Anime & Manga > Soul Eater
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Autore: Danmel_Faust_Machieri    06/08/2021    1 recensioni
Sono ormai trascorsi 18 anni dalla sconfitta del Kishin e della Follia. Ciò di cui tuttavia ci si è accorti in questo lasso di tempo è che la Follia è un connotato fondamentale dell'essere umano, qualcosa che esiste negli umani e che non si può debellare in alcun modo.
In questa storia ci attende una nuova DWMA, una nuova storia vissuta da eroi nuovi che proseguiranno seguendo le orme dei vecchi.
Una premessa ulteriore è tuttavia necessaria: questa storia è un reboot di un'altra mia Fanfiction dal titolo "Storie dell'Umana Follia" che cancellerò man mano. Mi mancava scrivere qui su EFP e volevo togliere un po' di ruggine da questa storia alla quale sono legato e che non ha mai visto una degna fine, non so ogni quanto pubblicherò nuovi capitoli o simili, voglio rilanciare questa serie come svago personale per cui mi auguro che questa nuova veste possa piacere a lettori vecchi e nuovi che si imbatteranno in essa.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Death the Kid, Excalibur, Nuovo Personaggio, Soul Eater Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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William non appena ebbe dischiuso gli occhi iniziò a guardarsi intorno, come se le vista provasse a placare un bisogno misterioso. Si trovava in una stanza pressoché quadrata le cui pareti erano totalmente occupate da librerie ricolme di antichi libri che emanavano un profumo intenso, capace di inebriare il ragazzo; il centro esatto di quel luogo era occupato da un tavolino che ospitava una scacchiera dall’aspetto singolare, quasi mistico; dietro a ciascuno schieramento di pezzi si trovava una sedia in attesa del giocatore che avrebbe condotto la propria parte verso la vittoria o la sconfitta. In mezzo all’incredulità del trovarsi in un luogo tanto particolare e sino ad allora ignoto, nel cuore di William si destò l’irrefrenabile desiderio di osservare da più vicino i pezzi della scacchiera e così si avvicinò al tavolino e, quasi senza riflettere, prese tra le mani l’alfiere campo scuro dei neri: la fattura era incredibile, eppure nelle semplici forme di quella piccola statuina c’era qualcosa di particolare: la pietra levigata che la formava, la precisione delle incisioni, le intricate decorazioni che la attraversavano destavano nel ragazzo numerose domande. Quando poi ebbe modo d’accorgersi che i pezzi bianche presentavano uno stile completamente diverso, quasi fossero appartenuti a un set diverso rispetto ai neri, ripose l’alfiere e allungò la mano per esaminarne uno della controparte.
All’improvviso la punta di un grammofono posto in un angolo oscuro della piccola stanza si appoggiò al vinile che si trovava sul piatto dell’oggetto ed ecco che le note dell’ouverture de La forza del destino occuparono la stanza. William per lo spavento improvviso si voltò di scatto proprio in direzione dell’origine del suono, distogliendo così lo sguardo dal tavolino; il cuore gli batteva forte in petto competendo quasi con l’intensità dei fiati che aprivano l’opera.
-Tu non dovresti essere qui- Un bisbiglio appena udibile si era fatto largo tra le note, un bisbiglio che non pareva di una voce sola, ma la mescolanza di diverse, che cercava di imporsi sopra rantoli e lugubri sospiri.
Il volto di William ormai sommava uno spavento all’altro rivelando tutta la tensione che si sentiva addosso in quel turbinio di eventi improvvisi e sinistri per cui l’espressione non mutò più di tanto nel momento in cui, voltandosi, vide che aveva preso posto a sedere dietro ai pezzi neri un’ombra che stringeva nella mano destra il re della sua parte e lo rigirava tra le dita come fosse una sigaretta -Non mi hai sentito?- ripeté ancora una volta in quella mescolanza di voci e suoni cupi -Non dovresti essere qui-
-Ma…- il ragazzo lì per lì si sorprese di avere in sé abbastanza volontà da poter dare voce ai propri pensieri -Io non so nemmeno dove sono… non so nemmeno come ci sono arrivato qui…-
-Questi non sono affari miei- quella frase fu sottolineata dalla sgarbatezza con cui l’ombra mise nuovamente il re nero al suo posto sulla scacchiera -L’ora ella nostra partita non è ancora giunta per cui torna da dove sei venuto-
Ogni parola di quel miscuglio di voci destava in William più domande che risposte -La nostra partita? Cosa intendi dire? E… soprattutto tu chi sei?-
L’ombra fu attraversata come da un brivido, un fremito, che lasciò intuire al giovane, chissà dall’alto di quale percezione, che si stava divertendo -Esci immediatamente-
-Ma… Non mi hai risposto…- cercò di ribattere lui -E… anche se volessi andarmene qui non ci sono porte…- o almeno lui non ne aveva ancora viste, le pareti ospitavano unicamente librerie e quindi non aveva idea di come uscire da quel luogo, in realtà non aveva nemmeno idea di come avesse fatto a entrarci ma tale interrogativo lo tenne per sé, per un altro tempo.
-Ne sei sicuro?- domandarono sibille le voci riunite a pronunciare quelle parole mentre l’ombra si agitava con fare ancora più febbrile rispetto a poco prima.
Quasi se sapesse cosa stava per accadere William si voltò lentamente per trovarsi davanti delle immense fauci spalancata capaci di fagocitarlo in un solo boccone; i denti di queste erano appuntiti come spade e da essi colava una saliva densa e scura, orribile alla vista, e nel corso di un singolo secondo quelle lame di osso si chiusero sul ragazzo tranciandolo di netto, proiettandolo in un baratro oscuro in cui nel breve tempo che precedeva il giungere della morte poté udire distintamente un infinità di voci ridere e due di loro accordarsi per dire all’unisono -A presto William Austen-.

Il fiato mozzato dall’apnea dell’incubo trascinò William fuori dal sonno in cui si era immerso con tanta fatica nel corso della notte. Si ritrovò madido di sudore e con il fiatone: cos’era quel sogno? Perché sembrava così dannatamente vero? Quegli interrogativi continuavano a ronzargli in testa ma la vista dell’orologio gli diede lo sprone per mettere da parte tutti quei pensieri e rimettersi in piedi per prepararsi alla giornata. Raccattò in tutta frettai vestiti che avrebbe indossato dalla stanza e rapidamente si recò in bagno per darsi una sistemata: William Austen era un ragazzo di sedici anni compiuti, ormai prossimo a compierne diciassette, ed era iscritto alla DWMA da tre anni come Artigiano; era alto poco più della media per la sua età, aveva i capelli corvini e lisci, portati di lunghezza media e degli occhi di smeraldo che, a causa delle numerose letture sostenute nel corso degli anni, avevano perso tre diottrie costringendolo a indossare degli occhiali regalatigli da un caro amico. Datosi una sciacquata rapida indossò un paio di pantaloni neri come le scarpe di cuoio, una maglia grigio scuro che ne metteva in risalto il fisico atletico e il solito cappotto smeraldina con i bottoni di peltro, fatto ciò andò in cucina e mise a bollire l’acqua per il tea. L’appartamento in cui abitava il ragazzo era di medie dimensioni: c’erano un bagno, un salotto spazioso che comunicava con la cucina e due camere da letto, quella di lui e quella del suo amico, nonché arma-partner, Byron Brontë; questi aveva la stessa età di William ed era un poco più basso di lui, aveva capelli ricci e castani come i gli occhi profondi che parevano sempre animati da una fiamma sotterranea che ribolliva di vita. Solo quando la teiera iniziò a fischiare Byron uscì dalla propria camera strascinando i piedi all’interno di un paio di pesanti pantofole -Will perché devi sempre fare ‘sto casino la mattina?- si lamentò lui tra uno sbadiglio e una stropiccio degli occhi.
-Se non fosse per me ti sveglieresti alle due di pomeriggio- commentò in risposta lui mentre spalmava la marmellata di mirtilli su una fetta di pane -Comunque datti una mossa che ci dobbiamo vedere con gli altri tra venti minuti nella stanza dello Shinigami-
Uno sbuffo precedette lo svanire di Byron dietro alla porta del bagno. Quello scambio di battute era lo stesso ogni mattina, parte della routine dei due amici alla quale ormai entrambi erano abituati e che, malgrado tutto, apprezzavano nel profondo. Ci vollero meno di cinque minuti perché Byron si ripresentasse in soggiorno con indosso il suo solito outfit: un paio di jeans logori che sfioravano delle scarpe da tennis rosse, una maglietta nera targata “Red Hot Chili Peppers”, dei larghi bracciali di cuoio nero muniti di borchie di metallo e una felpa rossa dal cappuccio largo che portava sempre slacciata. Era per via dei  loro abbigliamenti tanto singolari e tra loro tanto diversi che i due si erano guadagnati i soprannomi di “The green Bishop” e “The red Tower”.
I due ora pronti ebbero solo il tempo di bere una tazza di tea a testa prima di prendere le rispettive borse per poi fiondarsi fuori dall’appartamento in tutta fretta. Byron aveva ancora la sua fetta di pane e crema di pistacchio in mano quando si ritrovarono per strada -Certo che dare appuntamento a quest’ora di mattina è da infami…-
-Ti do pienamente ragione- questa volta fu William a sbadigliare -Ma oggi ci tocca… Se lo Shinigami ha chiamato a raccolta la squadra è perché ha una missione da affidarci…-
-Supposizioni o hai sentito qualcosa in giro?- gli domandò allora l’altro prima di azzannare un’altra volta il proprio spuntino.
-Beh… in realtà si sentono diverse voci a scuola… ho sentito di alcuni attacchi in Canada e di altri localizzati in Italia… la squadra di Lance si dice fossero indecisi se mandarla in Madagascar o in Perù visto che in entrambi i luoghi c’era qualcosa che non andava…- quelle parole non erano solo l’offrire una risposta al compagno, ma erano per William anche un modo di riflettere tra sé e sé -D’altronde è da un paio d’anni il numero di Anime Corrotte riportate nei nostri registri continua ad aumentare e quindi anche a noi studenti vengono affidate più missioni a partire da quest’anno…-
-Già…- Byron sapeva della situazione che si era andata a creare negli ultimi anni e per questo motivo viveva uno stato di confusione: da un lato in lui viveva la preoccupazione dettata dal capire perché, dopo tanti anni dalla sconfitta del Kishin, d’un tratto, la situazione pareva aver fatto tanti passi indietro; dall’altro però entusiasta poiché sapeva che quella situazione gli avrebbe permesso di mangiare altre Anime.
Dopo una quindicina di minuti i due erano giunti ai piedi dell’imponente scuola che troneggiava su Death City e, senza esitazioni, salirono la lunga scalinata per poi insinuarsi attraverso i corridoi sino a raggiungere la stanza del sommo Shinigami, davanti all’ingresso della quale i due si fermarono un attimo per riprendersi della camminata ai limiti della corsa dopodiché spalancarono la porta rivelando così il gruppetto di persone che già si trovava in loco; questo era formato da due ragazze e due ragazzi della loro età, un uomo ormai prossimo alla quarantina e il sommo Shinigami.
A sentire la porta che si apriva tutti e sei si voltarono verso i due appena arrivati -Sempre gli ultimi… complimentoni!- li canzonò un ragazzo dai capelli neri a boccoli della lunghezza necessaria a coprire una prematura stempiata che continuava a indietreggiare che li scrutava con gli occhi marroni attraverso due spessi fondi di bottiglia: si trattava di August Equus, Arma Magica e al temo stesso Artigiano, rimasto orfano in giovane età e accudito sino ad allora dalla DWMA la quale ha fornito lui il cognome; spesso lo si vedeva vestito con indosso dei pantaloni coordinati con la distinta giacca grigia portata elegantemente sopra una camicia bianca, era considerato uno dei dieci migliori cecchini della scuola e i suoi modi spesso altezzosi e a detta di alcuni eccessivi gli erano valsi il soprannome di “L’imperatore”.
-Eddai August… anche noi alla fine siamo arrivati poco fa…- ammise un altro ragazzo dal fisico scolpito mentre si copriva la bocca spalancata da uno sbadiglio con la mano destra; i suoi capelli erano neri come la notte e portati sempre a spazzola mentre gli occhi erano di un azzurro glaciale, capaci di lanciare sguardai fulminanti quando necessario. Questi era Tyber Equus, fratello e compagno di August e come lui sia Arma Magica che Artigiano, sempre vestito in maniera comoda e sportiva era considerato uno tra i sette migliori spadaccini della scuola e per il timore che era in grado di gettare negli animi altrui quando si infuriava gli era stato affibbiato il soprannome de “Il Monarca”.
Le due ragazze invece non dissero niente, si limitavano a guardare in direzione dei due appena arrivati sorridendo loro: una di loro aveva i capelli biondi e lunghi e due occhi verdi talmente luminosi e intensi da far invidia alle pietre preziose dello stesso colore, indossava un abito moto elegante di colore turchese e portava tra i capelli una bizzarra forcina a forma di vite in forte contrasto col resto del vestiario; l’altra invece aveva dei capelli cremisi appena mossi e degli occhi nocciola, vestiva sempre una gonna rossa che le arrivava appena sotto alle ginocchia e una camicia nera con sbuffi rossi. La prima era Emily Stein, Arma Magica figlia di Franken Stein e Marie Mjolnir, considerata da tanti la più bella ragazza di tutta la DWMA e soprannominata “Regina di Fiori”; l’altra era Elizabeth Flamel, partner di Emily e Artigiana considerata la più capace stratega di tutta la scuola e conosciuta da tutti come “Regina di Cuori”.
Loro quattro, insieme a William e Byron, formavano una delle migliori squadre delle DWMA: la squadra Check-Mate.
L’uomo ormai prossimo ai quarant’anni si era invece avvicinato allo Shinigami per dirgli qualcosa all’orecchia approfittando della distrazione; si trattava di Soul Eater Evans, conosciuto da tutti come “The Last Death Scythe” che in quegli anni era divenuto il braccio destro del Sommo Shinigami dopo il ritiro di Spirit Albarn. -Beh… ora che ci siamo tutti possiamo cominciare- disse lo Shinigami per richiamare a sé l’attenzione dopo che Soul aveva finito di parlargli; una volta che gli sguardi di tutti conversero sullo Shinigami questi si tolse dal volto la maschera un tempo appartenuta al suo onorevole padre rivelando così il proprio volto maturato negli anni -Quest’oggi vi ho chiamati qui perché c’è bisogno di voi a Venezia; recentemente è stata individuata nella città un’anima corrotta…-
A quel punto prese la parola Soul -Da quanto ci è stato riportato si tratta di uomo che gira vestito da medico della peste e si avvale di particolari sostanze chimiche per gettare il caos- l’uomo tacqua per qualche secondo -Ha mietuto una decina di vittime per cui lo dovete fermare quanto prima-.
-Ce ne occuperemo noi- affermò con fierezza August portandosi la mano destra al petto.
-Siamo sicuri farete un ottimo lavoro- dichiarò lo Shinigami il cui vero nome ormai era ignoto a molti -Tuttavia, mentre vi occuperete del criminale, abbiamo bisogno che portiate a termine un’altra missione-
Gli sguardi di tutti i ragazzi si fecero allora curiosi -In cosa consiste?- domandò poi Elizabeth.
-Abbiamo idea di credere- riprese ancora una volta Soul -Che nei sotterranei della basilica di San Marco si trovi un artefatto ideato da Eibon-.
Il team all’unisono trattenne il fiato: da anni la DWMA si era messa a setacciare il globo in cerca dei manufatti realizzati da Eibon, uno degli Otto Grandi Guerrieri nonché appartenente ai Grandi Antichi, solo che tali missioni erano spesso affidate alle squadre speciali della DWMA, non a dei semplice studenti per cui, tale dichiarazione, parve a tutti assurda.
Percependo lo stupore generale lo Shinigami si affrettò ad aggiungere -Purtroppo al momento tutte le nostre squadre speciali sono impegnate in missioni ben più importanti e il fatto che voi andiate a svolgere una missione proprio dove pensiamo si trovi tale manufatto ci ha portato a decidere di affidare a voi questo importante incarico… Partirete nel giro di un’ora per cui preparatevi, Venezia vi aspetta- e dicendo così lo Shinigami congedò il team che tuttavia era concorde all’unisono nel trovare le scuse addotte per affidare loro quella missione inconsistenti e perciò iniziarono da subito tutti a pensare che lo Shinigami e Soul stessero nascondendo qualcosa.
Non appena i giovani furono usciti dalla stanza Soul si rivolse all’amico -Kid… dici che abbiamo fatto bene a non dirglielo?-
-Credo di sì- ammise lui -Abbiamo ancora poche prove, stravolgere le loro vite senza certezze mi sembra una cattiveria…-
-Speriamo allora di non dover arrivare a quel punto- concluse l’uomo lanciando uno sguardo preoccupato in direzione della porta chiusa.

Venezia era avvolta nella più totale oscurità, il riverbero dei lampioni accompagnava la sinfonia delle acque che, nei canali, rimbalzavano sciocche da una sponda all'altra. Piazza San Marco era quasi deserta, solo qualche persona la attraversava in fretta, guardandosi intorno con circospezione e sospetto nei confronti di ogni ombra che veniva proiettata dai lampioni; le voci intorno al killer si erano sparse in fretta e per tal motivo nessuno era sicuro nel passare troppo tempo lontano da casa specie di notte.
-Bene… questa è più o meno l’ora in cui si sono svolti la maggior parte degli attacchi registrati- iniziò a dire Elizabeth controllando l’ora sul proprio smartphone -Non sappiamo tra quanto il killer entrare in azione per cui abbiamo bisogno di elaborare un piano quanto prima-
-Avevi già qualche idea su come agire?- domandò allora William cercando gli occhi dell’altra.
-La scelta migliore sarebbe dividerci in due squadre: una formata da due partner pronta d affrontare il killer mentre la seconda, formata dai quattro restanti, per mettersi alla ricerca dell’Artefatto di Eibon- asserì lei con fredda lucidità.
-Molto bene!- Esclamò allora a gran voce Byron -Will e io allora ci occupiamo del killer-
-Ehy ma!- fu subito pronto a controbattere August -Questo chi l’avrebbe deciso?!-
-Beh io e ovviamente anche il mio partner sarà d’accordo per cui…- non finì nemmeno la frase che già si era lanciato verso il centro della piazza -Ci vediamo dopo!-
Gli sguardi di tutti i restanti si fissarono sulla sagoma di Byron che si allontanava veloce per poi fissarsi su William quasi chiedessero a lui le spiegazioni per il comportamento dell’altro -Ehm…- iniziò a bofonchiare lui in palese difficoltà mentre i suoi occhi rimbalzavano dal partner al resto del gruppo e viceversa, infine sospirò prima di chinare il capo in direzione del resto del team -Scusatelo, sapete che è piuttosto drastico alle volte…-
-Tranquillo, dopo un po’ ci si fa il callo- sorrise Tyber -Al manufatto ci pensiamo noi-
Emily allora presa la parola dopo aver sbuffato a sua volta -Sì, tu seguilo prima che da solo rischi la pelle-.
E in tutta risposta, dopo aver fatto un cenno di assenso ai compagni, William si lanciò all’inseguimento di Byron sino a che non lo ebbe raggiunto.
-Certo che potevi evitare di essere tanto brusco- lo rimproverò mentre iniziava a guardarsi intorno in cerca di una qualsiasi traccia del killer.
Byron, che a sua volta teneva i sensi ben all’erta in cerca di qualcosa che tradisse la preda, rispose semplicemente -Tu sai perché sono drastico su certe cose… e so che mi capisci…-
Ma prima che la discussione potesse procedere ecco che all’improvviso due oggetti luminosi vennero lanciati in direzione dei ragazzi che prontamente riuscirono a evitarli -Che cazzo…- bofonchiò Byron prima di osservare il punto in cui gli oggetti avevano impattato: qui ora si potevano vedere due siringhe rottesi nell’impatto che avevano lasciato fuoriuscire a terra una sostanza verdognola che ribolliva come lava viva e dalla quale si levava un odore tutt’altro che naturale -Deve essere lui- affermò William iniziano a cercare con lo sguardo tra i tetti -Devono essere stati lanciati dall’alto… da ovest credo…-
-Mi è sembrato anche a me… ma non ne abbiamo cert…- e ancora una volta la frase dell’Arma Magica venne interrotta da altre due siringhe scagliate contro di loro -Le sta lanciando dal campanile!-
William allora fece un cenno al compagno -Di corsa allora- e insieme iniziarono a correre verso il luogo da cui l’aggressore stava agendo.

Gli altri quattro non riuscivano a percepire nulla di ciò che stava accendendo al di fuori della Basilica. Si erano intrufolati in essa con grande furtività e ora avanzano all’interno degli antichi sotterranei della stessa, lontani da quelle stanze aperte ai visitatori dove sapevano non avrebbero trovato alcunché, attraverso quelle strette vie ricolme di polvere e umidità grondante dalle pareti -Se avessi saputo che la situazione quaggiù sarebbe stata questa mi sarei sicuramente messa qualcosa di più comodo- dichiarò Emily a voce bassa mentre cercava di stare lontana dai punti dove sgocciolava acqua dal soffitto.
-Concordo in pieno- disse August che si era rimboccato le maniche della giacca e della camicia per evitare di sporcarle mentre ispezionava le pareti con le mani.
-Sopportarne uno già è difficile… ma due…- sospirò Tyber.
-Cosa hai appena detto?!- domandarono offesi i due sperando entrambi di aver compreso male.
-Io?- fece il finto tonto l’altro -Niente… Deve essere stato uno strano effetto del rimbombo…-
-Se avete finito credo di aver trovato qualcosa- li richiamò Elizabeth andando a illuminarli con la torcia dello smartphone prima di mostrare loro con la luce artificiale una via completamente sbarrata con assi di legno e parti metalliche.
-Qui sicuramente qualcuno voleva nascondere le proprie tracce…- dichiarò August mentre Tyber iniziò lentamente a staccare le assi inchiodate in maniera meno efficace cercando di creare un varco affinché il gruppo potesse penetrare nell’area scoperta dalla ragazza. Una volta che Tyber ebbe aperto un passaggio uno dopo l’altro i ragazzi lo varcarono trovandosi all’interno di un corridoio tanto stretto da imporre loro di passare uno per volta finché non giunsero davanti a un porte di ferro dalla maniglia piuttosto arrugginita. Elizabeth, la quale apriva la fila, fece cenno a tutti di rimanere in silenzio affinché lei potesse accertarsi che di là dalla porta non si imbattessero in qualche imboscata, ma già i ragazzi sapevano che era giunto il momento di mettere da parte battibecchi e simili e perciò rimanevano nel silenzio più assoluto. Non percependo alcunché dall’altra parte la ragazza forzò la porta rivelando di là da essa qualcosa di terrificante: una stanza circolare grande appena da ospitare una scrivania e una sedia aveva le pareti costellate di appunti di stregoneria, glifi antichi e contorti che si intrecciavano in geometrie orribili; pagine di libri strappati si trovavano sul pavimento mentre la scrivania ospitava una varietà di ampolle e provette ricolme di liquidi e ingredienti atti a creare chissà che cosa; infine, al centro esatto del tavolo da lavoro, si trovava una scatola di metallo con sopra la firma che recitava “EIBON”.
-Eccola…- Bisbigliò Elizabeth con un filo di voce mentre tendeva quasi istintivamente le mani per afferrare quell’oggetto e ispezionarlo.
Emily che si sporgeva da dietro la compagna cercava di vedere ciò che lei prendeva in mano e notando appunto il bizzarro cofanetto domandò -Liz, cosa c’è dentro?-
Alcuni secondi di silenzio parvero precedere una risposta per nulla positiva -Nulla… è vuoto-.

William e Byron erano arrivati in cima al campanile e in una stanza col pavimento in legno evidentemente cedente c'era un uomo vestito da medico della peste che li aspettava e subito, quasi ridacchiando, disse -Ecco qui l’élite della DWMA che hanno mandato per sconfiggermi... ammetto di essere un po' deluso nel trovarmi difronte voi due marmocchi-.
-Oh beh- rispose William con fare divertito mentre sulle sue labbra si dipingeva un sorriso -Vedremo allora di rimediare alla tua delusione dandoti la lezione che meriti-.
-Vedi Will…- commentò Byron divertito -Questi sono i modi di fare che infastidiscono le persone, non i miei- e quasi a mettere il punto a tale battuta Byron venne avvolto da una luce rossa e in breve si trasformò in una palla chiodata nera del diametro di 50 cm, armata con degli spuntoni conici lunghi 10 cm di colore rosso, agganciata tramite una catena alla caviglia destra di Vittorio.
Il Medico della Peste guardò William con stupore prima di scoppiare a ridere -Ahahah, non farmi ridere! Ti sei messo in catene come dichiarazione di resa? Pensavo che dopo aver dato tanta aria alla bocca avreste fatto qualcosa, non che vi sareste arresi così, di punto in bian…- ma la parte finale della frase gli si strozzò in gola quando vide il ragazzo scattare verso di lui senza esitazione arrivando a poggiare il mano della mano destra contro il suo ventre.
-Scarmiglione!- urlò a quel punto l’Artigiano andando a emettere un’Onda dell’Anima di potenza sufficiente a scaraventare il killer contro una parete dell’edificio. Questi cadde a terra in ginocchi ma presto si rimise in piedi -Come cazzo… Come cazzo fai a muoverti così velocemente con quel peso al piede…-
-Vedi, il mio partner e io, possiamo variare la lunghezza della catena che ci unisce in base alla risonanza delle nostre anime- spiegò William, come se si trovasse davanti a un bambino curioso, mostrando come Byron in forma palla chiodata fosse rimasto fermo nel punto esatto in cui aveva assunto quella forma e come la catena che lo congiungeva alla caviglia di lui si fosse allungata di un metro circa -Quindi io sono libero di muovermi come voglio-.
-Capisco…- sibilò il Medico della Peste -Così facendo però rimani scoperto a un attacco frontale!- e senza perdere tempo si scagliò addosso al ragazzo sguainando un pugnale che stillava la stessa sostanza verdognola osservata dai due in precedenza.
-Io credevo di essermi spiegato piuttosto bene…- sospirò William e in quello stesso istante catena che lo univa a Byron si accorciò di colpo attirando così a gran velocità la palla chiodata verso di lui che, al momento giusto, mosse la gamba destra verso l’alto in modo che la palla seguisse una traiettoria simile andando a disarmare l’avversario -Variare la lunghezza della catena che ci unisce vuol dire che possiamo anche accorciarla- sottolineò vedendo arretrare il Medico mentre bofonchiava -Bastardi…-
-Will- iniziò a dire Byron la cui voce proveniva proprio dalla palla chiodata che ora si trovava nuovamente accanto all’Artigiano -Questo mi ha stufato… Possiamo finirla in fretta?-
-D’accordo Byr- asserì lui e allora prese con la mano destra la catena che li univa.
-Anime in risonanza- urlarono i due all’unisono ed ecco che sulla cima di ogni spuntone della palla chiodata si accese una piccola scintilla e da esse scaturirono fiamme che andarono ad avvolgere l’intera fera con fare bramoso e minaccioso; fu allora che William, servendosi della catena, lanciò la sfera fiammeggiante verso l’alto.
-Cosa diavolo…- riuscì solo a domandarsi il killer mentre osservava la scena.
Byron in forma di sfera fiammeggiante, dopo aver raggiunto l’altezza massima concessagli dalla forza di William, iniziò a discendere e, non appena si trovò all’altezza della spalla del compagno, questi lo colpì con un’Onda dell’Anima e nuovamente all’unisono i due gridarono -Rubicante!- La forza impressa dall’Onda dell’Anima di William fece schizzare Byron in avanti a una velocità spaventosa, mutando il colore delle fiamme in cui era avvolto in un nero corvino e portandolo a colpire il Medico della Peste prima che lui potesse fare alcunché; questi venne avvolto dalle fiamme che lo consumarono rapidamente lasciando di lui solo le vesti e un’anima rossa fluttuante.
In quel momento Byron riacquisì la propria forma umana e vedendo i lasciti del killer rivolse uno sguardo a William -Perché hai modificato le fiamme di modo che briciassero solo il suo corpo e non gli abiti?-
-Una piccola premura- spiegò il ragazzo mentre si avvicinava agli indumenti del deceduto -In questo modo posso controllare se aveva con sé qualcosa di rilevante-
-Ah… Capisco…- disse l’altro con fare quasi dovertito -Ma facciamo che mentre te ti preoccupi di ispezionare le vesti di quel tizio i mi pappo la sua anima ok?- e senza aspettare conferma da nessuno -Pancia mia fatti capanna!- esclamò spalancando la bocca e divorando l’anima in un sol boccone per poi ruttare rumorosamente in segno di trionfo -E con questa siamo a 89!-
William intanto continuava a ispezionare gli abiti dell’altro non trovando alcunché di particolare fino a che non sentì qualcosa di metallico in una tasca interna del mantello del medico, con cautela sfilò l’oggetto rivelando la sua natura: un detonatore. Gli occhi di William si riempirono di terrore nel constatare che questi era stato premuto in precedenza probabilmente quando il killer aveva capito che per lui era finita -Byron…- disse l’Artigiano con un filo di voce cercando di richiamare l’attenzione dell’amico ma tutto fu inutile: una serie di esplosioni distrussero il pavimento sotto ai loro piedi lasciandoli così cadere verso un baratro oscuro che si sarebbe concluso in un tonfo incapace di presagire alcunché di buono.

   
 
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