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Autore: Mary P_Stark    13/10/2021    0 recensioni
Una serie di OS dedicate ai personaggi della Trilogia della Luna. Qui raccoglierò le avventure, i segreti e le speranze di Brianna, Duncan, Alec e tutti gli altri personaggi facenti parte dell'universo di licantropi di cui vi ho narrato in "Figli della Luna", "Vendetta al chiaro di Luna", "All'ombra dell'eclissi" e "Avventura al chiaro di Luna" - AVVERTENZA: prima di leggere queste OS, è preferibile aver letto prima tutta la trilogia + lo Spin Off di Cecily
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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Cap. 4


 



Il lento e solitario pellegrinaggio di Hugh tra i boschi lo portò a costeggiare le sponde di Loch Thormaid, nella zona più a sud dell'immensa pineta dove avevano trovato riparo. Lì, nell'accucciarsi al limitare del bosco, ove le ombre si allungavano pesanti e oscuravano il sottobosco, osservò pensieroso lo specchio d'acqua baciato dal sole.

Quelle zone erano pressoché deserte e, grazie al loro fiuto sopraffino, avrebbero potuto captare la presenza umana a miglia e miglia di distanza, perciò non si preoccupò di nascondersi da loro.

Rimase però all'ombra degli abeti per non essere fotografato neppure per sbaglio da un satellite geostazionario. Non si poteva mai sapere, con quegli affari.

Il solo pensiero di essere immortalato su Google Earth, in ogni caso, lo portò a sorridere divertito e questo pensiero lo riportò con la memoria al progetto di istituire un sito per i licantropi. L’idea di sfruttare a fin di bene il dark web era piaciuta un po’ a tutti, anche se al momento il progetto rimaneva sulla carta e, per metterlo in piedi, sarebbe servita ben più di una riunione tra Clan.

Nello specifico, quel fantomatico sito web avrebbe permesso a ogni licantropo, fosse esso figlio di Fenrir o di qualsiasi altra creatura mistica legata ai lupi, di tenersi contatto con i propri simili. Per farlo, ovviamente, sarebbe servito un più capillare sistema di comunicazione tra Clan e, altresì, un modo per contattare anche color i quali non facevano parte della cerchia diretta dei Figli di Fenrir.

Nel corso degli anni, a quel modo, avrebbero potuto creare autentiche reti di informazioni interstatali, e questo avrebbe sicuramente aiutato i lupi a muoversi con maggiore sicurezza.

Per il momento, però, restava solo un'idea avveniristica e poco altro.

"Sembra che tu abbia dei pensieri profondi" esordì qualcuno alle sue spalle.

Hugh si volse a mezzo e, nel vedere la figura piccola ed elegante di Tempest, inclinò un poco il muso per scrutarla con i suoi occhi verde acqua per poi dire: "Pensavo al progetto di creare un sito internet per lupi. Lo trovo divertente."

Tempest avanzò fino a raggiungere il limitare degli abeti e, come lui, si accucciò per poi osservare meditabonda il lago. Alcune nubi avevano temporaneamente oscurato il cielo e ora le acque apparivano scure, quasi minacciose, come se un pericolo incombente potesse scaturire da esse da un momento all'altro.

Naturalmente, sapeva perfettamente che in quello specchio d'acqua non esisteva nessun mostro, o ne avrebbero sicuramente percepito l'odore. In ogni caso, quell'improvvisa oscurità la portò ad accigliarsi, quasi si aspettasse di veder comparire nella sua mente una visione terribile e devastante.

O fosse, per contro, il presagio nefasto di un evento non ancora avvenuto.

La solitudine ti porta a essere sempre un po' pessimista, piccola... non rovinarti la giornata temendo che possano attaccarci da un momento all'altro, le ricordò Tyr con tono affabile.

"Devo ricordarti che sono la guardiana della porta che conduce a Niflheimr, la prigione dei Nove Regni?", replicò lei con tono ironico.

Beh, non è solo una prigione. E' anche un luogo umidiccio, dove c'è sempre nebbia, c’è puzza di muffa e chi soffre di cervicale lo considera un inferno puro e semplice, ironizzò a quel punto Tyr, facendola sorridere.

"Tu soffri di cervicale, Tyr?"

Non che io sappia. Dopotutto, ero un dio. Però, qualche acciacco dovuto ad antiche ferite di battaglia, lo avevo, celiò la divinità prima di tornare seria e aggiungere: Concediti di passare un pomeriggio in tranquillità. Baderò io ai messaggi del Mondo Mistico e, se proprio avvertirò qualcosa che non quadra, ti disturberò. Comunque, per evitare di non dormire stanotte, mi disconnetterò da te. Ciao ciao!

Tempest lo mandò debitamente al diavolo e, con uno sbuffo, borbottò: "A volte, vorrei fare a meno di un inquilino così chiacchierone. Brie mi ha detto che Fenrir non è così logorroico."

"Forse, era solo preoccupato per te. Ho notato che, coloro che sono dotati di anima senziente, hanno una certa tendenza a farsi pensierosi e, forse troppo spesso, tristi", le fece notare Hugh.

"Può darsi che, in qualche modo, rimuginiamo troppo sulle leggi cosmiche, o ci soffermiamo sulle vite di coloro che l'hanno donata a noi" ammise Tempest, leccandosi una zampa per togliere di mezzo un insetto dispettoso. "Penso spesso ai drammi di Tyr, quando lui si disconnette per lasciarmi ai miei pensieri. Vorrei poter sanare le ferite che lo fanno stare male, ma so che è impossibile. Solo Fenrir può farlo ed è per questo che, quando possiamo, io e Brie lasciamo loro ampio margine di manovra."

"Gli vuoi molto bene" mormorò Hugh, scrutandola pieno di curiosità.

La lupa annuì, asserendo: "E' come un fratello, per me, e il fatto di poter essere così intimi, a un livello tale che nessun altro potrebbe capirne l'intensità, me lo ha reso molto caro. Perciò, desidero per lui il meglio, … nei limiti concessi da Madre, ovviamente."

"E' bello che tu lo dica" dichiarò Hugh, accucciandosi a terra e poggiando il muso sulle zampe anteriori allungate sul terreno.

Lei lo imitò prima di ammettere: "A volte, però, mi è difficile sopportare il peso dei suoi ricordi. Non gliene faccio una colpa, ma è destabilizzante vedere il mondo con gli occhi di un dio. Fatichi a comprendere gli eventi per come li hanno vissuti loro."

"Parli della faida che creò i Cacciatori?"

"Anche. Ma altresì del suo rapporto con Avya. Credo che, in qualche modo, l'amasse, ma non il genere d'amore che Fenrir provò per lei. La amava perché lei amava Fenrir, non so se riesco a spiegarmi, ed era un amore così puro, così forte da farmi salire le lacrime agli occhi, quando lo percepisco."

"Pensi che Tyr amasse Fenrir?" esalò sorpreso Hugh.

"Chi può dirlo? Sono divinità, e hanno un concetto dell'amore e dell'odio diverso dal nostro ma, di sicuro, gli voleva molto bene, e ne voleva molto ad Avya e ai suoi figli. Sai che fu il padrino dei primi cuccioli di Hati e Skoll? Appose su di loro la sua benedizione, macchiando del suo sangue le loro fronti, così che gli aesir non potessero ritenerli nemici."

"Cercava di proteggere i figli di coloro che amava. La reputo una bella cosa" asserì Hugh, affascinato da quel racconto.

Sapevano così poco, dei loro predecessori! I racconti contenuti nelle memorie mistiche delle querce erano edulcorati dai secoli passati, modificati dalle storie orali che si erano tramandate di capoclan in capoclan. Con l'andare del tempo, la verità era stata modificata, se non addirittura sovvertita e, quando Fenrir era infine apparso nel corpo di Brianna, era stata una sorpresa per tutti scoprire le loro vere, reali origini.

Ascoltare la storia da chi l'aveva vissuta, era ben diverso.

"Protesse la famiglia di Fenrir finché il culto degli Asi resse all'incuria del tempo ma, quando l'Unico Dio soppiantò tutti loro, divenne Essenza spirituale e si rifugiò nella regione del Valhalla, su Helheimr, nel luogo in cui dimorano le anime buone. Lì, osservò per millenni il dipanarsi delle vicende legate ai figli di Fenrir finché, nell'avvertire la presenza dell'antico amico nel Regno di Midghardr, decise di rinascere... e nacque in me."

"Di quanti giorni sei più giovane di Brianna?"

"Un giorno" ammiccò Tempest, scrollando il muso.

"Caspita! Era davvero ansioso di rivedere l'amico!" esalò sorpreso Hugh.

"Già. Ma dovemmo attendere ancora molto, prima di incontrarlo. Erano i patti che Tyr prese con Madre per poter rinascere nello stesso Tempo di Fenrir. Non potevamo cercarlo, ma solo aspettare. Evidentemente, Madre era certa che, prima o poi, si sarebbero rivisti."

"Ho idea che Madre chiacchieri spesso con le Norne" chiosò Hugh. "Quanto a te... hai mai aspettato nessuno?"

"Di certo, non il principe azzurro" celiò lei, facendolo scoppiare in una risata allegra. "Aspetto mio padre, di solito. Dovrebbe essere di ritorno la settimana prossima, tempeste permettendo, tra le altre cose."

Lanciando poi un'occhiata a Hugh, gli domandò: "Ti scoccia se torno donna? Parlare mentalmente è carino, ma mi stanco molto a farlo. Sono così poco abituata a farlo, non avendo nessuno con cui cimentarmi, a parte mamma e nonna, che tende a venirmi subito il mal di testa. Con Tyr è diverso, perché è nella mia testa, per cui…"

"Nessun problema, davvero" assentì Hugh, lasciando che l'uomo soppiantasse il lupo.

Naturalmente, Tempest si dimostrò perfetta anche in forma umana, senza abiti a celarne le forme, ma già Hugh lo aveva sospettato nel vederla aggirarsi per il campo con i suoi pantaloncini corti e la maglietta attillata.

La licantropia tendeva ad asciugare - o meglio, prosciugare - i tessuti, soppiantando grasso con fibra muscolare, ed era per questo che i mannari divoravano anche cinque o seimila calorie al giorno senza battere ciglio. Se poi si nasceva con buoni geni, il risultato erano un corpo scultoreo e una buona dose di fascino.

Con licantropi sangue puro come Duncan o Keath, poi, si otteneva qualcosa di diverso ancora, qualcosa di molto simile al glamour delle fate, pur se in loro non vi era alcun connotato magico. Ciò che ne nasceva era una sorta di fascino ferino e magnetico che attirava le persone in modo quasi ineluttabile e, almeno nel caso di Keath, questo magnetismo era stato utilizzato in maniera più che proficua.

Sedendosi a terra a gambe incrociate mentre Hugh faceva lo stesso, Tempest si passò svogliatamente una mano tra i capelli, asserendo: "Grazie. Avevo già iniziato a sentire picchiettare l'emicrania alle tempie. E' uno strazio non avere resistenza, ma non mi va di rompere le scatole a mia madre e mia nonna per fare allenamento, né posso pretendere che i membri del branco raggiungano Holm of Huip solo per tenermi compagnia."

"Deve essere difficile gestire la solitudine" ammise meditabondo Hugh, poggiando le mani dietro di sé per poi reclinare all'indietro il capo e perdersi in contemplazione delle chiome degli abeti sommossi dalla brezza che spirava dal mare. "Non mi sono mai trovato completamente solo e, in tutta onestà, non so come sarei in grado di comportarmi, se lo fossi adesso. Sono talmente abituato ai brusii di Cecily nella mia testa che, il solo fatto di non udirli per troppe ore di seguito, mi metterebbe ansia. Tu, invece, sembri gestire ottimamente la situazione."

Sorridendo divertita, Tempest si picchiettò una tempia e ammise: "Beh, Tyr è un gran chiacchierone, perciò non sono mai del tutto sola, ma capisco cosa vuoi dire. Per quanto io voglia bene a mamma e nonna, non è come vivere a Kirkwall, o anche soltanto a Dounby, che è un piccolo paesello dell'isola di Mainland. Non sono abituata a stare con i miei coetanei, ma solo al mio ruolo di Heimdallr."

"Ti senti soffocare da questa nomina?" domandò Hugh, scrutandola nei suoi occhi d'acciaio temprato.

Quelle profondità argentee avevano il gusto della solitudine e della forza, della sicurezza in se stessi ma anche della nostalgia per una vita mai vissuta; quella di una ragazza come tutte le altre.

Era difficile, per non dire impossibile immedesimarsi in una tale esperienza e, per la prima volta in vita sua, non sentì più come una costrizione l'essere uno dei Gerarchi.

L'esistenza di Tempest era stata mille volte più complessa, più difficile, meno sopportabile.

Lei inclinò il capo a scrutarlo, occhi negli occhi con l'Hati di Falmouth e, nello storcere un poco la bocca, ammise: "Sì."

Fu solo una parola, due sole lettere nell'infinito mare di terminologie, sinonimi e contrari che avrebbe potuto usare per rispondergli ma, per Hugh, fu come se avesse sviscerato l'intero, annoso problema legato a una simile carica.

Sì, essere Heimdallr era un ruolo solitario. 

Sì, poteva essere soffocante e irritante, dover detenere un simile scettro.

Sì, lei forse era arrivata anche a odiarlo.

Nonostante tutto, il suo era anche un  che sapeva di coraggio, di desiderio di dare sempre il meglio al proprio Fenrir, di gestire una situazione irritante con il massimo dell'impegno.

Poteva sentirsi soffocare da quel titolo, ma non se ne sarebbe mai lasciata sopraffare.

Fu per questo che Hugh le sorrise e Tempest, suo malgrado, arrossì. 

Non perché Hugh l'avesse messa a disagio con quel sorriso, o perché si fosse resa conto solo in quel momento di essere sola con un lupo single, piacente e, forse, interessato. No, tutt'altro.

Tempest arrossì di piacere perché, per la prima volta, aveva sviscerato quel problema con qualcuno che non fosse Bryan, e ne era felice.

Fu per questo che si sdraiò a terra su un fianco, subito imitata da Hugh e, fino a che le stelle brillarono in cielo, parlò con lui, gli aprì il proprio cuore e mise a nudo quello che aveva dentro fino a liberarsi di tutto ciò che le pesava addosso.

Solo quando la luna apparve in cielo, la voce dubbiosa di Cecily si fece largo nella mente di Hugh, domandando: "Sei ancora vivo?"

"Se mi percepisci, direi di sì" replicò lui, sbadigliando e rendendosi conto, solo in quell'istante, di aver sonnecchiato, al pari di Tempest, ai piedi di un grosso abete smosso dal vento.

"Era solo per sicurezza, visto che stiamo per preparare la cena, e non vi abbiamo ancora visto rientrare. O volete cacciare assieme, stanotte?"

"Per la verità, io e Tempest ci siamo addormentati."

"Riposto post coitale?" ironizzò Cecily.

Hugh sbuffò, lanciando un'occhiata alla giovane che, rannicchiata in posizione fetale, gli dava le spalle con sicurezza, certa che lui l'avrebbe protetta mentre lei riposava. Per un lupo, era forse uno dei segni di amicizia e rispetto più importanti che potessero esistere.

"Sei un'idiota. Credo si capirebbe, se fosse riposo post coitale, ti pare?"

"E' vero. Non hai la mente inondata di cosacce quanto, piuttosto, di pace. Vi siete fumati una canna, per caso?"

Hugh cercò di non ridere per non svegliare Tempest, e replicò: "Sai benissimo che, come per l'alcool, anche le droghe non ci fanno praticamente nessun effetto."

"Beh, allora, caro mio, se la presenza di Tempest ti riduce così, sei nei guai fino al collo."

"In che senso, scusa?" brontolò immediatamente Hati, non comprendendo le parole della sua Fenrir.

"Da quando in qua un lupo è pacifico, sereno e rilassato, se non in specifici casi?" gli rammentò lei, mettendolo in allarme.

Tornando a reclinare il viso in direzione della figura slanciata e piacente di Tempest, Hugh si irrigidì un poco e mormorò: "Dici che..."

"Non dico niente. Suppongo. Ma, a giudicare dalla tua pace mentale, lei sa come lisciare il tuo pelo, ometto mio."

"Come Keath sa lisciare te?" replicò sulla difensiva Hugh, preferendo non pensare alle implicazioni legate alle parole di Cecily.

"Ti pare che la mia mente sia in pace e serena?" bofonchiò per contro Cecily.

"Uhm... no. E, in tutta onestà, mi stupisce che tu abbia accettato di farti montare, visto quanto sei paranoica."

"Tesoro, se fossi una donna - o un uomo a cui piacciono gli uomini - lasceresti che Keath ti rivoltasse come un calzino, credimi. Quel lupo è fatto per il sesso, e sa farlo mooolto bene. Comunque, da quello che puoi evincere, non sono pacifica e serena, ma ho la testa su mille pensieri, anche se Keath è vagamente prevalente, al momento."

"Il che mi fa quasi vomitare, perché i tuoi filmini a luci rosse sono davvero troppo, anche per me" si lagnò Hugh. "In ogni caso, io sono e resto il tuo Hati, perciò..."

"Perciò, cosa? Non approfondirai neppure un po' sui perché legati alla comfort zone che si è creata nella tua testa?"

"Sarebbe un casino sviscerarne i motivi, e tu lo sai" sottolineò Hugh, accigliandosi.

"Lasciarli sopiti, sarebbe peggio. Non voglio un lupo infelice, al mio fianco."

Ciò detto, gli ricordò l'orario della cena dopodiché si scollegò e Hugh, con un sospiro, si lasciò andare a una imprecazione. Imprecazione che destò Tempest la quale, sollevando il viso per squadrarlo sonnacchiosa, sorrise assonnata e mormorò: "Ehi, ciao. Che succede?"

D'istinto, Hugh si piegò su di lei per darle un bacetto sulle labbra e le disse di non preoccuparsi ma, nel momento stesso in cui sfiorò la sua bocca a cuore seppe, invece, di doversi preoccupare. E tanto, anche.

Tempest accettò il gesto istintivo con un risolino dopodiché, nel rimettersi a sedere, lo osservò divertita mentre Hugh la fissava contrito, al colmo della confusione.

Lei, allora, avvolse la nuca di Hugh con una mano per attirarlo a sé e, socchiudendo gli occhi d'acciaio, mormorò: "Era un ottimo risveglio ma, a questo punto, vorrei anche la portata completa, non soltanto l'aperitivo."

Un attimo dopo, Hugh le divorò la bocca, sospingendola nuovamente a terra, su un letto di aghi di pino profumato e leggermente umido e, mentre Tempest lo avvolgeva con le braccia, lui la coperse con il proprio corpo, cancellando ogni altro pensiero.

I suoi baci le divorarono il collo, le spalle, scendendo sui seni e i fianchi stretti, mentre la giovane gorgogliava il suo nome e gli carezzava i capelli scuri così come l'ampia schiena.

Preferì non pensare al dopo, a cosa avrebbe provato nell'affondare nei suoi occhi pieni di appagamento, nel vedere il suo sorriso sornione e sonnacchioso, o nel sapere di non poterle stare accanto una volta terminata la Riunione tra Clan.

Lasciò tutto fuori, trattenendo nella mente solo lei, il suo corpo tonico, la sua voce sussurrata e arrochita dal desiderio, la sua forza spesa per dargli piacere, la gradevolezza del suo profumo, la morbidezza della sua pelle.

Tempest gli invase i sensi, lo avvolse completamente, lo circondò con il suo calore e la sua passione e, quando infine si ritrovarono stremati e senza forze l'uno sopra l'altra, vi fu compiacimento, vi furono sorrisi ma sì, anche paura.

Mani nelle mani, Hugh allungò le braccia in avanti ed estese così anche quelle di Tempest oltre il capo poggiato sul letto di aghi di pino dopodiché, con un bacio morbido e sensuale, lui le chiese: "Pentita?"

"Di una cosa simile? Mai" mormorò lei, avvolgendogli la vita con le gambe perché tornasse a poggiare l'inguine sul proprio.

Hugh mugugnò sensuale, a quel movimento, e ansimò roco: "Oddio! Fai così un'altra volta, e ti scorderai della cena di stasera."

Lei rise maliziosa, carezzando le gambe di Hugh con le proprie, le braccia ancora imprigionate dalla stretta leggera delle mani di lui e, socchiudendo gli occhi, sussurrò: "Potrei avere fame d'altro, ti pare?"

"E' possibile, ma..." iniziò col dire lui prima di udire brontolare lo stomaco.

Tempest scoppiò a ridere, si liberò della stretta di Hugh per piegarsi su un fianco e continuare nella sua risata sguaiata e il giovane Hati, nel mettersi seduto, ridacchiò e disse: "Lei ride della mia fame. Ma tu guarda!"

"Giuro! E' stato splendido!" continuò a ridere lei, tergendosi lacrime d'ilarità. "Io stavo pensando a come fosse stato bello, e il tuo stomaco ha brontolato come una pentola di fagioli. Programmandolo, non sarebbe venuto altrettanto bene."

"Ti è piaciuto?" mormorò lui, tornando serio.

Lei allora si volse, si rimise seduta per osservarlo meglio e, ora del tutto seria, annuì. "Mi è piaciuto talmente tanto che, adesso, ne ho paura. Ti sembra sciocco?"

"Affatto. Ma sarebbe stato sciocco non farlo, ti pare?" scosse il capo lui, sapendo bene cosa volesse dire.

"Sei Hati" mormorò lei, allungando una mano per carezzargli un ginocchio.

"Sei Heimdallr" replicò lui, afferrando la sua mano per intrecciare le proprie dita alle sue.

Pochissime parole, ma più pesanti di un intero discorso.

Erano forse gli epitaffi sulla tomba del loro neonato rapporto? Era dunque impossibile, per loro, comprendere se e come il loro stare assieme potesse evolversi?

Il Fato era dunque così perverso?

"Torniamo?" domandò lei mettendo un broncio adorabile, tanto che portò Hugh a sorridere.

"Ci vorrà del tempo, prima che gli spiedini siano cotti" mormorò lui, attirandola a sé per baciarla.

Tempest non avrebbe potuto essere più d'accordo di così. Indipendentemente da quanto sarebbe stata male in seguito.

***

Quando rientrarono al campo non vi furono né sguardi irrispettosi né, tanto meno, battute maliziose in merito a quanto già tutti ormai sapevano. Certi segreti erano impossibili da nascondere, in una comunità di licantropi, e loro neppure ci avevano provato.

Non era stata violata nessuna regola, ai licantropi piaceva il contatto fisico in ogni sua declinazione ma, quello che più contava, entrambi i lupi erano stati consenzienti, perciò ai presenti non sarebbe venuto in mente di replicare.

Solo Bryan mostrò qualche accenno di preoccupazione, ma Tempest la scacciò con un sorriso e una carezza sul braccio.

Come se nulla fosse successo, Hugh tornò al fianco di Cecily, che gli passò un piatto di spiedini e una birra dopodiché, con un mezzo sorriso, chiosò: "Ci si rilassa davvero, qui al Nord. Non avrei mai detto."

"Puoi dirlo forte, Fenrir" sorrise per contro lui, addentando il suo spiedino prima di ammiccare all'indirizzo di Tempest, che sorrise divertita.

Neppure lo spregiudicato Alec commentò il loro ritorno, limitandosi ad avvolgere le spalle di Tempest con un braccio per poi sussurrarle qualcosa all'orecchio.

Hugh non seppe dire cosa le bisbigliò, ma il risultato fu una sonora risata, accompagnata da un bacetto sulla guancia ferita di Alec e una veloce ritirata di quest'ultimo, che andò a nascondersi dietro la moglie.

"Ma che ti ha detto?" domandò incuriosito Hugh, mentre Pascal prendeva in giro Alec per la sua idiosincrasia nei confronti delle effusioni amichevoli.

"Mi ha chiesto se Tyr fosse diventato cieco... giuro, non ho resistito e sono scoppiata a ridere. Così, mi è venuto spontaneo dargli un bacio per ringraziarlo di aver spezzato la tensione che percepivo sulla pelle."

"Tensione? A me sono sembrati tutti distesi" esalò Hugh, guardandosi intorno pieno di curiosità.

"Gli uomini. Le donne erano curiose e preoccupate, e io non ero sicura di quanto dire, o come dirlo, per rasserenarle ma Alec ha stemperato la situazione, facendomi ridere a quel modo."

"Preoccupate... per cosa? Mica solo Keath è capace di fare il suo secondo mestiere!" protestò vagamente piccato Hugh, vedendola ridere sommessamente per diretta conseguenza.

"Non per questo! Ma per le nostre rispettive mansioni. Non ci abbiamo pensato solo noi, sai?"

"Oh... già."

Hugh si murò la bocca, non avendo bisogno di sapere altro. Era ben difficile che si appartasse con una lupa per il solo gusto di fare sesso e, quando ciò accadeva, era sempre perché in lui prevaleva una spinta emotiva, più che carnale.

Evidentemente, per Tempest era lo stesso, perciò le lupe erano turbate dalle inevitabili ripercussioni di un loro eventuale coinvolgimento sentimentale.

"Sei turbato che loro siano turbate?" gli domandò Tempest.

"Non del tutto. So che le Prime Lupe hanno questo ruolo da portare avanti, ma mi spiace aver causato un tale disagio, onestamente."

"Ti andava di fare l'amore con me?" gli domandò a bruciapelo Tempest, mentre Bryan le passava una birra.

Fare l'amore. Non sesso. Tempest era stata chiara.

Quello che avevano condiviso non era stata una semplice unione piacevole tra due corpi, come era avvenuto tra Keath e Cecily. Tempest si era aperta a lui in ogni senso, e lui non era stato da meno, pur sapendo quanto fosse rischioso mettere in gioco il cuore, in certe situazioni.

Ugualmente, non avrebbe fatto nulla di diverso, con lei, e glielo disse.

"Certo che volevo fare l'amore con te anche se, a mente fredda, so di aver innescato una miccia pericolosa."

"Sappiamo. C'ero anch'io, credimi, ma ora come ora voglio godermi il momento. Penserò domani alle implicazioni di quello che abbiamo fatto... e al dolore che porterà."

Hugh assentì, ben sapendo di cosa stesse parlando. Pur non avendo un legame d'anima con lei - lo avevano testato sulla pelle praticamente subito, per essere certi di non essere stati ingannati dai propri sensi - sapeva già di aver creato un legame con Tempest.

E non per via dell'atto carnale che avevano condiviso.

Erano giunti a quello solo dopo essersi guardati dentro, solo dopo aver sviscerato le rispettive anime, trovandole compatibili. Trovando dentro di loro lo stimolo a rendere fisico quel legame leggero e flebile che avevano costruito pezzo per pezzo a livello spirituale.

"Sono le unioni più belle, così come le più delicate. Sinceramente, a me farebbero venire una strizza del diavolo e, non a caso, neppure le cerco. Però sono ammirato dal vostro coraggio, ragazzi" intervenne a sorpresa Keath, giungendo al fianco di Hugh per passargli un secondo giro di spiedini.

Hati lo squadrò curioso e Keath, nel sogghignare al suo indirizzo, scrollò una spalla e aggiunse: "Ehi, ragazzo, hai citato il mio nome, anche se solo a livello mentale, ma io me ne sono accorto subito, così ho ascoltato cos'avevi da dire contro di me."

"A parte che siamo praticamente coetanei, quindi quel 'ragazzo' archivialo da qualche parte..." borbottò Hugh. "... non volevo certo offenderti, parlando di te."

"Oh, lo so. Infatti non me la sono presa." ammiccò Freki di Londra. "Volevo solo farvi i complimenti, perché è raro cogliere l'essenza dell'anima di una persona al primo sguardo, se non hai un legame ultraterreno. Il punto, ora, è un altro."

"Non ricordarmelo" brontolò Hugh, azzannando uno spiedino.

"Non lo farò. Ma parla con Bryan. Non farà domande alla sua cucciola, ma è in ansia per lei, e credo che si senta in dovere di fare il padre putativo, visto che quello di Tempest è impegnato in mare" gli fece notare Keath, dandogli una pacca sulla spalla prima di tornare a tormentare la sua Prima Lupa con battutine piccanti.

Hugh, a quel punto, lanciò un'occhiata a Bryan e, con un accenno a volersi appartare, si allontanò dal cerchio di fuoco eretto nel mezzo del campo per non doversi sorbire le occhiate ansiose degli altri.

Certi eventi potevano finire con una stretta di mano, ma anche con una lotta al primo sangue, e di sicuro nessuno voleva che la serata venisse rovinata, perciò Hugh si premurò di parlare con cautela e tanta, tanta delicatezza.

Non appena si ritrovarono avvolti dalle ombre della notte, lontani dagli schiamazzi degli amici, Bryan si passò una mano sulla nuca e, imbarazzato, esordì: "So che non sono tecnicamente affari miei, e che siete entrambi maggiorenni e vaccinati ma, visto ciò che siete, non posso non chiederti se..."

"So benissimo a cosa stai pensando, Bryan e credimi, il pensiero ha sfiorato entrambi, ma è venuto così. Naturale come respirare" scrollò le spalle Hugh, impotente.

Bryan allora sospirò, assentì e infine disse: "Lo immaginavo. Tempest non è una ragazza che si lascia sopraffare da un bel faccino e un fisico palestrato."

Hugh si guardò, sogghignando divertito, e asserì: "Ehi, amico. Sono un personal trainer! Che ci posso fare?"

"Niente, niente, per carità. Solo, mi spiace dover mettere un Veto" sospirò Bryan, lanciando un'occhiata al falò e alle persone che lo circondavano. 

Tempest stava chiacchierando amabilmente con Brianna mentre Duncan, protettivo, le avvolgeva le spalle con un braccio, quasi a volerla proteggere dalle inevitabili conseguenze emotive di ciò che era appena avvenuto.

"Anche Cecily imporrà il Veto, visto che non abbiamo ancora il nome dell'Hati che mi succederà a suo tempo" scrollò le spalle Hugh. "Non ti mentirò, Bryan, perché sarebbe stupido. Tempest è una bella ragazza ma, soprattutto, mi affascina per quello che è dentro. Non sarei mai arrivato al punto di unirmi a lei, se non fosse stato perché ero attratto dalla persona che è."

"Ed è per questo, che devo imporre il Veto. Se avesse fatto sesso con Keath, neppure mi preoccuperei. Avrei saputo fin da subito che era un modo per divertirsi e sciogliere eventuali tensioni, ma con te..." sospirò Bryan, passandosi una mano sul viso con espressione esasperata. "... con te, cazzo, so che non è stata una scappatella, perché so chi sei tu, e so chi è lei."

Hugh sorrise debolmente, riconoscendo con un cenno del capo l'indubbio complimento tributatogli da Fenrir delle Orcadi che, con un sospiro, aggiunse: "Non posso permetterle di abbandonare il suo ruolo di Heimdallr, mi spiace... ma di certo non ti vieterò di vederla, questo è assodato."

"Né Cecily permetterà che io abbandoni il mio ruolo di Hati. Non può, perché le regole questo prevedono, ma neppure lo vorrei. Sarebbe scorretto nei confronti della mia Fenrir e del mio branco" mormorò Hugh in risposta.

"Questo ti rende ovviamente onore, anche se avrei sperato in un tuo gesto impulsivo, o qualcosa di plateale per sbrogliare la matassa in modo romantico e melodrammatico" ironizzò spiacente Bryan, facendolo sorridere.

"Avresti preferito che io la rapissi?" esalò Hugh, scoppiando a ridere. "Neppure so se la cosa andrà avanti o meno!"

"Giusto, giusto... corro troppo" gorgogliò una risata Bryan.

"La gravidanza di tua moglie ti ha reso sdolcinato, mi sa" chiosò Hugh a quel punto.

"Non lo nego. Può essere. Sarà che mi sono fatto un'autentica maratona di tutti i film più melensi che Hollywood ha sfornato, durante i nove mesi della gestazione, e credo che alla fine qualcosa sia rimasto sedimentato" ammise Bryan, grattandosi una guancia per l'imbarazzo.

"Linda aveva questo genere di voglie?" esalò sorpreso Hugh.

"Ho guardato Noi siamo infinito" sottolineò Bryan, come se quel titolo spiegasse il livello massimo a cui era arrivato.

Hugh impallidì leggermente, diede una pacca consolatoria sulla spalla di Fenrir delle Orcadi e disse: "Hai tutta la mia comprensione."

Bryan scrollò una spalla e replicò: "E tu la mia. Torniamo pure, ora. Tempest mi sta tempestando di domande in merito al mio comportamento con te, perciò potremmo vedercela piombare addosso da un momento all'altro, pronta a ristabilire i suoi diritti di femmina indipendente."

"Sarà meglio sbrigarsi, allora. Non voglio che si arrabbi" ammiccò Hugh, incamminandosi per tornare.

Bryan gli diede una stretta sulla spalla a mo' di incoraggiamento, e Hugh comprese che non stava riferendosi a un'eventuale sfuriata di Tempest, quanto piuttosto ai mesi - o anni - che sarebbero seguiti a quella chiacchierata.

Le relazioni a distanza erano complicate e, se loro avessero scoperto di amarsi, sarebbe stato un autentico dramma ma, al momento, l'unica cosa che potevano fare, era mettere un piede davanti all'altro. 

Sperando di non inciampare.

  
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