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Autore: Josy_98    29/09/2021    1 recensioni
Prima di incontrarsi con la compagnia dei nani alla casa dello hobbit, Gandalf fece visita a una vecchia amica chiedendole di mantenere una promessa fatta tanti anni prima. Quella giovane, che così giovane non è, si troverà così costretta a partecipare a un viaggio corrispondente a un doloroso e continuo tuffo nel passato, in mezzo a ricordi che l'intera Terra di Mezzo ha dimenticato. Per non parlare della verità celata dietro alla sua natura: la sua parte di elfo, razza disprezzata da Thorin e i nani, non è la peggiore. Una realtà molto più oscura, infatti, la segue come un'ombra che non si è ancora rivelata.
Estratto dal primo capitolo:
"Perchè lo fai?"
Lei si voltò verso di lui. "Non è ovvio?" chiese. Al silenzio del nano sospirò. "Conoscevo tuo padre, e conoscevo tuo nonno. Erano entrambi miei amici. Ho fatto loro una promessa e intendo mantenerla." disse.
"C'è qualcos'altro." ribattè lui. "Qualcosa che non mi hai detto."
"Sono tante le cose che non ti ho detto." rispose.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Thranduil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Thorin finì disteso sulla schiena e Lumbar lo osservò subito, preoccupata.

"No no no." disse debolmente poggiando una mano sulla sua guancia e voltandogli il volto verso di lei. "Non puoi andartene adesso. Non ora che è finita."

"Morwen... Mia Stella..." la chiamò lui con voce lieve facendola scoppiare in lacrime.

Da quanto tempo non la chiamava in quel modo, lui che conosceva il suo vero nome. Lo stesso nome che, dopo la morte di sua madre, aveva cambiato in Morwen.

"Mia adorata Stella..." continuò appoggiando la mano sopra quella di lei. "Avevi... avevi detto che mi avresti sposato. Temo che non ce ne sarà il tempo. Mi... mi dispiace... avrei tanto voluto il piacere di poter essere chiamato tuo marito... anche solo per un secondo..." tossì a causa della ferita inflittagli dall'Orco Pallido.

"No!" protestò lei togliendo la mano dalla sua guancia e portandola sulla ferita insieme all'altra. "Non ho potuto fare niente per Fili e Kili, ma non lascerò morire anche te."

Ignorò la debolezza e attinse a quel filo di magia che riusciva a sentire ancora dentro di sè. Cominciò a curarlo con un incantesimo, continuando anche quando le mani di Thorin raggiunsero le sue e tentarono di spostarle per impedirle di continuare.

Anche quando il nano la richiamò lei lo ignorò e proseguì l'incantesimo di trasferimento e guarigione, accogliendo in sè la ferita e rimarginando quella di lui. Il bagliore che emetteva, leggermente più flebile dopo la luce che aveva rilasciato senza accorgersene, aveva ripreso a pulsare e Thorin era preoccupato per lei.

"Smettila Thorin!" protestò lei. "Perchè vuoi fermarmi?" gli domandò ignorando il sangue che aveva cominciato a uscirle anche dagli occhi e dalle orecchie. Le sue braccia avevano ripreso a tremare, ma lei non accennava a darsi per vinta.

"Perchè non voglio che tu muoia." riuscì a rispondere lui, seppur a fatica. "Non per me. Non di nuovo."

Lumbar puntò gli occhi in quelli di lui, osservandolo attraverso le lacrime mentre le sue mani continuavano ad assorbire la ferita. "Non posso perderti, Thorin. Non di nuovo." scosse la testa. "Non lo sopporterei."

Lui alzò debolmente un braccio e le accarezzò la guancia, sporcandola di sangue.

"E io non sopporterei di averti uccisa." le disse.

Qualcuno corse verso di loro e affiancò la ragazza, attirando l'attenzione del nano.

"Bilbo..." disse, riconoscendolo.

"Non muoverti." lo redarguì il mezzuomo osservando la ferita. Era preoccupato. "Non muoverti, sta fermo!"

"Sei qui, sono contento." continuò Thorin.

"Ssh." lo fermò lo hobbit. "Ssh ssh ssh."

"Voglio separarmi da te in amicizia..." riprese il nano. "E vorrei chiederti un favore..."

"Non andrai da nessuna parte, Thorin." si oppose Bilbo. "Tu vivrai."

"Rimangio le mie parole... e le mie azioni alla Porta..." una fitta gli tolse il fiato per un secondo. Lumbar faticava persino a togliergli il dolore per quanto era debole. "Hai fatto quello che un vero amico avrebbe fatto... perdonami." prese fiato con difficoltà. "Ero troppo cieco per vedere... mi dispiace tanto... di averti messo in un tale pericolo." quasi soffocò e Lumbar cominciò a mormorare una litania in elfico, talmente veloce che gli altri due non riuscivano a distinguerne le parole.

"No no. Sono contento di aver condiviso i tuoi pericoli, Thorin." disse lo hobbit stringendogli una mano. "Dal primo all'ultimo. È molto più di quanto meriti un Baggins qualsiasi."

Thorin sorrise. "Vorrei che facessi una cosa per me... se vuoi..."

"Qualunque cosa." accettò lo hobbit.

Thorin spostò lo sguardo su Lumbar che non osava alzare il suo e continuava a cercare di salvarlo.

"Vorrei...vorrei che ci sposassi."

Lumbar puntò i suoi occhi in quelli del nano, sconvolta.

"Adesso?" chiese il mezzuomo.

Lumbar studiò attentamente l'espressione di Thorin, ma vedendo la convinzione nel suo sguardo e l'attesa di una sua risposta, confermò per entrambi. "Sì." spostò lo sguardo su quello del mezzuomo. "Puoi farlo?"

"Io-io certo!" acconsentì. "Ma non so come funzionano i matrimoni dei nani." ammise.

Lumbar e Thorin sorrisero dolcemente all'imbarazzo del loro amico.

"Non preoccuparti." lo rassicurò lei. "Sono esattamente come tutto gli altri matrimoni, con una piccola aggiunta: l'uomo dona alla donna un fermatrecce della sua famiglia, come simbolo della sua nuova casata di appartenenza." spiegò continuando l'incantesimo. "Tradizione vuole che il nano lo forgi apposta per lei. Mentre la donna ricambia con uno dei fermagli che indossa sempre, ma deve avere un significato importante."

"Il tuo l'ho forgiato tanto tempo fa." ammise Thorin. "Poco prima di chiederti di sposarmi la prima volta... lo porto con me da allora... anche quando dimenticai di noi non l'ho mai tolto..." allungò lentamente le mani fino a una treccina laterale nascosta dai capelli e chiusa con un bellissimo fermaglio d'oro con il simbolo della casa di Durin circondato da piccolissime stelle create con il mithril e che risplendevano di bianco in contrasto con il giallo dell'altro metallo. Era curato fin nel più piccolo dettaglio ed era talmente fine da rispecchiare perfettamente la ragazza. Era l'oggetto più bello che avesse mai visto. Più bello persino dell'Archengemma.

"È meraviglioso." disse lei non riuscendo a distogliere l'attenzione da quel piccolo oggetto.

"Ed è tuo." completò Thorin liberandolo dai capelli. "Vorrei vedertelo indosso come simbolo che sei mia moglie... anche se per poco..." glielo porse su un palmo e lei annuì lentamente.

"Poco è sufficiente. È comunque un sogno che si avvera."

"Due sogni... il tuo... e il mio..." la corresse lui con un leggero sorriso sul volto e gli occhi che esprimevano tutto il suo amore per lei. Portò l'attenzione su Bilbo per un secondo, facendogli un leggero cenno con la testa, poi riportò lo sguardo sulla sua amata. Le prese una ciocca di capelli al lato del viso e la suddivise in tre ciocche più piccole. Poi cominciò a intrecciarle con la maestria dovuta ad anni di pratica. In pochi minuti, nonostante le mani gli tremassero a causa della debolezza derivatagli dalle ferite, Thorin completò la treccina e la chiuse con il fermaglio che aveva forgiato per lei.

"Con questa treccia ti scelgo come mia sposa e ti accolgo nella mia stirpe."

Dopo un attimo di esitazione, lei fermò l'incantesimo di guarigione e cominciò a intrecciare i capelli del nano dove prima era situata la treccina, bloccandoli poi con l'unico fermaglio in suo possesso, un semplice oggettino in oro ricamato con delle foglie. Anche quello fu un dono che Thorin le fece in passato.

"Con questa treccia ti scelgo come mio sposo e accetto di entrare a far parte della tua stirpe." rispose alle parole del nano.

Entrambi voltarono la testa verso Bilbo, in attesa.

"Vi-vi dichiaro marito e moglie." balbettò, ancora sorpreso ma con un piccolo sorriso.

Lei avvicinò il volto a quello di Thorin e lo baciò dolcemente, con la paura di fargli più male di quanto ne stesse già patendo nonostante continuasse ad assorbire il suo dolore. Lui appoggiò una mano sulla sua guancia, premendo più intensamente le labbra su quelle di lei. Poi si staccarono e si guardarono con un sorriso, le fronti che si sfioravano e le mani intrecciate.

"Moglie..." sussurrò Thorin studiando attentamente il volto della sua donna, gli occhi che brillavano dalla gioia.

"Marito..." rispose lei facendo lo stesso.

Thorin tossì rompendo la bolla in cui erano finiti e riportando Lumbar alla realtà. Il suo sorriso scomparve e lei sciolse la loro presa, riportando le mani sulla ferita e riprendendo a mormorare incantesimi nel tentativo di guarirlo.

"No..." mormorò lui. "Ti prego... basta... Morwen..." tentò di prenderle le mani ma lei lo scacciò.

"Non posso lasciarti andare." gli disse mentre le lacrime riprendevano a scenderle lungo le guance. "Non ci riesco."

Lui scosse la testa. "Non sei tu... che lasci andare me... sono io... che lascio andare te..." prese fiato a fatica. "Anche se il nostro sogno si è appena realizzato... voglio che tu viva... e per farlo devi... devi smettere..." riuscì a stringere le mani della ragazza tra le sue e si accorse che stavano tremando. Tentò di sorriderle. "Io andrò nelle Aule e aspetterò il tuo arrivo... ma devi promettermi che... mi raggiungerai il... il più tardi possibile... devi vivere per entrambi..." voltò leggermente la testa verso Bilbo. "Addio... mastro Scassinatore... torna ai tuoi libri... e alla tua poltrona... pianta i tuoi alberi... guardali crescere..." il suo respiro divenne affannoso. "Se più persone... considerassero la casa prima dell'oro... il mondo... sarebbe un posto più felice..." gemette.

"No! No no no." Bilbo si avvicinò angosciato al volto del nano. "Thorin..." bisbigliò.

Lui riuscì a voltarsi verso sua moglie e punto il suo sguardo in quello di lei. Voleva che fosse la sua ultima immagine di quel mondo.

"Tu... devi... amare ancora..." le disse in un sussurro appena percettibile. "Promettimelo..." Lei fu talmente turbata e confusa da quella richiesta che rimase a fissarlo in silenzio. Il nano strinse debolmente la presa sulle sue mani mentre una lacrima gli rigava la guancia. "Voglio... voglio che tu sia felice... e per esserlo devi... devi amare di nuovo... quindi promettimi... lo farai."

Lei scosse la testa. "Non puoi chiedermi una cosa del genere. Non posso essere felice senza di te." anche il resto del suo corpo aveva cominciato a tremare e la sua pelle aveva ripreso a brillare più intensamente e velocemente.

"Non subito... ma... un giorno... il tuo cuore sarà pronto... ad amare e ad essere amato... di nuovo... non impedirglielo..." sussurrò il nano, in risposta. "Non lasciare che... il mio ricordo... ti impedisca di amare... non lo sopporterei..." tossì più volte. "Promettimi che... che quando sarai pronta... ti lascerai andare a un nuovo amore... promettimelo..." abbandonò la testa al suolo, troppo stanco per tenerla alzata, ma rimase con gli occhi fissi nei suoi. "Non voglio che... ti isoli nel tuo dolore... per sempre..."

"Thorin non osare..." bisbigliò lo hobbit accanto a loro, pregando che resistesse.

Lumbar abbassò lo sguardo, ma il nano la richiamò a sè con una leggerissima stretta alle sue mani.

"Promettilo..."

Lei annuì, in lacrime, con la disperazione sul volto. "Te lo giuro." mormorò. "Spero di averti donato una morte serena, per quanto non voluta."

"La più bella che... potessi desiderare..." rispose lui guardandola con dolcezza infinita. "Ho protetto la donna che amo... non potrei esserne più felice..." sospirò.

Lumbar vide i suoi occhi diventare opachi, la luce che li aveva sempre caratterizzati spegnersi e lo scudo svanire. Appoggiò la testa sulle loro mani unite e pianse, mentre anche l'ultima ciocca dei suoi capelli diventava nera.

Bilbo, accanto a lei, non si diede per vinto. "No, Thorin... tieni duro, Thorin... tieni duro. Vedi? Le aquile..." le indicò. "Le aquile... le aquile sono qui." quando non ricevette risposta si arrese e cominciò a piangere.

Dopo qualche minuto si allontanò per lasciarli da soli sedendosi su alcuni gradini vicino all'argine del fiume, da cui poteva osservarli tranquillamente.

Lumbar non diede segno di averlo sentito spostarsi, così come rimase immobile all'arrivo di Gandalf, che si sedette vicino allo hobbit, e dei nani della Compagnia che, invece, si avvicinarono a lei e al corpo di Thorin e si inginocchiarono rivolti verso di lui, in segno di saluto. Il sole si era alzato abbastanza da illuminare oltre la Montagna e raggiungere loro, facendo risplendere il ghiaccio e rendendo quel segno di rispetto quasi divino.

"Si è distratto." mormorò, infine, rimanendo con la fronte appoggiata alle loro mani intrecciate e il volto coperto, la sua voce a malapena un sussurro che, però, raggiunse perfettamente lo hobbit e lo stregone. "Gli scudi mi avevano prosciugato le energie e ho barcollato. Lui si è distratto e Azog gli ha trafitto un piede attraverso il ghiaccio, prima di romperlo e saltare fuori." un respiro tremolante le uscì dalle labbra mentre faceva una pausa, incapace di continuare. Attorno a lei i nani la osservavano in silenzio. "Ho parato il primo colpo, ma ho perso la presa sul pugnale e Thorin ha usato Orcrist per proteggerci dal secondo affondo. Quando ho tentato di aiutarlo mi ha spinta via. Se Thorin non l'avesse fatto..." si mise una mano sul volto. "È stata colpa mia." sussurrò.

"Di quali scudi stai parlando?" domandò Dwalin, confuso. Non riusciva a capire a cosa si riferisse.

Gandalf, invece, lo intuì subito. "Quelli che ha eretto intorno a noi per impedire che ci ammazzassimo a vicenda prima dell'arrivo degli orchi." rispose al posto della ragazza. "Li ha tenuti attivi per tutto il tempo, attorno a ogni elfo, uomo e nano presente fra Erebor e Dale." sospirò. "Questo spiega molte cose."

"Ed è una cosa possibile?" chiese Bofur.

"Per una persona comune no." ammise Gandalf. "Ma la nostra amica è tutt'altro che comune."

"Ma non è stato comunque sufficiente." sussurrò lei. "Fili e Kili sono morti. Lui è morto. Non l'ho salvato." aveva gli occhi lucidi, come la maggior parte dei presenti, e non aveva il coraggio di alzare il viso dal corpo di Thorin. "Mi aveva detto che non mi avrebbe più permesso di lasciarlo." alzò una mano, che continuava a brillare insieme al resto del suo corpo, e la poggiò sulla guancia del nano in una lenta carezza, ancora senza guardarlo. "Ed è stato lui a lasciare me. E io non sono stata in grado di impedirglielo. Non sono stata abbastanza forte. L'ho lasciato andare..." le lacrime cominciarono a sgorgare senza sosta dai suoi occhi, lasciando solchi puliti sulle sue guance lì dove si portavano via il sangue del suo amato mescolato con quello degli orchi.

"Mia cara..." mormorò Balin appoggiandole una mano sulla spalla in un tentativo di conforto. Lei nemmeno si era accorta che si era avvicinato. "Non potevi fare niente."

"Avrei dovuto fare di più." si riproverò.

"Più di quello che hai fatto?" le domandò Dwalin, scettico. "Ne dubito. Scommetto che non hai smesso di provare a curarlo nemmeno per un secondo. E guarda come sei ridotta." osservò, indicandola.

Bilbo annuì, ma non riuscì a dire una parola, ancora troppo sconvolto.

"Ha ragione." commentò Gandalf. "Sei viva per miracolo, mia cara. Non puoi incolparti per non essere riuscita a salvarlo."

Lei alzò la testa dal corpo di Thorin e la voltò verso Gandalf, puntando lo sguardo nel suo. "Si è sacrificato per me!" lo gelò. "Centro che mi incolpo."

Uno strano silenzio era calato intorno a lei, un silenzio sorpreso. Lumbar spostò l'attenzione su Bilbo, che la osservava anche lui senza sapere a cosa fosse dovuta quella reazione. Così percorse con lo sguardo ogni nano della Compagnia e li vide tutti osservarla con espressioni scioccate e sconvolte. Non riusciva davvero a comprenderne il motivo. Riportò l'attenzione su Balin quando il vecchio nano allungò una mano verso il suo volto.

"Ragazza..." disse prendendo delicatamente con le dita una lunga treccia chiusa con un fermaglio nanico. "Siete..."

"Oh." rispose semplicemente lei, senza riuscire a dire altro. Spostò gli occhi da quelli di Balin, a disagio, ma finì per puntarli in quelli di Dwalin, il che fu peggio. "Sono riuscita a chiamarlo marito... almeno una volta." rivelò confermando i loro pensieri. "Era così felice..."

Si portò una mano alla bocca, incapace di dire altro, e scoppiò in un pianto disperato. Balin la accolse tra le sue braccia, avvolgendole il busto e stringendola forte mentre lei appoggiava la testa sulla sua spalla in preda a singhiozzi devastanti.

Gli altri nani stavano ancora metabolizzando le sue parole, ma dopo qualche attimo la circondarono tutti, aggiungendosi all'abbraccio.

Quando si fu calmata i nani indietreggiarono per darle spazio e lei si staccò da Balin, pur mantenendo le mani strette alle sue.

"Dovevate vederlo... i suoi occhi splendevano..." mormorò.

"È vero." confermò lo hobbit attirando i loro sguardi.

"Tu c'eri?" chiese Gloin.

Lui annuì. "Sono arrivato poco dopo la morte di Azog e gli sono rimasto accanto tutto il tempo."

"Non avrei potuto chiedere officiante migliore." ammise Lumbar.

"Hai assistito al loro scambio?" domandò Dwalin.

Bilbo annuì una seconda volta. "Thorin mi ha chiesto di farlo. Ha-ha detto di volerla chiamare moglie almeno una volta prima di andarsene. Che era il suo sogno." sospirò. "Ho voluto fare in modo che si avverasse."

I nani lo osservarono con gratitudine.

"Era anche il mio." mormorò Lumbar. "Non voglio che altri lo sappiano."

"Che cosa?!" Dwalin quasi urlò dalla sorpresa quando la sentì. "Perchè diavolo non vuoi dire che vi siete sposati? Devono saperlo tutti." protestò mentre gli altri nani borbottavano lamenti, dandogli ragione.

Lei scosse la testa. "No, invece." prima che lui potesse nuovamente ribattere, continuò. "Se anche lo dicessi non cambierebbe niente. Lui è morto." la sua voce tremò quando lo disse ad alta voce. Era la prima volta. "E io non voglio il suo trono, non l'ho mai voluto. Avevo accettato che sarebbe potuto succedere solo perchè faceva parte di lui, di ciò che era. Thorin sapeva che non volevo diventare regina, ma sapeva anche che non l'avrei mai lasciato solo e che avrei accettato quell'incarico se fosse stato lui a chiedermi di farlo. Gli sarei rimasta accanto. Ma adesso lui non c'è più e io non ho intenzione di appropriarmi di un trono che non mi appartiene. Non è mai stato mio e non lo diventerà adesso. Andrà a Dain, che sarà un buon re, e la stirpe di Durin continuerà, com'è giusto che sia. Io non posso farmi carico di un peso del genere senza di lui."

"Ma perchè non dirlo?" chiese ancora Dwalin, non capendo. "Perchè nasconderlo?"

"Perchè Dain sarebbe il primo a spingerla ad accettare la corona che il matrimonio le ha concesso di diritto." spiegò Balin, comprendendo i pensieri della ragazza. "E come lui molti altri. Vuole solo impedirlo."

 

****

 

I funerali furono organizzati in tempi record. Nani, elfi e umani collaborarono per ripulire il campo e la città dai cadaveri degli orchi, mentre i loro caduti venivano preparati per le cerimonie funebri. Anche Beorn e le aquile li aiutarono.

Dopo appena qualche giorno venne dato l'ultimo saluto a Thorin, Fili e Kili, i cui corpi erano stati recuperati lo stesso giorno in cui finì la battaglia.

Lumbar si era chiusa nella Fortezza, in quelle che una volta erano le sue stanze, e non ne era quasi più uscita finchè non la chiamarono per il funerale. Le avevano detto che Legolas era partito poco dopo la battaglia e che Thranduil voleva vederla, così come Dain, ma lei non si sentiva pronta così era rimasta chiusa nelle sue stanze, rifiutandosi di parlare con qualcuno. Era scappata all'esterno solo un paio di volte, di nascosto, ma era tornata prima che qualcuno lo notasse. Per il resto del tempo si era limitata a ripercorrere con la mente ogni ricordo che condivideva con Thorin, ricreando le immagini davanti a sè con le fiamme. Fino a quando bussarono per avvertirla che erano pronti.

Non mangiava e non dormiva dalla sua morte, i nani erano preoccupati, ma vederla in piedi, anche se non in forma, li tranquillizzò. Aveva smesso di brillare solo poche ore prima, e questo significava che si stava riprendendo. Anche se più lentamente del previsto.

Camminarono in silenzio per i corridoi di Erebor, ognuno perso nei propri pensieri. Quando passarono vicino alle mura sentirono i corni degli uomini suonare a lutto e Lumbar vide Bard e il suo popolo appostati sulle mura di Dale e rivolti verso di loro. Stavano rendendo omaggio anche loro.

Percorsero molti altri corridoi, fino a quando arrivarono nella sala in cui avrebbero seppellito Thorin e i suoi nipoti, una cripta interamente scavata nella roccia e illuminata da migliaia di candele. Una lunga scalinata permetteva di raggiungere il punto più basso, dove si trovavano le tombe in cui sarebbero stati deposti e davanti alle quali sostavano Dain, incoronato, e tutto il popolo dei Colli Ferrosi. Anche Gandalf, Radagast e Beorn erano lì.

"Abbiamo rispettato il tuo silenzio." disse Balin a Lumbar facendole cenno di fermarsi, seguito dagli altri. "Ma Dain l'ha capito quando ha visto il tuo fermaglio chiudere una treccia di Thorin. Gli abbiamo fatto giurare di mantenere il segreto, come abbiamo fatto noi, e lui ha accettato." la tranquillizzò. "Mi sembrava corretto che tu lo sapessi."

Lei annuì e lo ringraziò con lo sguardo. Bilbo si fece avanti e le porse un fagottino di stoffa scura.

"Ho visto Bard, prima." spiegò. "Mi ha chiesto di darti questa. Ha detto che è giusto che stia con Thorin e il suo popolo. Ha pensato che potevi restituirgliela tu."

Lumbar aprì lentamente l'involto scoprendo l'Archengemma al suo interno. La Pietra brillò nella semi oscurità della cripta, illuminando la ragazza di migliaia di bagliori colorati che si riflessero sui suoi capelli ancora completamente neri. Da quando Thorin era morto non erano più cambiati.

"Una volta Thorin mi disse una cosa..." mormorò a fatica, a causa del silenzio che aveva mantenuto fino a quel momento, senza distogliere lo sguardo dalla Gemma. "Disse che amava l'Archengemma perchè aveva la stessa luce dei miei occhi. Gli ricordava me."

"Sono parole molto belle." osservò il mezzuomo.

Lei annuì. "Sapeva essere veramente romantico, a volte."

Spostò lo sguardo dall Gemma ai nani, studiando i loro sguardi e rendendosi conto che la osservavano con dolcezza e malinconia insieme. Sospirò prima di annuire e riprendere a camminare insieme a loro verso le tombe. Dovevano porgere l'ultimo saluto, tutti gli altri lo aveva già fatto.

Uno a uno i nani passarono tra i corpi, appoggiati su altari di pietra, dei loro compagni. Thorin era al centro, Fili alla sua sinistra e Kili a destra ed erano circondati da candele che rendevano l'atmosfera più calma e, allo stesso tempo, solenne. Bilbo si fermò vicino a Thorin, non riuscendo a proseguire, e rimase lì per un po' mentre i nani gli passavano accanto.

Lumbar si avvicinò a Kili, gli fece una carezza sulla testa e gli lasciò un bacio sulla fronte, poi fece lo stesso con Fili. Quando si avvicinò a Thorin Bilbo si allontanò, lasciandola sola con lui, e raggiunse gli altri, posizionati uno accanto all'altro davanti al popolo dei Colli Ferrosi. Vicino agli altari era rimasta solo lei e tutti la osservavano, in attesa che si accomiatasse. Lei non se ne curò. Riaprì l'involto e prese l'Archengemma, sistemandola tra le mani di Thorin. Poi si abbassò sul suo volto e gli diede un lungo e leggero bacio sulle labbra.

"Ti amo." gli sussurrò prima di allontanarsi e raggiungere il centro della fila dei nani, lì dove le avevano lasciato un posto, tra Balin e Gloin e si voltarono tutti verso la folla.

"Il re è morto!" disse Gandalf con voce solenne.

"Lunga vita al re!" gridò Balin alzando la spada verso Dain, subito seguito dagli altri nani della Compagnia che ripeterono quelle parole.

Il popolo dei Colli Ferrosi si aggiunse al coro mentre Dain, da quel momento il nuovo re di Erebor, chinava la testa in segno di rispetto con gli occhi fissi su Lumbar. Lei emise un flebile bagliore bianco, che si espanse e raggiunse il nano circondandolo prima di svanire. Aveva appena ricevuto la sua benedizione: gli augurava un regno lungo e felice.

 

****

 

Lumbar e Bilbo stavano camminando tranquillamente verso la Porta insieme a Balin. Il funerale e la cerimonia di incoronazione erano finite e uno di loro stava per ripartire, come simboleggiava lo zaino che lo hobbit aveva sulla schiena. Gandalf lo aspettava con un cavallo e un pony.

"Deve essere una gran festa stasera." disse Balin. "Canzoni saranno cantate. Racconti saranno raccontati." si fermarono subito dopo le mura. "E Thorin Scudodiquercia... lui... passerà alla leggenda." continuò a fatica distogliendo lo sguardo lucido. Era una ferita troppo fresca per tutti.

"So che è così che dovete onorarlo." disse Bilbo mentre allungava una mano per stringere quella dell'amica. "Ma per me non lo è mai stato." scosse la testa con un sorriso. "Lui era... per me lui... lui era..." Balin sorrise vedendolo in cerca delle parole giuste senza successo. "Beh, credo che me ne andrò in silenzio." concluse. "Puoi dire agli altri che li saluto?"

"Glielo puoi dire tu stesso." rispose Balin facendolo voltare.

Dietro di loro i nani della Compagnia li osservavano dalla Porta, uno accanto all'altro. Bilbo sorrise prima di avvicinarsi.

"Ah, se qualcuno di voi passasse da casa Baggins... ah... il tè è alle quattro." concluse semplicemente facendo venire gli occhi lucidi ai nani. "Ce n'è in abbondanza. Siete sempre i benvenuti."

Loro chinarono il busto, come avevano fatto quando l'avevano conosciuto, e sorrisero.

Bilbo stava per voltarsi, quando si fermò."Non disturbatevi a bussare." aggiunse facendoli ridere. Si voltò verso Lumbar e sospirò. "Vale anche per te, sai?" lei distolse lo sguardo. "Che cosa c'è?" le chiese.

"Stavo pensando a una cosa." rispose lei continuando a non guardarlo.

"Che cosa?"

"Credo sia arrivato il momento di riprendere il mio vecchio nome, quello con cui mi hanno conosciuta Thorin e Gandalf." spiegò.

"I-intendi Morwen?" disse Bilbo, sorpreso.

"Sei sicura?" chiese Balin. "Significherebbe riportare alla luce molti periodi che volevi dimenticare."

Lei annuì. "Non ho la minima intenzione di rinnegare il mio passato con Thorin. Tantomeno il mio passato con voi." puntò lo sguardo in quello del vecchio nano. "Siete la mia famiglia, Balin."

"Ma non puoi restare." comprese lui con sguardo triste.

"Non sono pronta." si scusò. "Non posso vivere qui senza di lui." ammise.

"Lo so. Ma sarai sempre la benvenuta qui." le ricordò. "Dain vorrebbe che tornassi."

"Un giorno lo farò." lo rassicurò. "E quando avverrà vorrò vedervi tutti." il vecchio nano annuì e lei si allontanò insieme a Bilbo, raggiungendo Gandalf che li aspettava poco lontano. "Vorrei accompagnarti alla Contea." disse allo hobbit mentre saliva sul pony. "Ma devo fermarmi in un paio di posti prima."

"Vuoi un passaggio fino alla tua prima meta?" chiese Gandalf indicando con un cenno Dale.

Lo stregone sapeva cos'avesse in mente. Dopotutto era stato lui ad aiutarla, qualche giorno prima. Lei annuì e salì sul cavallo dietro di lui, che diresse l'animale verso la città seguito dal mezzuomo.

Una volta raggiunta, Lumbar scese mentre loro proseguirono il viaggio, con la promessa che li avrebbe ripresi e avrebbero percorso insieme l'ultima parte del viaggio.

La ragazza si diresse verso la casa in cui si era stabilito Bard insieme ai suoi figli e bussò un paio di volte. Quando la porta si aprì Bard la accolse con un sorriso sul volto, anche se triste.

"Grazie." gli disse. "Per la Gemma."

Lui la fece entrare. "Era la cosa giusta." minimizzò. "Come ti senti?"

"Lo sai."

"Sì, lo so." confermò lui con sguardo triste, ripensando a quando aveva perso la moglie. "Dove andrai?" aveva capito, infatti, che non sarebbe rimasta.

"Accompagno Bilbo a casa poi... non lo so." ammise. "La mia Casa era lui. Non ho un altro posto a cui tornare."

"Ci sarà sempre un posto qui, per te." le disse l'arciere. "Non farti problemi a tornare quando vuoi."

Lei annuì. "Hai fatto quello che ti avevo chiesto?" gli chiese, cambiando totalmente argomento.

Lui sorrise. "Sì, vieni con me."

Uscirono di casa e la condusse attraverso le vie in ricostruzione della città fino a che non raggiunsero una stalla situata in disparte. Quando entrarono, riparato da occhi indiscreti il cervo di Thranduil li osservava steso a terra. Sembrava tranquillo.

"Ancora mi chiedo come tu abbia fatto." le disse l'arciere osservando l'animale. "Era quasi morto quando l'hai trovato."

"Lo scudo." disse solamente, ricordandogli quel particolare che Gandalf gli aveva spiegato quando aveva chiesto il suo aiuto dopo la battaglia. "Lo ha protetto abbastanza da farlo sopravvivere. Le erbe curative e la magia che ho usato i giorni scorsi hanno fatto il resto." spiegò.

"E ora è pronto a tornare a casa." osservò l'uomo. "Sembra completamente guarito."

"Lo è." confermò lei avvicinandosi al cervo e accarezzandogli il muso. Gli sussurrò qualche parola in elfico e quello si alzò, ergendosi in tutta la sua magnificenza.

"Thranduil è partito due giorni fa." le disse Bard. "Dovrebbe essere arrivato ieri."

Lei annuì e lo ringraziò prima di condurre il cervo all'esterno e salirci in groppa.

"Salutami i tuoi figli." disse all'uomo prima di voltare l'animale e incamminarsi verso Bosco Atro.

 

****

 

Dopo circa un giorno di viaggio lei e il cervo videro apparire, tra gli alberi, i cancelli del regno di Thranduil. L'animale avanzò a passo lento e le guardie li fecero passare, sorprese di vedere che il cervo del loro signore era ancora vivo.

Quando raggiunsero la piazza principale del palazzo sotterraneo, Thranduil era già lì ad aspettare. Probabilmente qualcuno lo aveva avvertito.

Il cervo si fermò di fronte a lui e Morwen scese posizionandosi accanto a lui. Thranduil passava lo sguardo dall'animale alla ragazza, studiando entrambi da cima a fondo. Dopo qualche minuto si avvicinò al cervo e lo accarezzò, prima di porre un'unica domanda.

"Come?" la sua voce risuonò ferma, come sempre, ma Morwen riuscì a cogliere la gratitudine che celava.

"Scudi invisibili." rispose.

"Quelli che hai eretto attorno a ognuno di noi." ricordò il re.

Lei annuì. "Ne ho creato uno anche attorno a lui."

"Perchè?" le chiese.

Morwen alzò le spalle. "Sapevo quanto fosse importante per te. Gli ho voluto dare la stessa protezione che avevo dato a te."

Thranduil sospirò e fece cenno ad alcuni elfi di portare via il cervo, prima di voltarsi e dirle di seguirlo. Si incamminarono all'interno del palazzo, fino ad arrivare a un meraviglioso giardino con la statua di una bellissima elfa al centro. Era la madre di Legolas.

Thranduil si accomodò su una panca in pietra di fronte alla statua e le fece segno di sedersi accanto a lui.

"Quanto resterai?" le chiese.

"Il tempo che Erenie arrivi qui. Ho promesso a Bilbo che lo avrei raggiunto e riaccompagnato a casa." rispose lei.

"Capisco." disse l'elfo. "Vorrei chiederti un favore." aggiunse dopo qualche secondo di silenzio.

"Quale?" domandò lei, osservandolo.

Thranduil sospirò. "Legolas è partito, dubito che tornerà presto." cominciò. "Vorrei che tu lo rintracciassi e lo accompagnassi nel suo viaggio, ovunque esso lo porterà."

"Ha accettato che Tauriel avesse scelto Kili e ha capito che non poteva rimanere a vivere qui a causa di ciò." comprese lei. "Conosco la sensazione."

"Proprio perchè la conosci ti chiedo di stargli accanto." le disse il re. "So quanto stai soffrendo in questo momento e non voglio che diventi come me." rivelò. "Non voglio che ti chiudi in te stessa come ho fatto io, e non voglio che capiti anche a Legolas. Voglio che mio figlio sia felice."

"E pensi che io possa aiutarlo?" chiese, scettica, lei. "Ma mi hai vista? Non dormo e non mangio da giorni, per non parlare dei miei capelli." gli fece notare. "Sono totalmente neri e devo capire il perchè."

"Io credo di saperlo." la sorprese lui. "Abbiamo sempre pensato che cambiassero colore a seconda di quanto fossero forti le forze del Bene e quelle del Male presenti su questa terra." spiegò. "Ma credo che sia più complicato di così. Io credo che i tuoi capelli siano diventati neri, senza più cambiare, perchè tu hai perso la speranza e la voglia di vivere quando è morto Thorin. Credo che il loro colore rispecchi più ciò che credi tu di ciò che corrisponde al potere della Terra di Mezzo. Non dico che non si basi anche su quello." aggiunse. "Penso che riguardi entrambi."

Morwen ci pensò qualche secondo, poi annuì sospirando. "Probabilmente hai ragione." ammise. "Quando credi che cambierà?"

"Probabilmente quando ricomincerai a vivere." osservò l'elfo.

"Tu l'hai fatto?"

"No." confessò. "Non davvero."

"Non è tardi. Puoi sempre ricominciare, se vuoi." gli disse lei.

"Il punto è volerlo." le fece presente.

Morwen sospirò. "Lo so."

Rimasero in silenzio per ore, a bearsi della pace di quel magnifico giardino, fino a quando un giovane elfo non li informò che Erenie era arrivata. Allora i due si alzarono e si diressero nuovamente verso la piazza.

"Ti serve qualcosa?" chiese Thranduil.

"Sono a posto, grazie." rispose lei.

"Aspetta." la fermò lui facendola voltare. "Vorrei farti un dono, per ciò che hai fatto per il mio popolo." le disse estraendo da una tasca del suo abito un finissimo filo d'argento al cui centro era incastonata una meravigliosa gemma bianca della grandezza di un'unghia, modellata a forma di goccia e che sembrava risplendere di luce propria.

Lui gliela posizionò sulla fronte, facendole passare il filo attorno alla testa e intrecciandoglielo con i capelli come faceva quando indossava la sua corona da battaglia, in modo che non scivolasse via. Quando la gemma toccò la fronte di Morwen. poco sopra i suoi occhi, si illuminò per un secondo insieme alla sua pelle, prima che ritornassero entrambe normali.

"Una gemma di Lasgalen..." mormorò lei, sorpresa. "Perchè...?"

"È giusto così." rispose lui, impedendole di terminare la domanda. Morwen lo osservava confusa. "Tu hai protetto il mio popolo." spiegò. "Hai protetto tutti i popoli. E a un prezzo davvero alto. Loro sarebbero d'accordo." concluse riferendosi alla moglie e alla madre di Morwen. "Inoltre credo che queste gemme siano legate a te, in qualche modo."

"Cosa vuoi dire?"

"Non ne sono sicuro..." ammise lui. "Ma la gemma si è illuminata quando ti ha toccata, come se ti avesse riconosciuta. La tua pelle ha fatto lo stesso. Non so cosa significhi, ma credo sia importante capirne il motivo."

Lei annuì. "Cercherò di trovare una risposta."

Raggiunsero Erenie un minuto dopo. La cavalla li aspettava tranquilla, godendosi le carezze di un elfo che le faceva compagnia, ma quando Morwen le si avvicinò la salutò con un buffetto sulla fronte. La ragazza sorrise e le accarezzò il collo in risposta. Poi le salì in groppa e si voltò verso Thranduil.

"Farò quello che mi hai chiesto." gli disse. "E grazie."

"Sarai sempre la benvenuta, qui." rispose il re, prima di salutarla.

 

****

 

Circa a metà inverno, giunse a casa di Beorn, dove trovò Gandalf e Bilbo ad aspettarla. Decisero di fermarsi lì per un po' e il periodo natalizio fu caldo e allegro.

Grazie alla grande diminuzione di orchi e mannari, Beorn divenne un grande capo in quelle regioni e governò gli uomini della contrada selvaggia tra le montagne e il bosco; e si dice che per molte generazioni gli uomini della sua stirpe ebbero il potere di assumere l'aspetto di orso, e alcuni furono uomini aspri e cattivi, ma per la maggior parte somigliarono a Beorn nel cuore, seppur furono inferiori a lui per statura e forza. Ai loro tempi gli ultimi orchi furono cacciati via dalle Montagne Nebbiose, e una nuova pace scese al confine delle Terre Selvagge.

Venne la primavera, una bella primavera mite e splendente di sole, prima che Morwen, Bilbo e Gandalf se ne andassero finalmente da casa di Beorn. Alla fine risalirono la lunga strada delle Montagne e raggiunsero il passo dove gli orchi li avevano catturati la prima volta. Ma vi giunsero di mattina, e guardando indietro videro un sole bianco brillare sopra le terre che si stendevano davanti a loro. Al di là, si vedeva Bosco Atro, azzurro nella distanza, e verde cupo, anche in primavera, nella parte a loro più vicina.

Lontano lontano, appena visibile a occhio nudo, la Montagna Solitaria: sulla sua vetta più alta la neve, non ancora disciolta, brillava pallida.

   
 
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