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Autore: MollyTheMole    09/09/2021    0 recensioni
Circa vent'anni prima degli eventi delle Guerre dei Cloni, la Forza ha messo un padawan Jedi e una giovane duchessa sulla stessa strada. Nel tentativo di proteggere la giovane Satine Kryze dai cacciatori di taglie e da un pericoloso usurpatore, Qui Gon Jinn ed Obi Wan Kenobi saranno costretti ad immergersi nella cultura Mando, e scopriranno che i loro popoli non sono poi così incompatibili.
In particolare, il giovanissimo aspirante Jedi dovrà fare i conti con i propri sentimenti. Che dire, inoltre, quando si troverà a fronteggiare forze che non è in grado di comprendere?
ATTENZIONE: spoiler dalla serie The Clone Wars.
Genere: Avventura, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Obi-Wan Kenobi, Qui-Gon Jinn, Satine Kryze
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO 10

 A Scuola di Governo

 

Al compimento dei quindici anni, Satine fu mandata, come da tradizione, alla Scuola di Governo. 

Fu la prima, grande separazione da Kalevala che lei avesse mai vissuto. Quando aveva passato un anno con Gol ad addestrarsi, era rimasta sul suo pianeta, con Kryze Manor ad un tiro di schioppo e suo padre a portata d’orecchio. Anche se si era ritrovata dall’altra parte del pianeta, si era sentita comunque a casa. Kalevala aveva qualcosa di magnetico e lei si sentiva molto legata ad esso, alla sua natura, alle sue tradizioni e al suo cibo. 

Mandalore, invece, era qualcosa di diverso. Era per lo più sabbioso e non si vedeva anima viva per chilometri, al di fuori dei centri abitati. Il cibo aveva un sapore molto forte e la luce poteva essere abbagliante in tutto quel deserto. 

Quando era arrivata a Keldabe si era sentita spaesata. Non era mai stata un granché a fare amicizia, perché non era il tipo di ragazza capace di giungere a compromessi riguardo ciò in cui credeva. C’erano elementi della sua personalità a cui lei non sapeva rinunciare e non era mai riuscita ad omologarsi, cosa che gli altri ragazzi invece parevano pretendere da lei. Sapeva, tuttavia, che quello era l’ambiente in cui si formavano molte amicizie, anche politiche, nazionali ed internazionali. La stima e il rispetto reciproco nascevano a Scuola di Governo, e si gettavano le basi anche per future alleanze. Inoltre, se lei fosse riuscita ad accattivarsi le simpatie di alcuni di loro, forse i loro genitori sarebbero stati influenzati dall’opinione che avevano di lei e avrebbero sostenuto suo padre.

Il contrario era possibile, ma altamente improbabile.

Così, per un po’ aveva giocato ad essere uguale agli altri. Discorsi impegnati, prese di posizione scontate erano all’ordine del giorno. Insomma, tante belle parole e poca sostanza. Allora Satine aveva provato ad intavolare discussioni differenti, dirottando la conversazione sulla letteratura, la musica, il cinema, i libri, ed aveva trovato ben poco sostegno. La metà di loro conoscevano solo superficialmente quello di cui lei parlava e l’altra metà ne sapeva ancora meno.

Tuttavia, tutti sapevano tutto di tutti: parenti, amici, conto in banca, auto, vestiti firmati o meno, chi si vedeva con chi e in che termini: fidanzati, parenti, amici, conoscenti, o mero sfruttamento. 

Le sembrava di stare nella sezione patinata dell’holonews. 

Purtroppo, però, nel mestiere di duchessa serviva anche questo. Conoscere il nemico, o anche l’amico, per valutarne la pericolosità politica e, purtroppo, in alcuni casi, quanto potesse essere almeno moralmente ricattabile. Un potenziale cambio di casacca, non tanto in entrata, quanto in uscita, avrebbe potuto destabilizzare un interno governo.

Telefonò a casa il primo giorno, la sera, chiusa nella sua stanza e isolata da tutti, e la prima cosa che disse fu che ne aveva già le tasche piene. Suo padre si era messo a ridere al telefono e le aveva detto che si era aspettato una simile reazione. Tutto ciò che doveva fare adesso era capire, come aveva sempre fatto, quale fosse il modo migliore per sopravviverci. 

Sarebbe stato quello che avrebbe dovuto fare per tutta la vita, del resto. 

Così, Satine si era messa l’animo in pace ed aveva continuato a fare buon viso a cattivo gioco. 

Quando si recita una parte, naturalmente, è difficile uscire dal personaggio una volta che ci si abitua ad indossare una maschera. La sua era fatta di sorrisi e moderazione, eppure più recitava -  e più le persone sembravano apprezzarla per questo - più si sentiva svuotata dentro, come se le energie la stessero abbandonando. Ai suoi compagni non piaceva lei, ma la versione che dava loro. In quello che vedevano c’era qualcosa di solo parzialmente reale e lei si sentiva soffocare sotto la maschera. Non sarebbe mai diventata altro da sé, questo no, ma non essere libera di esprimersi le dava fastidio. A volte, aveva bisogno di uno spazio solo per sé, rinchiudersi nella sua stanza, guardarsi allo specchio e riprendere le fila della sua vita. 

Le sembrava assurdo doversi isolare per ricordarsi chi fosse veramente. 

La musica era una via d’uscita molto interessante. Era come espandere la coscienza. Con le note della chitarra riusciva a riconnettersi con se stessa e tornava a respirare. A Scuola di Governo era stata costretta a prendere anche lezioni di danza, ed aveva scoperto di essere portata per il movimento. Il suo corpo rispondeva molto bene agli stimoli e la sua naturale agilità le permetteva di compiere formidabili acrobazie. Spaccate e gambe dietro la testa per lei non erano un problema, e la sua costituzione esile e scolpita dal duro addestramento le aveva attirato una buona dose di invidia.

Il fine settimana, quando poteva, tornava a casa a rincontrare i suoi affetti più profondi. Quando vedeva Athos con suo padre, seduto nella sua navicella spaziale, il cuore le faceva le capriole. Una volta a casa, si ingozzava con il cibo di Maryam, che la rimproverava per non mangiare mai abbastanza quando viveva a Keldabe. 

Non era colpa sua. Tutte quelle spezie non volevano proprio saperne di andarle giù.

Di norma, il sabato sera andava a ballare. Era convinta che suo padre non sapesse della sua passione per la musica mandaloriana, e così doveva restare. Aveva provato a corrompere Athos, che era stato più disponibile di quello che si era aspettata. Quando lei usciva con la scusa di andare a dormire da un’amica, Athos l’aspettava fuori con la sua navetta e poi la portava al club più confusionario di Qibal, dove ballava fino a notte inoltrata, per poi riportarla a casa. 

Grazie alla Forza, quando suo padre saliva a bordo della navicella era sempre tutto in perfetto ordine e Satine credeva che il duca non avrebbe mai scoperto niente.

Nonostante la storia ci abbia insegnato che raramente la duchessa di Mandalore ha sbagliato le sue previsioni, quello fu purtroppo uno di quei casi.

Una parte di lei si era aspettata che prima o poi Athos avrebbe cantato. Del resto, lui e suo padre erano come fratelli. Quello che non sapeva era che il suo segreto era stato scoperto praticamente subito, ed in un modo non proprio indiretto. 

Con il tempo, infatti, Satine aveva preso dimestichezza con le extension. Aveva imparato che cosa andava bene per lei e che cosa non le era comodo, aveva sperimentato con i colori e con la colla, con le clip o senza. Poi era passata al trucco, ai colori, alle ciglia finte. Si divertiva ad essere qualcuno di diverso per una volta, a fare quello che non avrebbe fatto mai. Unghie colorate e trucco glitterato non facevano per lei, come le ciglia finte o le extension del resto, ma si divertiva troppo a fare baldoria a quel modo ogni tanto. 

Era però necessario avere un posto dove prepararsi, e non poteva uscire di casa con le stelline adesive sul viso dicendo che dormiva da un’amica. Così, aveva trovato il nascondiglio perfetto nel vano portaoggetti di Athos. Lì aveva stipato trucchi, ombretti, smalti e rossetti improbabili, nonché pacchi e pacchi di extension colorate che applicava direttamente durante il tragitto. La povera navetta del maggiordomo era diventata lo stipetto personale di Satine e di tutti i suoi suppellettili.

Quando era andata a ballare l’ultima volta, Satine aveva cambiato colore di capelli. Con l’aiuto della sua sorellina Bo, complice di numerose marachelle, la ragazza aveva attaccato delle extension colorate che aveva nascosto nel cappello. Si era divertita a ballare con i capelli verde acido, ma l’attaccatura tirava sul cuoio capelluto e con il tempo avevano cominciato ad infastidirla. Il sudore faceva staccare l’applicazione, così se ne era stufata e alle tre di notte se le era tolte, sfinita, sulla navetta di Athos. Era stata attenta, o almeno così credeva, a non lasciare tracce, e se ne era andata a dormire con la consapevolezza che Athos avrebbe fatto la stessa attenzione che lei aveva prestato nel ripulire la sua navetta. 

Quando suo padre era andato ad un incontro diplomatico la domenica mattina con un rappresentante del sistema di Phindar, si era comodamente seduto al posto del passeggero e si era fatto scarrozzare dal fratello adottivo. Quando però era sceso dalla navetta ed aveva stretto la mano al suo ospite, quello gli aveva fatto notare che aveva dei capelli verdi che penzolavano dalla sua manica destra. 

Fu così che Kyla venne a conoscenza delle fughe notturne di sua figlia maggiore, e non se ne stupì, né si arrabbiò. Lui ed Athos avevano fatto lo stesso alle spalle del buon vecchio Gerhardt, e ricordava di aver visto le più belle ragazze di Kalevala in quel club. L’idea che qualche bellimbusto potesse insidiare sua figlia lo disturbava, ma immaginò che si trattasse del percorso di crescita che tutti dovevano affrontare, e il ricordo della scarpa che volava dritta dritta in direzione dell’ultimo spasimante lo rendeva certo del fatto che di sua figlia poteva ancora fidarsi. 

Di norma, al mattino dopo, prima che Satine scendesse a colazione - tardissimo e vestita di tutto punto come se fosse appena rincasata dal suo pigiama party con le amiche - Kyla scambiava due parole con Athos, che vertevano principalmente sul colore dei capelli della notte precedente. 

- Di che colore erano i suoi capelli, questa volta?-

- Rosa, vod.-

- Bene. Sicuramente meglio del verde acido. Le dona di più.- e con questo, di solito, rompeva il suo uovo à la coque e cominciava a mangiare.

Per il resto, la vita di Satine procedeva come sempre. Il senso di vuoto non se ne andava mai e la Scuola di Governo era quanto di più obsoleto e retrogrado lei avesse mai frequentato. Lo aveva fatto presente al padre, che si era detto d’accordo, ma che aveva le mani legate in proposito senza un’iniziativa parlamentare. Gli insegnamenti erano noiosi e le regole erano rigidissime. Alcune di queste, secondo Satine, non avevano il benché minimo senso. Era proibito indossare gioielli e monili per le ragazze, ma era consentito indossare i capi pregiati della propria famiglia. Secondo i professori, ciò serviva ad annullare le differenze fra clan, ma Satine non capiva a che pro, visto che al posto di un banalissimo gioiello si sfoggiavano broccati e blasoni così grandi da sembrare tende e patacche.

Non concorreva a renderle la vita facile la presenza di buona parte degli spasimanti che aveva rifiutato, Gar Saxon incluso. Aveva messo in giro la voce che lei lo aveva calciato fuori da Kryze Manor e Satine aveva dovuto difendersi. Alla fine della fiera, tuttavia, aveva scoperto che potevano anche pensare quello che pareva loro, purché la lasciassero in pace. 

Lei non si sarebbe sposata.

Punto.

I professori più rigidi sembravano essere molto vicini ad Evar Saxon, e sinceramente Satine cominciava ad essere stufa di tutta quella sceneggiata. Suo padre era il Mand’alor, ma evidentemente quella palla da biliardo aveva agganci ovunque e sapeva essere fastidioso come una zanzara di notte. 

Poi, un giorno fu toccato il fondo.

Satine frequentava quella scuola da quasi un anno ed era più insofferente che mai. Studiava e si esercitava, ma i risultati erano tendenzialmente scarsi. C’era quasi la paura, da parte di alcuni professori, di far emergere uno studente al posto dell’altro, per timore di turbare gli equilibri politici dei genitori. Il merito esisteva ben poco. Satine aveva ottenuto gli stessi voti sia studiando, sia trascorrendo tutta la giornata suonando la chitarra, e la cosa la disturbava. 

Buona parte degli studenti non studiava nemmeno e lei riteneva tutto questo solo un buon modo per produrre una classe dirigente ignorante ed incapace. 

Quel giorno era già al suo banco, seduta composta, quando una sua amica di Draboon, Indila Farrere, figlia del governatore, era entrata in classe con la testa avvolta in un foulard. Si era seduta al suo posto e pareva quasi volersi nascondersi dagli sguardi indiscreti della gente.

Già Satine sapeva che non sarebbe finita bene.

Quando la professoressa Oleson, di lettere e filosofia, era entrata in classe e si era seduta alla cattedra, era rimasta ferma a fissarla come se fosse stata congelata.

- Che cos’è quella roba?-

- Sono costretta ad indossarlo, professoressa. La prego, io non posso toglierlo…-

- Le regole valgono per tutti. Toglietevi quel coso orrendo dalla testa immediatamente.- 

- Ma io…-

- Se non ve lo togliete da sola - disse, alzandosi dalla cattedra.- Ve lo toglierò io.-

- Per favore…-

Ma ormai il danno era fatto. L’insegnante agguantò il foulard e lo strappò via con forza.

Una chioma di capelli di un brillante color papaya le crollò sulle spalle.

Indila aveva il volto tra le mani.

- Per favore, ho i capelli già bianchi, i miei compagni mi prendono in giro, ma ho sbagliato la tinta. Mi faccia tenere il foulard, la prego, sembro un uovo di strill!-

La professoressa parve pensarci su.

- Attendete qua, per favore.-

Poi, lasciò la classe.

Satine si avvicinò a Indila e provò a farla sentire meglio. In fondo, non era colpa sua. 

- Sono cose che possono capitare, Indi, ridici su e al diavolo tutti. Secondo me sono belli, i tuoi capelli.-

- Non è vero, sono orrenda!-

- Ma dai, lo sai che vado a ballare con i capelli colorati. Non puoi essere più brutta di me con i capelli arancioni!-

- Ma io ho i capelli arancioni!-

- Che c’entra? A te stanno bene!-

La professoressa era già rientrata nell’aula quando Satine tornò a sedersi al suo posto. La guardò male, ma la ragazza ricambiò con un’occhiata impassibile e lasciò perdere.

- Siete tutti convocati in aula magna per un’assemblea. Immediatamente.-

Una brutta sensazione a proposito di quell’assemblea si impadronì di Satine, e lanciò un’occhiata preoccupata a Indila, rossa come un peperone e con le lacrime agli occhi.

L’aula magna era già quasi piena quando la sua classe vi entrò. Il vicepreside Osbourne, un uomo piccolo e magro con la barba caprina e un paio di orribili occhiali spessi che incorniciavano due occhi maligni, era già seduto vicino al microfono.

- Come voi ben sapete - esordì, la voce squillante come quella di un cane molto piccolo.- La scuola di governo ha delle regole ben precise. Regole che in questo frangente non sono state rispettate!-

Satine si passò una mano sulla fronte, annoiata.

- Molti di voi hanno infranto le regole del nostro istituto in numerose occasioni, ma mai, MAI si era arrivati a questo!- disse, e si diresse senza troppi mezzi termini verso Indila. 

Satine era già pronta ad intervenire. Si era alzata in piedi ed aveva colpito la spalla della ragazza, cercando di tenerla seduta. Il vicepreside la afferrò per un braccio e la trascinò via, spingendo Satine di nuovo a sedere con la mano libera.

- Guardatela! Sembra un albero per il Giorno della Vita! Questo è IN-AM-MIS-SI-BI-LE!- e la scosse forte, mentre la ragazza si copriva il viso per la vergogna.

- E’ stato un incidente…- mormorò, tra le lacrime.

- Non ce ne importa un accidente delle vostre scuse. Questo non è accettabile nel nostro istituto, ed è il motivo per cui ci siamo sentiti in dovere di darvi l’esempio. Questo sarà ciò che accadrà qualora qualcuno, d’ora in avanti, non dovesse rispettare il regolamento. Sedetevi.-

In mezzo all’aula magna c’era una sedia, soltanto una. Le altre sedie erano state disposte in modo circolare attorno ad essa. 

Satine l’aveva guardata con sospetto fin da quando era entrata in quella stanza, ma non aveva creduto nemmeno per un momento che l’avrebbero usata per fare quello che stavano per fare.

Il vicepreside aveva appena afferrato un rasoio.

- No, no la prego!- borbottava Indila, mulinando le mani in aria.- Non lo farò più, resterò con i capelli bianchi! La prego, non lo faccia! Li tingerò di nuovo e sarà come se nulla di tutto questo fosse mai successo!-

- Taci e siediti. Dovevi pensarci prima.-

E con un movimento solo mozzò la chioma lucente di Indila.

Satine rimase impassibile a guardare il vicepreside che, lento ed inesorabile, rasava a zero la sua compagna di corso. Un’immensa rabbia bolliva dentro di lei ed era sul punto di esplodere come un petardo. Fu tutto merito dei suoi compagni se non si fece avanti con un piglio solitamente proprio di Bo Katan. La trattennero ed evitarono che rasassero a zero pure lei. 

Fu questo, banalmente, a darle l’idea, e il fatto che, per quanto l’istituto pretendesse di avere il controllo su tutto, non poteva controllare i dormitori.

E quel giorno era venerdì.

Le bastò una telefonata per farsi venire a prendere. Tornata su Kalevala, ci mise due secondi a corrompere Bo. La piccola era già entusiasta all’idea di fare una buona dose di caos e l’idea di Satine, se fosse riuscita a dovere, di caos prometteva di farne un bel po’.

Quando entrò a scuola il lunedì seguente, i suoi compagni rimasero a bocca aperta.

Non sembrava minimamente la figlia del duca Kryze. Satine era sempre stata inappuntabile, ligia a quelle regole che mal sopportava, rispettosa dello status quo. 

Quello che avevano fatto, però, l’aveva fatta arrabbiare.

Indossava il suo miglior paio di anfibi borchiati. Aveva i pantaloni di pelle che portava di solito quando andava a ballare, con l’immancabile catena che penzolava dalla tasca posteriore, la maglietta stampata con il logo della più famosa band mandaloriana e il chiodo nero. In più, aveva le unghie colorate, un vistoso paio di orecchini con le piume e un grosso foulard esotico a raccoglierle i capelli. 

Buona parte della scuola sapeva del suo piano e non vedeva l’ora di guardarla metterlo in pratica. Lo scopo era, ovviamente, evitare che quanto accaduto a Indila succedesse di nuovo, e tutti erano d’accordo che, per quanto Satine fosse il capo della ribellione, erano tutti responsabili.

Beh, con l’eccezione di Saxon e della sua combriccola, che però non sapevano assolutamente niente di quello che lei aveva intenzione di fare.

Meno delatori c’erano, meglio era.

Quando l’insegnante di lettere e filosofia entrò in classe, rimase come folgorata a guardare la nuova tenuta di Satine.

- Credete di stare ad un concerto punk? Toglietevi immediatamente quell’obbrobrio o ve lo toglieremo di dosso noi.-

- Avete intenzione di spogliarmi in pubblico?-

- Se necessario. Non crediate di salvarvi solo perché siete la figlia del duca.-

- Oh, non lo credo proprio. Penso, tuttavia, che dovrà faticare un bel po’ prima di riuscire a spogliarci tutti.-

Già, tutti. Perché tutti i suoi compagni di classe, sotto le casacche, indossavano le magliette del loro gruppo musicale preferito. C’erano le cose più strane. Una aveva la faccia di un noto musicista classico stampata sul davanti, un’altro invece il peggior gruppo di musica trash che Satine avesse mai sentito. Insieme, però, per quanto diversi e per quanto Satine faticasse a comprenderli, avevano deciso che c’era un limite al di sotto del quale non si poteva proprio andare. 

- Ma insomma, questo è un oltraggio!- sbraitò la donna, sbattendo i libri sul tavolo.

In tutta risposta, la classe cominciò a cantare una canzone molto in voga in quei giorni.

 

E quindi? Che cosa vuoi da me?

Che stia alle tue regole, al tuo mondo passato,

che io diventi quello che tu non sei diventato,

Che cosa vuoi da me?

Che io sia uguale a te, o forse meglio,

ma non riesco a farlo se non cresco,

non posso farlo se non cambio,

il mondo non è tuo, la galassia ha milioni di stelle,

migliaia i pianeti e innumerevoli le lune,

tutti vivono in modo diverso, ma se non conosco

non posso essere meglio di te.

Per essere migliore devo essere libero e onesto.

Io non sono te, sono me stesso. 

 

E fu così che Satine scopri di essere molto brava a fare casino. La classe le venne dietro molto facilmente, e ben presto il gruppo si trovò a ballare in corridoio, trascinando con sé la professoressa inviperita. Alcune facce curiose si affacciarono alle porte, e il corridoio si riempì di gente. Con sua grande sorpresa, molti professori si unirono alla baldoria generale. Tutti saltavano e ballavano a ritmo di musica, cantando a squarciagola e dirigendosi, Satine in testa, alla volta dell’ufficio del vicepreside. 

Indila era contentissima, stretta tra i suoi amici e per una volta fiera della sua testa completamente rasata. 

Satine, tuttavia, aveva ancora un asso nella manica.

Quando il vicepreside, corredato di barba caprina, si affacciò alla porta, si trovò di fronte la più grande banda di disgraziati che avesse mai visto. I suoi colleghi, anche quelli che lui riteneva più affidabili, avevano cominciato a danzare con loro, e lui era da solo contro l’intero istituto. Preso dal panico, si rifugiò di nuovo dentro il suo ufficio, cercando sostegno nel preside, che si precipitò in corridoio per vedere quello che stava succedendo. 

Satine, in testa al gruppo, continuava a cantare al mondo che essere liberi e onesti non era un male, che essere diversi era giusto e che dovevano solo apprezzarsi tutti per questo. Il resto della scuola le era andato dietro e solo pochi insegnanti e pochi studenti se ne erano rimasti in un angolo. Gar Saxon, ancora una volta in minoranza, guardava la ragazza con una punta di disprezzo ed osservava senza parole la professoressa di lettere e filosofia che ormai si era arresa alla folla e si era messa a ballare con in ragazzi. 

Fu in quel momento che Satine decise di dare il colpo di grazia al sistema.

Chiamò Indila accanto a sé e con un gesto fluido si sfilò il foulard dalla testa.

Una chioma di capelli rosa brillante crollò sulle sue spalle, mandando i compagni in visibilio.

Questa volta non erano extension, ma i suoi veri capelli, così biondi e così belli, che sua sorella aveva impiastrato di tinta rosa per ore divertendosi un mondo. 

Il vicepreside rimase di sasso e capì di avere preso una sonora batosta quando il preside accanto a lui si mise a ballare con i ragazzi.

Ovviamente, il fatto che la Scuola di Governo si fosse trasformata in una discoteca per una mezz’ora abbondante ebbe una certa eco. 

La prima conseguenza che causò fu l’incidente diplomatico con Draboon. La storia di quanto accaduto a Indila divenne di dominio pubblico ed il padre Floran Farrere, governatore della provincia, decise di portare la questione allo Tsad Droten. 

Lo fece, Satine dovette ammettere, con grande stile. 

Infatti si presentò a capo scoperto, con i capelli bianchi come la neve, nonostante fosse giovane.

- Mia figlia ha preso da me. Se non può tingerseli lei, non lo farò nemmeno io. Gli incidenti con il colore possono capitare.-

La seconda conseguenza fu un colpo di commlink proveniente da Phindar, il cui governatore si chiedeva come mai i (pochi) studenti che frequentavano la Scuola di Governo di Mandalore dovessero indossare le scarpe quando, notoriamente, i Phindian andavano scalzi. 

La terza fu un’altra chiamata di fuoco, stavolta tra il capogruppo allo Tsad Droten e il preside, che cercò di evitare il licenziamento della professoressa e del vicepreside.

A questo, tuttavia, aveva già pensato Satine.

Mentre lo Tsad Droten si riuniva, la ragazza aveva stilato un comunicato stampa che aveva fatto firmare dalla stragrande maggioranza dei ragazzi.

 

Noi, studenti della Scuola di Governo di Keldabe, non chiediamo vendetta. Non vogliamo che nessuno perda il lavoro e il proprio benessere personale e familiare per le circostanze incorse nei giorni precedenti. Vogliamo soltanto essere ascoltati. Tutti i giorni viviamo seguendo regole anacronistiche e contraddittorie che dovrebbero proteggere il merito e l’uguaglianza, ma che in verità favoriscono dissapori e inaspriscono le differenze. Non vogliamo mettere in atto ritorsioni, ma solo proporre uno scambio di opinioni produttivo per migliorare la nostra preparazione. Saremo la prossima classe dirigente, vogliamo poter rappresentare il sistema che amiamo e di cui andiamo fieri al meglio delle nostre possibilità. 

Chiediamo dunque che la professoressa Oleson ed il vicepreside Osbourne restino al loro posto. 

Non vogliamo cambiare corpo docente. Vogliamo cambiare il sistema.

 

E via di questo passo. Ovviamente, la prima firma del comunicato era di Satine. Al secondo posto, appariva il nome di Indila, ed il resto si era accodato con gioia. Persino Gar Saxon firmò. La cosa le diede particolare soddisfazione, dal momento che si trattava del suo primo esperimento politico. Aveva immaginato che non avrebbe mai rifiutato di firmare un documento che chiedeva di non licenziare gli insegnanti vicini a suo padre, e così fu.

Satine potè dirsi più che soddisfatta.

A seguito del comunicato, che aveva avuto risonanza interplanetaria, fu d’obbligo una telefonata al duca, che si disse perfettamente d’accordo sul suo contenuto. 

La professoressa Oleson e il vicepreside Osbourne rimasero al loro posto, ma la situazione cambiò.

Il codice d’abbigliamento fu radicalmente aggiornato. Con il tempo, fu introdotta una divisa, uguale per tutti, in modo che nessuno potesse più sfoggiare le patacche dorate che di solito portavano appese alle casacche. Furono concessi monili di piccole dimensioni e furono ammessi i simboli tradizionali di molti clan. 

Chi era solito coprire i capelli potè farlo, purché indossasse la divisa. 

Chi portava pitture sulle mani, potè dipingerle. 

Chi, invece, apparteneva ad un ordine religioso, potè indossarne i simboli comuni. 

I Phindian poterono camminare scalzi. 

La scuola si popolò di colori, di differenze e di tradizioni, nel rispetto dell’uguaglianza tra i ragazzi. Inaspettatamente, quel mondo così diverso, così vario, piacque anche ai più scettici, e ben presto la stranezza divenne la normalità. 

Nemmeno Satine si era aspettata un successo così clamoroso. Era nato tutto come un modo per mostrare solidarietà a Indila, ed il resto era venuto da sé.

Gli altri la guardavano in modo diverso. Gli studenti si sentivano molto più liberi di essere loro stessi e di condividere le loro passioni. Satine si sentiva meno indotta a fingere ed aveva meno paura di mostrarsi per quello che era. Certo, era pur sempre una scuola politica, con quello che ne conseguiva, ma lei poteva dire di essere più o meno felice.

C’era ancora un senso di vuoto, remoto, nascosto nel profondo del suo cuore. Un senso di incomprensione con il resto del mondo, che - Satine ancora non lo sapeva - l’avrebbe tormentata per tutta la sua vita. 

Indila però aveva scoperto che Satine amava il basso elettrico, e le due avevano cominciato a condividere spesso opinioni e soprattutto dischi, rendendo quella sensazione più sopportabile. L’incidente diplomatico si era risolto e Indila aveva cominciato a cambiare colore di capelli ogni mese.

- Hai avuto un gran coraggio a tingerteli di rosa. Io volevo solo farmi rossa, come sempre, e sono diventata una papaya per caso.-

- A me piacciono i capelli colorati. Volevo solo fare qualcosa di clamoroso.-

- Ci sei riuscita. Sono contenta, sai - disse, arricciando una ciocca dei capelli fucsia di Satine - che non te li abbiamo tagliati. Sarebbe stato un sacco triste, sono così belli.-

La ragazza fece spallucce.

- Che ci provino. Sai la faccia della Oleson se fossi andata a scuola la mattina dopo con il cappello della duchessa Fahra?-

- Fahra Piume al Vento Kryze?-

Satine ghignò.

- Con tanto di avvoltoio impagliato.-

 

***

 

LA NOBILE CASATA DEI KRYZE

 

Fahra “Piume al Vento” Kryze 

Non fu la prima Mand’alor donna nella storia di Mandalore, ma fu la prima dei Kryze, o almeno la prima ad essere ricordata. Era una grande amante degli animali, soprattutto dei pennuti, e fu la prima ad introdurre nella legislazione di Mandalore la tutela del patrimonio paesaggistico e ambientale. Si diceva che passasse molto tempo nelle foreste di Kalevala, dove gli alberi si proteggono da soli. Allevava personalmente diversi esemplari di pennuti, anche non domestici, e la legge sulla protezione dei Mitosauri - purtroppo tardiva, ma sufficiente a salvare le specie imparentate con essi - porta ancora oggi il suo nome. E’ famosa per avere vinto la battaglia di Mar’eyce senza esplodere un colpo, usando solo piccioni viaggiatori addestrati. Anche le sue stravaganze divennero leggendarie. Alla morte del suo avvoltoio Zonzo, lo fece impagliare, ed era solita portarlo con sé dovunque grazie ad una piattaforma rimovibile di sua invenzione che applicava anche sull’elmo. Era specializzata nell’utilizzo di lacci e fruste, inclusi boa piumati con i quali sapeva costruire ottime trappole. Morì cadendo vittima di un attentato dei Vizla, ma solo dopo aver strangolato con il suo boa preferito il terrorista che aveva assassinato in quel contesto suo marito, il duca consorte Jorah Rau, a cui era molto legata.

 

***

 

VOCABOLARIO MANDO’A

 

Vod: fratello.

Strill: predatore con sei zampe che, di solito, emana un tanfo pestilenziale ed è molto, molto pericoloso.

 

***

 

NOTE DELL’AUTORE: All in all, it is just another brick in the wall. Capolavoro dei Pink Floyd, indimenticabile, sempre fonte di ispirazione.

La Scuola di Governo è una mia invenzione, come la giovane Indila Farrere e il suo clan. Al di là del contenuto del capitolo, quello che mi interessava di più, però, era far emergere un lato molto umano di Satine, un aspetto che non fosse squisitamente politico. 

Vi siete mai chiesti che cosa combinasse nel privato delle sue stanze la compostissima duchessa di Mandalore? Ebbene, io sì. 

Sono nerd, con me dovete avere pazienza. L’ho già detto e lo ripeto.

Così sono andata all’opposto di quanto abbiamo sempre visto nella serie animata. La duchessa irreprensibile in verità ama i capelli colorati, il trucco esagerato e la musica a tutto volume, o almeno lo ha fatto in gioventù. La duchessa tutta regole ed etichetta è la prima a farsene beffa, se questo significa perseguire un interesse superiore. 

In fondo, dovrà pur condividere qualcosa con Padmè Amidala, no?

I vari componimenti poetici nel corso della storia sono tutti scritti da me. La mia vena poetica è scarsina - anzi, chiamarla così è un complimento - ma farò del mio meglio, per cui abbiate pietà, vi scongiuro. 

Alla prossima,

 

Molly.

  
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