Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: _leviackerwoman_    13/10/2021    1 recensioni
Lo aveva visto rallentare e poi separarsi dalla formazione, forse tornare indietro per sterminare i giganti che erano stati avvistati dietro di loro. A Erwin non restava altro da fare se non continuare a guardare avanti, consapevole che lo avrebbe visto tornare di nuovo e seguirlo ovunque fosse andato, sempre al suo fianco. Tornava sempre, Levi.
[...] Gli era stato chiesto di offrire il suo cuore e lui lo aveva fatto. Aveva offerto il suo cuore per una giusta causa: Erwin Smith.
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Due song-fic Eruri a sé stanti ispirate da un paio di canzoni di Taylor Swift che potrete scoprire leggendo!
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Erwin Smith, Levi Ackerman
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Keep your helmet, keep your life, son
Just a flesh wound, here's your rifle


La battaglia imperversava da poco più di un'ora eppure sembrava passata un'eternità, scandita ogni attimo da un corpo privo di vita che precipitava al suolo seguito da un altro, poi un altro ancora. Non vi era tempo a sufficienza per piangere i soldati caduti, questo Levi lo sapeva fin troppo bene. Tuttavia la morte di ogni singolo soldato non sarebbe stata vana se a rendervi onore ce ne fosse stato un altro pronto a lottare anche per chi non c'era più.
Il Corpo di Ricerca aveva quasi del tutto abbandonato la formazione stabilita, la tempesta che si era abbattuta in prossimità del bosco aveva impedito ai soldati di vedere i giganti arrivare da ovest, vedendo così colti alla sprovvista. Non vi era stato molto tempo per dare l'allarme, lo scontro era esploso con la stessa veemenza con cui i denti degli esseri anomali affondavano nelle carni delle reclute appena catturate, impedendo a chi ancora era in sella ai cavalli di trovare una via di fuga. A tutti tranne a Levi Ackerman, il quale aveva già deciso di occuparsi dei due giganti di tredici e nove metri; sarebbe stato un gioco da ragazzi, aveva affrontato situazioni persino più disperate di quella in cui si trovava in quel momento. La fama ormai lo precedeva, era il soldato più forte dell'umanità, colui che avrebbe restituito la libertà al mondo che conosceva, non poteva permettersi di deludere chi aveva riposto fiducia completa in lui. Levi non poteva deludere proprio lui.

Il ragazzo dai capelli corvini si spostava agilmente tra un albero e l'altro grazie al dispositivo di manovra tridimensionale, sorpassando il primo gigante e poi, con un movimento fluido accompagnato da uno scatto del dispositivo operativo, tornando indietro all'altezza della nuca del mostro per tranciarla di netto con entrambe le lame. Non vi era neppure il tempo di riprendere fiato, il secondo gigante gli stava alle calcagna: Levi lo fissava con la coda dell'occhio, alternando lo sguardo da quegli occhi vacui agli alberi di fronte a sé, che scansava puntualmente.

Bastò una frazione di secondo e la scarsa visibilità data dalla burrasca a far accadere l'impensabile. Il cielo si era tinto di un grigio micaceo mentre sul Capitano si abbassava la mano di un gigante apparso alla sua sinistra, troppo tardi per essere abbattuto e troppo tardi per impedire che questo afferrasse il cavo d'acciaio per poi scaraventarlo, insieme a colui che vi era aggrappato, contro una quercia secolare semi-distrutta da un precedente scontro.
Non vi era il tempo, per Levi, di controllare gli eventuali danni causati da un ramo spezzato che era penetrato nella pelle, all'altezza dello stomaco. Era stato difficile, ma finalmente anche il gigante nove metri era stato eliminato e ad esso seguiva poi il mostro che aveva colto di sorpresa Levi; in suo soccorso erano giunti altri due uomini, così il capitano avrebbe potuto proseguire. Solo un attimo di tregua prima di sentire alle loro spalle i rumori di una battaglia che avrebbe rappresentato l'ennesima disfatta.

La pioggia colpiva incessantemente il corpo minuto ma niente affatto esile del giovane, il quale sentiva persino la più piccola goccia scivolargli addosso, filtrare attraverso le fibre del tessuto ormai fradicio come chiunque altro e infine aumentare quel senso di bruciore che lo aveva pervaso da qualche istante.
Non vi era il tempo, per Levi, di notare la chiazza rossa espandersi a vista d'occhio sul suo addome; eliminare i giganti, era quella la missione. Trovare Erwin, aggiornarlo sulla situazione, sperare di contare un numero minore di vittime rispetto alla spedizione precendente, rientrare nelle mura. Non poteva fermarsi a riposare per una ferita superficiale, sulle sue spalle gravava il peso della razza umana.


 
Crawling up the beaches now
"Sir, I think he's bleeding out"
And some things you just can't speak about
 

Erwin Smith era certo che si sarebbe abituato a vedere i suoi uomini cadere uno dopo l'altro; questo era ciò che ci si aspettava dal Comandante di un esercito. Aveva ormai fatto i conti innumerevoli volte con i sensi di colpa che gli attanagliavano lo stomaco quando, al rientro sofferto di una spedizione, il numero di corpi avvolti da lenzuola bianche era sempre maggiore. Ne era certo, sì, ma non accadeva mai. Sperava sempre di raggiungere un punto di svolta dopo l'ennesimo massacro di vite umane, non accadeva nemmeno quello. Era certo, però, che avrebbe avuto al suo fianco Levi. Non "Il Capitano". Non "Il soldato più forte dell'umanità". Levi e basta.

Lo aveva visto rallentare e poi separarsi dalla formazione, forse tornare indietro per sterminare i giganti che erano stati avvistati dietro di loro. A Erwin non restava altro da fare se non continuare a guardare avanti, consapevole che lo avrebbe visto tornare di nuovo e seguirlo ovunque fosse andato, sempre al suo fianco. Tornava sempre, Levi.

 

With you, I serve
With you, I fall down, down


Con lo scorrere del tempo Levi pensava che la tempesta non stesse facendo altro che peggiorare; lo scrosciare della pioggia era diventato così intenso che i nitriti dei cavalli e i passi dei giganti giungevano ovattati alle sue orecchie, la visibilità diventava sempre più ridotta.
Da quanto stava cercando di ricongiungersi con la squadra? Negli ultimi minuti non aveva fatto che spostarsi da un albero all'altro ma non riusciva a scorgere nessun volto familiare attorno a sé. Che fosse l'unico sopravvissuto? Impossibile. Gli era già successo, durante la sua prima missione fuori dalle mura e ricordava ancora il senso di impotenza e terrore che lo aveva pervaso, osservando i resti di coloro che erano stati la sua famiglia. No, non poteva permettersi di rivangare il passato, non nel pieno di una spedizione così sanguinolenta. Poco dopo li aveva uditi, gli spari dei fumogeni. Cercava con lo sguardo il comandante, le cui urla riecheggiavano nella foresta, nella speranza che quegli ordini potessero arrivare ai superstiti. Levi li aveva sentiti e fino allo stremo delle sue forze aveva cercato di seguirli, incontrando però come ostacolo l'ennesimo gigante, una bestia alta dieci metri che procedeva a passo spedito ma scoordinato verso il Comandante.


«Levi! Non c'è tempo!»

Le ultime parole che Levi aveva sentito pronunciare dal suo comandante. Aveva avvistato l'ennesimo gigante correre in direzione di Erwin, dietro di lui Eren, Mikasa e altri soldati che non era riuscito a riconoscere a causa delle condizioni climatiche. La sua missione. Doveva pensare alla sua missione, a impedire che i giganti catturassero Eren. Allora perché il suo sguardo era fisso su Erwin? Perché sentiva la rabbia farsi spazio nel petto al solo pensiero di vedere ancora una volta Erwin in fin di vita? L'ultima volta aveva creduto di averlo perso per sempre.
Aveva visto il gigante falciare cavalli e soldati come foglie secche spazzate via dal vento, facendosi largo e arrivando sempre più vicino al comandante. Ormai incombeva su di lui, senza che nessuno potesse fermarlo. Tutto quello che doveva fare era ripetere le stesse tecniche ripetute centinaia di volte durante i combattimenti: superare il gigante, frapporsi fra esso e il comandante, attirare l'attenzione dell'essere e infine affondare le lame nella sua nuca. Levi era sicuro di quello che avrebbe dovuto fare, aveva deciso di sfruttare la riserva di gas che gli era rimasta per impedire che l'Arma Ricognitiva perdesse il suo comandante e la chiave per restituire all'umanità la libertà tanto agognata.
Davanti agli occhi increduli dei pochi superstiti, le lame padroneggiate da Levi avevano centrato per l'ultima volta il bersaglio; gli era stato chiesto di offrire il suo cuore e lui lo aveva fatto. Aveva offerto il suo cuore per una giusta causa: Erwin Smith.


Only 20 minutes to sleep
But you dream of some epiphany

 

Era prerogativa di un comandante essere in prima linea a combattere insieme ai suoi uomini, in nome di ciò in cui credevano e che rappresentavano. Aveva combattuto, Erwin Smith, fino alla fine, ma non era stato abbastanza. Aveva visto il gigante arrivare e in equilibrio perfetto sulla sella del cavallo era già pronto allo scontro finale, scontro che tuttavia non sarebbe mai arrivato. Aveva visto Levi comparire alle spalle del gigante e farne a pezzi il collo, ma aveva anche visto dell'altro: tutto, di quella situazione, gli suggeriva che qualcosa non stesse andando secondo i piani, ma non era riuscito a capirlo fino a quando non aveva visto il corpo esanime del compagno cadere a terra, dopo il gigante, senza più rialzarsi.
I tentativi disperati di Hange erano stati inutili ed Erwin era riuscito soltanto a osservare Levi senza muovere un muscolo, impietrito dallo shock. Non vi era più alcuna guerra, il mondo sembrava essere stato inghiottito dal vuoto e con esso l'ultimo respiro di Levi Ackerman.

Nel corso degli anni Erwin aveva sperimentato il dolore sulla propria pelle, ma quello era un tipo di sofferenza mai provato prima. A ogni respiro sentiva un peso gravargli sul petto, sentiva centinaia di spine trafiggergli il cuore con la consapevolezza che da quel momento in poi Levi non avrebbe più fatto parte di quella vita. Non ci sarebbe più stato nessuno pronto a fulminarlo con lo sguardo, dopo averlo trovato assopito tra i fogli adagiati sulla scrivania a tarda notte; nessuno avrebbe più adagiato una coperta sulle proprie spalle, prima di lasciare la stanza; non ci sarebbe più stato nessuno così attento da notare persino l'appena accennata smorfia di dolore comparirgli sul viso, per poi costringerlo a riposare; nessuno sarebbe corso da lui a rassicurarlo, seppur in modo poco delicato, dopo l'ennesimo incubo. Nessuno avrebbe mai più rimesso insieme i pezzi di sé che credeva di perdere ad ogni uomo caduto; nessuno gli avrebbe mai più ricordato che il muscolo che tentava invano di tenere nascosto nel petto fosse in grado di battere più veloce alla sola vista di un uomo alto appena un metro e sessanta, e che le rare volte in cui sorrideva fosse persino capace di mettere a tacere i demoni che giorno dopo giorno lo divoravano.

Per anni era riuscito a nascondere le proprie emozioni dietro uno sguardo austero e imperturbabile, eppure in quel momento aveva sentito ogni facciata crollare, lì davanti al soldato al quale non aveva mai saputo nascondere nulla se non i propri sentimenti. Come poteva riuscire a nascondere il dolore di averlo perduto in quel modo? Nessuno osava proferire parola, il silenzio glaciale che era piombato su quel perimetro veniva interrotto soltanto dalla pioggia e dai singhiozzi provenienti da qualcuno che Erwin non voleva nemmeno identificare, non in quel momento. Non quando gli era stato appena strappato via l'unico punto saldo in quell'esistenza fatta di morte e solitudine.
Dopo poco era crollato anche lui, in ginocchio accanto al corpo di Levi, scostando delicatamente con la punta delle dita tremolanti un paio di ciocche nere dal viso del più giovane. Non aveva mai concesso a nessun soldato quella carezza, quelle attenzioni. Secondo le parole della caposquadra, era da considerare valida l'ipotesi di uno scontro con un gigante, finito con lo schianto contro un ramo spezzato, causa della perforazione della milza e quindi un'emorragia interna, portandolo a un graduale dissanguamento e infine alla morte in breve tempo. Questo non aveva impedito a Levi di usare le ultime forze rimaste, prima di perdere conoscenza, per annientare l'ultimo nemico e salvare per l'ultima volta il Comandante.

Just one single glimpse of relief
To make some sense of what you've seen


In quanto comandante, doveva essere lui a mantenere salda la squadra che, dopo la morte di Levi, si ritrovava ad affrontare una paura diventata quasi una certezza: non avere possibilità di sopravvivenza. Doveva essere Erwin a mantenere la calma e la freddezza che contraddistingueva tale figura centrale per l'esercito ed era quello che aveva fatto: compilato il rapporto di rientro dalla spedizione –per la prima volta si era ritrovato davanti al foglio bianco senza sapere che cosa riportare con esattezza–; mandato i suoi uomini ad informare le famiglie di coloro che non avevano fatto rientro; indetto l'ennesima riunione. Aveva fatto tutto ciò che ci si aspettava da un comandante, ma per un solo giorno avrebbe voluto non esserlo. Aveva sorriso con amarezza vedendo come, nonostante non avesse mai rivolto una parola gentile alle reclute, Levi avesse lasciato un'impronta indelebile nelle loro vite. Quel giorno il Corpo di Ricerca aveva perso molto più di uno scontro con i giganti: aveva perso la speranza chiamata Levi Ackerman. Non vi era più tempo per lui e di questo Smith ne era dolorosamente a conoscenza.

Fin dal primo istante era stato chiaro a chiunque che Levi avrebbe ricoperto un ruolo fondamentale all'interno di quella guerra senza fine; per tale motivo e importanza gli era stata concessa una degna sepoltura, priva però di una funzione religiosa. "Sarebbe stato capace di risvegliarsi e prendere a calci chiunque vi avesse preso parte", aveva pensato qualcuno tra i soldati, coloro a cui il capitano aveva concesso l'onore di assaggiare la suola degli stivali in diverse occasioni.

«Ho rinunciato a tutto per inseguire il mio sogno, ma non ero pronto a sacrificare questo, Levi. Tu non eri destinato a questo, non ti avrei mai sacrificato. Se me lo avessi chiesto avrei rinunciato al mio stesso sogno e tu saresti rimasto al mio fianco, senza esitazione. Levi, ho un ultimo ordine per te: torna da me, per favore.»

Erwin non aveva mai voluto esternare emozione alcuna, non voleva vedere a sentimentalismi che non gli appartenevano, ma quel pomeriggio lo aveva fatto: aveva trovato il coraggio di pronunciare quelle parole solo davanti alla lapide di Levi, situata al di fuori delle mura, finalmente libero.

[...]

Le mura erano di nuovo sul punto di aprirsi, ma non vi erano più le grida della gente che incoraggiava i soldati; il silenzio e la morte aleggiavano attorno ai mantelli verdi, in attesa che il Comandante desse l'ordine di partire. Quest'ultimo aveva lo sguardo volto alla propria sinistra, verso quel posto vuoto che non sarebbe mai più stato occupato da nessuno. Sorrise al vuoto, Erwin, immaginando Levi fargli quel solito cenno col capo, gli occhi argentei incastonati nei propri, come a volergli dire che avrebbero affrontato insieme qualunque cosa avessero trovato là fuori, l'uno accanto all'altro. Quel cenno non sarebbe mai più arrivato.

 

[Epiphany, Taylor Swift]
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Piccola nota dell'autrice: essendo la mia prima storia in questo fandom ammetto di essere un po' intimorita e forse anche imbarazzata all'idea di pubblicarla, ma in quanto amante dell'angst e degli Eruri non ho saputo tirarmi indietro. Chiedo venia per eventuali errori, tutto questo è nato in piena notte e solo oggi mi sono decisa a rivederlo e pubblicarlo. Come già anticipato, questa è la prima di due song-fic ispirate da Taylor Swift, la prossima però non sarà correlata a questa. Termino qui, ringrazio chiunque possa aver letto e sono ben aperta a possibili consigli su come migliorarmi!

   
 
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