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Autore: pampa98    10/10/2021    0 recensioni
[Le avventure di Pinocchio - 1972]
What-if? Non esiste il Paese dei Balocchi.
«Lucignolo!» cominciò a gridare quando scorse all’orizzonte il capanno dove erano andati a mangiare le frittelle alcuni giorni prima. Aveva chiesto agli altri bambini se loro conoscessero il rifugio di Lucignolo e nessuno aveva idea di cosa parlasse: era stato l’unico ad aver avuto il privilegio di vederlo e questo lo aveva fatto sentire speciale.
«Lucignolo!»
«Oh, ma che urli?»
Lucignolo comparve sulla soglia, le mani in tasca in quell’aria perennemente annoiata che aveva.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Prompt 10: Latibulum (un luogo nascosto, un rifugio)
 

PROMESSA



 

Aveva disubbidito di nuovo alla Fata. Al suo ritorno si sarebbe arrabbiata, ma questa volta era davvero per una buona ragione.
La festa era bella: i panini imburrati sotto e sopra erano squisiti e i suoi compagni di classe erano abbastanza simpatici. Ma non erano tutti.
«Lucignolo!» cominciò a gridare quando scorse all’orizzonte il capanno dove erano andati a mangiare le frittelle alcuni giorni prima. Aveva chiesto agli altri bambini se loro conoscessero il rifugio di Lucignolo e nessuno aveva idea di cosa parlasse: era stato l’unico ad aver avuto il privilegio di vederlo e questo lo aveva fatto sentire speciale.
«Lucignolo!»

«Oh, ma che urli?»
Lucignolo comparve sulla soglia, le mani in tasca in quell’aria perennemente annoiata che aveva.
Se viene a casa con me, sicuro si diverte, pensò Pinocchio.
Frenò la sua corsa appena in tempo per evitare di scontrarsi con il ragazzo.
«Non avevi una festa, tu?» gli chiese Lucignolo.
«Sì, infatti sono venuto via di corsa e la Fata probabilmente sarà arrabbiata con me.»
«Povero te» rise Lucignolo. «Torna là allora.»
«Vieni anche te!»
«No» disse semplicemente, tornando all’interno del capanno. Pinocchio lo seguì.
«Ci sono i panini imburrati...»
«...sopra e sotto» concluse Lucignolo. «Lo so, me l’hai detto stamani.»
«Ci sono anche tutti i nostri compagni di classe. Il maestro non è venuto» aggiunse, ricordando che il ragazzo aveva storto particolarmente il naso quando aveva saputo che poteva esserci anche lui.
«Credimi, ogni cosa che mi dici mi conferma il fatto che voglio stare qui. Ma dì un po’, perché se la festa è così bella come dici, te non sei più lì?»
Pinocchio si dondolò sul posto, torcendosi la stoffa della maglietta.
«Sarebbe più divertente se ci fossi tu. Gli altri non sono come te.»
«Certo che no, citrullo! So’ pecore. E ora lo sei anche te.»
«Io non sono una pecora» rispose Pinocchio, stizzito.
Lucignolo rise, sdraiandosi con la testa poggiata su un mucchietto di paglia.
«Allora rimani qui e smetti di obbedire a tutte le scemenze che ti dicono gli adulti.»
Pinocchio ci pensò su. La Fata gli diceva “scemenze”? No, non gli sembrava. E poi ogni volta che non le aveva dato retta, si era cacciato in brutti guai: lo avevano addirittura impiccato! Però anche gli adulti avevano sbagliato, molte volte.
«La Fata non dice scemenze» disse infine, anche se non ne era del tutto sicuro: il suo babbo non lo aveva ancora rivisto. «E comunque io sarei già morto se lei non mi avesse ritrasformato in burattino. E poi di nuovo in bambino.»
«Ma l’ascolti quello che dici?»
«Sì, per forza! Perché?»
«Vuoi farmi credere davvero che conosci una Fata che fa le magie? E che trasforma pure i bambini in burattini?»
«Certo. Trasforma anche i burattini in bambini. Se vieni con me, te lo faccio vedere.»
«Non c’ho voglia. Non mi piacciono le feste piene di poppanti, capiscilo una volta per tutte.»
Pinocchio guardò il cielo. Il Sole stava iniziando a tramontare e la casa della Fata non era molto vicina, a meno che non facessero di nuovo la strada di corsa.
«Al tramonto finisce la festa. Non facciamo in tempo ad arrivare prima che gli altri bambini tornino a casa.»
«E un’è sgarbato non salutare i tuoi ospiti?»
Pinocchio si strinse nelle spalle. Entrò nel capanno e si sedette accanto a lui.
«Pensavo di tornare prima, in realtà. Ma te sei proprio duro, oh! Non ci vuoi proprio stare un po’ con me?»
«Non se posso evitarlo, no» rispose Lucignolo. Si mise seduto – anche in quella posizione era molto più alto di lui – e Pinocchio si aspettò che se ne sarebbe andato, come aveva già fatto una volta. Si impose di non piangere, o Lucignolo lo avrebbe considerato un bambino – più di quanto già non facesse.
«Senti» gli disse, restando accanto a lui, «te non sei malaccio, te lo concedo. Ma se vuoi fare il bravo bambino, io non sono l’amico giusto per te.»
«Io non voglio fare il bravo bambino» disse Pinocchio. Poi si corresse: «Io voglio essere bravo, va bene. Ma voglio anche divertirmi. Non posso andare a scuola la mattina e venire qui il pomeriggio? Oppure vieni a trovarmi te a casa mia. Si mangia bene lì.»
«Pure qui, se è per questo.» Lucignolo allungò un braccio oltre di lui, prendendo qualcosa nascosto dietro il carro. Gli porse una busta. Pinocchio vide che all’interno c’era mezzo panino al salame. «Lo puoi mangiare: c’hai fame, no?»
Pinocchio annuì. Gli diede un morso, ma poi ricordò che aveva una casa in cui mangiava pasti completi tre volte al giorno: non aveva più bisogno di abbuffarsi di qualsiasi alimento gli passasse davanti agli occhi. Lo spezzò a metà e ne diede un po’ a Lucignolo.
«Mangia che sei magro» gli disse.
Il ragazzo rise, spettinandogli i capelli. Accettò la sua offerta.
«Come comandi, ma sei te quello piccino. Se ‘un mangi, non crescerai mai.»
«Mangio, non ti preoccupare.»
I due consumarono il pasto in silenzio, mentre il Sole lasciava il posto alle stelle e l’aria si faceva più fredda.
«Mi sa che ora devo tornare» disse Pinocchio. «Ma te allora non vuoi proprio venire?»
Lucignolo sospirò. Si sdraiò di nuovo e si abbassò il cappello sul viso.
«Oggi no» disse.
Pinocchio si illuminò.
«Domani allora?» chiese, speranzoso.
«Può darsi» rispose, con un indifferente alzata di spalla. «Però smetti di insistere. Se c’ho voglia, poi vengo. Buonanotte.»
Pinocchio scattò in piedi e uscì dal capanno.
«Ci vediamo domani allora!» disse e corse verso casa.

   
 
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