Charlie
Brown e la signorina Rottenmeier:
Quella parola in comune.
Quella parola in comune.
Non riusciva a crederci.
All'inizio aveva pensato ad un viaggio premio per l'Europa.
Lui, che non aveva mai vinto nulla in vita sua, quasi svenne per l'emozione quando gli comunicarono che, tutto spesato, sarebbe partito dalla lontana America per arrivare laggiù, nel cuore del Vecchio Continente.
Ma si era ben presto reso conto che le cose non stavano proprio così.
Aveva immaginato Londra, con la famosa torre dell'Orologio, e invece si era ritrovato a Francoforte, una città vecchia, fumosa e soprattutto polverosa.
Praticamente aveva immaginato il Big Ben e si era ritrovato Pig Pen.
Nessuno dei suoi amici si era degnato di accompagnarlo all'aeroporto, tranne il fedele cane, che per l'occasione si era offerto di guidare il velivolo di linea: il personale di volo, purtroppo, non glielo permise.
Scoprì l'amara verità: era stato mandato in una vacanza studio presso un collegio, di quelli dal regolamento rigidissimo.
Avrebbe passato un mese di pura prigionia, tra studio, disciplina e una montagna di doveri: addio Estate spensierata tra giardini e campi da baseball.
Trascinando un trolley grosso il doppio di lui, il bambino si trovò davanti una signora dall'aspetto austero, un monocolo stile Bismarck e un vestito che non avrebbe immaginato addosso neppure a sua nonna.
La bocca era già spalancata per vomitargli addosso una marea di improperi che tra l'altro non riuscì a capire, per via della lingua teutonica di cui era completamente a digiuno.
Non riusciva a crederci.
Ma che diavolo di bambino le avevano affidato?
Piccolo, goffo, un testone abnorme e soprattutto un'espressione spaesata e stralunata.
La precedente, piccola bambina cresciuta in mezzo alle Alpi, a confronto, era una madamigella di alta società.
Costui veniva da una terra di selvaggi, un continente le cui storie di fuorilegge con la pistola facile, o indigeni che scalpavano la gente, terrorizzavano le persone a modo.
Una terra di incivili, deportati e delinquenti, sotto il cui nome di "libertà" si comportavano spudoratamente, ai limiti dell'anarchia.
E proprio a lei, povera, innocente governante che aveva lavorato con i più facoltosi ed istruiti elementi della società, era stato appena affidato il compito di addomesticare e formare una di quelle pesti.
L'aria non proprio perspicace del soggetto segnava già un percorso in piena salita.
Neppure il primo giorno ed aveva già tardato di un'ora l'appuntamento a cui si doveva presentare, presso la magione dei Seseman.
Scandaloso, si era già partiti col piede sbagliato!
Sarebbe bastato un mese per inculcare un po' di comprendonio a quel bambino?
Entrambi, il bambino e la governante, si guardarono, sospirarono, e ripeterono all'unisono l'unica parola che li rese, per un attimo, simili:
"Misericordia!"
All'inizio aveva pensato ad un viaggio premio per l'Europa.
Lui, che non aveva mai vinto nulla in vita sua, quasi svenne per l'emozione quando gli comunicarono che, tutto spesato, sarebbe partito dalla lontana America per arrivare laggiù, nel cuore del Vecchio Continente.
Ma si era ben presto reso conto che le cose non stavano proprio così.
Aveva immaginato Londra, con la famosa torre dell'Orologio, e invece si era ritrovato a Francoforte, una città vecchia, fumosa e soprattutto polverosa.
Praticamente aveva immaginato il Big Ben e si era ritrovato Pig Pen.
Nessuno dei suoi amici si era degnato di accompagnarlo all'aeroporto, tranne il fedele cane, che per l'occasione si era offerto di guidare il velivolo di linea: il personale di volo, purtroppo, non glielo permise.
Scoprì l'amara verità: era stato mandato in una vacanza studio presso un collegio, di quelli dal regolamento rigidissimo.
Avrebbe passato un mese di pura prigionia, tra studio, disciplina e una montagna di doveri: addio Estate spensierata tra giardini e campi da baseball.
Trascinando un trolley grosso il doppio di lui, il bambino si trovò davanti una signora dall'aspetto austero, un monocolo stile Bismarck e un vestito che non avrebbe immaginato addosso neppure a sua nonna.
La bocca era già spalancata per vomitargli addosso una marea di improperi che tra l'altro non riuscì a capire, per via della lingua teutonica di cui era completamente a digiuno.
Non riusciva a crederci.
Ma che diavolo di bambino le avevano affidato?
Piccolo, goffo, un testone abnorme e soprattutto un'espressione spaesata e stralunata.
La precedente, piccola bambina cresciuta in mezzo alle Alpi, a confronto, era una madamigella di alta società.
Costui veniva da una terra di selvaggi, un continente le cui storie di fuorilegge con la pistola facile, o indigeni che scalpavano la gente, terrorizzavano le persone a modo.
Una terra di incivili, deportati e delinquenti, sotto il cui nome di "libertà" si comportavano spudoratamente, ai limiti dell'anarchia.
E proprio a lei, povera, innocente governante che aveva lavorato con i più facoltosi ed istruiti elementi della società, era stato appena affidato il compito di addomesticare e formare una di quelle pesti.
L'aria non proprio perspicace del soggetto segnava già un percorso in piena salita.
Neppure il primo giorno ed aveva già tardato di un'ora l'appuntamento a cui si doveva presentare, presso la magione dei Seseman.
Scandaloso, si era già partiti col piede sbagliato!
Sarebbe bastato un mese per inculcare un po' di comprendonio a quel bambino?
Entrambi, il bambino e la governante, si guardarono, sospirarono, e ripeterono all'unisono l'unica parola che li rese, per un attimo, simili:
"Misericordia!"