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Autore: Christine_Heart    10/08/2021    2 recensioni
Nessuna risposta, ma Tony non voleva tornare indietro.
[Ironstrange] [SupremeFamily] [Tony Stark AU] [AU] [Spoiler!Endgame]
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Doctor Stephen Strange, Nuovo personaggio, Peter Parker/Spider-Man, Sorpresa, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ti amo 3000'
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Capitolo 1
 
Tony sorrise ad un'altra persona che non conosceva e che non sapeva che cosa facesse a quella festa, ma infondo non era stata una sua idea, lui era un ospite ed era lì solo per bere qualcosa di decente al bar. Fece un cenno al barista e si fece servire uno scotch whisky. Si appoggiò al bancone sorseggiandolo con calma e osservando i presenti, quando un vestito blu attirò la sua attenzione. Un'attimo, solo quello, ma del vestito non c'era nessuna traccia. Scosse il capo indispetitto. Tornò al bar e al suo drink. Lo agitò con troppa fretta, e un po' di alcool si verso su uno smoking bianco seduto al suo fianco. Tony si scusò senza troppo entusiasmo. 
"Nessun problema, è solo uno smoking da..." due occhi azzurri fulminarono l'uomo con il pizzetto al suo fianco, ma riconoscendo chi fosse, Stephen fermò il suo commento acido. 
"Nessun problema" disse infine prendendo un fazzoletto e tamponando sulla macchia.
"Ci conosciamo?" chiese Tony incuriosito .
"Io sicuramente conosco lei, Signor Stark." 
"Mhm, ottima risposta." disse Tony divertito.
"Stephen Strange" si presentò l'uomo in bianco.
L'uomo allungo la mano che venne stretta con un sorriso.
"Posso offrirti qualcosa, per scusarmi?" domandò Tony gentile.
"Già fatto." disse Stephen mescolando il suo drink scuro.
"Ma grazie." sorrise.
"E' qui da solo?" continuò Tony.
Per qualche strana ragione, non voleva far finire quella conversazione.
"No, ho accompagnato un collega, che a proposito..."
Stephen si sentì chiamare, voltò il capo e sospirando fece cenno all'amico che l'avrebbe raggiunto tra un minuto. 
Finì il suo drink lasciando il bicchiere vuoto sul bancone sopra un fazzoletto di carta.
"Buona serata Signor Stark."
"E' stato un piacere."
"Piacere mio, Signor Strange."
 
Capitolo 2
 
Otto del mattino, e davanti Starbucks c'era la solita fila di persone.
Tony non aveva fretta, aspettò con calma e una volta fatto il suo ordine, notò che ad un tavolo lì vicino, era seduto una persona che aveva incontrato qualche sera prima. Si avvicinò schiarendosi la voce. Stephen, assorto nel suo giornale, alzò i suoi occhi azzurri, per incontrare quelli castani di Tony.
"Signor Strange, anche lei qui?!" 
"Signor Stark, non credevo fosse tipo da Starbucks." disse piegando in due e mettendo da parte il giornale.
"Oggi sì" scherzò Tony, agitando il suo bicchiere monouso.
"Prego, si sieda, mi faccia compagnia."
Tony accettò di buon grado quell'invito così educato.
"Che racconta di bello il mondo oggi?"
"Il solito." rispose quasi amareggiato Stephen e strinse le dita intorno alla sua tazza di tè. E in quel momento Tony notò le leggere cicatrici che percorrevano l'intera mano. Durante la festa non se n'era accorto, ma ora voleva sapere.
"Posso chiedere com'è successo?" chiese garbato.
"Incidente d'auto." rispose vago Stephen.
"Guidavo con troppa fretta durante un temporale, e sono uscito fuori strada."
Sollevò la mano sinistra, e allungò per bene le dita.
"Le mie mani non smettevano di tremare."
"Mi prende in giro?"
"No, niente affatto, è la pura verità."
"Eppure..." provò a capire Tony.
"Sono migliorato molto da quanto è accaduto." affermò Stepehn prendendo la tazza e avvicinandola alle labbra senza alcuno sforzo.
Tony avrebbe voluto capire meglio, ma gli sembrava scortese insistere in quel momento.
"Vivi da queste parti?" chiese invece.
Era passato al tu senza neanche rendersene conto, e stava per replicare con una scusa, quando Stephen rispose gentile senza scomporsi.
"Sì, abito e lavoro qui."
Sembrava non importagli quella mancanza di cortesia, anzi l'aveva quasi apprezzata, forse era più facile conversare senza i convenevoli.
E passarono così l'intera mattinata, seduti ad un tavolino di un cafè, in una bella giornata a conoscersi meglio.
 
Capitolo 3
 
177A Bleecker Street NY
 
Tony aveva iniziato a trovare piacevole le sue uscite con Stephen.
E da quando si erano scambiati i numeri di cellulare si sentivano di tanto in tanto, per qualche consiglio, per un saluto o semplicemente per parlare.
Ma quella sera,Tony  aveva bisogno di qualche cosa in più.
I suoi piedi si fermarono quasi per magia davanti ad una porta che ormai conosceva bene. Avrebbe riconosciuto quella abitazione in stile vittoriano, con quella particolare finestra che trovava meravigliosa ovunque.
Strange gli aveva detto che era il benvenuto, che poteva presentarsi in ogni momento, e che se lui non era presente, avrebbe trovato di sicuro Wong, suo amico e fedele servitore. Beh, Tony stava per essere colto di sorpresa, perchè Wong non era in casa, ma la porta si aprì lo stesso.
"E' permesso?!" disse entrando con un passo.
"Stephen?!" chiamò chiudendosi la porta alle spalle.
Nessuna risposta, ma Tony non voleva tornare indietro.
Decise di aspettare, e poggiò il sacchetto del Burger King sul tavolino lì vicino. 
Sospirò affranto, e prese il cellulare dalla tasca interna della giacca di pelle.
Iniziò a scorrere sovrappensiero la rubrica quando...
"Che cosa ci fai tu qui?" domandò sorpreso Stephen, mentre un portale dorato arancio si chiudeva rapido. Si tolse il mantello rosso dalle spalle, che in un'attimo, prese a svolazzare contento sopra le loro teste.
Tony era stato messo al corrente del vero lavoro dell'amico, e come lui aveva accettato l'idea di avere per amico un uomo di ferro che aiutava il prossimo e che nel frattempo aveva finanziato un'istituto per giovani menti brillanti, le Stark Industries, Tony non aveva trovato impossibile avere per amico un vero e proprio stregone. Tony scosse il capo, e pensò in fretta a cosa dire.
"Ho lasciato l'armatura a casa, basta con i crimini oggi." 
Deglutì quasi imbarazzato, e subito aggiunse:
"Volevo solo fare due chiacchiere con un amico." 
Affermò indicando la busta della cena.
Stephen sorrise, quasi rilassato dopo quanto sentito.
"Dammi un secondo, vorrei cambiarmi se non ti dispiace."
"Certo...fai con com..."
Stephen annuì riconoscente, poi con un movimento fluido delle mani, la sua "divisa" da stregone si trasformò in un abito casual, adatto per stare dentro casa.
"Accomodati pure." disse facendogli cenno con la mano.
Tony non aveva ancora capito come faceva, ma trovava la cosa incredibile, ed estremamente elegante. Prese posto come gli era stato chiesto, e senza troppe cerimonie, prese il suo cheeseburger. Lo scartò con calma ed iniziò a mangiare.
C'era uno strano silenzio. Le loro cene non erano mai state così vuote, erano sempre un'occasione di scambio o di curiosità.
"E' successo qualcosa questa sera? Sei così taciturno...non è da te"
Tony accennò un sorriso, e prese un sorso di coca cola.
"Morgan..." disse all'improvviso.
"Come prego?" domandò Stephen rimettendo a posto una patatina fritta.
"Mi sembra un nome così familiare."
"Conosci qualcuno che si chiama così?"
"No, non mi risulta."
"Allora..."
"Sto facendo sogni strani ultimamente, e non so il perchè."
Disse tutto d'un fiato Tony interrompendo Stephen.
"Sogni di che genere?"
"Del genere che ti tengono sveglio la notte."
"Vuoi parlarne?"
"No, non adesso."
"Ed io come posso aiutarti?"
"Raccontami che cosa hai fatto oggi. Le tue avventure sembrano più impossibili dei miei assurdi sogni di morte."
"Molto bene. Mettiti comodo."
Stephen finì di mangiucchiare la sua patatina fritta, ed iniziò a raccontare.
Era un bene per Tony e un peso in meno per lui.
 
Capitolo 4
 
"Scusa il ritardo." sentì dal fondo della strada.
Tony notò un uomo alto, con un maglioncino blu, una cappotto nero che lo faceva sembrare più slanciato, pantaloni neri con scarpe abbinate che lo salutava con la mano. Sembrava felice, e le foglie autunnali erano una bella cornice in quel momento. Tony sorrise, e sistemò il colletto del suo cappotto nero, ben chiuso sopra la camicia bordeaux che indossava.
"Non ti preoccupare, sono appena arrivato." rispose Tony alzandosi dalla panchina. Non era vero, stava aspettando lì da dieci minuti, ma non gli importava. Stephen gli aveva detto che di tanto in tanto andava in pediatria per dare una mano. Aveva studiato tanto per diventare medico, e non voleva buttare via la sua laurea, diceva ridendo. Quello era uno di quei giorni. Si erano dati appuntamento, ma Stephen alle volte perdeva la cognizione del tempo. Strano ma vero.
"Scusami, ma alle volte mi perdo anch'io." scherzò, e senza nulla aggiungere, poggiò una mano sulla spalla di Tony e gli baciò le labbra.
Un bacio semplice, non troppo lungo, un tocco appena, ma gradito.
Era successo in una notte. Avevano deciso di uscire per un drink, si erano ritrovati sotto la pioggia, e per evitare altra acqua si erano riparati sotto la tettoia di cinema ancora aperto, ma privo di folla, forse tutti erano già dentro a godersi il film.
Avevano il fiato corto, per la corsa. Stephen si passò una mano tra i capelli bagnati, mentre Tony scompigliava i suoi spargendo goccioline ovunque.
Risero divertiti, poi rapido come un fulmine, in una sequenza veloce, Tony afferrò il polso di Stephen, si allungò verso di lui, e gli sfiorò le labbra. 
Chiusero gli occhi, e tutto si fermò.
Una volta lontani, Tony sentì le guance colorarsi di rosso. Troppo tardi aveva capito che cosa aveva fatto. Provò a dire qualcosa, ma non ci riuscì. Stephen in tutta risposta, scosse la testa, e corse via, di nuovo sotto la pioggia. Pochi secondi e non era più visibile. Tony rimase lì da solo, a maledire il suo istinto.
Da quando era successo, e da quando avevano parlato, era stato così facile accettare la situazione, così normale, e ora che erano mano nella mano, fianco a fianco lungo il sentiero di Central Park, non c'era imbarazzo. Se prima si preoccupavano di sguardi indiscreti, ora l'idea di essere solo loro due, era l'idea più semplice e bella di tutte. 
 
Tony amava la presenza di Stephen nella sua vita. 
E ormai aveva deciso.
L'avrebbe fatto, a costo di perdere tutto.
 
"Ti ho detto in che punti della casa potevi andare, ma il tetto mi sembra un po' troppo." si lamentò Stephen salendo le scale per raggiungere Tony, già seduto sul tetto con gli occhi puntati verso il cielo.
"A me invece sembra perfetto."
"Perchè?" chiese Stephen sedendosi al suo fianco.
"C'è una vista spettacolare questa sera."
"E le stelle non sono mai così visibili a New York."
Stephen si appoggiò a Tony. La testa contro la sua spalla.
"Ti stai offrendo di portarmi tra le stelle?" chiese in un sussurro.
"Posso anche farlo, ma..."
"E se ti offrissi anche altro?"
"Che cosa vuoi dire?" domandò Stephen distratto.
Tony frugò nella sua tasca, poi un riflesso dorato, si confuse con il brillare delle stelle in cielo. Stephen si spostò da Tony frastornato.
"Cosa vuol dire?" quasi balbettò Stephen.
"Credo che sia piuttosto ovvio, non trovi." sorrise Tony insicuro.
Stephen ci mise un secondo a capire, e rimase a bocca aperta. Non sapeva cosa dire, era stata una dichiarazione così strana e improvvisa.
Tornò a guardare le stelle con gli occhi lucidi, e respirò a fondo.
"Non sei obbligato a rispondermi subito."
"Hai tutto il tempo per pensarci."
Pensarci.
Stephen ci aveva pensato.
E in quella notte, in quel momento prese la mano di Tony.
Una risposta sicura e silenziosa. 
 
Capitolo 5
 
Tony si chiuse la porta alle spalle, e la sua attenzione venne subito catturata da un foglietto sospeso a mezz'aria.
Lo prese senza paura, e lesse al suo interno.
Chiedeva solo di seguirlo. Il foglietto volò via, e una farfalla blu prese il suo posto.
Svolazzava di qua e di là in attesa di un suo passo.  
La piccola guida lo accompagnò fino alla giusta destinazione, poi sparì attraverso una porta.
Sulla maniglia di quella porta c'era un altro biglietto.
Aprimi. Tutto qui, non diceva altro.
Tony sorrise, e eseguì l'ordine.
Si ritrovò di fronte ad un portale che continuava a girare su se stesso.
Assomigliava tantissimo ad uno di quelli che Stephen attraversava in continuazione. Probabilmente lui era abituato, ma per Tony era la prima volta, e anche se l'aveva visto fare così tante volte, non era tranquillo.
Tony deglutì ed infilò una mano.
Sparì dalla sua vista, ma poteva ancora sentirla.
La mosse un paio di volte, e una volta certo che fosse rimasta attacata al polso, Tony attraversò la porta ad occhi chiusi. 
Sicuro di essere ancora vivo, sentiva qualcosa scendere sul volto, li aprì.
Neve.
Fiocchi distinti volteggiavano intorno a lui.
Il cielo era leggermente grigio, e la neve scendeva lenta.
"Ce l'hai fatta." si sentì dire.
Abbassò lo sguardo. 
Stephen era lì, con una divisa diversa da quella che conosceva.
Aveva un bastone in mano, e un riconoscibile Sling Ring tra le dita.
Disse qualcosa al ragazzino che gli stava di fronte, poi s'inchinò davanti a lui, e lo lasciò libero di andare. Seguì il ragazzino con lo sguardo fino ad un'altra figura, che annuì, poi guardò Stephen e fece lo stesso. Stephen chinò il capo e si avvicinò a Tony con passo sicuro.
"Dove siamo?" chiese Tony immobile.
Aprì le mani per accogliere qualche fiocco di neve.
"A Kamar-Taj" rispose sicuro Stephen.
"Quindi?"
"Himalaya"
"Certo..." 
"E' un luogo vero?"
La reazione di Tony fece ridere di gusto Stephen, che lasciò il bastone al suo giusto posto prima di aggiungere:
"Vieni, andiamo dentro."
Gli poggiò una mano sulla spalla e l'accompagnò all'interno del tempio.
Tony si guardò attorno, soffermandosi sulle tegole in legno.
Il tempo di voltarsi verso Stephen per una domanda,e lui si era già cambiato. Adesso indossava comodi pantaloni di una tuta grigio scuro, una maglietta a mezze machine grigia chiara, e una felpa nera. 
"Che c'è?" chiese curioso Stephen.
Tony sbattè due volte gli occhi. Ancora non si capacitava della velocità con cui Stephen si cambiava d'abito, ed era sempre così appropriato.
"Perchè mi hai fatto venire qui?!" chiese infine.
"Non dirmi che lo stregone, voleva una scusa per saltare la scuola?!" lo punzecchiò. Stephen rise divertito scuotendo il capo.
"No, voleva una scusa per stare insieme."
"Volevo renderti partecipe di una parte della mia vita."
Parte della mia vita. Tony faceva ancora fatica con quel concetto.
"Ti piace?" chiese mentre passeggiavano tra i corridoio caldi.
"Cosa?" domandò Stephen senza capire.
"Stare qui?"
"Non mi dispiace, mi ha salvato la vita."
"Ma preferisco il mio Sanctum Sanctorum"
"E ti piace insegnare a quel ragazzino."
"Sto imparando ancora io, ma è gratificante."
"Perchè questa domanda?"
"Non dirmi che sei geloso?" lo provocò Stephen.
"Cosa?! No!" rispose subito Tony, 
"Ne sei sicuro?!" domandò Stephen avanzando verso di lui.
"Sì, lo sono." rispose Tony appoggiando la schiena contro una porta.
"No, davvero..."affermò Tony guardandolo negli occhi con sorriso dolce e complice sul volto. Stephen contraccambiò quel sorriso, gli prese le mani, e gli baciò le labbra. Senza paura di essere visti, senza alcun timore. 
Una bacio sincero e voluto.
"Stai tranquillo, è troppo piccolo per me." scherzò Stephen baciandogli la punta del naso. Tony scosse il capo ridendo.
"E' la tua stanza?" domandò poi Tony indicandola col capo.
"Mhm, la vuoi vedere?"
 
***
 
Un mese dopo
 
Tony stava lavorando ad un nuovo progetto. Seduto sul divano, spostava le dita su una tavola olografica, girava, ingrandiva o modificava piccoli oggetti di colore azzurro, colore che gli si rispecchiava negli occhi e sul volto.
Sentì uno spifferò d'aria e senza nemmeno voltarsi chiese:
"Stephen sei tu?"
"Sì Tony" rispose seccato Stephen.
"Quante persone conosci che entrano in casa senza usare la porta?!"
Tony alzò un sopracciglio, e sentì Stephen avviarsi verso la loro camera.
Ne sbucò poco dopo, cambiato e con un'asciugamano di spugna dietro il collo.
"Scusa per la battuta." disse sedendosi sul divano.
"No, era simpatica." rispose Tony guardandolo in viso.
"Giornata lunga?" domandò poi.
"Tu non ne hai idea." rispose poggiando l'asciugamano sul bracciolo.
Stephen sembrava veramente stanco quella sera, e Tony decise di essere franco da subito, vista la situazione.
"Se vuoi non andiamo."
"Dove?" domandò Stephen disorientato.
"Il tuo amico John." iniziò con calma.
"Ci ha invitati a quell'evento di beneficenza da lui organizzato ricordi?!"
"E' per sta sera?"
"Proprio questa sera sì."
"L'avevo completamente dimenticato." rispose sconfortato Stephen.
"Possiamo non..."
"No, andiamo." disse alzando una mano in segno di stop.
"Fammi solo chiudere gli occhi per qualche secondo."
Si sdraiò senza aggiungere altro, e appoggiò la testa sulle gambe di Tony.
"Ti dispiace?"
"No, lo sai che non mi dai fastidio."
"A che cosa lavori?"
Tony iniziò ad illustrare la sua idea, mentre Stephen ascoltava ad occhi chiusi. Qualche secondo e si addormentò. Tony sapeva che sarebbe andata a finire così, aveva un effetto soporifero. Tornò al suo progetto sulla tavola olografica, anche se l'attenzione di qualche minuto prima era svanita. Gli piaceva sentire Stephen così vicino, gli piaceva come il blu dell'ologramma dipingeva il suo volto e i suoi capelli, gli piaceva sentirlo così rilassato, faceva stare bene anche lui.
Gli spostò delicato un ciuffio dalla fronte, si tirò su le maniche del maglioncino bianco a trecce e riprese il suo lavoro.
 
Sempre quella sera
 
"Tony sei pronto?" chiese Stephen dal bagno, mentre finiva di sistemare il suo papillon e dare un'ultima aggiustata ai suoi capelli.
Stephen uscì dalla stanza senza aspettare risposta. Le sue scarpe eleganti scivolavano morbide sul pavimento. 
"Tony?!" lo richiamò di nuovo.
"Sì, devo solo allacciare la cravatta, e possiamo andare."
Stephen gli fermò le mani, e lo fece voltare verso di lui.
Risistemò la cravatta dietro il collo di Tony, e iniziò a legarla.
"Diventi un disastro, quando vai di fretta." spiegò divertito.
"Sei tu che mi metti fretta." ironizzò Tony con lo stesso tono.
"Adesso è colpa mia?!"
"Beh, sei tu che hai fatto fatica a svegliarti."
"Touchè" annuì Stephen lisciando la stoffa lungo la camicia.
Fece un passo indietro una volta finito.
"Come sto?!" domandò Tony mettendo la giacca.
"Perfetto." rispose Stephen con un'occhiolino.
 
Capitolo 6
 
Da quando Tony aveva preso la decisione di andare a vivere con Stephen, il mondo sembrava più tranquillo.
Anche se gli incubi non erano finiti.
Aveva avuto problemi i primi giorni quando si svegliava nel cuore della notte e Stephen non muoveva un muscolo. 
Ma puntualmente era la sua proiezione astrale a calmarlo.
Stephen gli aveva spiegato che quando necessario, sfruttava anche la notte, mentre il suo corpo riposava, il suo spirito poteva fare altro, come leggere un libro o studiare qualcosa di nuovo. Per quanto Tony all'inizio credeva di parlare con un fantasma, ben presto si abituò a quella situazione, e si fermava a parlare con un "miraggio" pur di sentirsi meglio.
Le cose però erano ben diverse quando Stephen dormiva al suo fianco, per davvero. Stephen sapeva sempre cosa fare. Si svegliava cercando di non sobbalzare a sua volta, ed era sempre pronto ad offrire un abbraccio, una carezza o una parola gentile. Premuroso, attento, sapeva come calmarlo, sapeva cosa dire e come agire, come toccarlo senza alterare la psiche ancora scossa, e se non funzionava, aveva un modo tutto suo per riportarlo indietro, un modo che a Tony non dispiaceva più di tanto.
 
Non c'era verso. Quella notte qualcosa non andava. La sua mente continuava a giocare con lui, e lui non riusciva ad uscire da quel tremendo sogno.
Sussultava e torturava il cuscino, ma non riusciva a calmarsi.
Si svegliò di soprassalto, e nascose il volto tra le mani spaventato.
Voleva riprendere il controllo del suo corpo, ma sembrava non rispondere.
Tremava, il sudore freddo gli scendeva lungo la schiena, e il fiato continuava a mancare. Sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla.
"Tony..." mormoro piano Stephen.
"Tony, va tutto bene?" domandò piano.
Tony scosse il capo, disperato.
"Vieni qui, tesoro."
Tony si nascose tra le braccia e sul petto di Stephen, e Stephen l'abbracciò forte, accarezzandogli la nuca.
"Era solo un incubo, non può farti nulla."
"Respira, piano...tranquillo."
Rimasero fermi in quel modo per un po'. 
Quando Tony provò a spostarsi, Stephen lo lasciò fare.
Il respiro era tornato normale, il tremore si era fermato, ma Tony era ancora visibilmente agitato.
"Meglio?!" chiese Stephen preoccupato.
"I tuoi modi per ritrovare la calma non funzionano con me."
"I miei no, ma i tuoi sì."
Gli prese la mano, e con delicatezza iniziò ad accarezzargli la guancia.
Pian piano poi iniziò a baciargli il collo, piccoli tocchi lenti e controllati, precisi come lo scorrere delle lancette, decisi come solo lui sapeva fare. 
Salì lentamente a baciargli il mento, la barba corta e ben curata, poi arrivò più su, fino alle labbra. Intanto la sua mano era altrove.
Stephen lo spinse giù, tra le morbidezze delle lenzuola senza lasciarlo andare.
 
Il cellulare di Tony non smetteva di squillare.
Si era addormentato da poco soddisfatto e rilassato.
Ma qualcuno aveva deciso di disturbare.
"Sì!" rispose quasi infastidito.
"Signor Stark..." si sentì chiamare.
"Peter, ma lo sai che ore sono?!" lo rimproverò Tony.
Peter non rispose, ma Tony sentì indistintamente il respiro spezzato di qualcuno che aveva pianto o che stava piangendo.
"Stai bene, ragazzino?" chiese ora impensierito.
Peter tirò sul col naso.
"Peter, coraggio parlarmi."
"Non ci sono più Signor Stark."
"Chi?"
"Zio Ben e zia May"
 
Capitolo 7
 
Era stata una lunga notte, e alla fine Tony non era riuscito a dormire.
Stephen doveva essere già al piano di sotto.
Sentiva il rumore e il movimento delle stoviglie.
Si alzò dal letto, ancora frastornato.
Peter era rimasto in ospedale, sotto osservazione. 
Ma era ancora lì da solo.
E Tony era l'unico che sapeva della brutta notizia.
"Stephen..." chiamò sicuro scendendo le scale.
"Buongiorno Tony."
Non era una cosa che faceva spesso, ma quella mattina ne aveva bisogno.
Sì avvicinò al marito, gli strinse la vita, e poggiando il mento sulla sua spalla, gli baciò la guancia sinistra. Stephen sorrise felice, e gli accarezzò le mani.
"Caffè?" domandò soffermandosi sulla fede dorata.
Tony annuì contro la sua spalla.
Non era in vena di battute, niente "nero come la mia anima".
Tony prese posto, sulla sua solita sedia, e osservò il marito di spalle intento a preparare la colazione.
Fiori.
Al centro del tavolo in legno, c'era un piccolo vaso bianco, e ogni mattina al suo interno, fiori freschi. Fiori di campo, dai colori chiari.
Tony non sapeva perchè, era un'abitudine che Stephen aveva preso da dopo il loro matrimonio, ma che non lo infastidiva.
Altri tipi di fiore, fecero breccia nella sua mente.
Doveva dirglielo.
"Hai tempo?" chiese senza pensarci.
Stephen ridacchiò di fronte a quell'ovvietà che il marito non aveva colto.
"Che cosa c'è?" chiese voltandosi e lasciando perdere il caffè.
"Posso parlarti di una cosa?"
"Certo."
Si mise seduto a capo tavola, e tutti gli ingredienti e gli utensili sospesi in aria che Stephen stava usando, in un'attimo e con una lentezza calcolata, si poggiarono in modo ordinato accanto ai fornelli.
Tony sospirò, si passò una mano tra i capelli, poi iniziò a parlare.
Gli spiegò che cosa era successo, come conosceva il ragazzo, come l'aveva trovato brillante e quindi promosso come suo assistente nelle Stark Industries prendendolo in qualche modo sotto la propria ala.
Stephen lo lasciò parlare, senza mai fermarlo, poi rimase in silenzio. 
"Quindi se ho capito bene, tu vuoi adottare questo ragazzo?" disse con estrema lentezza quasi come se fosse confuso.
"Lo so, ti sto chiedendo la luna, siamo sposati da solo un anno, ma non ha nessun'altro, e tutti i suoi amici sono qui, la sua scuola è qui, la sua vita è qui."
"E' un bravo ragazzo, Stephen. Non ti darà fastidio in nessun modo."
"Non mi preoccupa questo..."
"E' molto aperto di mente, credimi. Non avrà problemi a vivere qui, con noi."
Stephen ci pensò ancora un momento accarezzandosi il pizzetto.
"Vuoi che venga con te?!" chiese infine.
 
Capitolo 8
 
Stephen non aveva fatto altro che chiamarli per tutta la sera. Non riusciva a contattarli in nessun modo, non riusciva a sentirli. Peter era uscito senza dirgli niente, in fretta e furia. Tony si era precipitato fuori di casa, dopo un'ora e mezza, imprecando e toccando con furia il triangolo azzurro, che aveva attaccato in un secondo al petto. Non sapeva se stavano bene, se erano feriti, non sapeva assolutamente niente, e sicuramente non poteva mettersi ad aprire portali a caso, per trovarli. Poi sentì la porta di casa chiudersi.
Tony e Peter erano lì. 
Sembravano incolumi, senza un graffio.
L'unica stranezza era che Peter aveva un abbigliamento completamente diverso da quando era uscito, il capo chinò come a chiedere scusa e la giacca di Tony poggiata sulle spalle.
"Vai in camera tua, per favore." disse Tony con voce bassa ma severa.
Peter obbedì senza proferiva parola.
Passò accanto a Stephen che era rimasto fermo sulle scale, senza guardarlo in viso, ma Stephen da medico la vide. Vide la maglietta bianca messa in fretta e furia, la manica sollevata, il profondo taglio che serpeggiava sul braccio, e il sangue che scorreva lento. 
E Stephen rimase senza aria nei polmoni.
Ora capiva la preoccupazione di Tony, la sua imprecazione, e la corsa sfrenata senza una minima spiegazione. Tony lo sapeva, e adesso anche lui.
Stephen sentì la porta di Peter chiudersi lentamente.
Raggiunse Tony in salotto, furioso.
"Quando mi avresti detto che Peter è..."
E non riuscendo a dire altro, indicò la televisione muta, dove un ragazzo con un costume rosso e blu, con il simbolo di un ragno nero al centro del petto, si spostava volteggiando tranquillo tra i grattacieli di New York.
"Credevo lo sapessi." disse Tony sgomento.
"Come potevo saperlo Tony?!" rispose di rimando Stephen.
"Peter a stento parla con me, ed io gli lascio spazio."
"Credevi male." sbottò Stephen infine.
"Beh, ora che lo sai, non fa alcuna differenza, non sarà più bimbo ragno."
"Che cosa?" domandò Stephen con occhi sgranati.
"Non hai visto i notiziari? 
"Ha salvato delle vite. Quel pullman stava precipitando."
"E lui con esso, perchè è rimasto incastrato, se non intervenivo..."
"Quel ragazzo vuole solo somigliarti, fare la cosa giusta, fare del bene, cosa c'è di sbagliato." lo rimproverò Stephen.
Traghetto. 
Tony continuava a vedere un traghetto spaccato in due.
Una sgridata su di un tetto che dava sull'acqua.
Scosse la testa per cacciare via quei fantasmi oscuri.
"Ha esagerato." disse alla fine frustato.
"D'accordo, ma perchè punirlo così, non ha già perso abbastanza."
"Ha Miles"
"Non credo sia questo il nome del suo migliore amico."
"In ogni caso, non è così solo."
"Oh andiamo Tony, non è una macchina da guerra, tutti possono sbagliare."
"Macchina da guerra?!" ripetè quasi offeso.
"Scusa, non volevo..." si provò a giustificare Stephen.
"E' questo che pensi di me, uomo del tempo?!" domandò Tony spostandosi in avanti con aria di sfida.
"Non essere ridicolo, sai che non è così." lo attaccò Stephen arrabbiato.
Tony ne aveva abbastanza per quella sera.
Voltò le spalle a quella conversazione, e iniziò ad allontanarsi a grandi passi. 
"Tony per favore." lo fermò Stephen.
E Tony si fermò.
Non aveva mai sentito quella incrinatura nella voce del marito.
Si voltò stupefatto.
E le vide.
Le mani del marito tremavano.
Entrambe tese in avanti come per afferrarlo.
"Ehi, tranquillo." disse piano Tony.
Ritornò su i suoi passi, e con delicatezza strinse le mani di Stephen tra le sue.
Accarezzò con attenzione le sottili cicatrici.
"Tranquillo, calmati." gli sussurrò guardandolo negli occhi.
"Non mi piace quando litighiamo." mormorò Stephen lasciandolo fare.
"Hai iniziato tu." scherzò Tony.
"Non siamo perfetti Tony, nessuno lo è."
"Non voglio che siate perfetti, voglio solo che facciate attenzione."
Tony gli sorrise con affetto, poi lo strinse con dolcezza.
"Sei ancora arrabbiato?" chiese senza lasciarlo.
Stephen scosse il capo, e lo strinse con più forza.
"Parlerò con Peter domani." gli confessò infine.
"Sì, lo sapevo già." confermò Stephen ormai sereno.
"Come?" domandò Tony confuso.
"Perchè ti conosco."
 
La sera stessa Stephen bussò alla porta di Peter. Entrò dopo il suo invitò, e si sedette accanto a lui, sul suo letto. Gli sorrise gentile, e con la stessa gentilezza gli chiese se poteva controllare il braccio. 
Peter spostò la manica, e mostrò la ferita.
Doveva averla lavata, perchè era pulita, ma molto visibile.
Stephen controllò il braccio, poi avvicinò la sua mano al taglio.
Una piccola aura gialla comparve all'istante.
"Posso?!" chiese guardandolo in viso.
Peter annuì, senza fare la minima domanda.
"Non sentirai nulla."
Stephen iniziò a muovere la piccola aura lungo il taglio.
"Nessuna ramanzina da parte tua?!" chiese Peter fissando le coperte.
Era triste, forse arrabbiato, e non lo nascondeva.
"Dovrei, ma non stasera." rispose Stephen senza perdere la concentrazione.
Un ultimo movimento, e il taglio sparì del tutto.
"Domani abbiamo tutto il tempo per parlare."
"Tu, io e Tony."
E per la prima volta in quella sera Peter guardò Stephen in faccia.
"Non ti preoccupare, andrà bene."
"Ora cerca di dormire." gli disse scompigliandogli i capelli.
 
Capitolo 9
 
Dopo quella sera Peter aveva iniziato a fidarsi di più di Stephen. Gli piaceva, e malgrado la punizione di un mese decisa dal Signor Stark, grazie a lui, aveva riavuto il suo costume da Spiderman, a patto che rispettasse alcune regole, imposte da entrambi, ma decise più che altro per la tranquillità mentale di Tony.
Peter non aveva trovato pretesti per replicare, si sentiva già fortunato così, e poi non gli sembrava il caso, quindi accettò.
Stephen aveva appoggiato il marito per tutta la "chiacchierata", così l'aveva chiamata, e aveva imposto a Tony di non sgridare ulteriormente Peter, ma alla fine aveva sottolineato:
"Con questo non vogliamo dire che ci devi dire tutto per filo e per segno, hai la tua libertà, i tuoi spazi, e i tuoi segreti, sia come Peter che come Spider-Man."
E Tony lo guardò come per dire:
"Ma che cosa dici, così non ci dirà mai niente."
Stephen appoggiò la testa contro tre dita della mano sinistra, e guardò Tony. 
Poi ritornò su Peter e continuò il suo discorso:
"Ma dobbiamo stare tranquilli, dobbiamo..."
"Potervi fidare?!" concluse sicuro Peter.
"Sì, esatto." sorrise fiducioso Stephen.
E allora Tony capì dove voleva arrivare Stephen. Peter doveva rispettare le regole imposte per la sua sicurezza, ma senza sentirsi obbligato, senza sentirne il peso. Peter doveva sentirsi libero di parlare, di chiedere e di agire, senza la paura di deludere qualcuno, o di "pagare" per i suoi sbagli. 
Ho imposto delle regole, le devi rispettare perchè è la cosa giusta da fare, perchè vuoi, non perchè devi.
E Stephen era riuscito a farlo capire a Peter con due semplici frasi. Tony rimase colpito dalla bravura di Strange, e sapeva che Peter era un ragazzo sveglio, e avrebbe sicuramente trovato l'equilibrio perfetto per fare contenti tutti, lui compreso.
"So che è difficile rispettare le regole, io stesso faccio fatica." confessò Tony.
"E' vero." scherzò Stephen rilassato.
"Ma sei giovane, hai tutta la vita davanti, e devi fare attenzione."
Peter annuì pensieroso.
"Non sono tuo padre Peter, nè io, nè Stephen, ma ci teniamo a te e alla tua incolumità, ecco perchè ti chiedo seriamente di rispettare quanto detto."
"Sappiamo che stai passando un momento difficile, e non mi piace essere severo con te, ma ho bisogno di sapere che dovunque vai pensi a te stesso esattamente come pensi agli altri, e se ne hai bisogno non ti vergognare nel chiedere aiuto, perchè dove possiamo io e Stephen saremo sempre pronti a darti una mano."
"Tony ha ragione Peter."
"Ecco io..." provò a dire Peter, ma si fermò in dubbio su cosa dire.
"Continua ragazzino." disse incoraggiante Tony.
"Volevo solo salvare quelle persone, non mi sono accorto...è stato un incidente, volevo solo dare una mano." confessò alla fine.
"E va bene Peter, è il compito di un supereroe, ma con attenzione."
Peter aveva sicuramente capito, e per alleggerire il momento, Tony disse:
"Pensa al povero Stephen, che ha già un marito combina guai come me."
"Sì Peter, fallo per me, ogni tanto accendi il segnalatore che Tony ti ha dato, così non mi stressa nel sapere dove sei andato e perchè ci sei andato." scherzò Stephen ma senza tralasciare un punto di verità nella frase. 
Peter rise allegro, e il cuore di Tony ritrovò la pace. 
"Bene, chiarito questo, credo che sia ora di colazione." disse Tony, e si alzò dalla sedia, diretto al frigo. Ma non riusciva a muoversi, qualcosa lo bloccava.
Abbassò gli occhi, e Peter era lì, ad abbracciarlo contento.
"Grazie Signor Stark." si sentì dire.
Stephen guardò suo marito, e poi abbassò lo sguardo su Peter, per ritornare su Tony, che era rimasto immobile con la bocca semi aperta. 
"Che cosa aspetti?!" gli scandì piano muovendo solo le labbra.
Tony deglutì nervoso, ma poi si decise e abbracciò il ragazzino che gli stringeva la vita con affetto e riconoscenza.
"Di niente Peter." rispose turbato Tony.
"Ma questo non cancella la punizione." puntualizzò Tony.
"Non fa niente." rispose sereno Peter.
Stephen sorrise con tenerezza ad entrambi, poi si alzò in piedi.
"Dai, mettetevi seduti voi due, ci penso io alla colazione." disse di buon umore. 
Aspettò che i due si fossero sistemati, prima di aprire l'anta più vicina.
"I pancake possono andar bene?!" chiese.
"Perfetto, Signor Strange." si sentì rispondere con entusiasmo.
In un'attimo l'occorrente volò fuori dalle varie ante, le fragole volteggiarono fuori dal frigo, e due tazze rimasero sospese a mezz'aria.
Erano pronti per un'altra mattinata.
 
Peter aveva difficoltà ad aprirsi, Tony ad esprimersi, Stephen sembrava l'unico abbastanza tranquillo. Ma quel giorno qualcosa era cambiato.
 
Un mese dopo
 
Il Signor Stark era davvero fiero del comportamento di Peter, era più sciolto, più attento, come se finalmente si sentisse al sicuro. Quindi non si sentì minimamente in colpa nel restituire al ragazzo la sua seconda identità. Peter aveva rispettato tutte le condizioni della sua punizione, quindi come da lui promesso, poteva tornare a essere Spider-Man. 
Peter ne era felice, la città ne era felice, e quel perfetto equilibrio trovato in un mese rimase. Tony e Stephen continuavano con i loro lavori e con la loro responsabilità di genitori adottivi, Peter continuava a portare splendidi voti a casa,  e a difendere il quartiere senza farsi seriamente male.
 
Ma poi... 
 
Peter stava impazzendo. Non sapeva cosa fare.
Buttato sul suo letto, osservava il soffitto mentre soffocava il cuscino.
Stephen era diretto al secondo piano, ma ritornò indietro, convinto di aver visto male. E invece no, Peter era davvero un tutt’uno con il letto.
"Peter che cosa succede?" domandò Stephen entrando nella camera.
"Sono nervoso." spiegò svelto il ragazzo.
"Tu nervoso?!" cercò di capire lo stregone.
Peter annuì e sprofondò con la testa dietro il cuscino.
"Puoi farmi capire meglio?!"
Peter bofonchiò qualcosa, ma poi scosse il capo.
In visibile difficoltà Stephen chiamò Tony, rimasto al piano di sotto.
Sentendosi chiamare, Tony raggiunse Stephen.
"Che cosa gli hai detto?!" domandò vedendo Peter in quello stato.
"Potrei farti la stessa domanda." affermò Stephen quasi offeso.
"Ma è solo nervoso." spiegò poi.
"Ragazzino, vai in giro a collaborare con polizia e ad acciuffare i criminali, e non mi sembri così nervoso lì fuori." scherzò Tony sedendosi a bordo letto.
"Preferirei una rapina in banca in questo momento, sarebbe meno complicato." 
"Che cos'è che ti blocca tanto." cercò di capire Tony.
Peter riemerse dal cuscino, rosso in viso.
"Una ragazza." disse alla fine.
"Una ragazza!" esclamarono all'unisono i due uomini.
"Sì." annuì ancora più rosso Peter.
"E qual'è il problema?" domandò Stephen.
"Mi piace, mi piace davvero tanto, ma non riesco a parlare con lei."
Stephen e Tony si guardarono in viso.
"Ci hai già provato?" cercò di capire Tony.
"No"
"E allora come fai a sapere..."
"Pensò a lei, ed inizio a balbettare, parlare sarebbe una vera impresa."
"Devi essere te stesso Peter."
"Stephen ha ragione."
"Le dovrei dire che sono Spider-Man?!"
"Magari fossi in te, direi questa cosa una volta conosciuti meglio."
"Prova con regalo, o un complimento." suggerì Stephen.
"Sì, che bella idea."
"Cerca di rompere il ghiaccio in qualche modo, e sarà più facile."
Peter sembrava ancora più rosso e ancora più nel panico.
"Sai quand'è il suo compleanno?" intervenne Stephen.
Peter annuì.
"Sai cosa le piace?" domandò Tony.
Peter annuì di nuovo.
"Bene, inizia così, stupiscila il giorno del suo compleanno."
"Un passo alla volta."
"Credimi, non è così impossibile." disse Stephen.
"E se veramente vuoi, sarà facile come uno schiocco di dita." aggiunse Tony, schioccando le dita della mano destra.
 
Buio.
 
Arancione.
 
Un miscuglio di rosso, arancione e bianco, si stagliava all'orizzonte.
Tony era in piedi, eppure era convinto di essere caduto.
Fissò la sua mano, aveva schioccato le dita e poi...
Si controllò le mani, la fede era al suo posto, ma si sentiva osservato.
"Ehi." si sentì dire.
Tony si voltò spaesato, per ritrovarsi di fronte ad una serie di alberi, ad una piccola tenda azzurra e ad una ragazza che non riusciva a ricordare.
Avanzò di qualche passo, e la ragazza riusciva quasi ad imitarlo alla perfezione. 
Lui continuò a muoversi, mentre lei rimase ferma accanto ad un tavolino.
"Io...ti conosco?" domandò gentile indicandola.
"Siamo molto intimi, effettivamente." rispose lei quasi con timidezza.
"Perchè tu sei..." 
E in quel momento ricordò.
Ricordò una bambina dai capelli castani, con il suo sorriso, con cui condivideva un ghiacciolo nel cuore della notte.
"Tu sei Morgan." disse incredulo.
"Ciao, papà." salutò lei, muovendosi di un passo.
"Morgan." ripetè Tony annullando le distanze.
"Wow!" disse sorpreso prendendole le mani.
La guardò allungo, quasi a voler imprimere quel momento nella sua mente.
"Immagino abbia funzionato." disse con un groppo alla gola.
Ricordava un guanto, uno schiocco di dita, e il dolore.
"Sì." rispose annuendo lei.
"Sì, ha funzionato per me. Posso vivere, crescere." continuò.
E dopo quella frase, sul volto di Tony comparì un sorriso spontaneo.
"Per te, non saprei dire." aggiunse con tristezza.
Il sorriso scomparve, perchè ora ricordava che cosa era accaduto.
Lui non faceva più parte della sua vita.
Le sorrise di nuovo, prima di darle le spalle e di mormorare poche scuse.
"Scusa. Io..." iniziò scuotendo il capo.
"...credo di aver preso una decisione sbagliata."
Respirò affondo, come se il cuore avesse appena saltato un battito.
"Temo di aver fatto un errore." disse infine con rimpianto.
"Lo so." rispose lei compressiva.
"E so che sarà difficile per te andare oltre."
"Ma se qualcuno doveva farlo...così che noi altri potessimo..."
Tony rimase sconvolto, voleva provare a dire qualcosa, ma si fermò.
"Sono fiera di te." 
E respirò di nuovo sollevato.
"E triste."
"Sono forte, come la mamma."
"E sono felice. Sono felice del tempo passato con te."
"Che fossi lì per me. Finchè hai potuto."
Tony aveva ricevuto troppe informazioni in così poco tempo, non riusciva a gestirle tutte, l'emozione gli si leggeva in faccia, ma non riusciva a dire niente, anche se sapeva che doveva assolutamente dire qualcosa.
Ci pensò per qualche secondo, respirando piano.
Poi facendosi forza la guardò negli occhi.
"Se tu sei felice, lo sono anch'io" disse annuendo con gli occhi lucidi.
E sapeva che aveva detto la verità, sapeva essere così.
"Ti voglio bene." rispose lei sorridendo.
E il cuore di Tony si sciolse, quasi per orgoglio.
Accennò un sorriso carico d'affetto, prima di ridere contento e di avvicinarsi al suo viso per baciargli la guancia sinistra.
"Ti voglio bene 3000" gli sussurrò all'orecchio.
 
Capitolo 10
 
Sua figlia gli sorrise un'ultima volta prima di sparire.
Tony era rimasto solo, e non riusciva a credere che la cosa potesse fare così male.
Si guardò intorno, ma non c'era nulla.
"Che cosa succede? Dove sono?" chiese confuso.
Era rimasto in quello strano posto, e non capiva il perchè.
Tony guardò in lontananza, qualcuno di stava avvicinando con passo lento.
"Chi sei tu?" domandò una volta vicino.
Era un'uomo...no, meglio dire un'entità traslucida, di un blu profondo, ricoperto di stelle e di galassie lungo tutto il corpo. Anche il viso, sembrava umano, ma non aveva nè occhi, nè bocca, nè naso, eppure sembrava innocuo.
"Una guida, possiamo dire così." si sentì rispondere Tony.
La sua voce era calda e tranquilla.
"E allora guidami verso una spiegazione."
"Che cosa vuoi sapere?!"
"Perchè sono qui?"
E quello strano essere con un movimento fluido del braccio, lasciò scendere una fitta nebbia. Una nebbia densa, sottile che sembrava tremolare.
Tony si ritrovò a fissarla, e in pochi secondi...
Vide una battaglia, vide persone che considerava famiglia, uniti contro un gigante viola con un guanto dorato, vide la paura nei suoi occhi mentre pronunciava la sua ultima frase. Tony quasi crollò. Sentiva le gambe tremare, il cuore pesante, il fiato corto e le lacrime pronte a scendere, ma rimase in piedi.
"Quindi è stato un sogno la mia vita con Stephen? Con Peter?"sussurrò Tony mentre l'occhio sinistro bruciava.
"No, è vera, tutta vera, è solo un'altra vita." lo calmò subito l'essere.
"Cosa?" domandò Tony sconvolto.
"Hai avuto una seconda vita, sei stato portato indietro."
"Per ripagarti del gesto eroico da te compiuto."
Due vite.
Aveva avuto una seconda vita.
"E coloro che ho lasciato nella mia prima vita stanno bene?"
La strana nube tremò appena, e iniziò a mostrare altro.
Vide Bruce ancora leggermente verde seduto ad un tavolino a gustarsi un enorme taco, Thor cantare allegro assieme ai Guardiani della Galassia, James sistemare la sua divisa da militare, Scott sorridere a Nadia, T'Challa scherzare assieme alla sorella Shuri e a Okoye.  
"Ma perchè? Perchè dirmi la verità adesso?"
"Per dare un senso hai tuoi incubi."
"Ora che sai magari..."
E quasi come ad anticipare la sua prossima domanda rispose:
"Avresti dovuto dimenticare la tua vita passata."
"E cosa è andato storto?" chiese Tony con un certo orgoglio.
"Probabilmente non volevi dimenticare."
Tony continuava a fissare quella strana nebbia, e riconoscendo l'Empire State Building, vide un murales dedicato ad Iron Man circondato di fiori.
"Perchè siamo rimasti...perchè in un certo senso io sono ancora Iron Man?" 
"Molte cose sono punti precisi nel tempo..." iniziò l'essere.
"Siamo definiti nel tempo, non tutto si può cambiare." continuò Tony.
"Sì, Stephen me l'ha spiegato." disse infine.
Vide Bucky correre assieme a Sam, Wanda baciare con amore Visione, Loki salutare sua madre Frigga, Clint felice assieme alla figlia.
"E Nat? Anche lei ha avuto una seconda possibilità?"
"Non qui, con te, ma altrove, anche lei è felice."
E in quelle strane nubi Tony vide una donna dai capelli rossi che conosceva bene, sorridere ad una bambina dalle treccine castane che le portava un mazzolino di margherite bianche.
Vide Nick guardare verso l'orizzonte fiducioso, Nebula viaggiare lontano assieme a Gamora, Wong così simile al Wong che lui conosceva sfogliare un libro mentre muoveva la testa a tempo di musica, Strange giocare a scacchi con il suo mantello che in difficoltà si era fermato a ragionare.
"Perchè lui?" domandò Tony fissando lo stregone.
"Perchè no?" domandò l'essere.
Tony rise e incrociando le braccia su petto disse:
"No, seriamente perchè lui."
"Non lo so, vi siete piaciuti e avete deciso di crearvi una vita assieme."
"Non è stato deciso?" domandò sorpreso.
"No." rispose onesto l'essere.
"E allora perchè lui e Peter sono entrati nella mia vita?"
"Non lo so..."
"Peter ti ha sempre rispettato, ha sempre visto in te un mentore, forse doveva essere così anche in questa vita."
"E Stephen...forse aveva bisogno di una possibilità per perdonarsi."
Tony si voltò di scatto verso lo strano essere.
"Perdonarsi?" ripetè stranito.
"Per il senso di colpa"
Tony aveva appena visto i suoi amici piangerlo ognuno a modo suo, inginocchiarsi uno ad uno, come segno di rispetto, come l'ultimo saluto ad un amico. 
E aveva visto il volto di Strange. La delusione e la tristezza nei suoi occhi. Si era inginocchiato, ma con fatica, con estrema lentezza quasi come se il corpo non lo sopportasse e aveva abbassato la testa sconfitto. Avevano vinto, ma avevano perso due cari amici, e lui doveva vivere con quel rimpianto.
Ma con Tony era tutto diverso.
In un certo senso era stato perdonato.
"Ma non ha nessuna colpa." disse Tony con sicurezza.
"Non c'era altra scelta."
"Lo so."
"Così come so che troverà il modo di perdonarsi."
"Non è da solo, ci sono persone su cui può contare sempre."
"E altre saranno presenti nel suo futuro."
Tony sorrise rincuorato.
Vide Peter, uguale al suo Peter, sporco di farina con i capelli in disordine, che cucinava allegro la colazione assieme ad una solare zia May.
"Hai lasciato un vuoto quando sei andato via."
"Tu e Steve." aggiunse l'essere.
"Che cosa gli è successo?" chiese preoccupato.
Vide Steve ballare sereno con una donna dai capelli scuri e labbra rosse.
"Ha seguito il consiglio di un amico." spiegò l'essere.
"Però è invecchiato bene." scherzò Tony, vedendolo seduto ad una panchina che dava sul lago. Poggiato per terra il suo fidato scudo.
La nube tremò di nuovo e vide un omone con i capelli ricci, che contava ad occhi chiusi, mentre una donna dai capelli biondi e una bimba ridevano complici e correvano a nascondersi.
"Pepper" mormorò Tony sospirando.
"Come?" domandò l'essere.
"La donna che ho ricordato nell'abito blu, era lei."
"Quei suoi capelli li avrei riconosciuti ovunque." 
"Mi piaceva la sua compagnia, mi è sempre piaciuta, era una persona graziosa e molto diligente, e il suo sorriso era così dolce."
Vide Pepper esultare assieme a sua figlia per una schiacciante vittoria, mentre Happy scuoteva il capo e provava a spiegarsi.
"Avrei voluto averla ancora un po' con me." si ritrovò a pensare Tony.
"Perchè non Pepper, Morgan, o Happy?" chiese invece.
"Perchè era un'altra vita."
"E non si poteva ripetere?!"
"No, non in queste circostanze, mi dispiace."
"Il tempo e lo spazio hanno le loro regole, e non è saggio giocarsi." 
"Si sarebbe creato un paradosso?!"
"Diciamo così."
La nebbia tremò un'ultima volta, ma non mostrò più niente. 
"Mi ricorderò di loro, dopo questa conversazione?"
"Sta a te decidere."
 
Capitolo 11
 
Tony continuava a sentire la voce di suo marito risuonargli nelle orecchie.
Lo stava chiamando per nome, ed era un richiamo così lontano.
"Tony!" esclamò ancora Stephen preoccupato.
"Sì, è il mio nome, stai calmo." gli rispose Tony debolmente.
E si sforzò ad aprire gli occhi, tremanti e stanchi.
"Stai bene?" gli domandò subito Stephen.
E dopo quella domanda si rese conto di essere sdraito per terra, e che sopra di lui c'erano un soffitto e i volti bianchi e preoccupati di Stephen e Peter.
"Sì, perchè lo chiedi?" domandò Tony provando ad alzarsi.
"Sei svenuto." spiegò Stephen dandogli subito una mano a mettersi seduto.
"Non è stato niente, solo un capogiro."
Tony rimase seduto per terra per un po', passandosi una mano sugli occhi.
Stephen non muoveva il palmo dalla sua schiena, temendo che potesse cadere di nuovo poi l'aiutò ad alzarsi e l'accompagnò nella loro camera.
"Sicuro di stare bene?" domandò Stephen aiutando Tony a sedersi sul letto.
"Tu lo sapevi?" chiese cambiando argomento.
Stephen si sistemò al suo fianco. 
"Sapevo cosa?" 
"Che non eravamo destinati, che è stata una nostra scelta."
"Beh, credo che sia una cosa possibile."
"Tu non sai di..." disse Tony indicando verso l'alto.
"Tony non sto capendo, che cosa vuoi dire?!"
"Niente lascia stare."
"Va tutto bene?" gli domandò Stephen poggiandogli una mano sulla gamba.
"Sì, non ti  preoccupare, colpa di un sogno, mi ha lasciato una strana sensazione addosso." affermò alzandosi in piedi e avvicinandosi alla finestra.
"Tony, è successo qualcosa?"
Tony scosse il capo, e infilò le mani nella tasca.
Lì sentì qualcosa. 
Frugò con attenzione, poi tirò fuori una catenina d'acciaio.
Era un portachiavi con una strana A che usciva fuori da un cerchio
"Mi ricorderò di loro, dopo questa conversazione?"
Tony sorrise emozionato.
"Che cos'è?" chiese Stephen raggiungendolo.
"Un portachiavi da parte di...amici."
Tony guardò ancora quella iniziale, mentre alcuni raggi di sole dipingevano di luce, di bianco e giallo quella superficie spessa.
Poi guardò Stephen, che continuava a non capire.
Tony gli sorrise con gli occhi lucidi. Avanzò di un passo e strinse Stephen contro il suo petto. Da prima Stephen rimase immobile, poi anche se stranito, allungò le braccia e le strinse rassicuranti contro la schiena del marito.
"Posso farlo" disse Tony annuendo.
"Che cosa?" mormorò Stephen.
"Stare con te." mormorò Tony in risposta.
E strinse di più le mani contro il maglione di Stephen.
"E ricordarmi di tutti loro." pensò felice.
E quel pensiero lo confortò.
 
Stephen non capì mai veramente che cosa era successo a Tony quel giorno, la sua stranezza, la sua voglia di non parlare, ma dopo anni, Tony riuscì a dormire tranquillo. Niente tormenti e niente incubi, solo sogni.
 
Capitolo 12
 
Un'anno dopo. 
 
La sera di Halloween.
 
Peter era uscito con alcuni amici tra cui Ned e Michelle. 
Stephen aveva tardato nel concludere una missione, e una volta rientrato non aveva trovato nessuno ad attenderlo, a parte Wong. Decise che forse era il caso di rimanere a casa. Era stanco, e poteva evitare una serata di mostri. Si cambiò con una maglietta grigia a mezze maniche, si sistemò sul divano, prese il telecomando e...
Ding Dong
Stephen buttò la testa all'indietro esasperato, ma si fece forza, si alzò in piedi, e con il miglior sorriso che poteva sfoggiare aprì la porta di casa.
"Dolcetto o scherzetto?!" si sentì dire.
Ma la voce non era solo quella di un bambino ma...
"Tony?!" esclamò sorpreso.
Tony era sulla porta, con un mantello rosso sulle spalle, e un bimbo travestito di bianco tra le braccia, che agitava la sua zucca arancione di plastica.
"Bentornato tesoro, com'è andata?" domandò Tony divertito.
"Ma che cosa stai facendo?" domandò Stephen ridendo.
"Eugene si stava annoiando, voleva indossare il suo nuovo costume, e ci siamo anticipati un pochino con i tempi, vero piccolo?" 
"Si!" rispose felice il piccolino, esultando con le braccine.
"Ma che bel fantasmino!" disse Stephen soddisfatto.
"Papi!Papi!" chiamò poi il piccolo.
"Cosa c'è Eugene?!"
"Le melle, le melle!" 
La piccola zucca del bimbo non smetteva di ondeggiare, in attesa dei dolci.
Stephen si guardò intorno, e prese un mini sacchettino da una ciotola sistemata sul tavolo vicino all'ingresso.
"Non le mangiare tutte assieme." gli disse poggiandole nel secchiello.
"Wong!" chiamò poi voltandosi verso la cucina.
"Sì?!" rispose l'uomo senza muoversi.
"Servono altre caramelle qui, sono quasi finite."
"Ci penso io"
Stephen sentì un pacchetto aprirsi e Wong dire che quelle erano alcune delle sue preferite. Stephen sorrise e ritornò sul suo bambino.
"E mi raccomando fai il bravo e ascolta papà."
E sentendo quella frase, Tony chiese:
"Che fai, non ci raggiungi? E' il primo vero Halloween di Eugene."
Stephen guardò suo marito, poi appoggiò una mano alla porta e si allungò verso Tony. Gli baciò la guancia, proprio sotto l'occhio.
"Faccio prima una vera doccia, e poi arrivo."
"D'accordo?" gli sorrise Stephen.
"D'accordo." rispose Tony con lo stesso sorriso.
 
Poco dopo
 
Le lunghe stradine del quartiere erano pieno di decorazioni, di zucche intagliate, e di bambini mascherati che si scambiavano i dolcetti. 
"Tony!" chiamò Stephen evitando all'ultimo secondo un gruppetto di bambini che correvano veloci verso il prossimo bottino di caramelle.
"Ah, ben arrivato." disse Tony voltandosi verso di lui.
"Ma ti sei vestito da stregone?!" disse quasi deluso.
"Mantello voleva uscire, non avevo molto scelta. E poi ho messo qualcosa della mia grandezza, tu invece...sembra che hai rubato il mantello a tuo figlio."
"E' quello che ho fatto." confessò Tony.
Mantello con una delle due punte dorate colpì la sua invisibile fronte, Stephen scosse il capo rassegnato e ma gli sfuggì un sorriso divertito.
"Eugene?!" domandò poi.
Tony indicò infondo alla strada.
Peter teneva per mano Eugene, mentre MJ stava dicendo qualcosa di carino al bambino, e Ned annuiva mangiando un pezzo di cioccolato.
Eugene fece un piccolo saltello, poi si voltò a guardare suo padre.
Appena notò il suo secondo papà, corse verso di lui.
"Ehi Eugene, dove corri?!" lo sgridò Peter.
Provò ad andargli dietro, ma poi si fermò di colpo. 
Stephen rimase immobile, con una mano sul fianco, l'altra sollevata a salutare Peter, quasi come per dire:" Tranquillo Peter, ha visto me, va tutto bene." 
Peter sorrise, salutò a sua volta, e ritornò dai suoi amici.
"Ciao fantasmino mio!" lo salutò Stephen prendendolo in braccio.
"Vieni con noi?" chiese subito il bambino.
"Sono qui a posta." gli disse facendogli il solletico al pancino.
Eugene rise cercando di fermare il padre.
"Mi fai quella magia con la mano?" domandò poi.
"Non qui, c'è troppa gente." gli spiegò Stephen.
"Vogliamo andare?!" chiese Tony indicando la casa a due passi da loro.
Stephen sistemò Eugene su di un braccio e vedendo l'impazienza negli occhi di Tony disse:
"A volte mi chiedo chi tra voi due sia il bambino."
"Sei serio?"
Stephen inclinò appena il capo sollevando i sopraccigli come a sottolineare un muto sì, mentre Eugene ridacchiava dietro le manine.
Poi Stephen si avvicinò a Tony.
Gli prese la mano e gli baciò le labbra con dolcezza.
"Ti amo" gli disse Stephen felice.
"Ti amo 3000" rispose Tony con la stessa felicità.
Si guardarono un’ultima volta, poi, in silenzioso accordo, si allontanarono fianco a fianco.



Note dell’autrice:

Non ero sicura di metterla, poi mi sono detta vada come vada.
Tutto sommato mi piace come storia, l'ho scritta in tre giorni, e rispecchia la mia idea di Ironstrange.
Adoro le coppie originali della Marvel sia ben chiaro, ma loro due, sono riusciti a rubarmi un pezzetto di cuore.
Alcune scene le ho scritte mentre ascoltavo il Musical di Hamilton, quindi se percepite  qualche  nota familiare, ringraziate Lin-Manuel Miranda.

 
  
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