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Autore: Luschek    16/08/2021    1 recensioni
Quand’era un cadetto, si percepiva sull’orlo del baratro se qualcuno gli ricordava le sue debolezze. Ha perso il conto di quante volte abbia pianto per quel motivo. La sensazione di sentirsi finito – come se la vita potesse finire davvero a dieci anni, solo perché uno dei tanti sogni che si ha non viene realizzato – è vivida dentro di lui. Allora, la sua cara amica si era annidata fra l’aorta e i ventricoli, nascosta dove nessuno l’avrebbe mai potuta scorgere.
Oggi, invece, si è diramata lungo tutto l’apparato circolatorio: difatti non c’è parte del suo corpo che non tema di soffocare dall'angoscia.
Genere: Angst, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Reiner Braun
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Prompt: The New Great Depression (The Moth & The Flame) 

 

 

Welcome the New Great Depression 

 

Breathe it in 
Let it out 
So familiar now. 

 

All’età di dieci anni sembra tragico essere scartati da una scelta, in particolar modo se essa riguarda la successione del Corazzato. Mentre i compagni salpano oltre il mare e sacrificano la propria vita per la madrepatria, rimanere a casa equivale alla più miserabile delle condizioni umane.  

Reiner ha compreso undici anni più tardi – e dopo che ha scavato nel proprio animo fino a raschiarne il fondo – che è sempre stato avvolto dalla disperazione.  

Quand’era un cadetto, si percepiva sull’orlo del baratro se qualcuno gli ricordava le sue debolezze. Ha perso il conto di quante volte abbia pianto per quel motivo. La sensazione di sentirsi finito – come se la vita potesse finire davvero a dieci anni, solo perché uno dei tanti sogni che si ha non viene realizzato – è vivida dentro di lui. Allora, la sua cara amica si era annidata fra l’aorta e i ventricoli, nascosta dove nessuno l’avrebbe mai potuta scorgere. 

Oggi, invece, si è diramata lungo tutto l’apparato circolatorio: difatti non c’è parte del suo corpo che non tema di soffocare dall'angoscia.  

Una volta che un male del genere s’insinua sotto l’epidermide, è difficile eradicarlo.  

Quella frase fu pronunciata da un soldato Marleyano, quando vide lui e Bertolt correre lungo una viuzza del ghetto. A quel tempo, Reiner aveva dato torto all’uomo; oggi, invece, è convinto che mai parole furono più veritiere.  

Trova ironico nel realizzare quanto abbia sudato, vomitato e sputato sangue – letteralmente – per ottenere la gloria che tanto bramava e per riavere indietro quel padre sconosciuto, che in eredità gli ha lasciato solo un naso storto e degli occhi piccoli. Ha scalato la vetta, senza voltarsi indietro o guardare in faccia qualcuno, e si è ritrovato a stringere un pugno di mosche.  

Il suo sacrificio non è valso a nulla. La fama non è stata sufficiente per colmare la voragine che ha all’altezza del petto – la quale s’allarga e lo consuma, man mano che i giorni si alternano. Non ha riottenuto l’uomo che ha contribuito alla sua nascita, il cui volto adesso è scomparso tra i flutti della memoria, nonostante sia identico al proprio. 

Reiner respira, immagazzina tutta l’aria che i propri polmoni possono contenere, ed espira. Reiner si rende conto che quello non può essere chiamato vivere: lui esiste e basta. 

 

Since you came around 
I was young, saw your face 
When the lights went out 

 

Ha tentato di collocare lungo una linea temporale l’inizio della sua lenta discesa nell’apatia. Ha fallito, ovviamente. Ciò che ripesca da quelle immagini anonime – quelle vissute da un altro lui – è solo il volto smunto e sporco di un bambino troppo giovane per morire. È allora che lei scalcia e biasima la scelta di Marcel. Ammesso che si chiamasse in tal modo, quel ragazzino: si fida poco delle informazioni che il suo cervello gli fornisce. Tutto ciò che ricorda – o finge di ricordare – è ammantato da un alone scuro e fitto, che rende difficoltoso discernere la verità dalla menzogna. Sa che la colpa è di lei. Qualsiasi cosa ella sfiori diventa incerta e inafferrabile.  

È colpa tua sono le tre parole che ripete a cantilena da dieci anni a questa parte. Chissà se smetterà mai di pronunciarle, un giorno.  

 

I'm fine, don't ask, the truth is 
I'm nightmares underneath, it's useless 

 

Essere un bravo bugiardo è sia una benedizione che una maledizione.  

Una benedizione, quando si aggirava tra i demoni e si mescolava tra loro, ingannando sé stesso a tal punto che credeva d’essere sempre appartenuto a quella terra lontana.  

Una maledizione, quando apre la bocca per invocare aiuto e questa si contorce in un sorriso a trentadue denti.  

Anche di questo, la colpa è soltanto di quella lì. Se non gli avesse insegnato a mentire, a quest’ora Reiner potrebbe strisciare verso la persona più vicina a lui e implorare aiuto. Invece si stampa sul viso il sorriso più falso che ha nel repertorio e va in giro a chiacchierare, ridere, confortare – bugia, bugia, bugia.  

Se Eren lo vedesse in questo momento, si pentirebbe di avergli consentito di vivere una lunga – e felice? – vita. Quella lo ripete sempre a Reiner, dopotutto: Eren Jaeger avrebbe dovuto strappargli il fiato dal corpo quando ne aveva l’occasione. 

 

Oh, well, who cares? The proof is 
The monster in my head is ruthless 

 

Ha ingenuamente creduto che una volta libero dai suoi doveri, lei si sarebbe dissolta nel nulla. Si è sbagliato – come sempre.  

Ha davvero sperato, il giorno dopo in cui è stato congedato dal suo ruolo di Guerriero, che sarebbe tornato a respirare con la stessa facilità con cui compiono quel gesto le persone che lo circondano. 

Ci riprova: e ad ogni inspiro l’aria gli corrode trachea, corde vocali e lingua. Si è sbagliato – ancora, ancora, ancora. 

Ella è indomabile – un parassita immortale, che trae energia dalla sua – misera – linfa vitale. Reiner si chiede se un giorno lei se ne andrà, oppure se sarà lui il primo a soccombere a quella tossica convivenza.  

 

Up at night, feeling down, am I all alone? 
Hide away from it all, in a stranger's home 
Is it me? Is it you? Can I trust myself? 
I need some help 

 

Sparito lui, sparirà anche Lei. È un’equazione la cui soluzione è semplice. Forse Reiner dovrebbe tenere conto delle incognite, ma non lo fa: quando si tratta di lui, nessuno scalpita per opporsi al suo infausto destino. Lei pare contenta della sua presa di coscienza – forse è sempre stato questo il suo obiettivo? Se così fosse, Reiner si complimenta, poiché è riuscita nel suo malsano intento. 

 

La luna piena è alta nel cielo e le onde cullano la nave. Lo scrosciare dell’acqua contro il metallo della prua copre qualsiasi rumore o mormorio – tranne lo schianto di una bottiglia di vetro. Il ponte della nave s’imbratta di scarlatto e un plop interrompe il lamento del mare.  

Reiner sa di aver deluso Eren,  sua madre, Gabi, Falco, Annie, Pieck, Jean, Armin e Connie – ma soltanto così lei è stata scacciata via.  

Solo adesso Reiner è tornato a respirare a pieni polmoni – perché è finita. 

 

 

Note dell’Autore 

Non so dove volevo andare a parare con questa fanfiction, so solo che dopo otto mesi è finita e ho trovato il coraggio di pubblicarla. Prendetelo come un character study o il delirio di un’autrice (cosa più probabile), quello che vi è più facile da digerire!

Vi lascio un Colossale abbraccio,
Luschek

   
 
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