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Autore: pampa98    15/10/2021    1 recensioni
[Storia scritta per il Writober di fanwriter.it]
!SPOILER QUINTA PARTE!
Due parole che avevano continuato a tormentarlo e a spaventarlo. Il dolore che aveva provato per averle sperimentate era diventato un compagno costante, sempre al suo fianco per ricordargli una verità che aveva avuto davanti agli occhi per molto tempo, senza mai avere il coraggio di accettarla: amare significa venerare un’altra persona che si accontenterà solo di questo, senza restituirti niente. L’amore non è uno scambio equo. Martín era stato per troppo tempo il donatore e non poteva permettersi di continuare a esserlo.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Helsinki, Palermo
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Prompt 15: Paura

DUE PAROLE

 

«Ti amo.»

Due parole molto semplici, ma che non era mai riuscito a pronunciare ad alta voce. Aveva avuto paura che, se lo avesse fatto, avrebbe perso per sempre Andrés – era successo comunque, e senza che Martín avesse potuto dirgli ciò che provava per lui.
Due parole che avevano continuato a tormentarlo e a spaventarlo. Il dolore che aveva provato per averle sperimentate era diventato un compagno costante, sempre al suo fianco per ricordargli una verità che aveva avuto davanti agli occhi per molto tempo, senza mai avere il coraggio di accettarla: amare significa venerare un’altra persona che si accontenterà solo di questo, senza restituirti niente. L’amore non è uno scambio equo. Martín era stato per troppo tempo il donatore e non poteva permettersi di continuare a esserlo.

 

Helsinki aveva l’abitudine di abbracciarlo, prima di tornare nella sua stanza. Martín lo odiava. Loro due erano compagni, scopavano per soddisfare i loro bisogni primari e il loro rapporto non sarebbe proseguito dopo la rapina. Lo sapevano entrambi, eppure Helsinki trovava sempre il modo di stargli vicino, di passare con lui più tempo del necessario e Martín doveva continuamente ricordare a se stesso di non cadere in quella trappola in cui il serbo lo stava conducendo, pur senza esserne consapevole. Doveva imporsi di non pensare a lui, di non essere felice ogni volta che Helsinki si sedeva in giardino con lui o gli offriva una birra dopo la cena. Doveva imporsi di alzarsi da quel letto che sapeva sempre più di loro e di non lasciarsi avvolgere dalle sue braccia.
Stava quasi per lasciarglielo fare, quella notte: l’ultima al monastero, forse l’ultima in cui sarebbero stati vivi. Solo poche ore per fingere che il loro rapporto fosse qualcosa di più dell’essere
brothers. Doveva averlo pensato anche Helsinki, perché anziché alzarsi come aveva imparato a fare, si era girato su un fianco e gli aveva posato un braccio sul petto. Un gesto semplice, ma che aveva spaventato Martín al punto da farlo scattare giù dal letto.

«Domani partiamo all’alba» disse, raccogliendo le mutande abbandonate sul pavimento. Sperò che la sua voce fosse calma e indifferente come sempre. «Dovresti andare a riposare.»
«Hai ragione.»
Helsinki si alzò e si rivestì, fermandosi poi di fronte a lui per quel gesto abitudinario che Martín non ricambiava mai – ma che nemmeno impediva.
«Волим те.»
«Che hai detto?» gli chiese. Helsinki si limitò a sorridere e a dargli una pacca sulla spalla.
«Buonanotte, Palermo.»
Martín era certo che non fosse ciò che gli aveva detto prima, ma decise che indagare su quelle due parole sarebbe stato stupido – e, forse, anche pericoloso.

 

Helsinki si era addormentato tra le sue braccia, il volto ancora segnato dalle lacrime che aveva versato prima che il sonno prendesse il sopravvento. Martín lo aveva guardato dormire, accarezzandogli la testa di tanto in tanto. Forse era stata una perdita di tempo, ma dopo tutto quello che era accaduto, Helsinki meritava un po’ di riposo. E se tra le sue braccia era riuscito a trovare conforto, Martín non lo avrebbe certo allontanato. Era stato la causa principale del suo dolore e non riusciva a capire come Helsinki – Mirko – avesse potuto perdonarlo.
«Волим те.»
L’uomo gli sorrise e poi si mise a sedere, stirando le braccia e facendo scrocchiare il collo. Martín vide i segni lasciati sulla pelle dalla corda e decise di ignorarli, così come ignorò le due parole che Mirko aveva appena pronunciato.
«Come ti senti?» chiese, invece.
Mirko annuì.
«Mi sono ricaricato.» Si alzò in piedi e gli tese una mano per aiutarlo a fare altrettanto. Martín la accettò. Gli occhi blu di Helsinki risplendevano di nuova luce, forti e vivi. Gli strinse la mano che Martín non aveva voluto ritrarre dalla sua presa, e sorrise.
«Portiamo fuori l’oro e andiamocene da questo cazzo di posto.»
Martín ricambiò il sorriso e, per la prima volta da quando tutto era iniziato, immagino di uscire dalla Banca di Spagna vivo.

 

Due parole avevano continuato a risuonargli in testa da quando aveva consigliato a Denver di salutare Stoccolma, consapevole che avrebbe fatto bene anche lui a seguire il suo stesso consiglio. Avevano continuato a risuonargli in testa mentre Helsinki lo salutava con un cenno della mano e un sorriso, separandosi da lui per mettere in moto il suo folle piano. Avevano continuato a risuonargli in testa mentre gridava a Helsinki di tenere gli occhi aperti, supplicandolo di restare con lui. E continuavano a risuonargli in testa anche in quel momento, in piedi accanto all’uomo che amava, nel silenzio che era seguito all’ultimo attacco. Avrebbe dovuto svegliarlo, dirgli che Tokyo era morta e che avevano poco tempo per uscire di lì, ammesso che ciò fosse ancora possibile.
La paura di amare aveva condizionato la sua vita per troppo tempo e solo quando credeva di aver trovato la forza di rischiare, aveva scoperto un’altra paura, più opprimente e definitiva. Non aveva mai pensato che Andrés sarebbe potuto morire: per lui aveva vissuto solo il dolore e la rabbia per quell’ingiustizia. Non aveva mai conosciuto il terrore che aveva preso possesso del suo corpo quando aveva sentito l’urlo di Helsinki e l’iniziale silenzio di fronte alle sue chiamate, la consapevolezza che l’uomo che amava fosse morto da solo e senza sapere quanto Martín tenesse a lui.
Di fronte al volto sofferente, ma addormentato – solo addormentato – di Mirko, Martín gli fece una promessa: non avrebbe più avuto paura.

«Ti amo.»

 

Волим те: "Ti amo" in serbo.
   
 
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