense costruzioni e tutte le novità che scopriamo ogni giorno. Il capitano Levi sta facendo grandi progressi, ha cominciato la riabilitazione della gamba dopo l'intervento. Devo dire però... che ha sempre un pessimo carattere, anche se a me diverte parecchio. 
Adesso ti saluto, ho cominciato a leggere un libro bellissimo e non vedo l'ora di finirlo.

Ti abbraccio, salutami tutti. 

Gabi

 


"Ehi ragazzina... stai ancora scrivendo?"

"Ho finito adesso. Perché cosa c'è che non va?"

La raggiunse restando in silenzio fuori dalla sua camera e vide che stava ancora armeggiando cercando di richiudere la busta in fretta e furia. "Allora?" chiese spazientito. Gabi si sentì scoperta e cercò di voltarsi mascherando il più possibile la sua aria colpevole.

"Lo so... lo so, avevo detto che avrei sistemato la mia camera e il soggiorno però c'è ancora tempo e io adoro scrivere con la luce del sole. Posso fare le pulizie adesso non è un problema, non ci vorrà molto. Però quando tornano Falco e Onyankopon voglio andare subito a spedire la mia lettera."

Levi si tenne la fronte con una mano cercando di mantenere la sua abituale calma, ormai scemata parecchio con gli anni. L'entusiasmo di Gabi spesso lo metteva a dura prova.

"Se mettessi tutta questa energia nel fare le pulizie questa casa brillerebbe come uno specchio."

"Prometto che lo farò, rimarrai sorpreso capitano vedrai..."

"Tse... ho i miei dubbi. E poi ti ho detto mille volte di smetterla di chiamarmi capitano, cerca di fartelo entrare in quella testolina."

"Sissignore!"

Levi scosse la testa esasperato. Ne aveva conosciute di ragazzine testarde sotto il suo comando, ma Gabi le superava di gran lunga tutte.

Diede una spinta alla sedie a rotelle sulla quale ormai si muoveva abitualmente e decise di tornare nella sua stanza. Lasciò quell'arnese infernale, come lui stesso lo definiva, ai piedi delle scale reggendosi al corrimano per salire la breve rampa che lo separava dal piano superiore. Per lui era non solo una necessità ma anche un esercizio che lo aiutava ad allenare la gamba destra dopo l'intervento. Digrignò appena i denti per lo sforzo, ma nonostante tutto scoprì di aver acquisito una maggiore abilità e sveltezza. La cosa lo sollevò non poco.

Nonostante la scarsa autonomia nei movimenti non voleva di certo essere un peso per nessuno di loro. Non lo avrebbe mai permesso. Una volta entrato richiuse subito la porta alle sue spalle tirando un leggero sospiro. 
Si gettò letteralmente sul letto lasciando che i muscoli trovassero il tanto sospirato riposo. C'erano dei giorni in cui si sentiva come ai vecchi tempi, in grado di fare qualsiasi cosa. Altri invece in cui la gamba sembrava un macigno che lo obbligava a restare ancorato a terra, e per lui era estremamente frustrante.

Londra era una città particolarmente affine al suo modo di essere. Discreta e indifferente sembrava non curarsi troppo delle persone che la abitavano, e così meno domande venivano poste loro e meno spiegazioni avrebbero dovuto dare. Credeva che la convivenza con Gabi e Falco fosse impensabile, e invece scoprì che quei ragazzi gli avevano dato la forza necessaria per non mollare. Tra l'altro furono molto sorpresi quando Onyankopon decise di rimanere con loro, suggerendo lui stesso di recarsi a Londra dove era certo ci sarebbero stati medici in grado di rimettere in piedi il capitano Levi Ackerman.

Dopo la fine della guerra niente era stato semplice, non che lui si aspettasse il contrario, eppure credeva che almeno il suo animo avrebbe trovato quella pace che tanto cercava. Scoprì ben presto che chiunque avesse combattuto una qualsiasi guerra l'avrebbe portata perennemente addosso. Lui stesso ne sentiva gli strascichi sotto la pelle, li vedeva ogni giorno guardando le cicatrici, le ferite che bruciavano non per il dolore ma per il ricordo perenne e incancellabile che rappresentavano. I volti e le voci, le grida, le lacrime, gli occhi pieni di terrore erano la compagnia perenne che animava i suoi sogni nelle poche ore di riposo che riusciva a concedersi.

Anche Gabi e gli altri avevano imparato a conoscere e capire gli stati d'animo dell'ex capitano. Quando lo vedevano la mattina scuro in volto e con lo sguardo spento sapevano che anche quella notte l'aveva trascorsa insonne. 
Eppure mai una volta, in tutto quel tempo, aveva fatto pesare su di loro quel suo malessere. Lo teneva serbato per sé, come fosse una condanna che lui aveva tacitamente accettato per i peccati commessi quando era un soldato.

Allungò il braccio lungo la gamba destra e inevitabilmente sul suo volto si dipinse una smorfia di dolore.

Quel pomeriggio non aveva voglia di recarsi in ospedale per i consueti controlli, ma già sapeva che Gabi avrebbe insistito fino allo sfinimento finché non lo avrebbe convinto. Provò a chiudere gli occhi cercando di allontanare i rumori della città che venivano dall'esterno. A volte se riusciva a concentrarsi poteva quasi rivederli... i volti di coloro che avevano fatto parte della sua vita. Se adesso rappresentava la testimonianza vivente del loro sacrificio lo doveva a Erwin, che lo aveva salvato da una vita miserevole nella Città Sotterranea, dandogli uno scopo e facendolo sentire parte di qualcosa d'importante. Ad Hanji che lo aveva strappato da morte certa rischiando la sua stessa vita. Alla sua squadra che aveva riposto in lui speranze, sogni e fiducia. Erano proprio loro il più grande tormento e rimorso che si portava dentro. Insieme a quello, che sapeva per certo non si sarebbe mai perdonato, di aver trascinato in quell'orrore Isabel e Farlan. Tutti loro ormai erano solo volti impressi nella memoria e tali sarebbero rimasti finché lui li avrebbe tenuti in vita tra i suoi ricordi.

I cuori che tutti loro avevano donato erano serviti a scoprire una verità che non potevano neanche lontanamente immaginare. E adesso raccontare, proteggere e difendere quella verità spettava ai sopravvissuti. Loro almeno era riuscito a salvarli e proteggerli in qualche modo

Loro... che erano la sua più grande vittoria e consolazione in quel mare di dolore che si portava dentro. Non li rivedeva da tanto tempo, è forse era meglio così, non era sicuro che avrebbe retto su di sé i loro sguardi rammaricati e impietositi vedendolo in quello stato. Gli bastava sapere ciò che Gabi gli raccontava attraverso le lettere di Reiner, l'importante era che stessero bene. Anche se in quei racconti mancava sempre un tassello importante di cui non osava chiedere perché sapeva che non ne aveva diritto. Eppure a distanza di tanti anni ripensare a quegli occhi, che erano stati il riflesso dei suoi, gli provocava ancora emozioni contrastanti.

 

Un vociare chiassoso, accompagnato da un invitante profumo, gli fecero intuire che Falco e Onyankopon erano tornati e quest'ultimo si era già messo ai fornelli per preparare il pranzo. Mise da parte i suoi pensieri e decise di raggiungerli.

"Ma insomma si può sapere perché fai tanto baccano?"

"Salve Levi..." lo salutò il giovane ai fornelli, ricevendo un cenno con la testa in risposta.

"Capitano... posso andare nella piazza centrale a spedire la mia lettera."

"Guarda che non c'è fretta Gabi, tanto prima di domani mattina non ritirano la posta." provò a convincerla Falco, vedendo il volto spazientito di Levi.

"E invece sì che c'è! Questa lettera dovrà fare un giro enorme prima che Reiner possa riceverla quindi la mia fretta è giustificata." provò ad insistere.

"Adesso smettila di essere così petulante. Si è fatta ora di pranzo, quando avremo finito e tu avrai terminato le faccende che ti avevo assegnato, andremo a spedire la tua dannata lettera."

"Come? Perché hai intenzione di venite anche tu?" chiese stupita, visto che raramente lui usciva nelle ore con maggiore affluenza di persone nelle strade.

"Certo, devo fare delle commissioni e acquistare alcune cose. Quindi adesso per favore sta zitta e cerchiamo di pranzare in pace."

“E i tuoi controlli in ospedale? Oggi è giorno di terapia, non credere che me sia dimenticata.” infatti non lo aveva minimamente pensato, ma solo sperato.

“Non sono crepato fino ad ora e non morirò di certo se salto una visita o quei fastidiosi esercizi. Oggi ho altre priorità.”

Sul viso di Gabi comparve un'espressione dubbiosa e indagatrice insieme al solito broncio che metteva su quando Levi le impediva di fare qualcosa, ma sapeva che discutere con lui sarebbe stato inutile. Rimise la lettera in tasca e si apprestò a preparare la tavola.

Onyankopon non poté fare a meno di sorridere, d'altronde era ancora una ragazzina e Levi spesso con lei doveva comportarsi da padre rigido e severo. Per fortuna condivideva quel fardello di pazienza con il povero Falco.

"Mi spiace... ho delegato di nuovo te per preparare il pranzo. Rimedierò stasera a cena."

"Non è un problema Levi, a me fa piacere. Almeno posso sperimentare le cose che ho imparato da Niccolò." disse con aria malinconica.

Levi si soffermò a pensare a quelle parole. Il ricordo del giovane cuoco di Marley gli fece tornare alla mente Sasha, spostando il suo sguardo involontariamente verso Gabi. Quanto dolore, quanta amarezza aveva portato con sé il non conoscersi, il non volersi capire e comprendere.

"Ti ringrazio Onyankopon... però il tè lo preparo io. Tu limitati a preparare quella bevanda scura e terribilmente amara."

"Caffè Levi... si chiama caffè."

"Si... si quello che è insomma."

 

                                                                                                                                ***

Quella nuova quotidianità lo sorprendeva sempre. A volte rimaneva ad osservare Gabi e Falco discutere, incapace di distogliere lo sguardo. I discorsi ai quali era abituato trattavano sempre di strategie, d'attacco, di guerra e formazioni di battaglia. Adesso invece tutto sembrava aver acquistato sfumature diverse, più ampie e colorate. Il più delle volte il chiacchiericcio di Gabi era talmente fitto e intriso di mille cose diverse da risultare impossibile starle dietro.

Spesso vedeva i suoi occhi incupirsi pensando ai suoi genitori e sognando di tornare presto a Marley, magari con il suo adorato Reiner al quale voleva bene come ad un fratello. Altre volte il suo sguardo acquistava quasi una tenue dolcezza vedendola insieme a Falco mentre osservavano, l'uno accanto all'altra, le stelle nel cielo. La sua mano disegnava linee immaginarie citando pianeti e costellazioni apprese dai libri che adorava leggere nella biblioteca della città.

Una parte di sé provava un moto d'invidia. Lui non aveva mai avuto tempo né modo per mostrare tenerezza a qualcuno. E quando invece, per la prima volta, era stato quel qualcuno a dimostrargli un particolare interesse i giganti gliela avevano strappata via ferendolo di nuovo mortalmente. Ecco perché teneva tutti a distanza, era stanco di dover dire addio, di dover seppellire corpi e sentimenti con essi. Era meglio anestetizzare il cuore, conosceva solo quel modo di sopravvivere e gli era bastato, almeno fino a quel momento.


Una volta terminato il pranzo Gabi si mise subito al lavoro, consapevole che non sarebbe uscita da lì se non dopo aver eseguito i compiti che Levi le aveva assegnato.

"Capitano... posso parlarti?" quelle parole, seguite da un cenno della testa, distrassero Levi dalla sua lettura facendogli intuire che di qualunque cosa si trattasse era meglio che i ragazzi non sentissero. Lasciarono la cucina defilandosi nel piccolo ma confortevole soggiorno cercando di non far notare a Gabi e Falco la loro improvvisa assenza.

"Allora... cosa c'è, avanti parla."

Onyankopon sembrò quasi volerci ripensare, poi prese coraggio rivelando quello che aveva sentito.

"Stamattina c'era un gran parlare in giro. Alcune persone sostenevano che in città circolano da qualche giorno gruppi di jaegeristi che premono per avere un incontro con alcuni membri del governo in carica."

Levi incupì il volto incrociando le braccia al petto.

"Dove hai sentito queste notizie?"

"Ne parlavano tra loro i commercianti del mercato che si trova alla periferia della città."

"Falco era con te, ha capito o sentito qualcosa?"

"Non che io sappia, a me comunque non ha detto niente."

"Meglio così."

"Levi... questa cosa non piace. Quei fanatici sono riusciti ad arrivare anche qui. Per adesso la gente non presta troppa attenzione a quello che dicono, ma tu sai che se vogliono sanno essere molto persuasivi."

La rabbia di Levi aumentò ripensando a tutte le azioni spregevoli di cui si erano macchiati. "Sono solo delle mezze seghe senza palle, si sentono braccati e in minoranza e vogliono appoggio politico. Che vadano all'inferno!"

"Cosa dovremmo fare secondo te?" gli chiese. Levi si voltò a guardarlo chiedendosi il perché tutti continuassero ancora a dipendere dalle sue decisioni se ormai non era più al comando di niente e nessuno.

"Dovremmo rimanere nell'anonimato, defilati, come abbiamo sempre fatto e lasciare la politica a chi sta al potere. Non creeremo problemi... se loro faranno lo stesso con noi." disse, cercando di sembrare il più conciliante possibile.

"E se invece dovessero crearci problemi o capire chi siamo?"

Levi sentì improvvisamente una stretta allo stomaco che gli fece mancare l'aria. "Se dovessero davvero capire chi siamo e creare problemi... temo per loro che non avrebbero il tempo di poterlo raccontare in giro." concluse allontanandosi lentamente.

"Forse dovremmo andarcene Levi..."

"Credimi Onyankopon, per quanto questo mondo possa essere grande non c'è nessun posto sicuro in cui il passato di ognuno di noi non possa raggiungerci."

"Già... forse è così" sospirò affranto.

"Mi raccomando, non una parola davanti ai ragazzi. Non voglio che gli vengano in mente strane idee."

"Sissignore!" rispose, provocando in Levi un sorriso nervoso sul viso increspato dalle fitte cicatrici.

Cercarono, per quanto fosse possibile, di non lasciar trasparire una certa preoccupazione di fondo che ormai si era insinuata in loro. Anche se l'improvvisa fretta di Levi nel volersi recare in città lasciò Gabi al quanto dubbiosa. 
Per le strade c'era meno gente di quella che credevano, evidentemente il tempo grigio che minacciava pioggia aveva fatto rintanare le persone in casa prima del previsto.

"Dovevo capirlo che il tempo stava per cambiare, questa maledetta gamba mi da più noie del solito oggi." borbottò nervoso.

"Saresti potuto venire con la sedia a rotelle ti avremmo portato noi e non ti saresti affaticato." lo riprese Gabi

"Ma sentila... credi forse che sia un vecchio decrepito che ha bisogno di due ragazzini che gli fanno da balia?"

"Per favore smettetela, cerchiamo di fare ciò che dobbiamo e torniamo a casa, ok?" Come sempre il compito più ingrato spettava a Falco che doveva ogni volta sedare i battibecchi tra i due.

Onyankopon alzò lo sguardo sul cielo plumbeo e vide dei fulmini saettare tra le nuvole. "Sbrighiamoci se non vogliamo tornare a casa fradici."

Gabi prese Falco per mano correndo in direzione della buca delle lettere. I loro compagni non provarono nemmeno a fermarli tanto sarebbe stato inutile. A poca distanza da loro un giovane ragazzo stava correndo, probabilmente verso casa, stringendo al petto i giornali rimasti invenduti di quella giornata.

"Ehi tu... fermati!" Levi lo bloccò con il solo tono di voce. Il giovane lo guardò un po' intimorito. "Dammene una copia per favore."

Lui estrasse un giornale tra quelli rimasti prendendo allo stesso tempo il denaro che Levi gli aveva allungato. Il ragazzo indugiò sul viso del capitano attratto e intimorito dalla lunga cicatrice che gli solcava il volto.

"Cosa c'è, che hai da guardare?" la sua voce sembrò ridestarlo.

"Oh... niente signore, niente. Grazie mille e arrivederci." corse via come un fulmine quando nell'aria si avvertivano già sporadiche gocce di pioggia scendere dal cielo.

Levi continuò lentamente a camminare sfogliando il giornale. La pagina centrale, come sospettava, parlava delle opinioni contrastanti di molti governi stranieri sul popolo di Eldia. Alcuni li consideravano ancora una concreta minaccia, altri erano interessati alle risorse dell'isola e disposti a commerciare con loro. Quello però sul quale tutti concordavano era che gli jaegeristi rappresentavano una minaccia alla stabilità dei governi di tutto il mondo ed essendo di origini Eldiane, non ci si poteva fidare di loro come del resto dell'intera razza proveniente dall'isola.

Il concetto era chiaro, gli jaegeristi volevano imporsi con la forza sulle altre nazioni, coinvolgendo di conseguenza anche il resto degli Eldiani. Finché non fossero stati estirpati del tutto non ci sarebbe mai stata una pace duratura. Levi continuò a leggere almeno finché la pioggia non cominciò a cadere più fitta.

"Accidenti. Onyankopon va a riprendere quei due prima che si metta a piovere più forte. Io tornò a casa per conto mio."

"Sei sicuro Levi?"

"Ti ci metti anche tu adesso. Vedi di muoverti piuttosto, ci vediamo dopo."

Il ragazzo annuì sveltendo il passo nella direzione in cui si erano allontanati Gabi e Falco. Levi cercò di ripararsi camminando ai bordi del marciapiede, ma ormai sia il soprabito che i pantaloni cominciarono a bagnarsi vistosamente.

"Merda! È sempre così in questa stramaledetta città." cercò almeno di riparare il giornale che aveva tra le mani, per poter terminare la lettura dell'articolo che gli interessava una volta tornato a casa.. Alcune persone che ancora gironzolavano per le strade erano prontamente munite di ombrello. Abituate ormai al cambio repentino delle condizioni atmosferiche.

Sarebbe sicuramente rientrato sporco di fango e fradicio di pioggia, la cosa lo irritò parecchio. Sperò almeno che Gabi fosse riuscita a spedire la sua lettera. Il cielo era completamente grigio e la pioggia battente si confondeva con il colore cupo delle strade e dell'asfalto. Si ritrovò a rimpiangere la natura rigogliosa di Paradis, che regalava scenari magnifici anche in condizioni di pioggia come quelle.

Cercò di sveltire il passo per quel che gli era possibile, anche se l'uso del solo occhio sinistro gli impediva una visuale chiara. Se soltanto avesse preferito andare in ospedale per la consueta terapia avrebbe evitato tutte quelle seccature. Si riparò il viso con la mano sinistra camminando a testa bassa. Mancavano ancora un paio di isolati dal suo appartamento ma tanto ormai il danno era fatto. Riuscì a svincolarsi da un paio di commercianti intenti a chiudere in fretta le loro attività quando decise di fermarsi e aspettare quanto meno che la pioggia diminuisse. Si asciugò il viso cercando di darsi una sistemata, anche se l'impresa risultò impossibile.

Poggiò la schiena lungo l'ampia porta di un negozio di stoffe e tirò un sospiro rassegnandosi ad aspettare. Sperava che almeno Gabi, Falco e Onyankopon fossero tornati a casa più asciutti di lui e si rammaricò perché sicuramente si sarebbero preoccupati non vedendolo tornare in fretta. Le strade si erano svuotate, fatta eccezione per qualche vagabondo in cerca di riparo e qualche gatto randagio che rovistava tra i rifiuti. Lo sguardo si allungò verso un punto più distante mettendo a stento a fuoco una sagoma immobile davanti a qualcosa che non capiva cosa fosse. Com'era possibile che una persona stesse lì impalata in quel modo sotto quella pioggia battente?

"Dev'essere qualche idiota senza cervello." pensò, convinto dovesse trattarsi di qualche altro mendicante che si aggirava per le strade. Eppure... una strana curiosità lo spinse ad avanzare lentamente nella sua direzione.

La figura, completamente avvolta da un lungo cappotto, non si era mossa di un passo. Le mani infilate nelle tasche, coperta totalmente da un ampio cappuccio tirato sulla testa. Sembrava che nulla di ciò che accadeva intorno potesse smuoverla. Levi continuò ad avanzare senza un reale motivo, incurante della pioggia e desideroso di conoscere il motivo di un comportamento tanto bizzarro.

Gli vennero in mente le ipotesi più disparate, la sua naturale diffidenza gli faceva immaginare cose non proprio piacevoli, abituato com'era ad agguati e tranelli. Quando ebbe raggiunto una distanza ragguardevole alzò la testa e focalizzò l'insegna di un negozio. Era un emporio, di quelli che vendevano le cose più disparate che potevano servire alle persone. Rimase in attesa ma non accadde nulla. La pioggia sembrava avvolgere quella misteriosa figura rendendola confusa, quasi evanescente. Mentre la sua insana, e inusuale curiosità, lo attraevano in modo inspiegabile verso quella presenza indefinita e all'apparenza anonima.

Levi non riusciva ad intuire neppure se fosse un uomo o una donna. Però sentiva dentro sé la necessità di capire se quella creatura fosse reale o il frutto di un'allucinazione. Decise di avvicinarsi, incurante del fatto che si sarebbe bagnato fin dentro le ossa.

Arrivò alle sue spalle e capì dalla sagoma che si trattava di donna. Ma cosa stava osservando così assorta in quella vetrina?

Dovette avvicinarsi ancora e assottigliare lo sguardo prima di intravedere un dipinto che occupava gran parte della vetrata. Era stato fatto indubbiamente da una mano molto abile ed esperta. I soggetti di quel pregevole lavoro erano una verdeggiante collina dove si stagliava un bambino intento a rincorrere un uccello che spiccava il volo verso il cielo. Pur essendo indubbiamente ben fatto non sembrava nulla di speciale, almeno non da rischiare di prendersi un malanno rimanendo ad osservarlo sotto una pioggia scrosciante.
Eppure... qualcosa in quel dipinto gli riportò alla mente il ricordo di qualcuno. Sarà stato il paesaggio così sapientemente disegnato, le colline che tante volte aveva lui stesso percorso a cavallo, sarà... per quel senso di libertà data da quell'uccello o dal bambino che tentava di inseguirlo.

D'un tratto il suo corpo ebbe come un fremito, trattenne il respiro e fu come se un velo tenuto forzatamente sui suoi ricordi cadesse in modo inesorabile. Nello stesso istante in cui Levi finalmente capì, la figura di donna ancora voltata di spalle, si girò verso di lui. E in quel preciso momento comprese, per la prima volta, cosa significasse sentirsi completamente smarrito e vulnerabile.



Ben tornati su questi lidi... dopo la pausa vacanziera si riparte. E lo facciamo da Londra, ritrovando l'ormai ex capitano Levi (anche se per i suoi coinquilini rimane sempre una sorta di autorità superiore) insieme a Gabi, Falco e Onyankopon. Ho cercato di raccontare un po' questa "anomala" convivenza, che alla fine però non risulta così sgradita nemmeno al perennemente imbronciato Levi. Siamo lontani da Paradis ma a quanto pare gli jageristi hanno messo radici ovunque. Levi e Onyankopon sono al quanto preoccupati, e credo sia più che plausibile. Sembrano esserci scombussolamenti all'orizzonte? Molto probabile. Però lo scoprirete solo proseguendo. Grazie a tutti, come sempre, ci risentiamo la prossima settimana.





 

   
 
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