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Autore: Martin Eden    07/08/2021    1 recensioni
Ciao a tutti! Dopo anni di latitanza, mi è venuta voglia di tornare su questo Fandom, che ho tanto amato...e lo faccio con una vecchia storia LOTR che ho ripreso in mano ultimamente, dopo aver rivisto i film della trilogia de Lo Hobbit...mi è venuta voglia!
Scommetto che molti di voi, come me si sono posti questa domanda: ma Legolas e Aragorn dove si saranno conosciuti?! :D
Questa fanfiction cercherà di dare una risposta...allora voi leggete e commentate! :)
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aragorn, Legolas, Thranduil
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Compagni di Sventura'
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Aragorn

 

L’elfo avvertiva un bisogno sfrenato di riprendere la sua marcia: lontano da lì, lontano dai suoi ricordi, lontano da chiunque. Lo riconoscevo dai suoi gesti, dalla sua smania sempre più visibile sotto la pelle, dietro agli occhi.

Era giunto per lui il momento di andare.

Non avevamo più avuto screzi, ma qualcosa ribolliva ancora nella sua pentola, e potevo ben immaginare di cosa si trattasse. Del resto, anche la mia ribolliva di domande mai pronunciate, di dubbi intensi come colori al tramonto, come non ne vedevo da anni nelle fosche Terre del Nord. L’ultimo raggio di luce nella mia vita era stato proprio quell’elfo, che era piombato come un fulmine a ciel sereno e aveva scombussolato il mio equilibrio e quello dell’accampamento. Non solo per i suoi modi di fare, così regali e al tempo stesso plebei, ma anche per quell’aura magica che si portava appresso, oltre al mistero fitto fitto che lo circondava. Più lo osservavo, più avevo desiderio di nascondermi alla sua vista penetrante, geloso più che mai della mia identità e di quello che per lui poteva significare.

Avevo resistito finché si era stancato. Fu un sollievo per me vederlo fare fagotto e allontanarsi a testa alta, con una postura da vero cavaliere, o da vero re. I miei sospetti - quelli che non erano mai passati, quelli che non avevano mai trovato risposta - crescevano ad ogni passo che lo portava via da me.

Forse non avrei mai più avuto modo nella vita di chiederglielo, ma davvero morivo dalla voglia di conoscere il suo vero nome.

Uno dei miei guerrieri mi si avvicinò intanto che seguivo meditabondo l’ombra che l’elfo si lasciava alle spalle mentre spariva pian piano nella foschia. Guardò anche lui nella stessa direzione, con addosso un’espressione per niente convinta.

Eravamo in molti a nutrire non pochi dubbi su quell’elfo.

- Seguitelo.- mi sorpresi ad ordinare, all’improvviso – Chiama Rembrandt e portalo con te. Dovete partire prima che scompaia del tutto.-

Era stata una decisione affrettata e quasi inconsapevole, nonché potenzialmente dannosa. In teoria, non avevo uomini da impiegare in simili inseguimenti; in pratica, stavo infrangendo tutte le mie regole. Ma se c’era una possibilità di scoprire qualcosa, non era certo stando con le mani in mano, chiusi dentro l’accampamento.

- Subito, Grampasso.-

Prima che sparisse anche lui, precisai:

- Non fategli del male. Lui non ne ha fatto a noi. Solo, tenetelo d’occhio finché non avrà rivelato la sua vera identità e le sue vere intenzioni.-

Il mio fido guerriero intese perfettamente che cosa mi premeva al cuore.

- D’accordo.- disse, e corse a chiamare Rembrandt.

 

Mi avevano avvertito di una nuova visita nel pomeriggio. Avevano avvistato un cappello grigio che si muoveva con discreta lentezza tra le asperità: un vecchio con un bastone. Dalla descrizione accurata dei miei uomini, avevo capito subito che poteva trattarsi solo di Gandalf, lo Stregone Grigio, mio grande amico e mentore da decenni. Probabilmente era venuto per me.

Ero felice di rivederlo.

Lo aspettai all’accampamento, dove la sua alta e magra figura comparve presto, scortata dai miei guerrieri. Su di loro svettava con insolita alterigia, benchè non ci fosse traccia di essa nell’animo di Gandalf. Si lasciò condurre docile come un agnello fino al mio cospetto, mostrandosi gentile con tutti. Dai suoi gesti, tuttavia, intuii una certa apprensione.
Aveva urgente bisogno di conferire con me.

- Gandalf!- lo chiamai, mentre mi muovevo nella sua direzione – Gandalf!-

Quando si voltò e mi vide anch’egli, un sorriso benevolente gli si aprì sul viso:

- Aragorn, quanto tempo!- esclamò.

- Sei sempre lo stesso. – replicai io, raggiungendolo e abbracciandolo.

Rise. Adoravo il suono della sua risata: mi ricordava quella di mio padre. Immaginavo che, se fosse vissuto, avrebbe avuto quella voce quasi gracchiante, come di uno che la sa lunga, ma non vuole raccontartela. Sognavo, quando vedevo Gandalf e i suoi capelli argentati, e mi auguravo di poter vivere abbastanza a lungo per giovare di una saggezza anche infinitesima rispetto alla sua, purchè fatta della stessa pasta.

Ma lui era bravo a farmi tornare alla realtà, sempre troppo presto.

Mi guardò in viso e improvvisamente si fece serio:

- Sono qui per avvertirti.- mi disse, cingendomi le spalle con un braccio – Portami dove possiamo stare tranquilli.-

Ordinai ai miei uomini di tornare liberi dai ranghi e lo condussi personalmente alla mia tenda. Era l’unico luogo lontano da orecchie indiscrete, l’unico dove potessi rifugiarmi in cerca di idee, oppure di riposo.

Gli proposi di accomodarsi, ma declinò con fervore l’offerta. Lo vedevo piuttosto nervoso: era chiaro che preferiva passeggiare su e giù, come era solito fare quando non aveva ancora trovato una soluzione agli innumerevoli enigmi di cui si faceva carico.

Io mi sedetti, invece, di fronte a lui.

- Hai sentito degli orchetti?- esordì il mago, degnandomi finalmente di uno sguardo.

- Certo. Li ho anche incontrati. E li ho anche sgozzati, se è per questo.- mi vantai.

Lui scosse la testa:

- Non sono i soliti orchetti, Aragorn.- continuò, senza darmi la benchè minima soddisfazione – Sono una nuova specie di creature immonde. Sono più forti, più robusti e sbucano a migliaia come da un formicaio. Il Male si sta risvegliando e noi non sappiamo perché: nella Terra-di-Mezzo sono tutti sul chi va là, specialmente dopo che anche il colle di Dol Guldur ha ripreso a borbottare.-

Quel nome suscitò in me un forte sgomento: nessuna creatura nata dalle viscere di Dol Guldur era mai stata facilmente battuta sul campo di battaglia.

Fui come risvegliato da una specie di torpore, mentre la foga di Gandalf mi risucchiava in un’altra ridda di parole:

- Viaggiano accompagnati – ansò – da schiere di altre progenie del Male: Lupi Mannari, Vermi Mangiaterra, Troll e Draghi. Oh Valar, mancano solo i Balrog e mi sembrerebbe di tornare a secoli fa, quando la Terra-di-Mezzo assisteva atterrita alla disfatta dei Noldor e di Gondolin.-

La memoria di quei racconti mi agitava. Mi mossi, a disagio, mentre la mia mente si sforzava di elaborare un piano d’attacco il più in fretta possibile.

- Dobbiamo fare qualcosa.- sentenziai.

- Assolutamente.- annuì Gandalf – Nella Terra-di-Mezzo, poche armate di elfi, nani, uomini e altre creature coalizzate hanno appena sconfitto le forze dell’Oscurità vicino al monte di Eregon, non senza gravi perdite. Ma ci sarà bisogno dell’aiuto di tutti quanti noi per salvare il mondo. - mi guardò eloquentemente - Aragorn, è ora che tu abbandoni il comando di questo manipolo di soldati, lasciandolo a un tuo fedele, e tu mi segua nella Terra-di-Mezzo. Andremo da Re Elrond, tanto per cominciare, e lì decideremo il da farsi.-

Ero spaventato da quelle parole. Doveva avermelo letto in faccia:

- Abbiamo bisogno di te, Aragorn.- mi ricordò ancora una volta – Tu sei predestinato. Come lo sono stati i tuoi avi, prima di te. Il tuo momento è giunto.-

Sentii le lacrime che mi pungevano ai lati degli occhi. Nel tentativo di nasconderle, mi presi la testa tra le mani.

Il momento era infine giunto.

L’avevo sempre saputo, fin da quando ero bambino, che prima o poi sarebbe arrivato. La mia vita non era stata altro che una lunghissima preparazione a questo istante: un duro allenamento per scolpirmi i muscoli e la mente, in modo da poter affrontare la sfida che il mio sangue portava con sé dai tempi della Caduta degli Uomini.
Avevo addosso tutto il peso di quegli anni, ma non mi sentivo veramente pronto.

Forse perché non si è mai veramente pronti ad affrontare certe battaglie.

Mi riscossi. Non era da me soccombere in quel modo. C’era un’unica maniera per uscire vivo da quella tempesta, ed era attraversarla con la spada sguainata e gli occhi di fuoco, come mi avevano insegnato i miei maestri. Con la consapevolezza di non essere uno tra i tanti, ma di incarnare la speranza di tutti i popoli sotto un unico stendardo.

Quei pensieri mi rinvigorirono.

Mi alzai, più risoluto. Gandalf mi guardava con curiosità, finché una luce di comprensione gli si accese negli occhi. Sorrise.

- Ora ti riconosco, Aragorn.- annunciò – Sei il degno figlio di tuo padre.-

Senza dir nulla mi diressi verso l’entrata della tenda. Improvvisamente sapevo cosa fare: tutti gli antichi meccanismi si erano riaggiustati e rimessi i moto, e il tempo che volava inesorabile veniva di nuovo canalizzato nel minuscolo orologio nella mia testa. Non c’era un minuto da perdere.

Gandalf tossicchiò rumorosamente, ma io non ci feci caso più di tanto. Una mia mano era già sulla stoffa logora di quella che sarebbe stata la dimora di qualcun altro, in mia assenza. Magari di Bjorn.

Dovevo assolutamente parlare con lui di tutta questa faccenda e della mia imminente partenza.

- Mi permetti un’ultima domanda, Aragorn? - il mago mi fermò quando stavo per varcare la soglia.

Mi voltai e gli feci rapidamente un cenno di assenso, anche se mi sembrava avessimo parlato ormai di tutto e toccasse solo agire.

Gandalf si pizzicò distrattamente la radice del naso:

- Hai forse incontrato un elfo, sulla tua strada, recentemente?-

Il sangue mi salì improvvisamente alla gola e me la chiuse. In un battibaleno, il mio incubo ritornava. I dubbi ritornavano.

Gli unici a non tornare erano stati i miei uomini.

Gandalf si accorse facilmente del mio turbamento:

- Tu lo hai visto.- rincarò la dose, molto sicuro di sé.

Deglutii faticosamente. Molte domande affollavano la mia mente ora:

- Ho visto un elfo.- lo fronteggiai – Ma tu come lo sai?-

- Non lo sapevo.- Gandalf si dondolò faticosamente da un piede all’altro – Ma immaginavo che sarebbe passato di qua.-

- Chi è?- ruggii, quasi senza volerlo – Lo conosci?-

Gandalf fece un sorriso ambiguo:

- E’ forse alto, biondo, corpo atletico, con carattere da vendere?-

Ero sbalordito. Non potevo credere che stavamo parlando sul serio della stessa creatura. Eppure quella descrizione calzava a pennello. Gandalf doveva saperne molto di più di quanto non mi avesse detto, era evidente. E io dovevo farmelo dire, a tutti i costi.

Prima che potesse essere troppo tardi.

- Sì.- acconsentii.

La mia sete di sapere doveva essergli giunta forte e chiara, oppure la mia faccia appariva ridicola viste le circostanze, perché scoppiò a ridere:

- Vorresti raccontarmi cosa è successo?- si informò.

- Cosa ha a che fare con te?- lo aggredii tutto d’un fiato.

Non l’avevo fatto apposta, ma cominciavano a essere troppe cose e tutte insieme, e tutte a mia insaputa. Avevo in mente di dover proteggere la mia gente e mi lasciavo abbindolare dagli eventi? In virtù di cosa? E per quale motivo dovevo addossarmi tanta fatica in più per capire?

Volevo una spiegazione. Pretendevo una spiegazione.

Fosse stata l’ultima cosa che facevo.

- Calmati.- cercò di rabbonirmi Gandalf – Non è niente di grave.-

Non dissi niente, per evitare altre brutte figure. Ma ero teso, non poco.

Il mio amico mi invitò a sedermi:

- Forse è il caso che ti racconti la storia dall’inizio.- esordì, mentre io ubbidivo al suo ordine.

- C’è una storia da raccontare?- chiesi, sarcastico.

Lo stregone non ci fece caso, e continuò:

- Se ti ha impressionato davvero come credo...- disse – quell’elfo dev’essere senz’altro il principe Legolas.-

- Principe?- ripetei. Ero esterrefatto.

- Sì...- Gandalf sorrise – Legolas Verdefoglia, figlio di re Thranduil, erede al trono al regno di Bosco Atro.-

Facevo fatica ad articolare le parole:

- Aveva detto di chiamarsi Fadhel…- biascicai.

- Un po’ di accortezza non ha mai ucciso nessuno, anzi, ha salvato la vita a molti.- mi fece notare Gandalf, forse sorpreso dalla mia immaturità.

- Sapevo che non mi stava dicendo la verità!- sbottai, battendo un pugno sulla mia coscia – Dopo tutto quello che ho fatto per lui!-

Gandalf rizzò le orecchie:

- Che cosa è successo?- si fece serio in un attimo.

Così gli raccontai tutto: da quando avevo trovato l’elfo mezzo morto nel bosco a quando se n’era andato via. Gli raccontai anche del primo incontro, quello in cui per poco non ci eravamo ammazzati.

Più andavo avanti a raccontare più mi pareva assurdo il tutto, come se rivivessi un sogno al contrario. Ancora di più mi chiedevo come non avessi potuto accorgermi di nulla.

Avrei dovuto capirlo. In effetti, l’avevo sospettato. Dai vestiti, dalle armi, dalla perfezione con cui si muoveva nel combattimento...com’ero stato stupido!

Gandalf ascoltava con il fiato sospeso. In particolare, trattenne il respiro quando gli dissi delle condizioni in cui aveva versato l’elfo; infine, tirò un sollievo quando gli confermai che si era rimesso perfettamente, oserei dire quasi nuovo.

Pareva preoccupato più per lui che per me.

- Dov’è ora?- osò chiedermi in un momento di pausa.

- Perchè è così importante?- ribattei, furioso più con me stesso che con lui – Non dev’essere troppo lontano. Gli ho messo degli uomini alle calcagna.-

Lo guardai intensamente. Ero stanco di aspettare.

- E’ anche per lui che sei venuto, Gandalf?-

- Oh no – disse – Legolas non ha bisogno di una balia che si interessi a lui!

(avrei detto il contrario)

ma essendosi distinto assai in guerra, avrei avuto piacere di sapere a quale fine fosse andato incontro, così da solo. L’ho visto allontanarsi di buon passo dai campi di cadaveri, con in viso un adombro che non mi piacque. Suo padre è stato impenetrabile al riguardo; ma io sono affezionato al suo ragazzo.-

Il tono di Gandalf si era fatto solenne, nonché intenerito:

- Legolas non si è mai tirato indietro. Non si è mai negato a dare un aiuto. Nonostante il suo rango, non ha esitato a schierarsi dalla parte di chi aveva bisogno di aiuto e della giustizia, anche quando ciò ha significato mettersi contro suo padre il re.-

Io ascoltavo con attenzione. Quei fatti erano a me sconosciuti, e la storia alle loro spalle lo era anche di più, ma il timbro di voce che Gandalf usava nel parlare di quell’elfo allietava le mie orecchie in modo inusitato. Il mio amico sembrava essergli molto riconoscente per il ruolo giocato durante la battaglia contro il drago Smaug e quella che ai posteri sarebbe stata nota come Battaglia delle 5 Armate.

Questo Legolas si era distinto per abilità nel combattimento ma anche per umiltà, al contrario di suo padre. Probabilmente perché suo malgrado sapeva che cosa fosse l’umanità, anche nelle sue imperfezioni. Era pur sempre una creatura terrena.

Più ascoltavo, più mi rendevo conto che davvero aveva meritato di essere salvato.

Gandalf sciorinò tutta la storia senza interruzioni, quasi fosse un flusso di coscienza tra sé e sé, incurante di me medesimo, ancora in piedi vicino a lui:

- A buon rendere, potrebbe rivelarsi un prezioso alleato.- erano state le sue conclusioni - So che suo padre l’ha mandato qui a cercarti…e guarda caso, anche io cerco te, probabilmente per lo stesso motivo.-

Un lampo mi attraversò la mente:

- In effetti aveva detto di star cercando Grampasso.- annuii.

Il mago mi osservò di sottecchi. Era stato lui, anni addietro, ad appiopparmi quel nomignolo, e da allora non avevo mai cessato di usarlo.

- Ovviamente tu non gli hai detto nulla.- borbottò, quasi compiaciuto.

Feci un sorrisino indeciso tra il mesto e il vanaglorioso:

- Ovviamente.-

A quel punto, Gandalf scoppiò a ridere:

- Questa è bella! A un passo dall’obiettivo… Non se lo perdonerà mai!-





*N.D.A
Ooooooops! Ma che cosa abbiamo qui?! XD Mi immagino la faccia di Legolas se lo venisse a sapere...ma lo verrà a sapere? Forse lo scoprirete nel prossimo capitolo! Aspetto i vostri commenti :)

  
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