1.
Riflettiti nei miei occhi vitrei,
laddove la luce brilla opaca.
Assapora il mio sangue, Morseo,
tu che fosti ascesa e declino.
Afferra la mia mano e destati.
Vendica il mio onore obliato,
nel cui disprezzo sangue fu versato,
poiché oscuro fu il suo vivere.

2.
Nel vagar lieto tra immondi spettri,
giunsero silenti le mie parole.
Lontane le mie gesta perdurano,
eppur vicine mal si disperdono.
Raduna il Popolo della Sabbia,
poiché funeste ardono le lame.
E nel lento fiorir di primavera,
negli abissi cadran le catene.

3.
Nel crepuscolo la morte attende,
d'ira affondar le lame ingorde,
Alle mura corre il popolino,
ma apatica Halmaroth, osserva.
Naspeto, re di Aredaria, guarda,
urla e scalcia nell'udir massacro.
Palle infuocate nel firmamento,
piombar sui morti un tetro silenzio.
S'affrettano guerrieri con le scale,
al sibilar di frecce sui bastioni.
Sui camminamenti la morte ride,
nel cuore di un guerriero arride.
Lontan giunge lo sbraitar di lame,
sul monte Balhwart danzan le memorie.

4.
Tu che portasti ferro nelle sabbie,
nell'iride scarlatta l'odio brucia.
Sull'elsa le dita si avvincono,
d'ira brama il tuo cuore afflitto.
A ricordar l'ode dei Siggilatis,
portasti tenebra nell'anima tua,
nel cui sangue dimorò l'oscurità.
E mai fu levata l'onta del Padre,
poiché nel perpetuo ciclo divino,
desti nutrimento al mietitore.
Al sorgere del triste plenilunio,
l'odio ancor bruciava negli occhi.
E nell'iride scivolò la vita,
nel cui cuor tesseva l'arida morte.

5.
Riposa nell'OltreTerra, Morseo,
laddove trovasti quiete eterna,
una pietra ne ricorda le gesta.