“Buon compleanno, Tsukki!”
Tadashi, inconsapevolmente, sapeva sempre come mettere in imbarazzo il suo ragazzo.
Già, in imbarazzo, perché se c’era una cosa che faceva sentire a disagio Kei Tsukishima – così come tante altre, ad onor del vero - era ricevere assieme ad una tonnellata e mezza di regalini futili e bigliettini augurali, coccole e smancerie che gli facessero ricordare che oggi sarebbe stato il suo compleanno.
Sin dall’infanzia Yamaguchi non si era mai perso questo giorno unico e raro; ogni anno, alle prime ore dell’alba, si precipitava sotto casa del suo best friend sincerandosi di essere il primo fra tutti a fargli gli auguri, scaraventando simpaticamente giù dal letto tutti i familiari di Kei.
Genuino da sempre, non si era mai reso conto di quanto potesse essere considerato estremamente fastidioso il suo affetto zelante; anche se, nella sua testolina, in qualche modo gli sarebbe dovuto balenare un leggero sospetto, considerato il tono monocorde, le fronti increspate e gli sbadigli a fauci spalancate più simili a dei ruggiti, con cui di volta in volta veniva accolto dai componenti di casa Tsukishima.
Di fatto il piccolo Tadashi non varcava mai l’uscio di casa sua: si limitava a suonare insistentemente il campanello fino a rischiare di romperlo in attesa di salutare Kei.
Puntualmente il malcapitato di turno si ritrovava ad aprirgli la porta con sicurezza, senza nemmeno guardare preventivamente lo spioncino - come se non sapessero chi fosse il rompiballe delle quattro e mezza del mattino del ventisette settembre - per poi sentirsi domandare da quel chibi scalpitante tutte lentiggini, con quegli occhioni a palla sprizzanti di gioia e dalla bocca spalancata di felicità mista ad impazienza:
“C’è Tsukki?”
Ci voleva un coraggio disumano per mandare quella creaturina più simile ad un cucciolo indifeso letteralmente a quel paese, anche se la tentazione in alcuni casi era molto forte.
Mai era capitato che il bimbo lentigginoso si fosse presentato a mani vuote: cascato il mondo, avrebbe manifestato con un dono, l’immenso sentimento di amicizia per il suo amico del cuore.
A nulla valevano le raccomandazioni di tutti, soprattutto di mamma Tsukishima, che non doveva disturbarsi, che non era necessario portare nulla, davvero, proprio nulla - soprattutto pensierini contenuti in una scatola forata che potessero gracidare, squittire o, ancor peggio, serpeggiare - che il pensiero è quello che conta e dunque anche un bel disegno poteva andare ugualmente bene per sugellare il lieto giorno di Kei-chan.
Incredibile ma vero, anche il festeggiato non era solito esultare particolarmente all’idea di ricevere regali, specialmente da Tadashi, forse perché inutili e fuori luogo; o forse perché sin da piccolo, Tsukishima non era un tipo dai facili entusiasmi.
Ad ogni suo compleanno, avvisato della consueta visita, si ripeteva il solito rituale: faceva capolino in pigiama per poi scendere a tentoni le scale barcollando assonnato; prendeva il regalo sospirando sconsolato; accomiatava l’amico con un telegrafico “grazie”, per poi liberare la povera bestiola accuratamente impacchettata nel giardinetto di casa o nel parco limitrofo.
Kei non aveva la benché minima idea che il suo migliore amico a partire dal giorno successivo ai festeggiamenti, fosse già all’opera, scervellandosi alla ricerca, per l’anno a venire, di un cadeau tanto strabiliante da riuscire ad impressionare - in tutti i sensi - lui e la sua famiglia.
Passarono gli anni e le stagioni e di regali sbalorditivi Kei ne ricevette così tanti da Yamaguchi da perderne il conto.
Ma ci fu un anno, quest’ultimo per la precisione, in cui Yamaguchi, ormai maggiorenne ed ufficialmente fidanzato da qualche tempo con lui, superò sé stesso facendogli un dono a dir poco memorabile: molto più del rospo mezzo morto raccattato vicino ad un ruscello; ancor più inquietante del topo maleodorante catturato dal piccolo nei pressi di una fogna e scambiato per una sorta di criceto scappato di casa; decisamente più scioccante del serpente che mamma Tsukishima, forte delle esperienze passate, preferì non vedere ma solo immaginare, lasciando il rettile – o qualunque altra cosa potesse essere in grado contemporaneamente di strisciare e sibilare – dentro lo scatolone di cartone, poi affidato prudenzialmente al giovane Akiteru, il grande di casa, affinché se ne liberasse al più presto.
Ecco cosa accadde.
“Buon compleanno, Tsukki!”
Esclama con voce squillante l’aitante capitano della Karasuno tenendo in mano una vistosa busta rossa stampigliata con una miriade di cuoricini dalle svariate sfumature vermiglie.
Possiamo, senza esitazione alcuna, associare l’aggettivo qualificativo “aitante” a Tadashi Yamaguchi, perché colui che ha appena bussato alla porta del biondo difensore è diventato un bel ragazzone di un metro e ottanta e più; un vero e proprio ammasso di muscoli scolpiti da far impallidire persino i bronzi di Riace; fascinoso, con i capelli lunghi quel tanto che basta per essere raccolti alla nuca in un delizioso codino. Ormai di quel gracilino pinch server tutto ossa e lentiggini, dal ciuffo perennemente impennato, con il fare timido e dai modi impacciati, non esiste più neanche l’ombra.
“Ma che diavolo, Yamaguchi! Ti rendi minimamente conto di che ore sono? O meglio, riformulo la domanda: ogni ventisette settembre di ogni anno ti rendi minimamente conto di che ore sono quando ti presenti alla mia porta?”
"Sì, sì, lo so che è mattina presto, ma credimi, Tsukki, se ti dico che la notte prima di ogni tuo compleanno non riesco a chiudere occhio: non sto più nella pelle tanta è l’emozione di vederti! Lo sai che ci tengo ad essere io il primo a farti gli auguri!”
“Con somma gioia mia, di mia madre…. di Akiteru stavolta no perché è fuori per lavoro e dei miei vicini di casa che grazie a te ogni anno me ne augurano di ogni pure loro!”
Emozionato, Tadashi gli consegna trepidante il suo consueto pensierino affettuoso:
“Per te, Tsukki! Con tutto il mio amore!”
“Grazie mille, non dovevi disturbarti. Più tardi lo leggo.”
“Ma non lo apri, ora intendo, il tuo regalo?”
“Regalo? Pensavo fosse uno dei tuoi soliti biglietti di auguri straboccanti di idiozie e sdolcinatezze!”
Tsukishima apre con fare perplesso la busta fingendosi disinteressato; passa un niente e all’improvviso la sua fronte si corruga - sarà per lo sforzo di mettere a fuoco - leggendo, incredulo, il ticket contenuto al suo interno:
“E questo, cosa sarebbe questo? Leggo bene? Un buono per un tatuaggio?”
“Si, Tsukki, pensavo che, ora che siamo maggiorenni, sarebbe bello se ci facessimo un tattoo di coppia!”
“Ma che cazzo ti salta in mente, Yamaguchi! Sto rimpiangendo il rospo ed il sorcio che mi hai regalato quando eravamo piccoli!”
“Ti prego, Tsukki, dacci un taglio con questa storia! Te l’ avrò spiegato mille volte: volevo soltanto donarti un animaletto che ti facesse compagnia!”
“Una pantegana ed una vipera come pet therapy? Che ti ha fatto di brutto mia madre per averle accorciato la vita?”
“Oh, adesso basta, Tsukki… così sei tu che mi uccidi!”
In effetti per Kei Tsukishima ogni occasione è buona per girare il coltello nella piaga: quando può, si diverte nel far sentire il suo fidanzato terribilmente a disagio; e lo fa volutamente, poiché trova incredibilmente irresistibile osservarlo mentre si nasconde il volto con le mani, sprofondando nell’abisso della vergogna, con quelle lentiggini che pian piano scompaiono nel rossore delle gote infuocate.
Alla fine - il più delle volte finisce così - è lo stesso Tsukishima che casca inevitabilmente nella rete che egli stesso ha ordito.
In un sol istante Tadashi passa inconsciamente al contrattacco: con irruenza gli butta le braccia attorno al collo, per poi sbaciucchiarlo teneramente ovunque e Kei è perfettamente consapevole di essersi irrimediabilmente sciolto come neve al sole.
Per dirla in parole povere: si è fottuto con le sue stesse mani.
Qualora non si fosse ancora capito, Kei Tsukishima è quel genere di persona che preferirebbe infilare una mano in un frullatore in funzione, piuttosto che ammettere quanto adori accontentare il suo bellissimo Tadashi.
A Kei basta davvero poco per raggiungere la beatitudine: vedere il sorriso dolce ed innocente affiorare sul viso del suo compagno lo fa stare bene; sentirlo, con la sua voce argentina, pronunciare parole di gratitudine che gli scaldano il cuore , non ha eguali.
Se a questo aggiungiamo il fatto che il suo fidanzato è un amante premuroso, generoso ed insaziabile che sa esattamente come premiare ogni sua concessione o sacrificio, il gioco è presto fatto!
“E dai, non puoi dirmi di no! Lo faresti per me?” lo implora Tadashi con le mani giunte fissandolo con uno sguardo da cagnolino bastonato.
“Ok, per stavolta vada! Ma solo se mi prometti che non sceglierai qualcosa di ridicolo!”
Tadashi, inconsapevolmente, sapeva sempre come mettere in imbarazzo il suo ragazzo.
Già, in imbarazzo, perché se c’era una cosa che faceva sentire a disagio Kei Tsukishima – così come tante altre, ad onor del vero - era ricevere assieme ad una tonnellata e mezza di regalini futili e bigliettini augurali, coccole e smancerie che gli facessero ricordare che oggi sarebbe stato il suo compleanno.
Sin dall’infanzia Yamaguchi non si era mai perso questo giorno unico e raro; ogni anno, alle prime ore dell’alba, si precipitava sotto casa del suo best friend sincerandosi di essere il primo fra tutti a fargli gli auguri, scaraventando simpaticamente giù dal letto tutti i familiari di Kei.
Genuino da sempre, non si era mai reso conto di quanto potesse essere considerato estremamente fastidioso il suo affetto zelante; anche se, nella sua testolina, in qualche modo gli sarebbe dovuto balenare un leggero sospetto, considerato il tono monocorde, le fronti increspate e gli sbadigli a fauci spalancate più simili a dei ruggiti, con cui di volta in volta veniva accolto dai componenti di casa Tsukishima.
Di fatto il piccolo Tadashi non varcava mai l’uscio di casa sua: si limitava a suonare insistentemente il campanello fino a rischiare di romperlo in attesa di salutare Kei.
Puntualmente il malcapitato di turno si ritrovava ad aprirgli la porta con sicurezza, senza nemmeno guardare preventivamente lo spioncino - come se non sapessero chi fosse il rompiballe delle quattro e mezza del mattino del ventisette settembre - per poi sentirsi domandare da quel chibi scalpitante tutte lentiggini, con quegli occhioni a palla sprizzanti di gioia e dalla bocca spalancata di felicità mista ad impazienza:
“C’è Tsukki?”
Ci voleva un coraggio disumano per mandare quella creaturina più simile ad un cucciolo indifeso letteralmente a quel paese, anche se la tentazione in alcuni casi era molto forte.
Mai era capitato che il bimbo lentigginoso si fosse presentato a mani vuote: cascato il mondo, avrebbe manifestato con un dono, l’immenso sentimento di amicizia per il suo amico del cuore.
A nulla valevano le raccomandazioni di tutti, soprattutto di mamma Tsukishima, che non doveva disturbarsi, che non era necessario portare nulla, davvero, proprio nulla - soprattutto pensierini contenuti in una scatola forata che potessero gracidare, squittire o, ancor peggio, serpeggiare - che il pensiero è quello che conta e dunque anche un bel disegno poteva andare ugualmente bene per sugellare il lieto giorno di Kei-chan.
Incredibile ma vero, anche il festeggiato non era solito esultare particolarmente all’idea di ricevere regali, specialmente da Tadashi, forse perché inutili e fuori luogo; o forse perché sin da piccolo, Tsukishima non era un tipo dai facili entusiasmi.
Ad ogni suo compleanno, avvisato della consueta visita, si ripeteva il solito rituale: faceva capolino in pigiama per poi scendere a tentoni le scale barcollando assonnato; prendeva il regalo sospirando sconsolato; accomiatava l’amico con un telegrafico “grazie”, per poi liberare la povera bestiola accuratamente impacchettata nel giardinetto di casa o nel parco limitrofo.
Kei non aveva la benché minima idea che il suo migliore amico a partire dal giorno successivo ai festeggiamenti, fosse già all’opera, scervellandosi alla ricerca, per l’anno a venire, di un cadeau tanto strabiliante da riuscire ad impressionare - in tutti i sensi - lui e la sua famiglia.
Passarono gli anni e le stagioni e di regali sbalorditivi Kei ne ricevette così tanti da Yamaguchi da perderne il conto.
Ma ci fu un anno, quest’ultimo per la precisione, in cui Yamaguchi, ormai maggiorenne ed ufficialmente fidanzato da qualche tempo con lui, superò sé stesso facendogli un dono a dir poco memorabile: molto più del rospo mezzo morto raccattato vicino ad un ruscello; ancor più inquietante del topo maleodorante catturato dal piccolo nei pressi di una fogna e scambiato per una sorta di criceto scappato di casa; decisamente più scioccante del serpente che mamma Tsukishima, forte delle esperienze passate, preferì non vedere ma solo immaginare, lasciando il rettile – o qualunque altra cosa potesse essere in grado contemporaneamente di strisciare e sibilare – dentro lo scatolone di cartone, poi affidato prudenzialmente al giovane Akiteru, il grande di casa, affinché se ne liberasse al più presto.
Ecco cosa accadde.
“Buon compleanno, Tsukki!”
Esclama con voce squillante l’aitante capitano della Karasuno tenendo in mano una vistosa busta rossa stampigliata con una miriade di cuoricini dalle svariate sfumature vermiglie.
Possiamo, senza esitazione alcuna, associare l’aggettivo qualificativo “aitante” a Tadashi Yamaguchi, perché colui che ha appena bussato alla porta del biondo difensore è diventato un bel ragazzone di un metro e ottanta e più; un vero e proprio ammasso di muscoli scolpiti da far impallidire persino i bronzi di Riace; fascinoso, con i capelli lunghi quel tanto che basta per essere raccolti alla nuca in un delizioso codino. Ormai di quel gracilino pinch server tutto ossa e lentiggini, dal ciuffo perennemente impennato, con il fare timido e dai modi impacciati, non esiste più neanche l’ombra.
“Ma che diavolo, Yamaguchi! Ti rendi minimamente conto di che ore sono? O meglio, riformulo la domanda: ogni ventisette settembre di ogni anno ti rendi minimamente conto di che ore sono quando ti presenti alla mia porta?”
"Sì, sì, lo so che è mattina presto, ma credimi, Tsukki, se ti dico che la notte prima di ogni tuo compleanno non riesco a chiudere occhio: non sto più nella pelle tanta è l’emozione di vederti! Lo sai che ci tengo ad essere io il primo a farti gli auguri!”
“Con somma gioia mia, di mia madre…. di Akiteru stavolta no perché è fuori per lavoro e dei miei vicini di casa che grazie a te ogni anno me ne augurano di ogni pure loro!”
Emozionato, Tadashi gli consegna trepidante il suo consueto pensierino affettuoso:
“Per te, Tsukki! Con tutto il mio amore!”
“Grazie mille, non dovevi disturbarti. Più tardi lo leggo.”
“Ma non lo apri, ora intendo, il tuo regalo?”
“Regalo? Pensavo fosse uno dei tuoi soliti biglietti di auguri straboccanti di idiozie e sdolcinatezze!”
Tsukishima apre con fare perplesso la busta fingendosi disinteressato; passa un niente e all’improvviso la sua fronte si corruga - sarà per lo sforzo di mettere a fuoco - leggendo, incredulo, il ticket contenuto al suo interno:
“E questo, cosa sarebbe questo? Leggo bene? Un buono per un tatuaggio?”
“Si, Tsukki, pensavo che, ora che siamo maggiorenni, sarebbe bello se ci facessimo un tattoo di coppia!”
“Ma che cazzo ti salta in mente, Yamaguchi! Sto rimpiangendo il rospo ed il sorcio che mi hai regalato quando eravamo piccoli!”
“Ti prego, Tsukki, dacci un taglio con questa storia! Te l’ avrò spiegato mille volte: volevo soltanto donarti un animaletto che ti facesse compagnia!”
“Una pantegana ed una vipera come pet therapy? Che ti ha fatto di brutto mia madre per averle accorciato la vita?”
“Oh, adesso basta, Tsukki… così sei tu che mi uccidi!”
In effetti per Kei Tsukishima ogni occasione è buona per girare il coltello nella piaga: quando può, si diverte nel far sentire il suo fidanzato terribilmente a disagio; e lo fa volutamente, poiché trova incredibilmente irresistibile osservarlo mentre si nasconde il volto con le mani, sprofondando nell’abisso della vergogna, con quelle lentiggini che pian piano scompaiono nel rossore delle gote infuocate.
Alla fine - il più delle volte finisce così - è lo stesso Tsukishima che casca inevitabilmente nella rete che egli stesso ha ordito.
In un sol istante Tadashi passa inconsciamente al contrattacco: con irruenza gli butta le braccia attorno al collo, per poi sbaciucchiarlo teneramente ovunque e Kei è perfettamente consapevole di essersi irrimediabilmente sciolto come neve al sole.
Per dirla in parole povere: si è fottuto con le sue stesse mani.
Qualora non si fosse ancora capito, Kei Tsukishima è quel genere di persona che preferirebbe infilare una mano in un frullatore in funzione, piuttosto che ammettere quanto adori accontentare il suo bellissimo Tadashi.
A Kei basta davvero poco per raggiungere la beatitudine: vedere il sorriso dolce ed innocente affiorare sul viso del suo compagno lo fa stare bene; sentirlo, con la sua voce argentina, pronunciare parole di gratitudine che gli scaldano il cuore , non ha eguali.
Se a questo aggiungiamo il fatto che il suo fidanzato è un amante premuroso, generoso ed insaziabile che sa esattamente come premiare ogni sua concessione o sacrificio, il gioco è presto fatto!
“E dai, non puoi dirmi di no! Lo faresti per me?” lo implora Tadashi con le mani giunte fissandolo con uno sguardo da cagnolino bastonato.
“Ok, per stavolta vada! Ma solo se mi prometti che non sceglierai qualcosa di ridicolo!”
**********
Giunti allo studio, i due fidanzati, più confusi che persuasi, confabulano animatamente fra di loro, sfogliando un catalogo alla ricerca di un soggetto decente da tatuarsi.
“Guarda questo che forte, Tsukki! Che ne pensi, ce lo tatuiamo un tribale?”
“Anche no, Yamaguchi! Roba vista e rivista.”
“E se facessimo tu luna ed io stelle?”
“Non esiste, troppo banale.”
“Oh, Tsukki, perché non ci tatuiamo due pulcini di corvo? Io potrei tatuarmene uno con tante lentiggini e tu uno biondo con gli occhiali. Sul braccio mi sembra il posto giusto: potremmo metterci vicini vicini in modo da far sembrare che gli uccellini si bacino…. non è una figata pazzesca?”
“Yamaguchi, la tua idea è così smielata che mi si stanno infradicendo tutti i denti davanti!”
“Ma perché? Uffa, Tsukki, però! Mai che te ne vada bene una!”
“Abbi pazienza! Io, un futuro scienziato, che vado in giro con un corvo sul braccio con la cresta bionda e che tuba per giunta! Ma neanche morto! E poi, dimmi un po': tu, un pulcino con gli occhiali, l’hai visto mai?”
Tadashi ridacchia vistosamente tornando mentalmente sui suoi passi.
“Va bene, va bene! Se la metti così non insisto più! Però dai, Tsukki, concedimelo, l’idea era proprio carina.”
“Ti dirò, Yamaguchi, a me questa storia del tatuaggio di coppia non mi fa impazzire più di tanto. Sarò sincero con te: preferirei qualcosa di meno impegnativo.”
“Aspetta…. e se ci facessimo un piercing? Un piercing non è irreversibile, lo possiamo togliere quando vogliamo. E’ da un po' che ci ho in testa di farmene uno: visto che porto i capelli raccolti pensavo di mettermi l’orecchino. Perché non te ne fai uno pure tu, Tsukki?”
“Non se ne parla proprio, Yamaguchi! E’ fuori discussione: niente orecchie, niente naso e niente lingua! Tutto quello che vuoi, basta che non sia visibile: ormai dovresti conoscermi, lo sai che a me piace la sobrietà.”
“Dai, Tsukki, già che siamo qui e che è tutto pagato facciamoci qualcosa, non ti fare pregare. Trovato! Il capezzolo, perché non ti fai un piercing al capezzolo? Io potrei farmene uno alla lingua. Ti immagini se poi più tardi ti baciassi dappertutto, cosa accadrebbe se mi soffermassi proprio lì?”
A tal pensiero, di colpo Kei abbassa gli occhi a terra diventando rosso come un peperone. Il suo ragazzo sa benissimo quali leve utilizzare per manipolare la sua volontà: ha il potere di girarlo e rigirarlo come un calzino quando si tratta di argomenti da camera da letto e tutto sommato essere l’oggetto del suo desiderio a Tsukishima non dispiace affatto.
In men che non si dica un suono gutturale si sostituisce alla sua florida parlantina sfiatando un “uhm” più simile ad un grugnito; in balia delle fantasie più sfrenate, il biondo occhialuto non può che desistere, chinando il capo per acconsentire alla proposta del suo diabolico boyfriend.
Il responso del tatuatore è presto dato:
“Ai miei clienti consiglio il piercing al capezzolo solo se si è realmente determinati a farlo. E’ parecchio doloroso ed i tempi di guarigione sono molto lunghi: non meno di nove mesi in cui bisogna prendersi particolarmente cura della ferita che dovrà essere detersa e disinfettata con assiduità."
“Yamaguchi, con tutto il bene che ti voglio, è troppo uno sbattimento questo piercing al capezzolo! Non ce la farò mai a starci dietro, non te ne avere a male!”
Il piercer, osservando il ragazzo lentigginoso avvilirsi, continua con la sua consulenza:
“Tsukishima-san, mi scusi se mi intrometto, ma se il suo desiderio è un piercing di facile gestione e che sia in un punto nascosto, io personalmente le consiglierei un Prince Albert. E’ la soluzione perfetta per lei!”
“Un Prince Albert?” gli scappa per un momento da dire.
“Wow, Tsukki! Un Prince Albert! Troppo figo! Perché non ci abbiamo pensato prima! Non vedo l’ora di vedertelo addosso!”
Tsukishima è in lotta con sé stesso: d’istinto vorrebbe precipitarsi allo smartphone per googolare il tipo di piercing che il tatuatore gli ha appena proposto di fare, consultando al volo la sezione “immagini” giusto per farsi un’idea; ma Tadashi, che sprizza entusiasmo da tutti i pori, gli è troppo vicino, e Kei , orgoglioso com’è, non ha alcuna intenzione di fare la figura dell’ignorante con il suo ragazzo; lui, che si sente una spanna sopra gli altri, che ha la fama di saperne di tutto un po', e che è in grado di intavolare con disinvoltura una qualsivoglia conversazione catalizzando in modo brillante l’attenzione su di sé.
Decide pertanto di rimandare momentaneamente il problema: prima o poi arriverà il momento in cui capirà il punto del corpo che il tatuatore dovrà forargli e potrà sempre tirarsi indietro, appellandosi al diritto di ripensamento.
A sua parziale discolpa, il biondo atleta è oltremodo distratto dal suo fidanzato che, elettrizzato per ciò che insieme si stanno apprestando a fare, non perde occasione per stuzzicarlo maliziosamente.
“Tu un Prince Albert ed io uno alla lingua … non ci posso credere … un piercing di coppia…non lo trovi romantico? Se te lo fai, sai quante cose pazzesche potremmo fare? Sai cosa potrei farti se….”
E continua bisbigliandogli all’orecchio qualcosa di inequivocabilmente piccante, considerata la reazione immediata di Tsukishima.
L’algido centrale arrossisce nuovamente mentre tenta di distrarre il suo boyfriend, sistemandosi nervosamente gli occhiali, che si stanno appannando così come la sua vista; inizia a sudare freddo e si asciuga continuamente la fronte imperlata con la manica della camicia; è costretto a deglutire due o tre volte per mandare giù tutta la saliva accumulata assieme al cuore che, dislocato dal petto, adesso gli batte all’impazzata in gola mentre gli si rizzano i peli su tutto il corpo.
La sola vicinanza del suo ragazzo a pochi millimetri da lui basta e avanza per mandarlo in visibilio; sentire il soffio del suo alito mentre gli mormora sciocchezzuole miste a parole dolci e fantasie inenarrabili scatenano in lui bollori e sensazioni come solo Yamaguchi sa fare.
In realtà in questo preciso momento Tadashi potrebbe perfino leggergli l’elenco telefonico dell’intero Kanto e sortirebbe il medesimo eccitante effetto, ma il ragazzo non si risparmia per nulla quando è intento a sussurrare cose particolarmente sexy e sconce all’orecchio del suo grande amore.
Il risultato finale è abbastanza prevedibile: Tsukishima, ormai nel pallone, si trova improvvisamente impegnato a dover gestire la sua evidente erezione.
“Ok, questo Prince Albert potrebbe andarmi bene.” biascica con un fil di voce, capitolando alle persuasive argomentazioni del suo compagno.
“Molto bene! Intanto mi dovrebbe dire come lo vuole - gli chiede il piercer incuriosito - lo facciamo normale o inverso?”
“Non saprei… qual è che va per la maggiore?”
Il titolare dello studio scoppia in una risata che a malapena riesce a contenere in uno sbuffo:
“In queste cose non è che ci sia una vera e propria moda: ognuno sceglie in base alle preferenze personali.”
E continua nel suggerire:
“A tal proposito, di che materiale lo desidera? Acciaio chirurgico, titanio oppure in oro ?”
“Facciamo quello più economico, tanto per iniziare: non vorrei far spendere troppo al mio ragazzo, visto che è lui che me lo regala e che dobbiamo farne due.”
“E quale modello gradisce? Ne fanno di tanti tipi, ecco, vede … tutti quelli che abbiamo disponibili li può visionare in questo catalogo. Sono dei veri e propri gioielli: ce ne sono di semplici, oppure alcuni più particolari che terminano con delle pietruzze, delle piccole perle o questi, con dei simpatici ciondolini.”
“Guarda Tsukki che carino questo con la semiluna, non è adorabile? Ti starebbe benissimo!”
“Fammi una cortesia, taci Yamaguchi! - e rivolgendosi al professionista - Non gli dia retta, la prego! Vorrei qualcosa che sia più minimal possibile.”
“Ok, si sdrai qui per favore - lo invita il piercer indicando la poltrona reclinabile - e si metta a suo agio! Mi assenterò un istante per preparare tutto l’occorrente. Nel frattempo le chiederei di sollevare la camicia e di abbassare un po’ i pantaloni.”
Costretto suo malgrado dalle circostanze, Tsukishima attende il ritorno del tatuatore stringendo la mano del suo ragazzo dall’espressione sognante.
“Tutto sommato un piercing all’ombelico non è che sia poi tutta ‘sta gran tragedia!” pensa Kei fra sé e sé, raccogliendo il coraggio necessario per sopportare l’intervento “se me lo faccio lì, difficilmente mamma ed Akiteru se ne accorgeranno.”
Il suo pensiero si proietta agli inevitabili sfottò che subirà negli spogliatoi del club da parte dei due senpai rimasti, Osama Kageyama ed il suo nano da giardino – i suoi kohai non oserebbero mai - ma è un rischio che è disposto a correre se questo basta per far felice il suo fidanzato, e se è vero che presto lo ricompenserà a dovere come promesso, collaudando in modo pazzesco quel dannato pezzo di metallo che a breve lo trafiggerà.
La sua scelta, più che sensata, ha un non so che di machiavellico: il fine non può che giustificare i mezzi.
“Allora, come va? - gli domanda il titolare dello studio il quale, tornato da loro, ha appena indossato i guanti in lattice e si sta occupando di scartare tutti i ferri del mestiere precedentemente imbustati e sterilizzati - Adesso faccia un paio di respiri profondi: esser tesi non va bene quando ci si deve fare un piercing. Meglio se si è rilassati: il dolore lo sentirà meno amplificato. Si sente pronto?”
“Direi di si… proceda pure.” bofonchia Kei ancora titubante.
“Bene, adesso può abbassare anche i boxer.”
Tsukishima sobbalza dalla poltrona esterrefatto: la sua faccia si accartoccia in un tripudio di stupore e smorfie dubbiose.
“Come, prego? Mi scusi, mi faccia capire: per un piercing all’ombelico mi devo calare pure le mutande?”
“Signore, sono desolato, mi sa che lei ha frainteso: il Prince Albert non si pratica all’ombelico. La zona da trattare è situata un po' più in basso, stiamo parlando… di parti intime.”
Terrorizzato, con uno scatto felino, il biondo difensore è già con un piede fuori dalla porta mentre ode da lontano il suo compagno esclamare:
“Non è strepitoso, Tsukki?”
“Strepitoso ‘sto cazzo, Yamaguchi! Sei serio? Che barbaria è mai questa? Vuoi davvero che mi faccia trapanare l'uccello?”
“Al di là delle funzioni estetiche - argomenta il piercer - indossare un Prince Albert aumenta la stimolazione sessuale sia in chi lo porta che nel partner che viene penetrato. Ciò è dovuto alla pressione esercitata dal piercing sul glande durante il rapporto.”
“Fantastico, Tsukki! Ci pensi? Appena finisci tu, mi faccio anch’io quello alla lingua! Wow…stasera ti farò cose da paura!”
Ormai rassegnato, Kei si rimette a sedere con la coda in mezzo alle gambe senza proferir parola; ancora perplesso sull’opportunità di dover abbellire i suoi gioielli di famiglia, un dubbio sincero e genuino ad un tratto lo assale:
“Aspetti, prima di iniziare, avrei da porle un quesito: siamo sicuri che i due piercing, come dire, non si impiglino fra di loro?”
“Può stare sereno - lo tranquillizza il tatuatore - le tecniche da noi adottate sono all’avanguardia ed i piercing che impiantiamo sono sicuri al cento per cento. Piuttosto, è bene che lei sappia che per i prossimi quattro/sei mesi è consigliabile l’uso del preservativo: solo rapporti protetti, onde evitare possibili infezioni.”
“Quello non sarebbe un problema.” sentenzia Kei tirando un sospiro di sollievo.
“Un’ultima accortezza – continua a consigliare il professionista - almeno per i prossimi quindici/trenta giorni l’organo non dovrà essere sottoposto a frizione né a sollecitamento alcuno: è tassativo, ne va della sua completa guarigione.”
Udendo tali raccomandazioni Tsukishima si volta di scatto verso Tadashi, farfugliando, in preda al panico, frasi spezzate:
“E come faccio io? Come facciamo noi? Quindici giorni, un mese senza …?”
“Non è mica detto, Tsukki! Potremmo mettere in pratica quello di cui parlavamo qualche sera fa.”
“Noi ….qualche sera fa? Che intendi dire, Yamaguchi!”
Il lentigginoso, intimorito dalla presenza invadente del titolare dello studio, inizia a balbettare dei monosillabi incomprensibili, scrocchiandosi nervosamente le dita:
“Ecco….che tu….che io…..”
“Parla chiaro, Yamaguchi! Se non ce la fai, gira la ruota e compra una vocale!”
“Ecco, magari… non so… anche solo per poco tempo… se vuoi… potremmo tentare, vedi tu, un reverse!”
“Reve… che?” domanda Kei sempre più annebbiato.
“In pratica: io potrei fare a te quello che tu di solito fai a me!”
“Ma che minchia stai dicendo, Yamaguchi?”
“Ti immagini, Tsukki? Io potrei farti… mentre tu potresti… chi lo sa, potrebbe anche piacerti, Tsukki!”
“Scusate se vi interrompo, a breve avrei un altro appuntamento. Allora, Tsukishima-san, ha deciso? ‘Sto piercing, come glielo faccio? Inverso o ricurvo?”
“Ah, dannazione! Faccia come meglio crede: cosa non si fa per amore!”
“Guarda questo che forte, Tsukki! Che ne pensi, ce lo tatuiamo un tribale?”
“Anche no, Yamaguchi! Roba vista e rivista.”
“E se facessimo tu luna ed io stelle?”
“Non esiste, troppo banale.”
“Oh, Tsukki, perché non ci tatuiamo due pulcini di corvo? Io potrei tatuarmene uno con tante lentiggini e tu uno biondo con gli occhiali. Sul braccio mi sembra il posto giusto: potremmo metterci vicini vicini in modo da far sembrare che gli uccellini si bacino…. non è una figata pazzesca?”
“Yamaguchi, la tua idea è così smielata che mi si stanno infradicendo tutti i denti davanti!”
“Ma perché? Uffa, Tsukki, però! Mai che te ne vada bene una!”
“Abbi pazienza! Io, un futuro scienziato, che vado in giro con un corvo sul braccio con la cresta bionda e che tuba per giunta! Ma neanche morto! E poi, dimmi un po': tu, un pulcino con gli occhiali, l’hai visto mai?”
Tadashi ridacchia vistosamente tornando mentalmente sui suoi passi.
“Va bene, va bene! Se la metti così non insisto più! Però dai, Tsukki, concedimelo, l’idea era proprio carina.”
“Ti dirò, Yamaguchi, a me questa storia del tatuaggio di coppia non mi fa impazzire più di tanto. Sarò sincero con te: preferirei qualcosa di meno impegnativo.”
“Aspetta…. e se ci facessimo un piercing? Un piercing non è irreversibile, lo possiamo togliere quando vogliamo. E’ da un po' che ci ho in testa di farmene uno: visto che porto i capelli raccolti pensavo di mettermi l’orecchino. Perché non te ne fai uno pure tu, Tsukki?”
“Non se ne parla proprio, Yamaguchi! E’ fuori discussione: niente orecchie, niente naso e niente lingua! Tutto quello che vuoi, basta che non sia visibile: ormai dovresti conoscermi, lo sai che a me piace la sobrietà.”
“Dai, Tsukki, già che siamo qui e che è tutto pagato facciamoci qualcosa, non ti fare pregare. Trovato! Il capezzolo, perché non ti fai un piercing al capezzolo? Io potrei farmene uno alla lingua. Ti immagini se poi più tardi ti baciassi dappertutto, cosa accadrebbe se mi soffermassi proprio lì?”
A tal pensiero, di colpo Kei abbassa gli occhi a terra diventando rosso come un peperone. Il suo ragazzo sa benissimo quali leve utilizzare per manipolare la sua volontà: ha il potere di girarlo e rigirarlo come un calzino quando si tratta di argomenti da camera da letto e tutto sommato essere l’oggetto del suo desiderio a Tsukishima non dispiace affatto.
In men che non si dica un suono gutturale si sostituisce alla sua florida parlantina sfiatando un “uhm” più simile ad un grugnito; in balia delle fantasie più sfrenate, il biondo occhialuto non può che desistere, chinando il capo per acconsentire alla proposta del suo diabolico boyfriend.
Il responso del tatuatore è presto dato:
“Ai miei clienti consiglio il piercing al capezzolo solo se si è realmente determinati a farlo. E’ parecchio doloroso ed i tempi di guarigione sono molto lunghi: non meno di nove mesi in cui bisogna prendersi particolarmente cura della ferita che dovrà essere detersa e disinfettata con assiduità."
“Yamaguchi, con tutto il bene che ti voglio, è troppo uno sbattimento questo piercing al capezzolo! Non ce la farò mai a starci dietro, non te ne avere a male!”
Il piercer, osservando il ragazzo lentigginoso avvilirsi, continua con la sua consulenza:
“Tsukishima-san, mi scusi se mi intrometto, ma se il suo desiderio è un piercing di facile gestione e che sia in un punto nascosto, io personalmente le consiglierei un Prince Albert. E’ la soluzione perfetta per lei!”
“Un Prince Albert?” gli scappa per un momento da dire.
“Wow, Tsukki! Un Prince Albert! Troppo figo! Perché non ci abbiamo pensato prima! Non vedo l’ora di vedertelo addosso!”
Tsukishima è in lotta con sé stesso: d’istinto vorrebbe precipitarsi allo smartphone per googolare il tipo di piercing che il tatuatore gli ha appena proposto di fare, consultando al volo la sezione “immagini” giusto per farsi un’idea; ma Tadashi, che sprizza entusiasmo da tutti i pori, gli è troppo vicino, e Kei , orgoglioso com’è, non ha alcuna intenzione di fare la figura dell’ignorante con il suo ragazzo; lui, che si sente una spanna sopra gli altri, che ha la fama di saperne di tutto un po', e che è in grado di intavolare con disinvoltura una qualsivoglia conversazione catalizzando in modo brillante l’attenzione su di sé.
Decide pertanto di rimandare momentaneamente il problema: prima o poi arriverà il momento in cui capirà il punto del corpo che il tatuatore dovrà forargli e potrà sempre tirarsi indietro, appellandosi al diritto di ripensamento.
A sua parziale discolpa, il biondo atleta è oltremodo distratto dal suo fidanzato che, elettrizzato per ciò che insieme si stanno apprestando a fare, non perde occasione per stuzzicarlo maliziosamente.
“Tu un Prince Albert ed io uno alla lingua … non ci posso credere … un piercing di coppia…non lo trovi romantico? Se te lo fai, sai quante cose pazzesche potremmo fare? Sai cosa potrei farti se….”
E continua bisbigliandogli all’orecchio qualcosa di inequivocabilmente piccante, considerata la reazione immediata di Tsukishima.
L’algido centrale arrossisce nuovamente mentre tenta di distrarre il suo boyfriend, sistemandosi nervosamente gli occhiali, che si stanno appannando così come la sua vista; inizia a sudare freddo e si asciuga continuamente la fronte imperlata con la manica della camicia; è costretto a deglutire due o tre volte per mandare giù tutta la saliva accumulata assieme al cuore che, dislocato dal petto, adesso gli batte all’impazzata in gola mentre gli si rizzano i peli su tutto il corpo.
La sola vicinanza del suo ragazzo a pochi millimetri da lui basta e avanza per mandarlo in visibilio; sentire il soffio del suo alito mentre gli mormora sciocchezzuole miste a parole dolci e fantasie inenarrabili scatenano in lui bollori e sensazioni come solo Yamaguchi sa fare.
In realtà in questo preciso momento Tadashi potrebbe perfino leggergli l’elenco telefonico dell’intero Kanto e sortirebbe il medesimo eccitante effetto, ma il ragazzo non si risparmia per nulla quando è intento a sussurrare cose particolarmente sexy e sconce all’orecchio del suo grande amore.
Il risultato finale è abbastanza prevedibile: Tsukishima, ormai nel pallone, si trova improvvisamente impegnato a dover gestire la sua evidente erezione.
“Ok, questo Prince Albert potrebbe andarmi bene.” biascica con un fil di voce, capitolando alle persuasive argomentazioni del suo compagno.
“Molto bene! Intanto mi dovrebbe dire come lo vuole - gli chiede il piercer incuriosito - lo facciamo normale o inverso?”
“Non saprei… qual è che va per la maggiore?”
Il titolare dello studio scoppia in una risata che a malapena riesce a contenere in uno sbuffo:
“In queste cose non è che ci sia una vera e propria moda: ognuno sceglie in base alle preferenze personali.”
E continua nel suggerire:
“A tal proposito, di che materiale lo desidera? Acciaio chirurgico, titanio oppure in oro ?”
“Facciamo quello più economico, tanto per iniziare: non vorrei far spendere troppo al mio ragazzo, visto che è lui che me lo regala e che dobbiamo farne due.”
“E quale modello gradisce? Ne fanno di tanti tipi, ecco, vede … tutti quelli che abbiamo disponibili li può visionare in questo catalogo. Sono dei veri e propri gioielli: ce ne sono di semplici, oppure alcuni più particolari che terminano con delle pietruzze, delle piccole perle o questi, con dei simpatici ciondolini.”
“Guarda Tsukki che carino questo con la semiluna, non è adorabile? Ti starebbe benissimo!”
“Fammi una cortesia, taci Yamaguchi! - e rivolgendosi al professionista - Non gli dia retta, la prego! Vorrei qualcosa che sia più minimal possibile.”
“Ok, si sdrai qui per favore - lo invita il piercer indicando la poltrona reclinabile - e si metta a suo agio! Mi assenterò un istante per preparare tutto l’occorrente. Nel frattempo le chiederei di sollevare la camicia e di abbassare un po’ i pantaloni.”
Costretto suo malgrado dalle circostanze, Tsukishima attende il ritorno del tatuatore stringendo la mano del suo ragazzo dall’espressione sognante.
“Tutto sommato un piercing all’ombelico non è che sia poi tutta ‘sta gran tragedia!” pensa Kei fra sé e sé, raccogliendo il coraggio necessario per sopportare l’intervento “se me lo faccio lì, difficilmente mamma ed Akiteru se ne accorgeranno.”
Il suo pensiero si proietta agli inevitabili sfottò che subirà negli spogliatoi del club da parte dei due senpai rimasti, Osama Kageyama ed il suo nano da giardino – i suoi kohai non oserebbero mai - ma è un rischio che è disposto a correre se questo basta per far felice il suo fidanzato, e se è vero che presto lo ricompenserà a dovere come promesso, collaudando in modo pazzesco quel dannato pezzo di metallo che a breve lo trafiggerà.
La sua scelta, più che sensata, ha un non so che di machiavellico: il fine non può che giustificare i mezzi.
“Allora, come va? - gli domanda il titolare dello studio il quale, tornato da loro, ha appena indossato i guanti in lattice e si sta occupando di scartare tutti i ferri del mestiere precedentemente imbustati e sterilizzati - Adesso faccia un paio di respiri profondi: esser tesi non va bene quando ci si deve fare un piercing. Meglio se si è rilassati: il dolore lo sentirà meno amplificato. Si sente pronto?”
“Direi di si… proceda pure.” bofonchia Kei ancora titubante.
“Bene, adesso può abbassare anche i boxer.”
Tsukishima sobbalza dalla poltrona esterrefatto: la sua faccia si accartoccia in un tripudio di stupore e smorfie dubbiose.
“Come, prego? Mi scusi, mi faccia capire: per un piercing all’ombelico mi devo calare pure le mutande?”
“Signore, sono desolato, mi sa che lei ha frainteso: il Prince Albert non si pratica all’ombelico. La zona da trattare è situata un po' più in basso, stiamo parlando… di parti intime.”
Terrorizzato, con uno scatto felino, il biondo difensore è già con un piede fuori dalla porta mentre ode da lontano il suo compagno esclamare:
“Non è strepitoso, Tsukki?”
“Strepitoso ‘sto cazzo, Yamaguchi! Sei serio? Che barbaria è mai questa? Vuoi davvero che mi faccia trapanare l'uccello?”
“Al di là delle funzioni estetiche - argomenta il piercer - indossare un Prince Albert aumenta la stimolazione sessuale sia in chi lo porta che nel partner che viene penetrato. Ciò è dovuto alla pressione esercitata dal piercing sul glande durante il rapporto.”
“Fantastico, Tsukki! Ci pensi? Appena finisci tu, mi faccio anch’io quello alla lingua! Wow…stasera ti farò cose da paura!”
Ormai rassegnato, Kei si rimette a sedere con la coda in mezzo alle gambe senza proferir parola; ancora perplesso sull’opportunità di dover abbellire i suoi gioielli di famiglia, un dubbio sincero e genuino ad un tratto lo assale:
“Aspetti, prima di iniziare, avrei da porle un quesito: siamo sicuri che i due piercing, come dire, non si impiglino fra di loro?”
“Può stare sereno - lo tranquillizza il tatuatore - le tecniche da noi adottate sono all’avanguardia ed i piercing che impiantiamo sono sicuri al cento per cento. Piuttosto, è bene che lei sappia che per i prossimi quattro/sei mesi è consigliabile l’uso del preservativo: solo rapporti protetti, onde evitare possibili infezioni.”
“Quello non sarebbe un problema.” sentenzia Kei tirando un sospiro di sollievo.
“Un’ultima accortezza – continua a consigliare il professionista - almeno per i prossimi quindici/trenta giorni l’organo non dovrà essere sottoposto a frizione né a sollecitamento alcuno: è tassativo, ne va della sua completa guarigione.”
Udendo tali raccomandazioni Tsukishima si volta di scatto verso Tadashi, farfugliando, in preda al panico, frasi spezzate:
“E come faccio io? Come facciamo noi? Quindici giorni, un mese senza …?”
“Non è mica detto, Tsukki! Potremmo mettere in pratica quello di cui parlavamo qualche sera fa.”
“Noi ….qualche sera fa? Che intendi dire, Yamaguchi!”
Il lentigginoso, intimorito dalla presenza invadente del titolare dello studio, inizia a balbettare dei monosillabi incomprensibili, scrocchiandosi nervosamente le dita:
“Ecco….che tu….che io…..”
“Parla chiaro, Yamaguchi! Se non ce la fai, gira la ruota e compra una vocale!”
“Ecco, magari… non so… anche solo per poco tempo… se vuoi… potremmo tentare, vedi tu, un reverse!”
“Reve… che?” domanda Kei sempre più annebbiato.
“In pratica: io potrei fare a te quello che tu di solito fai a me!”
“Ma che minchia stai dicendo, Yamaguchi?”
“Ti immagini, Tsukki? Io potrei farti… mentre tu potresti… chi lo sa, potrebbe anche piacerti, Tsukki!”
“Scusate se vi interrompo, a breve avrei un altro appuntamento. Allora, Tsukishima-san, ha deciso? ‘Sto piercing, come glielo faccio? Inverso o ricurvo?”
“Ah, dannazione! Faccia come meglio crede: cosa non si fa per amore!”
**********
“Ah, Tsukki, sei sicuro che siamo soli stasera?” chiede Yamaguchi rompendo il silenzio che aleggia da un po' nella cameretta di Kei.
In piedi con le braccia conserte, Tadashi osserva pazientemente il suo ragazzo il quale, semi seduto con la schiena appoggiata sulla testiera del letto ed una gamba penzoloni, è totalmente assorto nelle sue letture scientifiche.
Il biondo distoglie per un istante lo sguardo facendo capolino dal suo tablet; aggrotta le sopracciglia chiare e sottili - il cui movimento risulterebbe impercettibile ai più, ma non al suo boyfriend – e gli risponde sbuffando:
“Quante volte te lo devo ripetere? Si, ti ho detto! Akiteru non tornerà questo weekend e mamma è appena uscita per il solito torneo di burraco con le amiche. Quando si ci mettono sono peggio di una bisca clandestina!”
Tadashi giocherella per un po' con le dita incerto sul da farsi, ma poi vince la sua indecisione e, ancora titubante, gli domanda con un fil di voce:
“Tsukki?”
“Che c’è ancora, Yamaguchi?” bofonchia con tono monocorde rimanendo fisso sul display.
“Posso venire lì con te?”
Tsukishima dapprima sospira copiosamente per poi accennare un mugugno di approvazione che è un canto di sirene per le orecchie del suo compagno: in un baleno, con un tuffo, lo raggiunge sdraiandosi accanto a lui.
Ad un tratto il giovane lentigginoso si ammutolisce del tutto accoccolandosi sul petto dell’ amato; resta fermo, immobile ad ascoltare i battiti del suo cuore, annusando a pieni polmoni il suo odore che sa di verbena e di sesso.
Tadashi sa benissimo che in queste circostanze è bene non distrarlo: Kei è fatto così, è in grado di isolarsi per intere ore dal resto del mondo quando c’è qualcosa che realmente lo interessa e Dio solo sa quanto ami vedere il proprio compagno seriamente appassionato.
Adora guardarlo mentre è totalmente immerso nei suoi studi: i suoi occhi innamorati lo esplorano indisturbati posandosi sui suoi capelli color miele perennemente arruffati, folti e morbidi al tatto; poi si spostano rapidamente sulle sue grandi mani, capaci di prese forti e di sfioramenti delicati, dalle dita lunghissime ed affusolate, così avide e sapienti nel raggiungere gli angoli più reconditi del suo corpo.
Sorride, scrutando le sue iridi color ambra parzialmente celate da quella montatura scura, squadrata e severa che lo rende così affascinante e tremendamente eccitante.
Lo Yamaguchi dalla bocca larga e dalla parlantina inarrestabile non aveva spiccicato una sola parola quando vide per la prima volta Tsukishima portare le lenti a contatto.
Kei le aveva tenute su per qualche tempo; in un certo qual modo ne aveva apprezzato la praticità, soprattutto durante gli allenamenti e le uscite con gli amici.
Ci fu un breve periodo in cui scelse di indossarle pure per andare a scuola. Fu così che notò come le sue compagne di classe, invaghite perdutamente di lui, parlottassero fra loro mentre passava tra i banchi per poi vederle puntualmente ridacchiare ed arrossire allorquando incrociava accidentalmente le loro occhiate sfuggenti. Le attenzioni, i corteggiamenti e gli inviti si intensificarono e tante furono le proposte più o meno insistenti che dovette declinare.
Tuttavia l’ entusiasmo iniziale scemò lentamente in lui: in verità, Tsukishima non era riuscito ad abituarsi del tutto alla nuova sensazione e poi sapeva che quegli occhiali piacevano tanto al suo ragazzo.
E lo aveva percepito dalla foga con cui Yamaguchi lo fotteva quando li teneva indosso.
Effettivamente per Tadashi vedere il volto occhialuto del suo compagno che muta espressione mentre raggiunge l’apice del piacere è l’ottava meraviglia del creato e stringerlo ansimante tra le braccia lo rende l’uomo più fortunato al mondo.
**********
Come potrete anche solo lontanamente immaginare, restare a lungo impassibile stando rannicchiato ad un millimetro dal suo grande amore, per il giovane pinch server è un’impresa a dir poco titanica. Improvvisamente uno stato di inquietudine misto a desiderio lo assale: pian piano si abbandona inevitabilmente ai suoi sensi ed inizia a baciarlo dolcemente sul collo mentre gli sfiora il petto turgido e muscoloso.
“Che diamine stai facendo, Yamaguchi?”
“Che c’è? Non posso più accarezzare il mio bellissimo fidanzato biondo?”
“Piantala, so già dove vuoi andare a parare!” lo rintuzza aspramente mentre scansa la sua mano che, repentina, gli si è già posizionata maliziosamente sul ventre.
“Ma io veramente….”
“Non voglio sentire storie: ancora non sto bene. Eravamo rimasti che quando mi sentirò meglio…. ne avremmo riparlato!”
“Uffa, però! Possibile che dopo due settimane la ferita non sia ancora guarita? Magari potremmo provarci… se solo tu fossi un po' più collaborativo…”
“Eh, la fai facile! Mica sei tu quello a cui gliel’hanno infilzato!”
“Suvvia, non mi fare sentire in colpa! Anche io l’ho fatto alla lingua e ce l’ho ancora indolenzita, ma non mi lagno continuamente come fai tu!”
“Aridaje! Come te lo devo dire? In arabo o in cinese? Ce l’ho tutto rosso e gonfio… mi fa un male cane! Roba da matti! Per dar retta a te non ci ho più un pene in mezzo alle gambe io, ci ho…. una porchetta allo spiedo!”
“E dai Tsukki, porta pazienza! Tutto sommato ne è valsa la pena! E poi sei così sexy con quel piercing lì!”
**********
“Ne hai ancora per molto?” chiede seccato Kei mentre, completamente nudo e sdraiato prono con la faccia sopra il cuscino - pronto a morderlo all’occorrenza - si sente smanettare insistentemente nei pressi del suo inviolato orifizio.
E’ facile comprendere che in quella posizione, svestito e totalmente inerme, un silenzio lungo una manciata di secondi potrebbe sembrargli un’eternità.
Non ricevendo alcuna risposta, irritato, si gira di scatto fulminando con un’occhiata assassina il sempre più confuso Yamaguchi, concentrato nella preparazione del suo fidanzato.
“Oh, scusa, Tsukki! Dici a me?”
“No, alla signora che sta aspettando il sette barrato!”
Tadashi si lascia scappare un risolino nevrotico.
“E’ che sei troppo rigido! - tenta invano di giustificarsi. Lui è nuovo in queste cose e Tsukishima, che sarebbe l’oggetto delle sue sperimentazioni, sparando freddure a raffica, non lo sta agevolando affatto - Le tue spalle sono troppo tese! Così… come dire, mi rendi tutto più difficile! Cerca di scioglierti un po', Tsukki! Prova a pensare a qualcosa che ti faccia rilassare. Io per esempio quando faccio l’amore con te penso al mare: mi immagino di nuotare nell’oceano blu assieme a tanti pesciolini. Davvero, è l’unica cosa che mi tranquillizza!”
“Senti, Yamaguchi, l’unica cosa che mi tranquillizza in questo momento è sapere che hai in mano mezzo litro di lubrificante!”
“Oh, cazzo!” esclama disperato Tadashi.
“Cos’altro c’è ancora, Yamaguchi!”
“Ecco…non so come sia potuto succedere… il flacone… forse non era avvitato bene… gomen, gomen! Le lenzuola… oh merda, c’è lubrificante ovunque!”
“Ma porca puttana, Yamaguchi! Ed ora che cazzo ci racconto a mia madre?”
“Dai, non fare così! Non ti agitare per così poco! A tutto c’è rimedio! Mettiamole dentro la lavatrice, vedrai, non se ne accorgerà.”
“Senti Yamaguchi, in tutta onestà… ’sta storia del reverse… ecco… che c’è di nuovo su Netflix?”
ANGOLO DELL'AUTRICE
Salve a tutti ! Volevo ringraziarvi come sempre per esser giunti sin qui!
E’ la prima volta che scrivo una Tsukki-Yama per cui chiedo venia!
Ho sempre avuto un timore reverenziale nel scrivere di loro come coppia, (chi mi conosce sa che li adoro alla follia) ma poi mi sono decisa a rompere il ghiaccio e questo è il risultato!
E per l’occasione ho scelto pure un argomento che mi sta particolarmente a cuore: il compleanno di Tsukki. Sono proprio una kamikaze, o per dirla in parole povere, mi sono fottuta con le mie stesse mani!
Vorrei ringraziare la mia amica Vianne Kiki che è un’ottima penna e si è offerta di betare la prima parte del racconto (grazie cara, è stato un onore) e la mia amica Emma che mi ha dato uno spunto originale, almeno credo, per scrivere una fan fiction sull’argomento.
Anch’io, tra i vari chiacchiericci e divagazioni, non appena ho sentito di questo Prince Albert, sospettando che fosse qualcosa di particolare, non avendo nessuno che mi ronzasse intorno, mi sono precipitata a googolare fiondandomi direttamente nella sezione “immagini” giusto per farmi un’idea di cosa fosse (quello che Tsukishima non era riuscito a fare a causa della presenza del suo ragazzo.)
Inutile dirvi la caterva di flauti, pifferi e zufoli che mi si sono stagliati davanti tutti belli agghindati a festa!
Mi scuso sin d’ora con la categoria dei tatuatori e piercers: grazie per esaudire i nostri desideri di libertà espressiva.
Spero che vi siate divertiti almeno la metà di quanto mi sia divertita io!
Alla prossima!