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Autore: Bathsheba    21/08/2021    1 recensioni
Aoyama si sente osservato da un po' di tempo.
Genere: Angst, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Dabi, Yuga Aoyama
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Aoyama si sente osservato.
 
Costantemente.
 
Non sa quando tutto questo ha avuto inizio, ma ora è diventato improvvisamente consapevole di una natura distorta che lo insegue ovunque, un’ ombra silenziosa al margine della sua giornata.
Lui che era sempre stato sullo sfondo, nascosto, rispetto ai suoi compagni, nonostante la sua brillante stranezza ed il modo bizzarro di porsi. Un’inutile corazza che tentava di indossare per dissuadere ogni critica e derisione.
 
Perchè era debole, se ne rendeva conto troppo spesso, quando vedeva gli altri andare avanti, spingendo i loro corpi distrutti oltre al limite pur di sopportare minacce più grandi.
Aoyama non ci riusciva mai.
Rimaneva lì, bloccato a terra, le gambe che tremavano e gli occhi lucidi.
Non riusciva ad emergere, non riusciva a combattere e per quanto non volesse ammetterlo l’unica cosa in cui era bravo era evadere da ogni problema con il minimo danno. Un vero pregio per un futuro eroe.
 
Sospirò, nel silenzio della sua stanza, al sicuro da tutti, mentre poggiava con delicatezza la divisa della scuola sul letto per prepararsi ai suoi rituali di bellezza prima di andare a dormire.
L’unica cosa di cui forse si sentiva sicuro era il suo aspetto, almeno con il passare degli anni era riuscito a trovare la forza per guardarsi allo specchio dopo che la sua stranezza continuava a peggiorare il suo stato d’animo, giorno dopo giorno.
 
Era difficile sopportare il suo quirk a lungo, i crampi ed il dolore non lasciavano il suo corpo presto e da bambino si era ritrovato magrolino e gracile, la pelle secca e pallida che contrastava con l’immagine della sua famiglia, sempre composta ed inafferabile.
Così aveva iniziato a mangiare di più, sopratutto i piatti raffinati, che la sua chef gli cucinava con tanto affetto; aveva impostato una tabella di marcia per le sue giornate, incluse le ore di sonno, dove al primo posto c’era la cura di sè stesso.
Sempre.
 
Perchè non sarebbe stata la sua stranezza a distruggerlo, questo non l’avrebbe mai accettato. Si sarebbe fatto forza e l’avrebbe accolta lottando con le unghie e con i denti mentre riprendeva in mano le redini della situazione, allenandosi per essere più resistente nel combattimento e curando ogni centimetro di sè. Perchè voleva imparare ad amarsi e questo erano l’unico metodo che conosceva.
 
Osservando attentamente il suo amico Midoriya si era improvvisamente ritrovato avvolto da un calore intenso al petto nel momento in cui vedeva il ragazzo continuare a dare il meglio di sè, nonostante ogni giorno si ritrovasse una nuova ferita, a dimostrazione di quanto la sua stranezza fosse distruttiva.
In quel momento Aoyama si era sentito così vicino a qualcuno, come mai prima d’ora. Non aveva cattivi rapporti con i suoi compagni di classe, ma si rendeva conto di non essere incluso nella maggior parte delle loro conversazioni, era sempre nel suo piccolo mondo ad osservare da lontano tutti scrutando le loro espressioni alla ricerca di qualcosa che li rendesse compatibili a lui.
Tutti però era così motivati, frizzanti e straordinariamente capaci, che irrimediabilmente si era ritrovato cento passi indietro con un battito di ciglia. E lì era rimasto.
 
Questo non lo rendeva felice, ma doveva ammettere a sè stesso di averlo accettato da tempo, vergognandosi fin dentro alle ossa per la sua debolezza.
Ma lui non era mai stato un combattivo, non si sarebbe mai lanciato in uno scontro all’improvviso urlando a squarciagola. Avrebbe illuminato il cielo con la sua luce dando la possibilità ai suoi amici di fuggire all’orizzonte, ma lui sarebbe rimasto nell’ombra, distrutto dal dolore.
 
Era un luogo sicuro dove non doveva esporsi e gli andava bene, ma più passava la spazzola sui suoi lunghi capelli biondi e più la sua mano iniziò a tremare e lui si ritrovò con la testa poggiata tra le sue ginocchia mentre crollava sul pavimento.
 
Non era più al sicuro da un po’ di tempo ormai.
 
Quando alzò gli occhi per guardare la sua immagine riflessa nello specchio rabbrividì mentre un sguardo oscuro sostituiva il color indaco dei suoi occhi.
 
Qualcuno lo stava osservando da un po’.
 
Si sentiva stupido a pensare ad una cosa del genere, ma era un dato di fatto.
Era trascorso un po’ di tempo dall’ incidente al campo di addestramento e lui ed i suoi compagni vivevano regolarmente nei dormitori accanto alla scuola, ogni tanto il preside elargiva dei permessi al fine di ogni settimana per consentire loro di visitare le loro famiglie, rispettando il coprifuoco.
Ed Aoyama era felice di quell’opportunità perchè sentiva di poter svagare la mente per quelle poche ore e di tornare per un attimo alla normalità, senza nessuna minaccia che gravasse sulle spalle di eroi fin troppo giovani per quell’era del crimine.
 
Poteva svagarsi, rivedere la sua famiglia e dimenticarsi di ogni piccolo capriccio che faceva torcere la sua mente, nell’ansia, per lunghi istanti di quiete.
Con le prime uscite non ci fece caso, probabilmente le prime settimane di libertà lo avevano reso estatico al punto di non accorgersi dei piccoli movimenti alle sue spalle, ma poi qualcosa era cambiato.
Era come se la figura volesse che lui lo notasse.
 
Voleva che Aoyama si accorgesse di proposito della sua esistenza.
 
Così nell’ultima visita, poche ore prima, Aoyama aveva salutato la sua famiglia decidendo di ritornare alla UA a piedi.
 Era una sera all’inizio dell’autunno e faceva ancora caldo, con ancora la luce solare che accompagnava i suoi passi e lui stranamente aveva rifiutato l’offerta di essere accompagnato per godersi una bella passeggiata. Viveva un bel quartiere ed era pieno di gente, sopratutto famiglie con bambini che giocavano allegri, perciò era sereno sulla sua decisione.
Ed inoltre ora era autorizzato ad utilizzare il suo quirk nel caso in cui qualche malvivente avesse fatto la sua apparizione, ma il solo pensiero che una simile cosa potesse accadere lo faceva rabbrividire nelle viscere.
 
Era quasi arrivato alla scuola quando la vide. Una figura incappucciata appoggiata con noncuranza alla staccionata di una casa, a pochi metri da lui, la lunga giacca nera che copriva interamente il suo corpo.
Non riuscì nemmeno a vedere il suo viso, nascosto da scuri occhiali da sole e da una mascherina, ma dalla direzione della sua testa poteva percepire che il suo sguardo era rivolto esattamente a lui.
Rabbrividì internamente, mentre decideva d’impulso di uscire per lo stretto vicolo alla sua sinistra, una strada più lunga, ma che gli avrebbe evitato di avvicinarsi all’uomo.
 
Aoyama non era il tipo che giudicava gli altri dall’esterno, era sempre stato molto acuto nel capire il carattere delle persone e le loro intenzioni, a volte peccava di superbia e forse parlava a sproposito, ma non aveva mai cattive intenzioni.
Era una capacità che aveva assunto nel momento in cui non era riuscito a relazionarsi con gli altri, passando la maggior parte del tempo da solo.
Ma il suo sesto senso gli diceva di camminare il più velocemente possibile per raggiungere la fine del vicolo ed imbucare la strada principale.
L’uomo era forse un ladro? Un criminale? Un maniaco?!
 
Trattenne l’impulso di girarsi per controllare chi avesse alle sue spalle, mentre spingeva le gambe a muoversi più velocemente, tirando un sospiro di sollievo mentre usciva dalla scorciatoia e lanciava un’occhiata dietro di lui senza trovare nessuno.
 
Sorrise, aveva esagerato con le paranoie dopotutto.
Sollevato fece per andare nell’altra direzione, ma si bloccò all’improvviso mentre ritrovava la strana figura a pochi centimetri da lui, appoggiato al muro laterale. Il volto coperto che continuava ad indirizzare verso di lui, leggermente inclinato per essere più vicino al suo volto.
Aoyama riuscì a percepire un vago odore di bruciato e deglutì inorridito dall’intera situazione.
 
Sussultò impedendosi di gridare, mentre iniziava a correre dall’altra parte, come non aveva mai fatto. Il cancello della scuola che rimbombava nella sua testa come l’ultimo obiettivo di una lunga battaglia.
 
Corse a perdifiato, non potendo utilizzare il suo quirk dal momento che non c’era nessun cattivo nelle vicinanze che potesse giustificarlo dal suo utilizzo, e quasi inciampò in mezzo alla strada mentre il fiato corrodeva la sua gola.
La struttura moderna della scuola si mostrò ai suoi occhi come un miraggio e lui ansimò speranzoso mentre avanzava oltre la barriera, un muro invisibile che lo separava da ogni avversità, liberandolo dal peso gravoso che si pesava sul petto.
 
Rilasciò un sospiro affranto, mentre si girava nervosamente per verificare se ci fosse qualcuno.
Lì, oltre il cancello identificativo, la figura lo scrutava tranquillamente, con le mani nelle tasche nere del lungo giaccone.
Come per prenderlo in giro.
 
Aoyama gemette mentre fuggiva verso i dormitori, rinchiudendosi nella sua stanza, la porta chiusa a chiave ripetute volte, come se quel minuscolo vincolo lo avrebbe intrappolato nella sua bolla sicura.
Non era stata una coincidenza.
 
Quell’uomo lo aveva seguito fino a quel punto.
Non avrebbe perso di vista Aoyama.
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
Aoyama si era deciso a non abbandonare più i dormitori fino quando non si sarebbe rassicurato sulla situazione.
Non uscendo oltre la proprietà della scuola non aveva più incontrato l’uomo faccia a faccia, ma questo non aveva diminuito i suoi livelli di ansia. Anzi.
 
Aveva iniziato a svegliarsi alle quattro del mattino, ogni giorno, nel buio della sua camera, mentre i sogni abbandonavano irrequieti la sua mente.
Non riusciva più a concentrarsi durante la giornata e crollava ogni sera nel letto in balia di una stanchezza distruttiva che lo rendeva però sempre più ansioso e vigile. Per questo si alzava silenziosamente dal suo letto, prima dell’alba, cercando di non suscitare il minimo rumore mentre apriva leggermente le tapparelle della sua finestra che davano sulla strada principale, oltre la barriera.
 
Un piccolo spiraglio invisibile all’esterno che avrebbe concesso ai suoi occhi di verificare cosa stava succendo.
 
E lì in mezzo alla strada, prima ancora che sorgesse il sole, una figura scura attendeva sotto al lampione rendendosi visibile nella notte, come a beffarlo nella sua più completa disperazione.
Non riusciva ad inquadrare la sua figura completamente, a causa della lunga distanza, ma l’uomo si poneva sempre sotto l’unico lampione che puntava dritto al balcone di Aoyama e questo lo faceva raggelare nelle ossa fino a quando la sveglia delle sei non iniziava a suonare e lui iniziava la sua giornata, distrutto come non mai.
Non era ancora riuscito a dire nulla, non riusciva a capire perchè, ma il nodo che bloccava la sua gola gli impediva di fare il minimo resoconto della vicenda. Non aveva un migliore amico o un compagno fidato a cui appoggiarsi e la vergogna riempiva il suo corpo mentre fissava il maestro Aizawa durante le lezioni.
 
Quella sarebbe stata l’ennesima prova della sua inefficienza. Un ragazzo troppo debole per fare l’eroe, che non era nemmeno capace di liberarsi di uno stalker.
Perchè quello era, un perfetto sconosciuto che non aveva nulla di meglio da fare che torturarlo psicologicamente presentandosi al loro strano appuntamento alle quattro del mattino. Come se quel tizio sapesse esattamente che Aoyama lo stava controllando.
Era tutto fuori il suo controllo e quando durante la lezione Aizawa lo sgridò per la sua distrazione in classe, abbassò la testa afflitto.
Sarebbe stato molto più difficile di qualsiasi prova che aveva affrontato a scuola.
 
-Tutto bene?- la voce calma e controllata di Tokoyami lo fece sobbalzare sulla sedia mentre si ridestava dai suoi pensieri.
Era strano che il ragazzo misterioso iniziasse una corversazione, a maggior ragione con lui, dato che gli unici con cui aveva un rapporto stretto erano Ojiro e Shouji e di solito preferiva rimanere in disparte.
 
Aoyama sentì il suo volto arrossarsi stupidamente mentre annuiva imponendosi la calma. -Sto benissimo, non vedi? Oggi brillo più che mai-.
Lo sguardo di Tokoyami si restrinse quasi volesse scrutare i meandri del suo cervello. -Mi sembri molto cupo in questi giorni, l’ho notato da un po’-.
 
Trasalì mentre percepiva gli sguardi di Mina e Hagakure verso di lui, quasi a captare ogni minimo accenno di conversazione.
Da quanto Tokoyami lo osservava? Aoyama non era riuscito a controllare le sue emozioni?
 
-Cosa dici mai, mon ami?- ridacchiò nervosamente mentre si accarezzava i capelli distratto. -Ѐ l’intervallo ora, non pensiamo a queste cose brutte, va bene?-.
Così dicendo si alzò senza troppe cerimonie uscendo disinvolto dalla classe per fuggire in mensa, lontano dallo sguardo del suo compagno.
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
Un mese dopo iniziarono i regali.
 
Il primo era dentro un piccolo involucro di carta arricciata e fissata malamente.
L’aveva trovato nella sua cassetta della posta, senza mittente, una domenica mattina e confuso l’aveva portato nella sua camera prima che qualcuno iniziasse a fargli qualche domanda.
Sua madre gli aveva spedito qualcosa?
Era un’ipotesi molto irrealistica considerendo il senso estetico di sua madre ed il fatto che non ci fosse nessun messaggio da parte della sua famiglia sul pacchetto.
 
Scartò la carta timoroso mentre si ritrovava tra le mani una piccola scatolina di legno, dall’aspetto misero.
Confuso aprì lentamente la scatola rivelando al suo interno due piccole biglie lucenti, una viola e l’altra celeste, che rotolarono sul suo letto.
Si affrettò ad afferrarle prima che scomparissero sotto al mobile e le fissò attentamente.
 
Perchè qualcuno doveva regalargli degli oggetti simili? Non era più un bambino ormai, a cosa gli servivano delle biglie?
 
Dopo averle studiate attentamente si accorse che tra la carta che aveva scartato era imprigionato anche un piccolo bigliettino di carta.
 
 
‘Non sono riuscito a trovarne una con lo stesso colore dei tuoi occhi. Ci vediamo stanotte, sotto al lampione?’.
 
Aoyama fece cadere i piccoli regali, frantumandoli sul pavimento.
 
 
Ciò che ne seguì fu una lenta tortura in cui ogni mattina la cassetta di Aoyama era intrisa di piccoli pacchetti, uno più strano dell’altro che richiamarono l’attenzione dei suoi compagni.
 
-Cosa sono questi regali?- domandò una mattina Kaminari mentre Aoyama si affrettava su per le scale.
 
Balbettò incoerente. -Mia madre...si è fissata con il the, ogni giorno mi manda una fragranza diversa-.
 
Momo battè le mani eccitata mentre si avvicinava a lui. -Ѐ stupendo! Che ne dici di provarle insieme alle mie oggi pomeriggio?-.
 
Aoyama si vergognò profondamente. -In verità preferisco collezionarle, mon ami- e lanciando il miglior sorriso di circostanza fuggì nella sua stanza.
 
Ogni pacchetto era diverso. All’inizio il primo pensiero di Aoyama era stato di sbarazzarsi di ogni pacco senza degnarlo di una sguardo, ma aveva fallito.
Aveva paura.
Paura che ogni pacchetto potesse contenere una qualsiasi minaccia o un indizio su ciò che lo sconosciuto voleva da lui o addirittura un ricatto per la sua famiglia.
Ma non aveva trovato nulla di tutto ciò.
Era oggetti modesti, piccole pietre colorate, fiori appassiti, delle bambole rovinate da lunghi capelli biondi e dal viso sfigurato.
Tutti con allegato un bigliettino. Sempre.
 
 
 
‘Non esci dalla tua torre, Raperonzolo?’.
 
‘Non riesco a trovare il colore adatto perciò l’ho colarata da solo’.
 
‘Vediamoci stanotte, ti aspetto sotto al lampione’.
 
‘Sotto la luna la tua pelle è più luminosa’.
 
 
 
 
Aoyama passava la fine delle sue giornate sepolto sotto le coperte, mentre dei piccoli singhiozzi facevano tremare il suo corpo.
 
Non c’era modo che tutto questo potesse risolversi.
Era troppo debole.
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
Quando il vomito iniziò a diventare una triste abitudine delle sue mattine iniziarono i messaggi.
Era chiaro che lo sconosciuto aveva i mezzi per rintracciare il suo numero di telefono senza troppi problemi.
L’ansia e la paura avevano reso il suo povero fisico ancora più delicato ed Aoyama aveva passato il fine settimana a letto, la mente devastata da un terribile mal di testa e lo stomaco in subbuglio.
 
Fu sorpreso quando le ragazze gli fecero visita preoccupate per il suo stato attuale.
 
-Ogni giorno diventi sempre più pallido- disse Ochako turbata mentre Aoyama tremolava sotto al lenzuolo. -Stai mangiando adeguatamente?-.
Avrebbe dovuto parlarne con loro?
Le ragazze lo avrebbero capito, ne era sicuro, eppure un terrore veniva irradiato sotto la sua pelle bloccando ogni sua azione.
 
 
Se le metti al corrente della situazione saranno anche loro in pericolo.
Rimani nell’ombra.
 
 
-Ho solo un po’ di febbre e problemi allo stomaco, mi capita ogni anno in questo periodo, state tranquille- rispose piano mentre le espressioni delle ragazze si facevano sempre più insicure. -E poi gli esami sono alle porte e lo stress mi ha giocato un brutto scherzo- sospirò cercando di essere il più drammatico possibile. -Una stella brilla di più quando è notte, mes chers-.
Questo sembrò tranquillizzarle e passò un paio di ore in loro compagnia fino a quando non lo lasciarono solo per farlo riposare.
Stanco cercò di addormentarsi per recuperare qualche ora di sonno, ma l’avviso di un nuovo messaggio lo fece scattare tremante, facendogli girare la testa per lunghi attimi.
 
Non dovrei leggere, pensò mentre cercava di ritornare tra le calde coperte, ansioso.
Non dovrei.
 
Agitato afferrò il cellulare, sbloccando lo schermo.
Il numero sconosciuto lo aveva contattato più volte dalla mattina precedente, ma Aoyama non aveva mai risposto, decidendo di dare solo una minima occhiata all’anteprima dei messaggi.
Non doveva dare corda ad un pazzo del genere eppure il suo dito sfiorò la cronologia della conversazione, i battiti che esplodevano nel suo petto.
 
 
 
 
04:32  Non ti ho visto all’alba oggi, stavi dormendo?
04:39  Vorrei poterti guardare mentre dormi.
04:40  So che lo vuoi anche tu, sei una tale puttana in cerca di attenzioni.
 
05:03  Sei fottutamente bello.
 
18:10  Non mi rispondi? Dopo tutti i regali che ti ho dato? Dio, sei così difficile...
18:12  Non vedo l’ora di darti il prossimo regalo.
 
23:57  Vorrei stringere i tuoi capelli tra le dita e strapparti la pelle del collo a morsi. Ti piacerebbe?
23:58  Sono certo di si.
 
 
 
 
La nausea gli risalì in gola scatenando in lui brividi freddi mentre cercava di trattenere l’impulso di vomitare, il bruciore acido che gli corrodeva la gola.
 
Bevve un po’ d’acqua rendendosi conto di essere completamente sudato a causa della febbre.
Aveva bisogno di una doccia.
 
I messaggi del giorno prima che gli aveva inviato quel maniaco erano discordanti, Aoyama non riusciva ad identificare nessuno di sua conoscenza che potessi dirgli simili cose.
Si sentiva incredibilmente sporco e disgustoso.
 
Non voleva nulla di tutto ciò. Non voleva le attenzioni di nessuno, non desiderava essere tra i pensieri perversi di uno sconosciuto. Provava terrore ed il senso di oppressione calava su di lui come uno strato viscido che sporcava la sua pelle.
Si sentiva spogliato, strappato dalla sua amata armatura, messo a nudo ed umiliato come una bestia pronta al macello, svenduta fino all’ultimo grammo della sua carne.
Era orribile.
 
Pianse sconfitto mentre si lasciava andare nella doccia, l’acqua calda che scorreva fra i suoi capelli accarezzando la sua pelle arrossata per il calore.
 
Odore di bruciato.
Quell’uomo odorava di bruciato.
 
Riflettè su quell’indizio mentre si asciugava in maniera distratta i capelli. Quell’odore gli era stranamente familiare.
L’aveva già incontrato in passato?
Come aveva fatto quel tizio ad ossessionarsi in quel modo a lui?
Aoyama non era una persona che attirava gli altri, era sono un buffo contorno che arricchiva l’immagine valorosa dei suoi compagni di classe.
 
Non era a lui che doveva interessarsi quel pazzo.
Si bloccò, mentre ritornava nel suo letto, le lacrime colpevoli che lambivano le sue guance.
Era disgustato da sè stesso.
Aveva pensato per un singolo istante che una sorte del genere sarebbe dovuta ricadere su qualcun altro.
Come aveva fatto a ridursi in questo modo?!
Stare nascosto nell’ombra lo aveva reso mostruoso.
 
Senza nessuno accanto non riuscirò mai a brillare, pensò quasi ridendo istericamente di quanto lo avesse detto in maniera superficiale prima di tutta quella tragedia, come se fosse un genio in confronto ai suoi compagni.
 
Ma alla fine quello che non brillava era sempre e solo lui.
 
C’era solo un messaggio per quel giorno.
 
 
 
20:25  Non sei sceso a prendere il regalo oggi. Sei in debito con me per la seconda volta.
 
 
 
 
Chiuse gli occhi, le palpebre che dolevano, mentre spegnava il cellulare una volta per tutte.
 
Che diamine voleva dire seconda volta?
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
Un sorrisetto malizioso si fece strada nella visuale di Aoyama mentre strisciava disperatamente tra le foglie cadute ed il terriccio, alla ricerca di una roccia alla quale aggrapparsi per alzarsi e fuggire il prima possibile.
Erano sotto attacco dalla Lega.
La sua classe stava combattendo senza sosta e lui si era ritrovato nascosto tra i cespugli, come un miserabile, cercando di mimetizzarsi con il bosco notturno.
 
Non si era mai sentito più schifoso di così, le mani che trattenevano le grida nella sua bocca e gli occhi erano lucidi, pieni di una paura folle.
 
Non sei come loro, pensava sconvolto mentre osservava il combattimento in lontananza. Nonostante avesse utilizzato la sua stranezza come diversivo la sensazione di un essere solo uno sporco codardo non lo abbandonò molto presto.
Conficcò le unghie nel terreno mentre sentiva la presenza di qualcuno avvicinarsi verso il suo nascondiglio.
 
Mi ucciderà, pensò lucido nel suo terrore mentre annaspava per riprendere fiato.
 
Degli occhi azzurri si fecero strada tra la boscaglia, l’uomo lo osservava dall’alto in silenzio per quella che gli sembrò un’eternità.
 
Aoyama vide la sua vita scorrere lentamente nei suoi occhi, la sua figura patetica che si rifletteva in quelle iridi brillanti.
 
-DABI- una voce urlò in lontananza mentre Aoyama sussultava cercando di allontanarsi sempre di più, l’uomo lo scrutò immediatamente bloccando ogni suo passo con una sola occhiata.
 
Usa il laser, si urlò mentalmente disperato. USALO!
 
Il suo corpo però era completamente ghiacciato dalla paura, la maglietta che lasciava la sua pancia scoperta quasi come uno scherzo del destino rendeva visibile la porzione di pelle bloccata da ogni impulso del suo quirk.
 
Era completamente disarmato.
 
-C’è qualcuno lì, Dabi?- domandò la voce profonda oltre gli alberi, all’oscuro della presenza di Aoyama.
 
Il sangue si gelò mentre non osava alzare gli occhi sul viso dell’uomo sopra di lui.
 
Sentì un forte odore di bruciato e represse un grido quando avvertì un dito ustionato avvolgere i suoi capelli biondi.
Si allontanò in fretta dall’uomo, sconvolto, come se fosse stato scottato, mentre questo gli sorrideva divertito.
 
-No- esclamò fissando dritto verso Aoyama -non c’è nessuno qui-.
 
Non fece in tempo a voltarsi e fuggire il più lontano possibile che lo sconosciuto si era già dileguato.
Sparito lasciando l’ombra di un profumo doloroso.
 
 
In debito per la seconda volta.
 
 
 
Aoyama quasi cadde dal letto mentre riprendeva fiato nel buio della notte.
Perchè aveva fatto quel dannato sogno? Perchè doveva ricordare eventi del genere proprio in quel momento?
 
Quasi si strozzò mentre l’acqua fredda scorreva oltre il mento bagnandogli il collo, mentre beveva affannato per colpa dell’ incubo.
 
Erano le cinque del mattino.
Il suo corpo si mosse da solo, spinto dalla più cieca frustazione e rabbia mentre spalancava le ante della finestra che davano sul balcone.
 
Oggi lo dirò ad il maestro Aizawa, si disse furente mentre esaminava la strada principale.
Doveva porre fine a tutto questo.
 
Il suo cuore palpitò mentre verificava la strada vuota davanti ai suoi occhi e non riuscì a trattenere un piccolo singhiozzo di sollievo a quella vista.
 
Lui non lo stava aspettando sotto al lampione.
 
Sorrise stancamente mentre faceva per rientrare nella sua stanza, ma si bloccò quando avvertì una carezza che si poggiava timida sulle punte dei suoi capelli.
 
Si girò lentamente di scatto, i rintocchi del suo cuore che contavano alla rovescia la sua fine.
 
Dabi lo guardo sorridendo tranquillo, mentre si appoggiava al lato del balcone nascosto dall’anta della finestra.
 
Si avvicinò piano mentre Aoyama rimaneva bloccato sul punto, incapace di parlare, con gli occhi che si inumidivano lentamente.
 
Un soffio caldo sulle sue labbra e l’odore di pelle bruciata invase le sue narici.
 
-Ti ho portato il mio ultimo regalo, Raperonzolo-.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ciao a tutti!
Questa storia è decisamente fuori dalle mie corde, ma stavo pensando troppo a questa coppia così inusuale che mi sono convinta a scriverla sottoforma di one-shot.
Sono tristemente consapevole che tutto quello che ho scritto sia pura follia, ma purtroppo ho ceduto alla tentazione e ho voluto omaggiare Aoyama in un modo crudele. Mi scuso per questo.
Alla prossima!!
   
 
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