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Autore: pampa98    04/10/2021    1 recensioni
[Storia scritta per il Writober di fanwriter.it]
Quando individuò la figura di Helsinki, tuttavia, si trovò di fronte lo spettacolo più strano del mondo: l’orso gigante stava chino sopra il prato come una bambina che cerca delle margherite per fare un regalo alla mamma.
«Vuoi fare un bouquet per qualcuno, grassone?»
Se prova a regalarmi dei fiori, lo uccido sul serio, pensò.
«No. Sto cercando una cosa.» Sollevò lo sguardo verso di lui e mosse la mano verso di sé. «Vieni ad aiutarmi.»
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Helsinki, Palermo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Prompt 4: Quadrifoglio

QUASI



 

Odiava l’alba. Era il perenne ricordo del tempo che scorreva, la luce che prendeva il posto dell’oscurità e dava inizio a una nuova giornata, una nuova vita.
Prima che Sergio bussasse alla sua porta, per lui l’alba era solo il proseguimento della notte. Un momento come un altro per attaccarsi a una bottiglia di whisky e sperare di trovare il coraggio, quel giorno, di farla finita.
Ormai non poteva più farlo. Non finché non avessero portato a termine il piano che Andrés aveva progettato molti anni prima. Sentiva di doverglielo, anche se Andrés non aveva mostrato lo stesso riguardo nei suoi confronti: aveva deciso di non uscire più dalla zecca di Stato.
«Sei mattiniero.»
Martín conosceva bene quell’accento e se c’era una cosa che odiava più dell’alba era la compagnia di Helsinki. Credeva di averlo ferito dopo la storia del “bum bum ciao” – lo aveva fatto: la tristezza nei suoi occhi quando lo aveva cacciato lo aveva quasi convinto a rimangiarsi le sue parole. Quasi.
Per qualche strana ragione, però, il grassone continuava a essere gentile con lui e a stargli vicino.
Siamo gli unici gay qui, si era detto Martín. Helsinki poteva soddisfare i suoi bisogni solo insieme a lui, per questo non poteva allontanarlo del tutto – anche se, in realtà, era sempre Martín quello che lo andava a cercare quando aveva bisogno di scopare. 
«Dormito bene?» chiese Helsinki, senza avvicinarsi a lui.
Martín rise. «Come un angioletto.»
Si voltò, guardando cosa stesse facendo l’altro. Si aspettava che lo raggiungesse per guardare l’alba insieme – il grassone era di certo uno di quei tipi romantici a cui certe idiozie piacevano da matti. Magari gli avrebbe permesso di stare lì con lui per qualche minuto, prima di allontanarlo di nuovo.
Quando individuò la figura di Helsinki, tuttavia, si trovò di fronte lo spettacolo più strano del mondo: l’orso gigante stava chino sopra il prato come una bambina che cerca delle margherite per fare un regalo alla mamma.
«Vuoi fare un bouquet per qualcuno, grassone?»
Se prova a regalarmi dei fiori, lo uccido sul serio, pensò.
«No. Sto cercando una cosa.» Sollevò lo sguardo verso di lui e mosse la mano verso di sé. «Vieni ad aiutarmi.»
«Se hai perso qualcosa, sono cazzi tuoi.»
«Non ho perso niente. срање1, è da quando sono qui che cerco… Oh, Palermo! Palermo, vieni! L’ho trovato! Oh, ma sono due!»
Palermo sbuffò.
«Ti ho detto che non mi interessa» rispose, alzandosi comunque per raggiungerlo.
Helsinki gli andò incontro, felice come una pasqua.
«Guarda.»
In mano teneva due banalissimi quadrifogli. Palermo spostò lo sguardo dalle piante all’espressione stupidamente felice di Helsinki e si chiese, non per la prima volta da quando lo conosceva, se le rotelle di quel tizio funzionassero tutte nel modo giusto. Forse il cervello dei serbi funziona così, si disse.
«Quando abbiamo fatto il primo colpo» disse Helsinki, «ho passato giorni e giorni a cercare un quadrifoglio, ma non l’ho trovato. Ho perso Oslo. E non è stato…» Abbassò lo sguardo, interrompendo la frase a metà. Palermo non aveva mai detto a chiare lettere che era innamorato di Berlino e non sapeva se Helsinki lo avesse capito, ma qualcosa lo aveva dedotto comunque. La consapevolezza che un’altra persona fosse in grado di leggere oltre la sua facciata di crudeltà e indifferenza lo rendeva più vulnerabile di quanto avrebbe voluto e lui non poteva permetterselo.
«Quindi secondo te gli errori dell’ultima rapina erano dovuti al fatto che non avevi trovato una piantina?» commentò, impegnandosi al massimo per nascondere qualsiasi cosa l’uomo di fronte a lui fosse in grado di fargli provare.
«Non so. Però tante volte in guerra ho portato con me dei portafortuna e hanno funzionato: sono ancora vivo» disse, allargando le braccia per dare una dimostrazione di quanto detto. «Se non altro, averlo mi tranquillizza.»
A Martín fece quasi tenerezza. Quasi.
«Buon per te allora» disse. Gli girò intorno e puntò in direzione del monastero, desideroso di allontanarsi il più in fretta possibile da quell’uomo che, con tutte le sue stranezze, lo faceva sentire bene. Lui non doveva stare bene.
Si sentì afferrare per un braccio e si ritrovò di nuovo di fronte a Helsinki.
«Non lo voglio per me. Prendilo tu.»
Martin aggrottò le sopracciglia.
«Non hai detto che ti senti più tranquillo se lo hai con te?»
Helsinki scosse la testa.
«Sono tranquillo se le persone a cui tengo sono al sicuro.»
Stavano entrando in un territorio nel quale Martín non voleva mettere piede. Niente legami, era la prima regola del piano. Per la banda era impossibile da rispettare, persino per Sergio ormai; ma lui usava quello stile di vita ogni giorno e quella era l’occasione peggiore di tutte per cambiarlo.
Ma lo hai già fatto, sussurrò una voce nella sua testa, sinistramente simile a quella di Andrés. Non aveva chiuso fuori il mondo, non del tutto. E in quel minuscolo spiraglio che aveva lasciato, Helsinki stava cercando di infiltrarsi. Riusciva ad aprirlo di un millimetro in più, giorno dopo giorno. Sarebbe entrato, se Martín non avesse preso in fretta delle precauzioni.
«Sento che averne trovati due è un bel segno» continuò Helsinki, ignaro dei tormenti che scuotevano la mente di Martín. Gli prese la mano e posò sul palmo uno dei quadrifogli, prima di chiuderla a pugno in modo che la pianta non cadesse.
«Sarei molto felice se lo tenessi con te, Palermo.»
I loro sguardi si incrociarono. Martín avrebbe voluto ridergli in faccia, dirgli che i portafortuna erano da bambini e che non sarebbe mai andato a compiere una rapina con un fiorellino in tasca. Ma non disse niente.
Helsinki gli sorrise e gli diede una pacca sulla spalla.
«Vado a dare l’altro a Nairobi. Ci vediamo per la colazione.»
Lo salutò e se ne andò, lasciandolo da solo con un quadrifoglio in mano. Avrebbe potuto gettarlo a terra e sbarazzarsene subito. Helsinki non lo avrebbe scoperto e, se anche lo avesse fatto, tanto meglio: se lo avesse ferito ancora, magari avrebbe smesso di essere gentile con lui.

Tuttavia Martín si mise il quadrifoglio in tasca e tornò a guardare l’orizzonte, odiando tutto ciò che viveva intorno a lui.
 


 
1. "Merda" in serbo.
   
 
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