Storie originali > Storico
Ricorda la storia  |      
Autore: Chiara PuroLuce    05/10/2021    4 recensioni
Joshua Visconte Pimbrock deve spedire una missiva di vitale importanza, ma si accorge di avere terminato la cera lacca e che in casa non manca solo quella... perchè? E adesso? Una breve storia che vi trasporta nella Londra Vittoriana del 1820 e vi farà tornare indietro nel tempo, quando ancora le candele e la cera la facevano da padrone.
Genere: Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Età vittoriana/Inghilterra
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
                                

                                                                                         Questa storia partecipa al
                                                                                  Writober 2021 del sito Fanwriter.it
 
 
                                                                                    DELLA CERA PER IL VISCONTE
 
                                                                                  pumpNIGHT 2021 - Prompt 3 – Cera
 
 
 
Londra, 1820. Residenza Avita del Conte di Pimbrock
 
 
Stimatissimo My Lord Duca di Dark Lake,
 
con la presente, confermo la mia intenzione di prendere in moglie la vostra stimata figlia primogenita, My Lady Jennifer Worth. Come da accordi precedentemente stabiliti, ho provveduto a prendere la licenza matrimoniale. Richiedo pertanto di avere un colloquio con Vostra Grazia, per definire i termini ultimi riguardanti la dote e fissare la data della suddetta cerimonia.
I miei rispetti,
Joshua Smith Visconte Pimbrock.
 
 
«Perfetta! E ora un po’ di ceralacca, lo stemma di famiglia ed è fatta.»
 
Non aveva preventivato di sposarsi entro l’anno, avrebbe preferito aspettare ancora qualche mese, quando il clamore per la morte di suo fratello fosse un po’ scemato, date le circostanze ambigue in cui era stato trovato il suo corpo. È vero, aveva una quindicina d’anni in più di Josh e non andavano d’accordo, ma fatto sta che morire in un postribolo di male affare mentre si è impegnati con due prostitute… non era il massimo per nessuno. Figuriamoci per quello debosciato di suo fratello.
Ora, con la sua morte, lui aveva ereditato una moglie, colei che Finn aveva scelto per lui, solo per la sua cospicua dote e che avrebbe sposato quanto prima.
Lady Jennifer non spiccava per bellezza e grazia, ma aveva un cervello di tutto rispetto e a lui questa sua qualità era piaciuta da subito. Alla sua famiglia servivano fondi extra e la dote della sua futura signora moglie avrebbe provveduto a portarli.
Si ricordava ancora il loro primo incontro. Jenny gli era apparsa come un topolino spaurito davanti a un gatto randagio e gli aveva fatto tenerezza anche se aveva sospirato di frustrazione all’idea di passare la vita con una simile donna. Come avrebbe fatto a sopportare una femmina che non avrebbe fatto altro che dargli ragione e starsene al suo posto. Per molti suoi amici, quella era la moglie ideale, ma non per lui che preferiva una donna diversa, con la quale parlare, confrontarsi, scherzare e da amare. Una donna come Jenny, anche se in quel momento non poteva ancora saperlo. La cena di conoscenza era andata bene, anche se lei non si era espressa molto e Josh aveva già iniziato a rassegnarsi, quando il Duca aveva proposto che i due passassero una mezz’ora insieme prima che lui si accomiatasse, ovviamente lasciando la porta aperta per il decoro. Era stata la mezz’ora più bella della sua vita, perché quando lui aveva iniziato a descriverle un progetto che aveva a cuore sul reinserimento dei soldati mutilati o feriti in altro modo e quindi respinti ai margini della società così detta civile… lei, si era rianimata e lui aveva perso la testa.
Con un sorriso sognante, tornò al presente, aprì il cassetto dove conservava la cera lacca rossa e… cooosa?
 
«Jennings! Jennings!» Urlò a gran voce.
 
Sentì il suo maggiordomo affrettarsi a raggiungerlo nello studio e lo vide fermarsi un attimo a recuperare un po’ di contegno, prima di proferire parola.
 
«Desidera Milord?»
 
«Abbiamo finito la ceralacca. Come mai non è stata rifornita la scatola? Come posso applicarla sulla lettera da spedire al Duca di Black Lake se non ne ho più? Non posso omettere lo stemma di famiglia.»
 
«Comprendo Milord il suo disappunto, ma sono dolente di informarla che abbiamo finito la cera e non solo quella lacca, ma anche quella delle candele.»
 
«Co… come sarebbe a dire? Finita? Tutta?» E quando il maggiordomo annuì mesto, riprese. «Una tragedia. Così oltre che senza quella ufficiale, rimarremo anche al buio? Ho capito bene la situazione?»
 
«Purtroppo, è così» convenne lui.
 
«E com’è potuta succedere una cosa del genere, è grave, molto grave. Dobbiamo provvedere, subito. Mandami Jack, immediatamente» e lo liquidò con un cenno della mano che non ammetteva repliche.
 
Ora capiva il perché di quella penombra che lo aveva accolto al suo ritorno. Era troppo preso dalla gioia per avere ricevuto la Licenza Matrimoniale direttamente dal Vescovo che l’aveva anche convalidata che… non ci aveva prestato molta attenzione. Fino a quel momento.
Cinque minuti dopo, Jack – il tuttofare di Pimbrock – comparve davanti a lui in attesa di ordini.
 
«Da quanto manca la cera?» S’informò cauto.
 
«Una settimana Milord» rispose lui con solerzia guardando in giro, come se fosse stato lui il colpevole.
 
«E perché lo scopro solo ora?»
 
«Voi eravate fuori Milord e il Conte vostro padre ha espressamente vietato di informarvi.»
 
«Vietato. Che non gli sono mai piaciuto lo sapevo, ma non fino a questo punto. Cosa crede, che spunti sugli alberi? Vuole farci vivere al buio come le talpe? Già c’è lui che lo sembra, chiuso nella sua stanza al semi buio tutto il giorno, sembra sia morto lui e non quel disgr… em, Finn e forse dovrebbe farlo davvero, così si leva di torno, lui e le sue idee da medioevo» sbottò lasciando basito il tuttofare. Si schiarì la voce e tornò sul problema principale. «È fondamentale che tu vada a comprarla, sia quella per uso domestico che quella lacca per i documenti ufficiali. Comprane di entrambe una dose tripla rispetto a quella che prendiamo di solito. Per il pagamento, dì loro che passerò io domani pomeriggio. È tutto.»
 
 
                                                                                                   ֎֎֎֎֎֎֎֎֎֎
 
 

Una volta rimasto solo, salì le scale e si recò nelle stanze riservate al Conte di Pimbrock, suo padre. Aprì la porta con foga e si ritrovò in una stanza buia, tetra, con le imposte chiuse. Un odore stantio gli colpì le narici e gli provocò un conato sgradevole in gola. Anche se era aprile inoltrato, un fuoco ben attizzato ardeva nel camino e gli sembrò di soffocare.
Suo padre giaceva su una poltrona imbottita proprio lì davanti, non si prese neanche la briga di salutarlo, sebbene l’avesse visto. Se voleva metterla così…
 
«Padre, cos’è questa storia di ridurre la nostra dimora avita come un cappella funeraria.»
 
«Le candele costano, figliolo. Sono tempi duri questi, dobbiamo evitare di sperperare il denaro in sciocchezze senza senso.»
 
«Tu consideri la cera uno sfizio? Ma sei serio? Vuoi renderci tutti ciechi? Vuoi boicottare deliberatamente i miei affari? Lo sai benissimo che la ceralacca è indispensabile per sancire i contratti.»
 
«Questo dimostra che se non ci fossi io, la dimora dei Pimbrock andrebbe in rovina in poco tempo. Se la parola di un Conte non conta più nulla, non so dove la nostra società andrà a finire. Il nostro titolo è in pericolo. Tu hai già quarant’anni e non ti vuoi sposare e tuo fratello...» sospirò sconsolato come sempre quando accennava al suo figlio prediletto «ci ha lasciati troppo presto, senza eredi.»
 
Josh non seppe cosa lo trattenne dallo scuoterlo mentre gli urlava nei timpani tutta la sua rabbia.
 
«Padre» gli disse «forse vi siete dimenticato in che modo è deceduto e questo nonostante fosse in procinto di prendere accordi matrimoniali con...»
 
«Lo so benissimo, non c’è bisogno che me lo ricordi. Avevo incoraggiato e suggerito io quell’unione a tuo fratello, chi si sarebbe mai aspettato una tragedia del genere.»
 
Lui evitò di rispondergli che chiunque conoscesse Finn l’avrebbe fatto, dedito com’era ai vizi e alla fornicazione con donne di malaffare. Neanche il matrimonio l’avrebbe fermato, ne era più che mai certo e, purtroppo, quella era una pratica che molti mariti avallavano e portavano avanti. Josh era felice e sollevato per la sua Jenny che aveva evitato un uomo del genere per marito.
 
«Ti informo che il tuo scellerato figlio minore ancora in vita – e cioè io – sposerà Lady Jennifer Worth molto presto» guardò suo padre ora rianimato e poi aggiunse furbescamente «ma, questo non potrà mai avvenire se non potrò mandare un messaggio al Palazzo Ducale per prendere accordi e sai perché?»
 
Bè, almeno suo padre ebbe la compiacenza di scuotere la testa, prima di fargli cenno di proseguire. E allora lui sbottò.
 
«Perché non ho la ceralacca per sigillare il documento che dovrei fare pervenire al Duca di Black Lake in giornata. In casa non ce ne è più, grazie a te. E non ho nemmeno un pezzettino decente di candela per scioglierla e porla sulla busta col nostro sigillo impresso.»
 
E lì, suo padre lo stupì. Si ringalluzzì tutto. Spense il fuoco, aprì i tendaggi e spalancò le finestre e poi urlò a gran voce:
 
«Jennings! Jennings!»
 
«Desidera Milord?» Esordì quello poco dopo, sgranando gli occhi alla vista del vecchio Conte rianimato.
 
Povero Jennings, quel giorno lo stavano facendo trottare per bene si meritava un aumento solo per quello.
 
«Non stare lì impalato, dannazione. Muovi il culo e manda qualcuno a comprare della cera. È troppo buio qua dentro, c’è ancora tempo per morire. Prima devo vedere mio figlio fare la prima cosa intelligente della sua vita e con la figlia di un Duca per giunta. E non uno qualsiasi, ma uno dei più importanti Pari del Regno» quello fece per uscire, ma lui lo bloccò «ah, fa arrivare qualcuno a riempire il serbatoio della vasca e manda il mio valletto con dei vestiti puliti. Ma sei ancora qua, vai!»
 
E quel pover’uomo – per l’ennesima volta quel giorno – scattò sull’attenti e partì di gran lena per eseguire gli ordini.
 
«E tu, potevi dirmelo prima del matrimonio, cosa aspettavi… che tirassi le cuoia?»
 
«In effetti…» iniziò lui, guadagnandosi un’occhiataccia dal genitore che lo fece sorridere «ti rammento che il nostro rapporto non è… anzi no, non abbiamo mai avuto un vero rapporto padre/figlio noi due, eri tutto concentrato su Finn – l’erede! – per badare ad altro. Io poi, sono stato un’incidente di percorso che né tu né mia madre avevate programmato e che l’ha portata prematuramente alla tomba, parole tue dette e ridette fin da quando ero in fasce» gli ricordò, piccato.
 
«Sì, sì, quisquilie senza poco conto. Eppure, vivi qua, con me.»
 
«Quis… no, Joshua, sta calmo e non commettere pazzie» si disse irrigidendo la mascella. «Padre, sono tornato qua solo dopo la morte di Finn per prendere il suo posto, sono un soldato lo sai e ho lasciato la mia promettente carriera come consigliere, per te e per il benessere di chi lavora per noi. Non vedere cose dove non ci sono, intesi?»
 
«Ah, ma quanto tempo ci mette Jennings per mandare qualcuno a comprare le candele e la tua preziosa ceralacca» disse lui come se non lo avesse sentito «ora vattene, o vuoi assistere al bagno di queste vecchie ossa?» concluse poi quando vide entrare due valletti con altrettanti secchi per braccia pieni d’acqua fumante e un terzo, quello personale del Conte, con dei vestiti tra le mani.
 
Era stato congedato. Josh si affrettò a scendere nel suo ufficio e a sedersi alla scrivania per dare una scorsa ai conti. Un lieve sorrise a increspargli le labbra. Certo, loro due non erano molto legati, ma avrebbero dovuto imparare a sopportarsi per lo meno. Forse, la notizia del suo matrimonio con la dolce Jenny era stato proprio il là che ci voleva per un nuovo inizio, in ogni senso. Il suo genitore gli era sembrato entusiasta e galvanizzato all’idea e – anche se aveva nascosto la cosa sotto la preoccupazione del loro titolo che sarebbe andato scemato così – lui era sicuro che l’idea di avere presto dei nipotini, l’avesse salvato.
 
«Milord» lo riscosse una voce «la sua ceralacca. Le lascio anche una candela, per fonderla» disse poi accendendola. «Ho comprato tutto al triplo come aveva detto ed è atteso domani in giornata per il saldo del conto.»
 
«Ti ringrazio, Jack. Ora puoi tornare ai tuoi compiti. Questo mese ti aggiungerò qualcosa in più sullo stipendio, non immagini neanche che favore immenso tu mi abbia fatto. E… se il Conte dovesse dire qualcosa sulla solerzia con la quale sono arrivate, limitati a sorridere e ad accettare i ringraziamenti. Non c’è bisogno che sappia di non essere stato lui a impartire l’ordine di acquisto.»
 
Il tuttofare annuì titubante – sicuramente Jennings lo avrebbe informato sugli ultimi sviluppi non appena messo piede nel locale privato della servitù – e se ne andò con un ampio sorriso, dopo essersi profuso in un inchino.
Sì, forse la sua decisione di sposare la promessa sposa di Finn, aveva salvato suo padre dal tracollo psicologico in cui era sprofondato, il loro titolo e la loro discendenza. Ma a lui premurava solo essere felice con la sua Jenny, tutto il resto passava in secondo piano.
Certo, era strano che la mancanza di cera avesse portato a tutto ciò, ma tutto sommato, era solo una bella storiella da passare ai suoi figli, ai nipoti, ai pronipoti e così via nei secoli futuri. Fino a che un suo successore, un giorno, ne avrebbe riso pensando che – senza un po’ di ceralacca per sigillare una promessa matrimoniale – probabilmente neanche lui ci sarebbe stato.
Per un momento si concesse di pensare come sarebbe stata la vita in quell’epoca lontana. Solo da pochi anni le candele erano state rese meno fumose e la loro fiamma più chiara grazie a una nuova scoperta usata per la produzione di candele, l’olio di colza. E se in futuro non fosse più servita per illuminare le abitazioni? E se non fosse stata più resa necessaria anche per sigillare i documenti? Come avrebbero vissuto i suoi pronipoti e le successive generazioni senza la cera? Gli sarebbe tanto piaciuto potere guardare giù e dare un’occhiata. Che strani pensieri gli venivano adesso.
E mentre sentiva suo padre chiamarlo a gran voce blaterando di fare recapitare immediatamente la missiva al Palazzo Ducale, lui sprofondò sulla poltrona, alzò i piedi sulla scrivania e incrociò le braccia dietro la testa, un largo sorriso sul volto.

 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Chiara PuroLuce