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Autore: Kameyo    01/10/2021    3 recensioni
Naruto non gliel’avrebbe mai confessato, ma era stato proprio Itachi a vedere l’elefante per primo.
“Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Itachi, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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“Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it”
Prompt: Enemies to Lovers - PumpFic
N° parole:1521
 
 
1.
 
L’elefante in piscina
 
 
Dall’alto della sua fortezza, Naruto guardò il nemico oltre il recinto, gli scoccò un’occhiata di ammonimento.
«Se ti azzardi a passare, chiamerò Kurama.»
Sasuke lo fissò con lo stesso identico disprezzo.
«Provaci, idiota.»
Naruto fece un passo avanti, ma si tenne ben saldo alla ringhiera; un salto da quell’altezza gli sarebbe costato un osso rotto come minimo.
«Non ti voglio in casa mia.»
«Come se fossi tu a decidere!»
Naruto emise un verso frustrato e continuò a fissarlo sperando d’incenerirlo.
Sasuke Uchiha era il ragazzino più antipatico che avesse mai conosciuto, solitario, secchione, snob. Quando aveva provato a farci amicizia, quello non lo aveva degnato di uno sguardo, anzi, lo aveva proprio cacciato malamente senza staccare gli occhi dal suo libro, perché a sentirlo, lui non faceva amicizia con gli stupidi e Naruto ne era il re.
Da lì si erano giurati odio eterno.
Peccato che le loro madri fossero amiche e li costringessero a vedersi due pomeriggi a settimana, mentre loro sorseggiavano il tè in giardino.
«Non potete fare pace?»
Fortuna che c’era Itachi.
«No!» urlarono in coro.
«Continua a chiamarmi idiota!»
«Lo faccio perché è quello che sei!»
«Adesso scendo e ti faccio vedere io!»
«Avanti! Voglio proprio vedere!»
Itachi ci provò a farli ragionare, a tentare di calmare Naruto e rimproverare il suo fratellino, “Così non ti farai mai degli amici”, ma non ci fu verso. I due si azzuffarono, di nuovo. E poi finirono in punizione, di nuovo e insieme; avrebbero avuto un’estate intera per diventare amici, il giardino del vecchio Sarutobi non veniva pulito da secoli.
«Non sarò mai tuo amico!»
«E chi la vuole la tua amicizia!»
 
Furono coerenti. Non diventarono amici quell’estate e nemmeno quella successiva.
Di castighi ce ne furono parecchi, per anni. I giardini da ripulire, la cantina di casa Uchiha, la casetta sull’albero di Naruto, fare i compiti insieme, stare in un angolo a tenersi per mano – Kushina era stata crudele quella volta.
I genitori tentarono e tentarono, finché non si stancarono e decisero di rinunciare, ma non smisero di vedersi, eh no. Due pomeriggi a settimana Uchiha e Namikaze s’incontravano per stare insieme, e se Naruto e Sasuke volevano picchiarsi che lo facessero pure.
L’unico a non perdere la speranza era Itachi, che guardandoli non faceva altro che scuotere la testa e sorridere, anche quando tentavano di uccidersi a vicenda.
«Non posso credere che tu sia venuto» borbottò Naruto dal bordo piscina.
«Mi hanno costretto» fu la replica piccata di Sasuke immerso in acqua.
«Tu odi stare in costume, perché non te ne torni in casa? Ma stai lontano da camera mia!»
«Non metterei piede in quel letamaio neanche se mi pagassi. E poi fa caldo, voglio farmi un bagno.»
Naruto tentò di mettergli un piede sulla testa per farlo andare giù, ma Sasuke si spostò con un sorriso di scherno in volto.
«Camera mia è pulitissima, bastardo! Vieni qui che ti affogo!»
«Ti sembro idiota come te?»
«Giuro che se vengo lì…»
«E perché non lo fai? Oltre ad essere un stupido, non sai ancora nuotare?»
Sasuke ebbe l’impressione che le orecchie di Naruto fumassero.
«Adesso ti faccio vedere io!» Si liberò dei pantaloncini e della maglietta alla velocità della luce e gli puntò contro l’indice. «Prenditi la responsabilità delle tue parole e vedi di non lamentarti quando avrai gli occhi neri!»
Sasuke non riuscì neanche a dargli retta, troppo concentrato a guardare il suo corpo, dove diavolo li aveva presi quei muscoli l’idiota?
Naruto si tuffò e lo raggiunse in poche bracciate, un broncio arrabbiato sulle labbra. Sasuke si allontanò fino a poggiare la schiena al muro, le guance in fiamme come tutte le volte in cui l’altro era troppo vicino.
«Allora, bastardo? Come vedi so nuotare benissimo.»
Sasuke avrebbe tanto voluto avere qualcosa da dire, un insulto magari, ma Naruto era così dannatamente vicino… I suoi occhi risplendevano, il suo profumo lo inebriava. Se si fosse spostato solo qualche centimetro in più si sarebbero baciati. Da tempo, persino lui, che credeva di essere l’autocontrollo in persona, si rincretiniva quando c’era Naruto di mezzo.
Non era certo di quando le cose fra loro fossero cambiate, era stato graduale come crescere insieme e imparare tutti quei particolari che agli altri sfuggivano. Naruto metteva un cucchiaino di zucchero nel latte, preferiva il ramen di manzo a quello di pesce, adorava il venerdì perché poteva riposarsi e spararsi una serie tv in una notte; diceva a tutti di non riuscire a sopportarlo, ma chiedeva a sua madre di preparare gli onighiri quando dovevano pranzare insieme, e alzava la temperatura del termostato senza farsi vedere perché sapeva quanto mal sopportasse il freddo. E c’erano altre mille cose che conoscevano l’uno dell’altro, cose che tutti gli altri ignoravano, ma che per loro erano ovvietà; anche se si sarebbero fatti tagliare la lingua pur di non ammetterlo.
Si volevano bene – e forse anche di più – ma era più semplice continuare a far finta del contrario.
Gli mise una mano sulla faccia e lo spinse.
«Spostati, imbecille.»
Naruto gli schiaffeggiò la mano e lo fissò arrabbiato.
«Sei tu che mi hai provocato!»
«Nessuno ti ha chiesto di starmi appiccicato! Cos’è, hai sentito la mia mancanza? Sono passati solo due giorni, sai? Cerca di contenerti.»
Sasuke, davvero, non aveva idea del perché avesse detto una cosa tanto stupida, era Naruto quello che s’impappinava e sputava parole senza senso. E dov’era finito Itachi? Perché non li aveva ancora fermati?
Naruto inclinò la testa verso il basso e si massaggiò il collo con imbarazzo, il viso arrossato.
«Non mi mancheresti mai» borbottò.
Sasuke non riusciva a crederci, faceva sul serio? Non gli aveva giurato odio eterno davanti a tutto il quartiere? Cos’era quella timidezza? E soprattutto, perché le gambe non rispondevano più ai suoi comandi?
«Nemmeno tu» sussurrò.
Non aveva mai sentito delle bugie tanto penose. Come avevano fatto ad arrivare a quel punto?
Rimasero in silenzio per un po’, finché Naruto non decise di avvicinarsi e stargli ad un respiro di distanza. Il suo sguardo non era mai stato così determinato.
«Che cosa vuoi?» gli chiese subito sulla difensiva.
Naruto si guardò intorno agitato e poi piantò gli occhi cerulei dritti nei suoi.
«Dobbiamo parlare.»
Le due parole più odiate dall’intero universo.
«Di cosa? Non abbiamo nulla da dirci.»
«Invece sì! Dobbiamo parlare dell’elefante che c’è in questa piscina!»
Sasuke non poté fare a meno di guardarlo impassibile, mentre il suo cervello attivava il dizionario narutiano per capire cosa diavolo stesse dicendo l’idiota bellissimo – e mezzo nudo – che aveva di fronte. Fu uno sforzo vano.
«Quale elefante? Che stai dicendo?»
Naruto s’infervorò.
«L’elefante, Sasuke! L’elefante che c’è in piscina o in casa o in qualunque posto ci troviamo io e te!»
Ci mise un po’ a collegare il riferimento.
«Naruto! Se devi usare una metafora, fallo come si deve!» lo rimproverò. «E non c’è nessun elefante fra noi!»
«So usarle benissimo le metafore!» ribatté Naruto infuriato. «E sì, ce n’è uno bello grosso!»
Sasuke roteò gli occhi al cielo e cercò di allontanarsi, non aveva la forza di affrontare una discussione assurda mentre allo stesso tempo tentava di non concentrarsi troppo sulle sue labbra. Peccato che Naruto non fosse della stessa opinione – e quando mai - e mise le mani ai lati del suo viso prima che potesse defilarsi.
«Sasuke, io ti piaccio.»
No, non glielo stava domandando. L’aveva detto con una certezza terrificante.
«Non è assolutamente vero!»
«E tu piaci a me.»
Adesso aveva catturato il suo interesse.
«Hai preso un’insolazione per caso? Dovresti tenere il cervello al fresco, visto che non funziona granché.»
Naruto mise il broncio, ma non gli diede corda, per la prima volta in vita sua tentò di mantenere il controllo.
«Noi ci piacciamo, Sasuke. È inutile che lo neghi, vedo come mi guardi.»
«Non ti guardo in nessun modo.»
«La settimana scorsa mi hai fissato per tutta la cena.»
«Avevi la faccia sporca, stavo solo ridendo di te.»
«Quella prima hai quasi fracassato un piede ad Itachi per avermi detto che dovrei mettere la camicia più spesso.»
«Non voglio che mio fratello venga contagiato con la tua stupidità.»
Naruto arcuò un sopracciglio.
«Mentre mangio il gelato stringi le gambe.»
Sasuke divenne rosso fino alle orecchie.
«Tu vedi cose che non esistono!»
Naruto si aprì in un sorriso dolcissimo, e Sasuke fu quasi tentato di cedere e dargliela vinta.
«Ti guardo di continuo, so cosa ho visto» confessò. «Non pensi che dovremmo concederci una tregua e… non so… vedere come va, io e te? Insomma… tu mi piaci!»
Non se l’aspettava.
Aprì la bocca per ribattere che poteva scordarselo, infilandoci in mezzo due o tre insulti tanto per ribadire il concetto di quanto fosse stupido, ma non ci riuscì. Naruto lo stava guardando con tanta di quella trepidazione che gli sembrò meschino e crudele ferirlo. E poi, sotto sotto, non era quello che voleva?
Si erano giurati odio eterno, ma nulla gli impediva di cambiare l’odio con qualcos’altro.
«Se lo dici ad Itachi ti uccido.»
In risposta ricevette la più bella delle risate.
 
Naruto non gliel’avrebbe mai confessato, ma era stato proprio Itachi a vedere l’elefante per primo.
  
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