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Autore: Kary91    08/09/2021    4 recensioni
[Raccolta | Post-Endgame| Peter Parker & Morgan Stark]
Una raccolta di piccoli momenti quotidiani che raccontano l'amicizia fra la piccola di casa Stark e un Peter nelle vesti di pseudo-fratello maggiore.
I capitoli:
1. Come bimbi sperduti (Peter & Morgan)
2. First Superhero Rule (Peter & Tony | Peter & Morgan)
3. Il "Morgan Prurito" (Peter, Morgan & Pepper | Coming Soon)
“Ehi, Peter…”
Morgan agguantò il suo dolce e lo addentò con gusto, imbrattandosi la bocca di cioccolato.
Peter sorrise compiaciuto nel sentirsi chiamare finalmente per nome.
“Possiamo fare che siamo come i bimbi sperduti? Ci proteggiamo… Io aiuto te e tu aiuti me. Così non abbiamo bisogno dei grandi.”
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Morgan Stark, Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Questa storia è stata scritta per la “Writeptember Challenge”, indetta dal gruppo Facebook Hurt/Comfort Italia, con i seguenti prompt del Day #4: “Curtainfic” e “Sick/Caretaker non sono uniti da una relazione romantica.”

 

All-I-Know-so-Far-1

 

“Papà, sai, secondo me ti piacerebbe questa storia…”

Morgan Stark diede un colpetto affettuoso al casco rosso e oro appoggiato di fianco a lei sul tappeto.

Un paio di metri più in alto, Peter la teneva d’occhio dal letto a castello – lo sguardo impacciato di chi ha paura di poter rompere qualcosa anche solo guardandola. Non era mai stato da solo con Morgan, prima. Di solito c’era sempre Happy nei paraggi, pronto a vegliare sulla piccola come un cane da guardia.  Peter non aveva esperienza con i bambini – lui stesso veniva considerato poco più che un poppante da buona parte degli adulti che conosceva  –  ma quando Pepper, in città per un appuntamento di lavoro, gli aveva chiesto di tenerla con sé per il pomeriggio, non era riuscito a dirle di no. Ad ogni modo, la bimba sembrava cavarsela alla grande anche da sola, ed era piacevole averla attorno, nonostante la disturbante abitudine che aveva preso: quella di chiacchierare con un casco vuoto.

L’elmo di Tony era diventato per Morgan come la copertina di Linus:  conteneva l’ultima traccia tangibile di suo padre – l’ologramma della sua voce, del suo corpo – e se lo portava ovunque,  appartamento di Peter incluso.

“…Ci sono i pirati e Capitan Uncino ha la mano di ferro, quindi è un po’ come un robot…”

In quel momento, la bambina stava studiando con aria concentrata le illustrazioni di un libro di fiabe che aveva scovato chissà dove e che Peter nemmeno ricordava più di avere. Seduta a gambe incrociate sul tappeto, sfogliava le pagine e, di tanto in tanto, ne commentava i disegni ad alta voce, rivolgendosi un po’ a Peter e un po’ al padre.

“E c’è anche una nave che vola. Anche io voglio volare…” rivelò, alzando la testa per incrociare lo sguardo del ragazzo. “… Proprio come fa Peter!”

“Oh…”

Un sorrisetto sorpreso accarezzò le labbra dell’adolescente.

Peter balzò giù dal letto e si sedette sul tappeto accanto alla bambina.

“Ti porterei volentieri a fare un giro sui grattacieli, ma non credo che tua madre ne sarebbe contenta. Per non parlare di Happy.”

Morgan si mise a ridere.

“Ma non Peter tu!” esclamò, scuotendo la testa con fare incredulo. “Peter lui!”

Picchiettò con il dito su una delle illustrazioni del libro.

“Peter Pan! Anche tu sei un bimbo grande, ma non ci assomigli mica, a lui!”

L’orgoglio di Peter subì una piccola stilettata.

“Come no?” ribatté, scattando in piedi con le mani sui fianchi. “Volo e combatto il crimine – i pirati o come li vuoi chiamare tu. Ho perfino la calzamaglia” aggiunse, gonfiando il petto e mimando il gesto di tirare con l’arco. “No, aspetta, quello con la calzamaglia era Robin Hood.”

Morgan si alzò a sua volta e gli girò attorno per studiarlo.

“Fammi vedere, allora!” lo sfidò infine, spostando il casco del padre sul letto più basso, per sgombrare il tappeto. “Fammi vedere che sei come Peter Pan!”

Peter non aveva voglia di prendere ordini da una bambina di quattro anni; inoltre, si era ripromesso di non sparare ragnatele con Morgan nei paraggi, per evitare incidenti, ma lì la posta in gioco era alta: ne andava del suo orgoglio personale.

“Tieniti forte, Wendy…” la avvisò, prima di prenderla in braccio e appoggiarla sul letto più in alto. “Stai per assistere alla battaglia più stratosferica di tutti i tempi. I pirati tremano ogni volta che sentono il mio nome… Perché io sono Peter Pan!”

“No, sei bimbo grande!” ribatté la bambina con un sorrisetto da birba – i piedi che dondolavano a mezz’aria. La sua espressione, tuttavia, mutò da malandrina a sorpresa nel giro di una manciata di secondi. Peter colpì il soffitto con una delle sue ragnatele e dondolò da un lato all’altro della stanza. Camminò fino al lampadario e ciondolò a testa in giù, fingendo di lottare con un pirata immaginario.

“Questo è per te, Uncino dei miei Stivali!” gridò, sparando un getto di ragnatela contro uno dei modellini di lego che stava costruendo con Ned.

Morgan ridacchiò di gusto – gli occhi accesi di vivacità. Incominciò a molleggiare sul letto, visibilmente elettrizzata.

“Possiamo fare una ciurma tutta nostra, bimbo grande?” chiese, dando pugni e fendenti all’aria.  “E combattere i cattivi. Come faceva papà!”

“La smetti di chiamarmi Bimbo Grande?”

Peter dondolò da un lato all’altro della stanza e staccò una gruccia vuota dalla maniglia dell’armadio, sfruttandola come spada.

“Sono praticamente un’adulto!”

“Attento, c’è Spugna!”

Morgan scese i primi gradini della scaletta e indicò un punto imprecisato dietro le spalle di Peter. Il ragazzo fece una capriola e affondò in quella direzione con la sua gruccia-spada.

“Non mi avrai mai, vecchio ubriacone!” ruggì, dandosi lo slancio per tornare sul soffitto.

Morgan scoppiò a ridere ed esultò sollevando un braccio – la mano libera aggrappata alla scaletta.

“Bimbo grande!” gridò all’improvviso, spalancando gli occhi.

Peter sobbalzò.

“Che succede?”

“Uncino mi ha catturata!” gridò la bambina, guardando in basso dalla scaletta. “Devo volare via!”

“Morgan, aspetta!”

 

*

Peter avvolse la bustina di ghiaccio secco in un panno e la soppesò fra le mani per qualche istante, domandandosi se fosse ancora troppo fredda.

“Non è niente di grave,” farfugliò, un po’ a Morgan e un po’ a se stesso, prima di scostare con delicatezza una ciocca di capelli dal volto della bimba.  “Solo un graffietto.”

Morgan piagnucolava piano, le gambette che dondolavano oltre il bordo del tavolo.

Era balzata giù dalla scaletta più in fretta di un gatto e Peter era riuscito a prenderla per un soffio, ma si era dimenticato della gruccia che aveva in mano. Il segno sulla guancia di Morgan era piuttosto piccolo, ma la bambina era inconsolabile e questo bastava per farlo brancolare nel panico più totale.

Aveva affrontato degli alieni terrificanti. Si era dissolto in una manciata di polvere ed era scomparso per ben cinque anni. Eppure era certo che, se qualcuno gliel’avesse chiesto, avrebbe annoverato il pianto della figlia di Tony Stark come una delle cose più terrificanti che avesse mai dovuto affrontare.

“Mi fa male…” mormorò la bambina, quando il ragazzo le appoggiò il ghiaccio sulla guancia.

“Fa un po’ male, lo so,” Peter si morse il labbro, sforzandosi di alleggerire il più possibile il tocco.  “Ma adesso passa, vedrai.”

“Voglio il mio papà...”

Morgan tirò su col naso e chinò la testa – lo sguardo puntato sui piedini che oscillavano. “Voglio il bacino del mio papà.”

Qualcosa di pesante e di doloroso si aggrappò al petto di Peter dall’interno, gravandogli addosso.

“Vuoi che vada a prenderti il casco?”

“No, voglio il mio papuno… Quello vero!”

Morgan si stropicciò gli occhi umidi e allontanò il ghiaccio con la manina.

Peter sospirò. D’istinto, la prese in braccio e incominciò a gironzolare per la cucina, sussurrandole cose a caso. Gli pareva di aver visto zia May fare così con un neonato, una volta, e Morgan era decisamente fuori da quella fascia d’età, ma si sentiva completamente a corto d’idee.

“Vuoi che ti racconti una storia?” azzardò, notando il libro di fiabe ancora aperto sul tappeto. “Una storia su Maguna?”

Tony, gli aveva raccontato Pepper, aveva inventato una serie di storie con la bambina come protagonista. Non che si potessero davvero definire storie: di solito ammontavano a due o tre frasi, spesso dai toni sconclusionati,  ma Morgan le adorava perché la facevano ridere.

La bambina scosse la testa.

“Tu non le sai raccontare…” mormorò, appoggiando l’orecchio contro la sua spalla.

Un accenno di sorriso piegò le labbra di Peter.

“Hai ragione…”

Si sedette sul divano, con la bambina in braccio. Rimasero in silenzio per qualche istante, immersi nei rispettivi pensieri.

“Lo sai, Morgan…” mormorò infine Peter, appoggiando il mento ai capelli della bambina. “Anche a me manca il mio papà... E la mia mamma. Mia madre dava gli abbracci più belli del mondo…”

Chiuse gli occhi, cercando di rievocare la sensazione di quel contatto.

“Mi stringeva davvero forte, ma non mi dava fastidio. Era come infilarsi dentro a un sacco a pelo… o sotto una coperta morbida, quando fa freddo. Era come un bozzolo… Mi faceva sentire al sicuro.”

Chinò appena la testa per controllare Morgan: sembrava più calma, adesso. Se non altro, aveva smesso di piangere.

“Mio padre, invece, rideva un sacco,” proseguì, sorridendo al ricordo. “Certe risate, a volte, sono fastidiose, ma il suono della sua mi piaceva.”

“Il mio papà non rideva tantissimo…”

Morgan si staccò da Peter per guardarlo  - aveva il viso arrossato, per la botta e il tanto piangere.

“… Però faceva ridere sempre me e la mamma. Era il più divertente di tutti!”

“Davvero?”

Peter sorrise e la aiutò ad allontanare i capelli scompigliati dal viso.

“Uh uh!”

Morgan annuì.

“Mi manca tanto, però sono contenta che ho la mamma. Tu invece la mamma non ce l’hai più, vero?” mormorò, tornando a rabbuiarsi. “Posso imprestarti un po’ la mia, però solo per poco.”

Peter scoppiò a ridere.

“Non preoccuparti.” la rassicurò, dandole un colpetto affettuoso sulla gamba. “Io ho zia May, che è un po’ come una mamma.”

Morgan lo fissò per qualche istante, prima di riprendere a stropicciarsi gli occhi: sembrava stanca, adesso.

“Un po’ ci assomigliamo, allora, vero?” chiese, tornando ad accucciarsi contro il suo petto. “Siamo come i bimbi sperduti. Anche loro non hanno il papà… Però non hanno nemmeno la mamma.  Ma almeno hanno la polvere di fata…”

Peter abbandonò la testa contro lo schienale del divano – inspiegabilmente esausto.  Lo sguardo gli cadde sulla gruccia abbandonata sul pavimento e poi proseguì fino al libro di fiabe, ancora aperto sull’illustrazione di Peter Pan.

“Ehi, Morgan…”

Peter guardò fuori, socchiudendo appena gli occhi per difendersi dal sole: non erano nemmeno le cinque.

 “Ti va di volare?”

*

I colori caldi del tramonto avevano appena iniziato a mescolarsi tra loro,  quando Peter atterrò sul tetto del grattacielo. In braccio a lui, Morgan sgranocchiava una barretta di cioccolato– i vestiti imbrattati della ragnatela che il ragazzo aveva usato per incollarsela addosso: la piccola, stranamente, non aveva protestato, ma forse Pepper non sarebbe stata altrettanto clemente.

“È bellissimo, qui!” esclamò la piccola.

Si sedettero a terra – distanti dal cornicione, ma vicini il giusto per potersi godere lo spettacolo.

La mano di Morgan era stretta nella sua e Peter stava ben attendo a non lasciarla andare nemmeno per un secondo.

“Certe volte, quando mi sento solo, vengo qui,” rivelò il ragazzo, stringendosi nelle spalle. “Mi fa sentire più vicino al cielo… è una bella sensazione.”

Era vero; New York era maestosa, ma lui aveva il potere di viverla dall’alto e non erano in tanti a poterlo dire. Stare lassù lo faceva sentire più grande, in qualche modo; più coraggioso.

Morgan gli strinse la mano.

“Non ti devi sentire solo, bimbo grande,” dichiarò, facendo dondolare le ginocchia.“C’è la zia May, che è un po’ come la tua mamma, e poi ci sono io. Ci penso io a te, okay?”

“Ma cosa…”

Peter scosse la testa con fare incredulo, prima di farle il solletico sulla pancia. Morgan si rannicchiò su se stessa ridendo, ma Peter la riagguantò quasi subito e se la sistemò di fianco, deciso a non rischiare un secondo incidente.

“Sonoi sono io che mi devo prendere cura di te... Non il contrario. E puoi smetterla di chiamarmi bimbo grande, per favore?”

Morgan rise ancora. Cercò a sua volta di fare il solletico a Peter, ma il ragazzo fu più veloce. Le rubò la barretta di cioccolato e gliela fece dondolare sopra la testa, ridendo degli sforzi della bambina di riprendersela. Ancora una volta si ricordò appena in tempo di aver promesso a se stesso la massima cautela e cercò di fermare il gioco, restituendo la barretta a Morgan.

“Ehi, Peter…”

Morgan agguantò il suo dolce e lo addentò con gusto, imbrattandosi la bocca di cioccolato.

Peter sorrise compiaciuto nel sentirsi chiamare finalmente per nome.

“Possiamo fare che siamo come i bimbi sperduti? Ci proteggiamo… Io aiuto te e tu aiuti me. Così non abbiamo bisogno dei grandi.”

Il broncio tornò a fare capolino sul volto del ragazzo.

“Ma io sono grande!” si lamentò, suonando, suo malgrado, proprio come un bambino.  “Ho quattro volte la tua età. Sono un adolescente – sai, quei tizi che da un giorno all’altro crescono uno sproposito, hanno gli ormoni in subbuglio e ce l’hanno con il mondo intero…”

Per un attimo si freddò, terrorizzato al pensiero che Morgan potesse chiedergli cosa fossero gli ormoni.

Morgan, tuttavia, si limitò a fare spallucce e a dare un altro morso alla sua barretta.

“E va bene, Morgan.”

Peter sospirò e si sdraiò a terra, intrecciando le dita dietro la nuca.

“Saremo come i bimbi sperduti.”

Il viso della bimba si illuminò.

“Promesso?” chiese, pulendosi la bocca con il dorso della mano. “Ci proteggiamo?”

“Promesso.”

Peter la prese per i fianchi e tornò a farle il solletico. Morgan si dimenò, ridendo, ma quando il ragazzo la prese in braccio per prepararsi a rientrare, non protestò.

Si lasciò avvolgere dalla ragnatela e dalle braccia di Peter – la testolina appoggiata contro il suo petto.

“Lo sai, bimbo grande…” mormorò poco prima che il ragazzo saltasse nel vuoto, aggrappato alla sua ragnatela. “Tu non sei per niente come Peter Pan. Sei anche meglio.”

Peter sorrise – stupore e tenerezza a contendersi il suo sguardo.

“Neanche tu sei tanto male, bimba piccola,” scherzò, stringendola a sé con il braccio libero. “Sei pronta?”

Morgan annuì e sollevò il pollice per dargli l’okay.

Quando Peter perse il terreno sotto i piedi e volò nel vuoto, il suo unico pensiero fu per la piccola. Si assicurò che fosse ben legata a lui ad ogni salto, ogni oscillazione, ogni più minimo movimento imprevisto. Aveva sempre cercato di proteggere New York come poteva, e spesso aveva fallito. Aveva partecipato a battaglie più grandi di lui, eppure c’era sempre stato qualcuno a sorvegliarlo dall’alto, pronto a proteggerlo.

Ma quella battaglia apparteneva a lui – Morgan, se ne accorse solo in quel momento, era anche una responsabilità sua.

Tony Stark si era fatto avanti senza esitazioni pur di riportare in vita quelli come lui, anche se questo gli era costato tutto. Anche se, per proteggere il mondo, era stato costretto a lasciare incustodita la cosa più preziosa che aveva.

Ma Morgan Stark non era sola – non lo sarebbe mai stata.

“Ci penso io, a te”, mormorò ancora. Forse a Morgan, forse a se stesso. Forse a Tony.

E mentre i colori del cielo tornavano a mescolarsi tra loro per accogliere le prime ore della sera, i due ragazzini continuarono a dondolarsi nel vuoto, esultando per la sensazione di libertà provata.

Orfani, ma non più soli.

Come due bimbi sperduti.

 

 

 

Note finali.

Sin da quanto ho iniziato a scrivere ho una specie di tradizione implicita: devo ficcare la favola di Peter Pan in ogni fandom, altrimenti non sono contenta. Vi chiedo scusa per questa mia grandissima pecca in materia di originalità! Ma considerato il nome che ha il nostro bimbo grande non potevo proprio trattenermi!

Per quanto riguarda la storia, credo di essermi irrimediabilmente innamorata di questi due; mi piace pensare che Pepper e Morgan abbiano continuato a frequentare Peter, e che il nostro Spidey e la piccola di casa Stark abbiano instaurato un rapporto quasi fraterno, complice l’importanza che il sacrificio di Tony ha avuto per Peter.

Ringrazio le persone che sono passate a leggere!
Un abbraccio,

Laura

 

   
 
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