#Writober
2021 ~ pumpBLANCK
list ~ 7
ottobre, prompt: Abbracciare
Un
suo abbraccio ammorbidisce il cuore
Se c’era una
cosa che Cheka Kingscholar sapeva far bene, e anche piuttosto insistentemente,
era abbracciare qualcuno.
Non ricordava di
aver preteso tanti abbracci ai tempi in cui anche lui, Leona, era un bambino,
eppure il suo nipotino era diverso.
Forse era
questione di indole, forse era stato troppo viziato dal padre Farena, ma quando
faceva l’appiccicoso non sempre lo sopportava: preferiva di gran lunga vedere il
leoncino addormentato – niente abbracci improvvisi né ‘zio Leona’ esclamato con
vocina acuta e assillante.
Poi
era bastato che venisse a fargli visita al Night Raven College e facesse
conoscenza con Ruggie e con Jack per sentirsi tanto in confidenza da abbracciare
anche loro.
Ci
aveva anche provato a dirlo, di non dargli fastidio con questo comportamento da
moccioso, ma Ruggie aveva riso dicendo «suvvia, non fa nulla, shishishi» e aveva persino offerto a
Cheka una ciambella, mentre Jack aveva replicato che gli ricordava la sua
sorellina, perché la lupetta dispensava abbracci affettuosi allo stesso
modo.
«Leona-san,
lo stai abbracciando», ribadì l’ovvio Ruggie, sedendosi al fianco del Capo
dormitorio di Savanaclaw dopo aver addentato una delle adorate
ciambelle.
«Solo
perché si è addormentato e preferisco non svegliarlo», mormorò piano Leona alla
iena, accigliato.
«Vuole
la tua compagnia perché poi tornerà a casa e gli mancherai. Mi sembra giusto»,
aggiunse Jack, seduto al fianco opposto, un lieve sorriso sul suo
volto.
I
loro occhi si fissarono sul piccolo leone: nel sonno Cheka aveva afferrato una
treccia senza tirarla, teneva l’altro braccino adagiato a quello più
grande dello zio che lo reggeva mentre le gambe erano avvinghiate dolcemente
sullo stomaco. Un orecchio peloso stava sul mento di Leona e invece la sua coda era
attorcigliata sulla mano guantata, sempre quella che lo
sosteneva.
Mostrava
le palpebre giustamente abbassate e la bocca schiusa per respirare mentre
dormiva.
Sarebbe
stato davvero un peccato far destare Cheka, ma non solo perché al momento
appariva innocente e adorabile, come pensavano i suoi compagni.
Alla
mente di Leona passò un unico pensiero, ma si sarebbe tagliato la lingua
piuttosto che esprimerlo a voce: il calore dell’abbraccio del nipotino sapeva
così tanto di casa e di famiglia, ed era quel calore, non tanto il gesto di
abbracciare in sé, ciò che preferiva di Cheka.
Sperò
che non la perdesse mai, quella capacità di ammorbidire il cuore di chiunque lo
conosceva.