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Autore: ShinRan4862    13/10/2021    0 recensioni
Conan riesce a sconfiggere l'Organizzazione, ma non può più tornare ad essere Shinichi.
Cosa succederebbe se a distanza di 10 anni dalla scomparsa di Shinichi Kudo dalla sua vita, Ran scoprisse la sua vera identità? Come la prenderà? Cosa succederà a Ran a tre settimane dal suo matrimonio con Kaito? Cosa farà, ora che sa che Shinichi in fondo non l'ha mai abbandonata? E' davvero tutto perduto o il destino ha ancora qualcosa in serbo per loro?
Lo scoprirete solo leggendo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Nuovo personaggio, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Sonoko Suzuki | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pov Ran

Undici mesi dopo

All'inizio, dopo aver pianto lacrime che nemmeno pensavo di possedere decisi di metterci una pietra sopra, voltare pagina, ricominciare da capo.
Sapevo che Otaki avrebbe potuto fare del male a Shinichi e, anche se con enorme fatica e dolore, decisi di andare oltre e lasciarmi il passato alle spalle. Lo avevo già fatto in passato, anche se non completamente, ma sapevo di poterlo rifare, e questa volta del tutto.

Avevo tagliato tutti i fili che mi legavano Shinichi ma non solo, anche a Conan e chiunque fosse collegato a lui: meno rapporti e persone ci legavano, meno possibilità avevano di incrociarsi le nostre strade.
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore dicevano e no, non sbagliavano, la distanza aiutava davvero.
Così, tra un impegno e l'altro e una scusa e l'altra i legami tra me e gli amici di Conan, Heiji, il dottor Agasa e chiunque fosse direttamente coinvolto con lui si erano allentati e poi dissolti.
Ovviamente dal giorno del mio matrimonio non vidi più Shinichi, non di persona, almeno; sempre più spesso le sue foto comparivano nei giornali sotto titoli sensazionalistici sul detective del liceo che stava acquistando sempre più fama.
Ora che era passato quasi un anno dal mio matrimonio tutto ciò che era accaduto di così intenso sembrava sbiadito, come una foto al sole, lontano, come pioggia di un temporale scivolata fra le dita.
Osservai per qualche altro secondo il giornale che tenevo fra le mani e sbuffai, lasciandolo sul tavolo dove avevo appena terminato la colazione.
Kaito era andato al lavoro da pochi minuti e la casa era tremendamente silenziosa. Quella mattina avrei dovuto incontrare Kazuha e nel pomeriggio avrei avuto una lezione per i ragazzi delle medie. Ma prima sarei dovuta passare in banca.
Ancora in pigiama andai in camera mia e mi preparai per quella lunga giornata: optai per dei vestiti comodi e semplici e mi legai i capelli in una coda alta.
Uscii di casa e ripensai a ciò che era avvenuto circa due mesi dopo il mio matrimonio mentre mi avviavo con passo svelto in direzione della banca.

Nove mesi prima

Alla vista di quel biglietto mi pietrificai davanti al portone d'ingresso.

"Vieni al parco di Beika, domani sera alle 21"

Queste le sole parole scritte sul foglio bianco piegato all'interno della busta che avevo trovato vicino alla scarpiera d'ingresso di casa mia, probabilmente lasciata da qualcuno dopo che Kaito era uscito per recarsi al lavoro, ma ciò che mi spaventò fu la foto allegata al biglietto.
Shinichi ed io.
Era una foto scattata dall'alto, scura, ma si vedevano perfettamente i soggetti in questione e soprattutto cosa stavano facendo. Ci stavamo baciando.
La nostra ultima notte insieme.
Le lacrime tornarono a premere contro le palpebre come dopo il matrimonio. Per un momento mi sembrò di non aver fatto passi avanti da quel giorno di due mesi prima, di non aver fatto uno sforzo esorbitante per andare oltre e dimenticare cosa fosse l'amore vero per imparare a fare finta di amare. Lacrime mi colarono sul viso, lacrime di nostalgia e di amarezza. Mi accasciai sul pavimento all'ingresso, stringendo al petto quella foto che rappresentava uno degli ultimi attimi di felicità della mia vita e poco dopo la osservai e la riposi nel portafoglio, spostando l'attenzione sul biglietto scritto al computer e lo strinsi nella mano destra, rabbiosa: sapevo chi me l'avesse mandato e sapevo che non avrei potuto rifiutarmi di andare. C'era in gioco la vita di Shinichi e non avrei mai rischiato che gli accadesse qualcosa di male, mai.

***

"Tesoro io esco a fare una passeggiata" esordii mentre mi sfilavo i guanti di gomma che avevo usato per lavare i piatti e mi toglievo il grembiule.
Il sole fuori stava calando, il crepuscolo avrebbe presto lasciato spazio alle stelle.
Kaito, che guardava la TV sul divano si voltò con espressione sorpresa
"Pensavo volessi vedere un film stasera" disse e io mi inventai una scusa
"Ma no guarda che era domani sera che davano in TV quel film che volevo vedere" gli dissi sorridendo e avviandomi verso l'ingresso per mettermi le scarpe.
"Aspetta vengo anche io" disse iniziando ad alzarsi dal divano
"No no, non venire, sarai stanco dopo aver lavorato tutto il giorno e poi devo vedermi con Sonoko...sai, cose da ragazze" dissi tentando di sembrare il più serena possibile e lui sembrò crederci, tanto che fece un sorrisetto e disse
"Ahhh, ho capito" con l'aria di uno che 'la sa lunga', come se avesse capito tutto e si rimise sul divano davanti allo schermo piatto del televisore.

Se solo avesse immaginato.

Uscii di casa di fretta per evitare ulteriori domande e solo dopo qualche minuto mi accorsi che il tempo non prometteva nulla di buono. Nonostante fosse agosto inoltrato le temperature erano drasticamente basse rispetto al solito e sembrava stesse per arrivare un temporale estivo con i fiocchi. Ovviamente non avevo un ombrello.

Proprio come quella volta con Shinichi alle medie.

Questo pensiero mi raggiunse subito dopo aver varcato il cancello del parco di Beika e mi fermai a pensare.
Sembrava quasi impossibile, ma ogni cosa che mi venisse in mente era inevitabilmente legata a Shinichi (o a Conan, ovviamente).

Inspirai e chiusi gli occhi.
Concentrati, Ran.

Mi guardai intorno rabbrividendo per un istante: vicino a quel ingresso al parco non c'era anima viva, l'unico rumore quello del vento che passava fra le foglie degli alberi sibilando. La passeggiata nel parco era illuminata da dei lampioni bassi che proiettavano una luce gialla molto calda, ma nonostante ciò rendevano l'atmosfera ancor più inquietante.

Camminai per svariati minuti all'interno del parco incrociando solo poche persone, qualche coppia e qualcuno a spasso col cane, finché nel buio notai una luce su una panchina e mi avvicinai.
Era un cellulare, ma non feci in tempo ad accostarmi ad esso che un rumore metallico alle mie spalle mi fece paralizzare all'istante.
Una pistola.
Mi voltai tenendo le mani in vista, lentamente fino a trovarmi di fronte, col volto mezzo oscurato dall'ombra la persona che mi aveva rovinato la vita.
"Otaki" dissi con un tono neutrale che celava la mia rabbia e la mia angoscia.
Cosa volava ancora? Non gli era bastato condannarmi all'infelicità?
"Ciao tesoro" disse con i denti che brillarono sotto la luce del cellulare che aveva recuperato dalla panchina.
"Scusa per il poco preavviso di questo nostro incontro, ma ho avuto un problema e questa era la mia ultima spiaggia" disse con tono fi finto rammarico.
"Cosa vuoi?" Dissi e lui dondolò la pistola tra le dita per poi farmi cenno di sedermi sulla panchina e non appena lo feci lui mi si affiancò. Mi disgustava profondamente la sua vicinanza, tanto che mi spinsi fino all'estremità opposta della panchina fino a restare per metà seduta sul nulla.
"Sai" iniziò "quando, qualche mese fa ci siamo incontrati avevo appena perso il lavoro, non so se ti ricordi, ma forse non te l'ho detto, comunque, non devo divagare..." disse ridacchiando mentre io mi conficcavo le unghie nei palmi delle mani per non saltargli addosso in lacrime per quel che mi aveva fatto passare.
"Ecco qual è il problema, sono certo che capirai: ho un appartamento in affitto e pochi soldi, oltre al fatto che sono in arretrato di due mesi e grazie a te e al tuo amichetto sono costretto a lavorare in un posto dove mi pagano una miseria, quindi la mia richiesta..." si interruppe e spostò lo sguardo sui lampioni e poi su di me con enfasi come se fossimo stati ad un gioco a premi "sono soldi per l'affitto, ogni mese mi darai la metà del tuo stipendio, va bene? Ma dovrai fare attenzione a quel che compri perché se spenderai troppo si noterà e tu non vuoi che il tuo maritino si insospettisca giusto?" Disse con ovvietà mentre io rimanevo allibita. Metà del mio stipendio. Come diavolo avrei fatto a non farlo notare a Kaito?
"Ma-" iniziai, però Otaki mi interruppe posandomi il suo indice sinistro sulle labbra e facendo segno di "no" con la mano destra che impugnava la pistola e anche con la testa.
"No no no no no, cara Ran" disse con un sorrisino sulle labbra per poi aprire gli occhi
"La mia non voleva essere una domanda, ma un ordine" disse e io mi raggelai vedendo i suoi occhi.
Freddi, attraversati da un lampo di insana ilarità e odio, rancore. Si divertiva a parlarmi in quel modo, come se fossi stata una bambina.
Ero terrorizzata. Sentii i miei occhi inumidirsi e senza dire una parola annuii.
Non avrei voluto restare lì un minuto di più, volevo tornare a casa.
"Ecco, visto? Non era così difficile tesoro" mi disse e poi mi diede un altro foglio con sopra scritto un numero di conto corrente.
"Qui è dove devi depositare i soldi, vedi di non fare pazzie e sappi che sono abbastanza informato da sapere quando ricevi lo stipendio, quindi ti avviso, hai tempo tre giorni per trasferire i soldi o il tuo fratellino ne pagherà le conseguenze" disse e, detto questo, si alzò e se ne andò.
Io rimasi lì, iniziò a piovere e rimasi lì, l'acqua mi scorreva addosso e io non riuscivo a muovermi.
Piangevo, le lacrime mi lavavano il volto e la pioggia mi lavava via le lacrime.
Non sapevo quanto tempo fosse passato finché il cellulare vibrò nella mia tasca e tornai alla realtà.

"Tesoro, stai tornando?"

Kaito mi aveva cercata. Risposi e spensi il telefono, non sapevo che pensare ma sapevo di aver mentito in quel messaggio e sapevo di aver mentito non solo a Kaito, ma anche a me stessa, perché non avrei voluto fare quel che avevo scritto, ogni singola parte di me rigettava la sola idea.

"Si, sto tornando a casa".

Mentre trasferivo i soldi sul conto di Otaki mi accorsi di quanto avrei voluto, in quel momento, non avere una casa dove andare, ma una persona da cui tornare.
Uscii dalla banca e mi diressi verso l'aeroporto incontrare Kazuha, c'era qualcosa di cui voleva parlarmi.



Ciao a tutti!
Lo so, è passato un secolo e mezzo
Lo so, non ci sono scuse
Lo so.
Ormai saranno rimasti quattro gatti a leggere questa storia, ma anyway io continuerò a pubblicarla fino alla fine :)
Grazie per essere arrivati fin qui, un ringraziamento a tutti i lettori! ^.^ <3
Buon Mercoledì a tutti! 

   
 
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