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Autore: ciarlot    14/08/2021    0 recensioni
Non arrivare, domani. Perché so già che ti perderò.
Non arrivare, domani. Perché so già che ti perderò.
Ti perderò.
****
Snoke è morto.
Kylo Ren è solo e respinto.
Rey è andata via.
Questa storia è il mio personale "what if". Cosa succede dopo l'episodio VIII?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Finn, Kylo Ren, Principessa Leia Organa, Rey, Rose Tico
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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On the surface simplicity
But the darkest pit in me
It's pagan poetry
Pagan poetry

- Bjork "Pagan poetry" -


 

 

Rey si era svegliata più leggera, dopo il riposino, come l'aveva definito volgarmente Poe. Due ore di un lussuoso sonno rinvigorente che l'avevano completamente ristabilita.

Quel velo d'ombra era ancora lì, sul suo cuore, solo meno scuro.

Fare l'elenco di tutto ciò che gravava il suo animo e visualizzarlo davanti a sé, era stato doloroso ma anche di grande aiuto. Ora la montagna non sembrava così insormontabile.

Uscì dal capanno a passi leggeri e si diresse in direzione del chiarore che intravedeva nella radura. Nello spiazzo davanti alla nave di Leia era stato allestito in tempo record un vero e proprio accampamento. Sulla destra, sotto i frondosi rami delle palme, c'erano le tende mediche. Rose sicuramente stava là. Sapeva, avendolo visto nella Forza, che le sue condizioni erano migliorate perciò vi si diresse per andare a trovarla.

Le guarigioni nella Resistenza non erano certo semplici come sulle basi del Primo Ordine, ma vi era personale adeguatamente formato per trarre il massimo da ogni situazione; difficilmente le ferite, per quanto gravi, erano mortali.

Immaginava Finn che si era intromesso, mentre i sanitari si affaccendavano intorno alla ragazza. Sorrise a quella visione, immedesimandosi, perché l'amico era la persona che più le somigliava, nella sua genuina impazienza, nel non fermarsi mai.

Si figurava anche che non avesse riposato, che non si fosse nemmeno tolto la giacca, che si chiedesse guardando i minuti che passavano, quando Rose avrebbe aperto gli occhi.

L'aveva sfiorata con la mano calda, spostando con garbo i ciuffi di capelli che aveva sul viso, per evitare che essi si attaccassero alle escoriazioni, provando tenerezza per i lineamenti buffi e simpatici della sua ragazza. Le aveva sistemato la coperta in modo che non avesse freddo e nonostante lei fosse immobile, l'aveva rimboccata più volte.

Non riusciva a stare fermo, si alzava, si risedeva, le accarezzava le mani, sistemava la brandina. Un tenersi occupato che lo aiutava a non pensare al peggio. Tutto quel daffare ovviamente celava preoccupazione per Rose. Un'angoscia e un senso di impotenza che il ragazzo non ci teneva più a nascondere, come invece gli era stato insegnato durante il ricondizionamento.

Dava liberamente a vedere tutto a tutti. I compagni lo sopportavano volentieri perché finora era stato l'unico soldato del Primo Ordine a convertirsi e passare alla Resistenza. Era una novità assoluta e come tale era tollerata.

Nella Resistenza c'era spirito di fratellanza, di solidarietà e di bene comune. Era una vera comunità ambulante. Ma le vite di ognuno, i mille passati, le esperienze personali, restavano sospese. Chi vi si era unito nella speranza di risolvere le proprie battaglie interiori si sbagliava.

Non c'era tempo né tanto meno risorse per l'esercizio dell'empatia. Raramente qualcuno era in grado di aiutare l'altro nello spirito, nel conforto più profondo, di connettersi con chi ne aveva bisogno. Si rispondeva ai bisogni primari. E grazie.

Poe la intercettò prima ancora di imboccare il sentiero. Sempre presente, sempre addosso.

Seppure l'apatia di due ore prima fosse svanita, sperava di non incontrarlo, almeno non subito, invece eccolo lì, e le ci volle una bella dose di autocontrollo per sopportare il bacio che il pilota osò stamparle in fronte. La sua vicinanza era calda, umida e odorava di.. una giornata troppo lunga.

Non capiva perché, pur avendo dato prova di bastare a sé stessa anche nelle più tremende condizioni, tutti la considerassero una fragile ragazzina, da abbracciare e sostenere e coccolare. Lei non lo sopportava. Non aveva bisogno di quei contatti, a maggior ragione da chi non chiedeva il permesso.

"Reeeeyyy!! Grande! Ti vedo in ottima forma" disse l'uomo.

"Te l'avevo detto!" rispose Rey con un sorriso stiracchiato, tirandogli un leggero pugno sulla spalla. "Stavo andando da Rose. Sta meglio vero?"

"Ci stavo andando anche io, vorrei provare a tirar fuori Finn da quella tenda".

"Buona idea"

Non fecero in tempo ad arrivare all'ospedale che videro l'amico uscire. Aveva l'aria tesa, la fronte sudata e le mani si aprivano e chiudevano a pugno piene di agitazione.

"Hei ragazzi, eccovi finalmente" disse Finn, accennando un sorriso.

"Amico" disse Poe dandogli una pacca sulla spalla "Come sta Rose?"

"Meglio, meglio per fortuna, ma le sue condizioni sono serie. Dicono che le prossime ore siano fondamentali"

"Ce la farà Finn, non preoccuparti. Lo sento"

"Ehm. Non vorrei sembrare indelicato ma io andrei a mangiare qualcosa. Finn ne hai bisogno anche tu. Non è che puoi fare molto altro no, adesso? Dai, andiamo" disse Poe. I tre si incamminarono.

All'imboccatura della caverna era stato allestito un grande fuoco, tronchi abbattuti costituivano delle sedute tutto intorno. Si avvicinarono ad un gruppo raccolto davanti a quella che sembrava una mensa. Un tizio stava distribuendo barattoli di latta che contenevano gli insapori pasti proteici tuttoinuno. Ne presero tre a caso e si andarono a sedere.

C'era chi mangiava, chi scherzava, chi rideva, chi si abbracciava, chi piangeva.. qualcuno cantava perfino. C'era Leon, che aveva costruito un piccolo strumento a corde. Lo pizzicava al ritmo di una melodia allegra, mentre alcune donne battevano il tempo con corte bacchette in legno.

Era un momento surreale sospeso tra le scintille scoppiettanti del fuoco.

Tra il crepuscolo e la notte, quell'ora del giorno a lei tanto cara su Jakku, quando si arrampicava sulla sua casa sgangherata. Quando cercava di avvicinarsi al cielo per ammirare, nella brezza della sera, lo spazio sopra di lei. Lo spazio dal quale sperava di vedere tornare i suoi genitori a prenderla. Uno spazio da esplorare, conoscere, amare. La chiamava, lo bramava.

La melodia finì e lei tornò con i piedi per terra. Finn guardava il fuoco, le lingue arancioni si riflettevano nel nero dei suoi occhi. Poteva vedere la paura di lui liquefarsi sotto le ciglia.

"Ce la farà Finn, davvero. Devi credermi" tentò di rassicurarlo la ragazza, appoggiando la sua mano fresca sul quella dell'amico, trovandola rigida e nervosa.

"Io ti credo. Sai Rey, ti credo." poi scosse la testa "E' che sono infuriato con quel maledetto bastardo. Lui..." sbuffò violentemente tirando un pugno al tronco "Lui uccide. Lui devasta. Lui schiaccia un pulsante sul suo fottutissimo TIE e qui da noi, in un secondo, muoiono centinaia di persone. E chi non muore viene ferito in modo atroce. Noi siamo degli insetti per lui, capito?"

Quelle parole erano macigni. Era tutto vero, tutto corretto. Corrispondeva alla pura realtà dei fatti.

Tuttavia, pur sapendo benissimo che le sue atrocità non potevano essere cancellate, lei sapeva che Kylo Ren era anche altro. L'aveva risparmiata, anzi, l'aveva salvata. Aveva ucciso il suo maestro per lei, e cosa poteva significare quel gesto estremo se non che ci fosse una possibilità di redenzione? Non era stato lui a dire che bisognava lasciar morire il passato? E Snoke non era il suo passato? 

Di tutto questo però, non poteva farne parola con nessuno. Doveva tenerselo per sé. Come quel legame fortissimo che li connetteva.. Se solo gli altri avessero saputo...

In fin dei conti anche la Resistenza aveva i suoi scheletri nell'armadio. Finn sapeva bene che dietro ai soldati c'erano delle persone. Lui era stato un soldato! Da quando era nella Resistenza quanti ne avevano uccisi loro? E come poteva non essere oggettivo? Perché le pareva di essere circondata da persone cieche ed insensibili?

Constatò con amarezza che appartenere ad un ordine piuttosto che ad un altro, a volte, sembrava non fare alcuna differenza.

L'amico proseguì pieno di collera "Sono arrabbiato. Sono furioso. Rose è là che lotta per la vita e... ci sono medici, ci sono persone che aiutano, e noi non ce la faremo a guarirli tutti. Capito? E domani? e fra un mese? Noi probabilmente saremo sempre più in difficoltà mentre lui sarà sempre più forte, pronto ad annientarci, se prima non lo facciamo noi. Se non lo fai tu... Rey"

La ragazza era scioccata. Non tanto per quel compito che le era stato affidato e che ormai odiava nel profondo del suo essere, no. Finn parlava a nome di tutti. Lei aveva più di una volta avuto l'occasione di ucciderlo e non l'aveva fatto. Lei era il problema. La resistenza era in pericolo, e lo sarebbe stata a causa sua.

Uno due tre quattro. Dentro. Uno due tre quattro. Fuori.

Non reagire Rey non rispondere lascia annegare questo attacco Finn è stanco e preoccupato non ti sta accusando vorrebbe solo che tutto finisse e chi non lo vorrebbe anche tu lo vorresti tu che lotti per questo pensa alla tua di rabbia cosa ti ha portato a fare non reagire non rispondere lascialo stare ha bisogno di sfogarsi.

Per una volta Poe, nella sua franca praticità, le venne in aiuto. "Senti Finn. Siamo tutti sconvolti, anche Rey, cosa credi? Eh? Adesso però diamoci una calmata, cerchiamo di non pensarci per un attimo, ti prego".

Rey guardò il triste barattolo di poltiglia grigia che teneva in mano, lo posò per terra, tanto non aveva fame, men che meno di quella roba.

Girandosi in cerca di un diversivo per sfuggire da quella situazione, intravide il Generale Organa che aveva finito di cenare nei suoi alloggi e si apprestava a raggiungere il gruppo intorno al fuoco, quindi si alzò e disse: "Scusate, ragazzi, devo... andare da Leia, a dopo".

Il Generale la vide mentre si dirigeva verso il Tantive IV e le andò incontro. "Cara. Perché non sei con i tuoi amici a svagarti un po'? Cosa c'è?".

Una donna che andava dritta al punto.
Una donna forte e indipendente. Che lo era stata, nel bene e nel male, per tutti gli uomini della sua vita, anche quelli lontani.
Cominciava a sentire il peso di quell'esistenza e per questo motivo non girava mai attorno ai problemi. Non perdeva tempo prezioso. Li affrontava immediatamente.

"Niente. Leia. Sai... non sono il tipo che ama festeggiare. Stavo cercando un posto per meditare un po'..."

"Ti mostro io quello che cerchi. Vieni. Peetr accompagnaci per favore".

Mentre entravano nella bocca dalla collina il generale le spiegò che nei sotterranei dell'avamposto veniva da sempre raccolta l'acqua da un torrente che vi scorreva in profondità.
Si addentrarono per qualche metro sfruttando la calda luce del fuoco, poi il buio fu totale e la donna disse a Rey di aspettare, che presto la sua vista si sarebbe abituata all'oscurità.

Andarono avanti un poco sfiorando con le mani le pareti rocciose, che si facevano via via sempre più morbide, ricoperte da un vello di muschio bagnato dal quale spuntavano sottili felci, delicate come una ragnatela.

Svoltarono a destra. Davanti a loro si aprì una stanza rotondeggiante, incredibilmente inondata della luce azzurrina della notte. Proveniva da un'apertura naturale diversi metri più in alto. Sembrava un santuario incastonato in un canyon.

La pozza d'acqua era di un colore indescrivibile tra il turchese e il verde. Rey non padroneggiava abbastanza vocaboli per descrivere i colori della natura, conoscendo solo le noiose sfumature della terra.

Leia era rimasta con Peetr all'ingresso del salone di pietra. La guardava con benevolenza.

Non era possibile capire quanto l'acqua fosse profonda, e nonostante il panico che da sempre provava per quell'elemento così infido, ne era irresistibilmente attratta.
"è bellissimo! Non ho mai visto niente di simile..."

"Lo so. Per questo ti ci ho portato. Resta tutto il tempo che desideri. La strada la sai. Buonanotte Rey."

"notte..." disse la ragazza sovrappensiero mentre sentiva scricchiolare i sassolini sotto i passi dei due amici.

Il richiamo dell'acqua era fortissimo. Se fosse stata meno fifona avrebbe fatto sicuramente un bagno. Ma non si era mai fidata dell'acqua, lei, figlia del deserto, e decise che un pediluvio poteva bastare.

Si levò gli scarponcini e si arrotolò i pantaloni più che poté, sopra il ginocchio. Sciolse le bende e infilò le garze della tunica alla cintura.

Si avvicinò alle rive di quella pozza turchese inseguendo l'antica voce dell'acqua.

L'istinto le diceva di cercare un pericolo nel fondo di quel colore sovrumano, di scandagliarlo, per rinvenire le tracce di una bestia che si fosse risvegliata per afferrarla. Come da bambina, quando pensava a come fossero i laghi. Oscuri pozzi traditori.

Ma l'acqua era trasparente e la invitava senza ombre. Non era malvagia. Non ti preoccuppare, piccola Rey, anche io lo sento, le sussurrava.

La sua superficie era mossa dalla debole corrente che veniva dal cunicolo sul fondo della parete. Assomigliava a un tessuto prezioso, ordito con fili d'oro e d'argento, trasparente e sensuale, steso sulla pelle della terra.

Si sedette sul bordo della vasca e immerse i piedi piano piano, godendo ogni centimetro di quella intimità.

Uno due tre quattro. Dentro. Uno due tre quattro. Fuori. E ancora.
Non ci volle molto per trovare quel punto fermo dentro di lei che la metteva in contatto con tutte le cose.

L'acqua era fresca e le provocava piacevoli brividi sulla pelle.

Non pensava di potersi concentrare su se stessa mentre percepiva sensazioni tattili così reali.
Erano sensazioni molto rare. Non aveva mai avuto tempo di pensare al proprio corpo, alle cose che la facevano stare bene fisicamente.

Brividi

Salivano su per le gambe, si espandevano come una mano sulle cosce, si irradiavano lungo la spina dorsale srotolando le vertebre, una alla volta, per andare a solleticarle il collo e infiltrarsi tra i capelli. Le sciolsero piano i tre nodi, senza tirare.

I brividi  la sfioravano come polpastrelli sapienti, con un tocco leggero che non riusciva più a sopportare.

Aveva le vertigini. Il respiro corto.
U-no
du-e
tr...

Tracciavano le forme del viso, intorno alle tempie, giù sulle guance infuocate, poi su, lungo la duna del naso... Sparivano crudeli per poi tornare e appoggiarsi sulla sua pelle, lungo il collo, nell'incavo del seno, oh no aspetta...aspetta! poi di nuovo su, il mento... la bocca.

Tremava senza controllo. Ma non era il freddo umido della pozza. No. Ancora un altro brivido, qualcosa di sconosciuto e intossicante.

Aprí le labbra assetate come per bere una goccia di quel magico liquido.

Il tocco fu morbido, caldo, inaspettato. Più grande di lei.

La avvolgeva in un mantello di pelle come la sua, la toccava con una delicatezza che non sapeva potesse esistere. Che mai aveva sognato di poter provare.

Il brivido continuò a bagnarle la bocca, come un onda andava e veniva, lasciandola per pochi attimi da sola a bramare quel contatto impossibile. Poi tornava da lei, che lo accoglieva con avidità. 

Come poteva l'acqua essere così sensuale? Umana

https://youtu.be/Wp6tAcjq0N0
   
 
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