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Autore: meiousetsuna    18/10/2021    5 recensioni
Scritta per il contest: Ace Contest, di Mari Lace sul forum di EFP
Janine e Sherlock sono una “finta coppia”, anche se all’apparenza sono davvero bene assortiti. Intelligenti, belli, indipendenti… ma c’è un dettaglio. Il loro rapporto è fermo all’amicizia speciale, sì, ma… senza benefit!
Janine ha un bell’arrovellarsi; dipende da un legame omoromantico con John? Sherlock è proprio gay? Non sembra la risposta giusta. Forse nel corso di una serata un po’ malandrina la ragazza fugherà i suoi dubbi. O no!
Have fun,
vostra Setsuna
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Janine Hawkins, Sherlock Holmes
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Scritta per il contest: Ace Contest, di Mari Lace sul forum di EFP – citazione 21
“Stai dicendo che sono una bugiarda?” “Sto dicendo che sei un’ottimista, è praticamente la stessa cosa.”
Sherlock/Janine
missing moment della 3x3

Sei solo una doccia per me

“Novanta, settanta, novantadue”.
Janine si sarebbe sentita lusingata oltremisura per l’attenzione che il suo improbabile fidanzato dimostrava per il suo corpo, se non fosse stato per diversi dettagli fastidiosi che rovinavano quell’attimo di gloria. Per primissima cosa, di solito dichiarava di essere un pochino più snella; quando era un’adolescente aveva un vitino di vespa, e una sua ansia inconfessata era…
“Non sei molto contenta che abbia indovinato, sei preoccupata di diventare grassa come tua madre è una caratteristica delle donne mediorientali, ma lei avrà avuto tre o quattro gravidanze, tu non corri questo rischio”.
Ecco, una paura era passata, anche se avrebbe dovuto offendersi! Ma chi poteva interromperlo mentre sproloquiava così a raffica? Inoltre non se la sentiva di protestare; il giorno in cui l’inafferrabile Sherlock Holmes, colui che aveva mandato a picco la pluridecennale tradizione del sesso infuocato tra prima damigella e testimone dello sposo, le aveva telefonato per uscire era rimasta letteralmente senza parole.
Il corteggiamento era stato molto rapido, quasi frastornante, ma affermare che c’era qualcosa di strano non rendeva ancora l’idea.
Le aveva dato appuntamento in un ristorante elegantissimo di Marylebone Road; chiaramente quello della dichiarazione di John alla cara Mary. Per tutta la durata della cena Sherl aveva raccontato con dovizia di particolari di come avesse interrotto il piano del suo dottore, dei baffetti finti, del vino e questo non aveva tranquillizzato molto Janine. L’attenzione del ragazzo le sembrava focalizzata solo sull’amico e i ricordi del suo accenno di balletto, del discorso più accorato che avesse mai udito in uno sposalizio e di quella mezza ammissione di essere gay tornavano prepotentemente a galla.
Sherlock era un grande enigma per lei. In fondo chi lo obbligava a invitarla fuori? Anche i piatti erano sospetti: le ostriche e l’aragosta, lo champagne e il dolce di cioccolato al peperoncino sembravano un menù preso dal sito “Cibi afrodisiaci per ogni occasione”.
Come se la più grande mente d’Inghilterra non sapesse immaginare qualcosa di più originale. Possibile che fosse solo molto timido e incredibilmente inesperto riguardo le donne?
La giovane lo scansionò dalla testa ai piedi. Capelli morbidi e scuri, occhi come lame di ghiaccio, labbra a cuore, alto, elegante, colto, intelligente. Non era proprio possibile. Bisessuale non dichiarato? Probabilmente, e per quanto un uomo un po’ ambiguo non fosse la sua più grande aspirazione non era neppure scandalizzata o troppo ostile. Lei sì che aveva fatto qualcosa di brutto, pensò con rammarico. Le molestie sessuali che Charles Magnussen le aveva inflitto le bruciavano ancora, più per la rabbia di averle tollerate che per il trauma. Non l’aveva davvero aggredita, e l’impiego era fantastico… meglio gettarsi tutto alle spalle. In fondo da quel momento la sua vita aveva preso una svolta fortunata. Aveva fatto amicizia con Mary* e conosciuto uno degli scapoli più ambiti di Londra. Le sue colleghe l’avrebbero odiata, pensò con soddisfazione.
Probabilmente l’aspettava uno straziante avvicinamento al rallentatore, con lui che faceva un passo avanti e due indietro; qualche esperienza al college l’aveva fatta, era una ragazza vivace e molto popolare, e le era capitato di sperimentare diversi tipi di coppia. Mancò poco che soffocasse con il raffinato Pol Roger che stava centellinando dal flûte** quando Sherlock, appena chiesto il conto al cameriere – uno reale per fortuna –, aveva smesso tutto d’un tratto d’essere impacciato e rigido.
“Naturalmente questa notte resterai a dormire nel mio appartamento”.
Naturalmente!
“Cosa ti fa credere che sia quello che voglio?”
Janine sorrideva, perché diamine, sì che le andava, ma prima voleva divertirsi, prendersi una piccola vendetta per il suo precedente rifiuto. Oh, e anche per quella frase nel discorso del testimone.
‘Hai scelto accuratamente le damigelle perché siano meno attraenti di te’.
D’accordo che i gusti sono gusti, e che a Mary Morstan voleva un gran bene, ma c’era un distinto stacco tra loro in senso estetico!
“Semplice. L’altra volta non portavi un profumo, stasera invece riconosco le note di Sensuous:*** sandalo, miele e ambra, senz’altro volevi evocare una seduzione esotica. I capelli sono appena spuntati, appaiono più vaporosi, il trucco è molto curato ma vuole sembrare naturale e la scollatura del vestito è piuttosto accentuata. Non hai indossato scarpe con dei tacchi eccessivi, pensi che preferisca dei partner più bassi?”
John-Watson-era-il-mio-rivale fu un commento che riuscì a ingoiare non senza difficoltà. Non le rimase che arrossire per l’imbarazzo, asciugarsi le labbra col tovagliolo e glissare con studiata leggerezza.
D’accordo, Mister Delicatezza, un punto per te. Ma vedrai quando saremo a casa tua cosa ti combino, ti giuro che al dottore non ci penserai nemmeno mezzo secondo, credo che stanotte sceglierai da che parte schierarti.
Sherlock le aprì la portiera del taxi, pagò la corsa – niente di straordinario, ma vista l’eccentricità del personaggio poteva andare peggio – e la accompagnò al piano superiore del 221B di Baker Street senza neppure fingere di offrirle un drink o altri gesti cavallereschi. Janine aveva rinunciato a priori a una classica serata romantica e infine vivevano a Londra, nel 2014. Non aveva bisogno di recitare la parte della verginella da convincere.
“Puoi usare un mio pigiama, se non ne hai portato uno tuo”.
“E cosa dovrei farci?”
La risposta l’aveva data sedendosi con fare sinuoso sul letto dell’investigatore, accavallando le cosce con un gesto fluido. Niente nudità in stile “Basic Instint”, per carità, era certa che nulla di volgare avrebbe acceso l’interesse di Sherlock, e a dirla tutta non era il suo stile. Però l’aria attonita di lui, che la fissava come un batterio su un vetrino, la sconcertò: sembrava aspettare una grande rivelazione, paragonabile alla scoperta che la Terra è rotonda. Le vennero in mente delle battute di John sul sistema solare, ma non le ricordava bene, erano troppo assurde.
“Indossarlo, la casa è umida per dormire spogliata”.
Infine le aveva risposto, considerandola un caso perso, ma adesso era il turno della ragazza di restare senza parole. Per un minuto rimasero in perfetto silenzio studiandosi con curiosità, finché con inconsapevole accordo si sbloccarono parlando contemporaneamente.
“Faccio una doccia”. E adesso?
“Prima le signore, almeno credo funzioni così”.
“Non preoccuparti, Sherl, non c’è fretta, vai prima tu. Io… intanto prenderò qualcosa da bere, ok?”
“Oh. Sicuro, ma stai attenta a non confonderti con la bottiglia di succo di pomodoro, dentro c’è altro”.
“Cosa, sangue umano?”
Janine si esibì in uno sguardo tentatore che voleva richiamare l’idea di un vampiro.
“Non proprio, ma non aprirla lo stesso, cercherò di fare presto”.
Rimasta sola l’ospite frugò nel comodino senza farsi troppi scrupoli, in cerca di qualche indizio: una rivista pornografica, preservativi, ma nulla. Cercando di camminare sulle punte dei piedi scalzi – indice di colpevolezza – aprì piano le ante dell’armadio, ma anche lì niente di rivelatore. Basta, si stava facendo dei problemi inesistenti, ci sono semplicemente persone più fredde della norma. Janine si sfilò l’abito di seta rossa, che le era costato un terzo dello stipendio e che esaltava la sua bellezza al massimo, poi tolse i pochi gioielli. Dapprima si sdraiò sul letto, mettendo in evidenza le lunghe gambe fasciate dalle autoreggenti, poi si spazientì.
“C’è posto per me?”
Una ragazza sicura di sé che entra nella doccia di un uomo può ottenere due reazioni; che lui perda la testa e la travolga senza potersi contenere, o che le riveli senza più dubbi di giocare nell’altro campo. Ma un Holmes non è mai banale, anche quando sarebbe una buona cosa.
“Certo, ho occupato il bagno molto tempo, vero? Usa il bagnoschiuma al tè verde, quello al sandalo è troppo maschile”.
“Posso insaponarti?”
La voce di Janine era un miagolio, a quel punto. Gettò indietro i lunghi capelli, poi si versò il sapone profumato sulla mano destra.
“Grazie, mi sono già lavato, ma aspetto qui con te, se vuoi. A meno che questo interrompa i tuoi piani di esplorazione, in camera non c’è niente che ti possa interessare, forse volevi cercare anche in bagno?”
“Sei arrabbiato?”
La ragazza non ci provò neppure a prendere in giro il detective, era consapevole che avrebbe solo peggiorato la situazione. Di norma non si faceva intimidire, però era stata davvero maleducata. Pazienza! Sherlock alzò le spalle con sufficienza.
“Per niente, sono abituato a Gavin che fa perquisizioni antidroga”.
Janine rise di gusto. L’umorismo inglese era uno spasso, e lei aveva preso tutto da suo padre, il signor Hawkins, mentre con sua madre aveva un rapporto piuttosto distante. Forse per questo il modo di scherzare degli uomini le era più congeniale.
“Certo, è chiaro. Non so chi sia Gavin, mentre ce lo vedo Mike a organizzare una cosa del genere! Quindi hai un po’ d’erba?”
In tutto questo Sherlock era sereno come se indossasse uno dei suoi migliori completi, accessori compresi.
“Eventualmente sarebbe cocaina, ma non ne ho”. Aveva risposto con naturalezza e cogliere solo una leggera riprovazione in una piccola smorfia di lei lo fece rilassare. Per lo meno quella tattica non gli stava costando terribilmente.
“Sherlock… fai il prezioso, eh? Dovrei essere io a farmi pregare, se fossi il tipo, ma non è così. Ma tra poco non potrai più fingere, te lo giuro”.
“Non promettere cose che non potrai mantenere, Janine, è una politica rischiosa”.
“Stai dicendo che sono una bugiarda?”
La giovane mosse un passo – l’unico spazio vuoto tra loro – nella sua direzione, annullando ogni distanza. Lui la fissò, improvvisamente serio com’era ogni vota che aveva l’occasione di contraddire qualcuno.
“Sto dicendo che sei un’ottimista, è praticamente la stessa cosa. Conti molto sulla tua sensualità e non dico che sbagli, però… oh, capisco”.
Una mano della ragazza era scivolata con delicatezza sulla virilità di Sherlock, e aveva iniziato a muoversi con un piacevole su e giù. Lui socchiuse gli occhi, emettendo un lieve sospiro che poteva significare qualsiasi cosa.
Ecco, era fatta. Janine si sentiva intrepida adesso, lui non poteva più negare. Ridacchiando gli sfiorò le labbra con le sue, sentendo che la ricambiava. Non usava la lingua, si vede che era un grande nazionalista e i baci alla francese non gli piacevano! Però la sua bocca era morbida e bellissima, e anche quel contatto superficiale era un piacere incredibile. Lui le accarezzava i fianchi, la vita, la schiena ma nulla di più… specifico. Magari si eccitava solo con cose perverse? Eppure, anche se con un po’ di fatica, stava iniziando ad avere un’erezione, pur mantenendo un distacco che lei non capiva bene.
“Non mi porti ancora a letto? Mi sembra che il piccolo Sherly sia collaborativo”.
“E chi sarebbe, scusa?”
“Davvero devo spiegartelo? Ti sei offeso per il piccolo? Non mi dire che ha un altro nome!”
Ma non era un genio? Quella sera la sua compagna di doccia iniziava a dubitarne.
“Cercavo di distrarti, non sono stupido, è che quello lo sto riservando per la nostra notte di nozze”.
Janine avrebbe voluto avere una risposta pronta, una dissacrante, o per lo meno brillante. Invece rimase a boccheggiare, sentendosi terribilmente ridicola mentre smetteva con la sua occupazione nelle parti basse di Sherlock.
“Ti piace scherzare”. Un sorriso falsamente rilassato si formò sul viso della giovane.
“No, non nel senso comune di questa espressione. Dopo quello che abbiamo fatto siamo fidanzati, credo. Ora è meglio se ci asciughiamo, tu avrai sonno, io devo uscire”.
Cosa!?”
“Lavoro, mi aspettano a Scotland Yard per un caso da otto, non posso perderlo. Non aspettarmi, farò tardi, domani faremo colazione insieme”.
Sherlock mise un piede fuori dal box, poi si girò e dopo un secondo di riflessione le diede un altro bacio a stampo.
“Buonanotte”.
Janine rimase sotto il getto d’acqua calda con la spiacevole sensazione di non comprendere la differenza tra una presa in giro e una verità assurda. Dopo il matrimonio.
Bè, intanto poteva cominciare da sola…


Note: Il titolo è tratto dalla simpaticissima:Il flamenco della doccia di Daniele Silvestri
*Che non credo abbia stretto con lei un’amicizia disinteressata…
**In francese sarebbe la flûte, ma scrivendo in italiano mi sono attenuta – malvolentieri – all’uso preferito della Crusca di declinare al maschile i forestierismi.
***Vero profumo di Estée Lauder
Qui delle note che non necessitavano del disturbo di interrompere la lettura: l’attrice che interpreta Janine è anglo-pakistana, quindi ho attribuito la stessa caratteristica al personaggio.
Lei è l’unica a chiamare Sherlock “Sherl” e usare il diminutivo “Mike” invece di “Myc”. Anche non ho capito quando avrebbe preso confidenza con Iceman! ^-^

  
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