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Autore: IlBellArmando    19/10/2021    6 recensioni
In Paraguay, Mac ripensa al suo passato: prima del JAG, prima di Harm.
Crossover con un'incursione nel Sudamerica delle telenovelas.
Genere: Comico, Demenziale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Lascia la spina, cogli la rosa.
 
Disclaimer: I personaggi di questa storia non ci appartengono e non ci prefiggiamo nessuno scopo di lucro nell’utilizzarli.
 
NdA: Quanto ci garbano le telenovelas argentine, con quegli intrecci spiraliformi in cui la Spannung si ripropone (proprio come la lasagna a sette strati della mamma di Gargiulo [cit.]) almeno in 188 puntate su 198, poiché le prime 10 servono di norma da introduzione (anch’essa spiraliforme e ripetitiva come una videolezione in DaD, DDT, Dududadadà) a uso e consumo delle casalinghe disperate che girano la polenta Maranello. Ci mandano in solluchero soprattutto quelle – pochissime, ahinoi - con l’esplosiva coppia Andrea Del Boca - Gabriel Corrado. Quest’oggi, vi proponiamo questo crossover con Perla Negra, o meglio, questo minestrone panamericano, approfittando dell’avventura di H&M sulle rive del Paranà.
 
2003/09/26
Ciudad del Este, Paraguay
0900 ZULU
 
Tus ojos son como dos lagos de agua cristalina,
agua que me llama,
agua que me inunda,
agua que me ahoga.
 
Un’antica canzone paraguayana? No. Un brandello di sonetto di Neruda maltrascritto da un regaz grafomane sul diario scolastico, nella soporifera penombra dell’ultimo banco? No, no. “Un canto, che s’udía per li sentieri / lontanando morire a poco a poco? No, no, no no!!! Lasciamo in pace Giacomino nostro, che con questa storia non c’azzecca punto. Era l’alba: la fascinosa e impavida Sarah “Mac” MacKenzie, insonne in una sgangherata locanda sulle lutulente e fangose rive del Paranà, si abbandonava a malinconici ricordi che la sabbia del tempo recava con sé. Prima del JAG, prima di Harmone il Figone che le aveva rapito il cuore dal petto - manco fosse un Thug antagonista di Indiana Jones-, prima di quella vita adrenalinica e folle di cui l’avventura nella hacienda con Webb la-CIA-ti-spia torturato dai terroristi con la corrente elettrica era solo l’apice. Eh sì, prima di rimanere fatalmente impaniata nell’umor vitreo degli occhioni cerulei di Harmon Rabb jr, aveva vissuto un amorazzo mordi e fuggi con un giovane uomo d’affari argentino. O almeno, lei e Tomàs Alvarez-Toledo – questi gli altisonanti tria nomina del fascinoso amante latino – ci avevano provato.
 
I tuoi occhi sono due splendidi laghi di acqua cristallina,
acqua che mi chiama,
acqua che mi inonda,
acqua che mi affoga.
 
Buenos Aires, dieci anni prima. Dopo Okinawa e John Farrow, il superiore Pigmalione che le teneva corto il guinzaglio come a un mastino sbavante e idrofobico, e prima dell’episodio successivo della sua telenovela, la facoltà di legge alla Duke, Mac si era concessa una vacanza lontano da tutto e da tutti, incognita tra gli incogniti, nella melancolica terra del tango, covando dentro di sé una frégola che non sapeva o non voleva spiegare.  Respirava avida, ad ampie boccate, l’aria primaverile, passeggiando lungo il Rio de la Plata. Quella brezza che le schiaffeggiava ritmicamente il volto era semplicemente goduriosa. “Libidine, doppia libidine, doppia libidine col fioco”. E daje, no! Codesta nostra farsa tanghèra (e un poco tànghera) non vuole saccheggiare manibus plenis i nostri Soliti Noti - Sciùr Lisander, l’òmero artrosico de mi’ nonna, Pietro Trapassi e compagnia cantante -, ma nemmeno un cinepanettone/stinco di suino anni ’80. Orbene, quella che la nostra giovine eroina inspirava a pieni bronchioli era aria di L I B E R T À [Libertas, quae sera tamen respexit inertem / candidior postquam tondenti barba cadebat] (H.P. haec expungit, quia Bucolicon versus de viro vetusto nec de femina venustissima loquuntur). Quell’afrore dolciastro e voluttuoso che aspirava con tanta brama le rammentava i cannoni ottagonali di quella buona, come quelli che si sparava con Chris, il cretino ubriacone, o con il povero Eddie, prima di unirsi agli USMC. Libertà rischiosa, però, facendo una mano di conti, perché Mac in quel momento doveva fare scelte importanti per la sua vita e si aspettava che un Caronte qualunque preso ai saldi, o anche un Flegiàs piromane seriale o un Jovanotti hiphopparo, con la sua moto Gilera 125, venisse a trasportarla in qualsivoglia direzione. Di una cosa era certa, anzi di due: mai più liasons dangereuses con neomaggiorenni tossici, emoalcolici, mariuoli manolesta e mai più legami more uxorio con vecchi bacucchi brizzolati, che nascondessero dietro l’esperienza e l’aplomb della maturità il fatto di essere solo pallosi, prolissi e pesantoni. Anzi, tre: mai più un collega avrebbe tenuto in scacco la sua vita e il suo cuore. Per concretizzare quest’ultimo e saldissimo ubi consistam si sentiva coi piedi all’asciutto: nonostante l’umidità che saliva dal Rio, il rischio di incontrarne uno lì a Buenos Aires era pari allo zero.   
 
Tus ojos son como dos lagos de agua cristalina,
agua que me llama,
agua que me inunda,
agua que me ahoga.
 
Era così sprofondata nel Tartaro delle sue brugole mentali che non s’era nemmeno avveduta che un bell’uomo le stava parlando. Ma che dici, Arma’? Non le parlava: le indirizzava dolcissime e alate parole d’ammòre. E non era mica un bell’uomo: era un figo pazzeschissimo, di quelli che credi che esistano solo nelle telenovelas sudamericane. ---Quelle in cui, per inciso e doverosa precisazione da crisi di perimenopausa, gli attori non si scambiano baci cinematografici, ma si esibiscono in incollamenti labiali da preadolescenza turbodiesel. Non a caso, ora ci troviamo in Argentina, il Sud del Sudamerica, ché noi non stiamo qua a favellare a vòto… --- (Fine del verboso intermezzo extradiegetico).  Ordunque, quando alzò la sua bella testolina gravida di vorticanti pensieri, Sarah fu trafitta dal raggio fulminante degli occhi di lui. Erano quelli, gli splendidi laghi di acqua cristallina, e lei si sentiva già mancare il respiro. Caronte, dove sei??? Sto ad annega’!!! Quegli occhi azzurri, profondi e penetranti illuminavano il volto perfetto di un giovane uomo castano, il cui sorriso rendeva ancor più ammaliante la fossetta sul mento.  
-Buongiorno – bofonchiò timidamente lei, non più avvezza a trovarsi inadeguata alla situazione. Da quando era entrata negli USMC, aveva vestito i panni di Miss Perfettina e mai le era balenato nella cucuzza di metterli nel cassonetto della Croce Rossa o anche solo di prestarli alla vicina di casa per Un ballo in maschera.
-Buongiorno a te, bellissima creatura – e in quella l’Adone australe si slacciò il nodo della cravatta (che Don Giovanni professionista!) e incrementò i Watt del sorriso e dello sguardo. Un campo elettromagnetico potentissimo si sprigionò all’istante. Un fulmineo incrocio di sguardi. E bacio fu, languido e appassionato come la milonga de la luna.
Ma che stai affa’, Macchetta nostra? Incontri un perfetto sconosciuto, in una terra sconosciuta, uno che manco si esprime nel tuo medesmo idioma - ma con eloquio sì fluente e carco di blandizie - e t’abbandoni a un lubrico amorazzo in mezzo alla pubblica via? Altro che Ultimo tango a Zagarolo, qua scatta il bollino scarlatto!
- E così sei un Marine! Non avrei mai detto che una donna così fantastica fosse un militare – fece lui, celando a fatica l’orgoglio di aver aggiunto una preda del tutto inusitata al suo infinito catalogo.
- Sì, e tra una settimana la licenza finisce.
Mai si sarebbe aspettata di trovarsi a quel carnal convegno, ma dal ventricolo sinistro ringraziò la sua buona stella: Tomàs era arguto e piacevole, oltre che smisuratamente attraente e passionale, il miglior scacciapensieri desiderabile da un qualsivoglia bipede di genere femminile (astenersi galline, scilicet). E ricacciò via quei bruttoni di Caronte, Flegiàs e tutto il festival orbeterracqueo dei mostri mitologici da trasporto su chiatta, lontano lontano dalle sue cogitazioni. Quel bel ragazzo era un genuino divertissement in ossa e carne (un po’ davvero, con quella pancetta incipiente): non ci si poteva aspettare null’altro, visto l’incontro estemporaneo e casuale e l’appartamentino da scapolone che palesava in ogni cantone l’inclinazione venatoria dell’Alvarez-Toledo. Da scrupolosissimo e stakanovista manager di una ditta di cosmetici qual era, chissà quante ragazze vi aveva condotto ed esaminato con filologica acribia. Mac non era certo zelosa: quella era la sua ora d’aria, la sua primavera di L I B E R T À. Altro che Lucy in the Sky with Diamonds: si librava leggera in un delirio più che psichedelico e non vedeva l’ora di gustare fino in fondo quel dulce de leche inatteso.
Erano a un dipresso nel bel mezzo delle manovre, quando si sentì bussare nervosamente alla porta. Non era un toc toc nervoso, era severamente compulsivo-ossessivo e trapanava i timpani e le gonadi.
“Sarà senz’altro LEI, non si sarà bevuta la scusa del mal di testa”. Lei, l’unica donna per cui era fuori di cranio, e paradossalmente l’unica che non aveva mai avuto il piacere di porre in lista.
-Non andare ad aprire. Chiunque sia, se ne andrà – sussurrò Sarah, a guisa di maliardona d’un film con Lino Banfi prima maniera.
-Non posso. Devo aprire per forza – mugugnò Tomàs mentre un lampo di terrore vibrava nei suoi occhi. Si tirò su frettolosamente i calzoni, per non inciampare nei tre passi dal talamo alla porta e per rendere più credibile la sceneggiata triobolaria – E tu, per favore, nasconditi in bagno.
Mac non ci capiva molto, ma si prestò nondimeno a quella farsa, di cui si augurava di rimanere testimone velata.
-Come stai, caro? Hai ancora mal di testa?
- Insomma.
A fare il terzo grado a Occhioni blu, una ragazza dalla pelle bianchissima, una moscerina con un bulbo arruffato biondo Tiziano. Una tipetta carina e molto giovane che con fare dispotico e occhio vigile da pulòtta di pattuglia al Pilastro, si era messa a ficcare il suo grazioso nasino in ogni dove.
-Cos’è questo letto sfatto?
-Perla, tesoro. Mi sono agitato tanto per via del mal di testa…
 
Ma chi era mai? Il medico fiscale? No, troppo giovane. Chissà se sotto l’Equatore usava, la visita fiscale! Boh?! Ma che medico fiscale? Lui alla Fassinascion era il boss… che faceva, si autoingiungeva l’accertamento? Chi poteva essere? La moglie? Tomàs era sì fimminàro, ma non sembrava incline alla pederastia. “Guardali lì, proprio due personaggi da telenovela, il grado zero dello stereotipo”. Mac si sporse in avanti per vedere meglio quell’atellana australe e si accorse che Perla brandiva pericolosamente un ombrello… contro di lei.
-È così che sei malato, lestofante? E tu, donnaccia, sparisci dalla mia vista! Occhioni blu, questa me la paghi cara! Ti odio!
E senza posa lo andava scrafazzando di ombrellate.
Mac raccattò i suoi vestiti e si sottrasse fortunosamente alla Furia anguicrinita, sgusciando via furtiva nella tenebra della notte.
 
RONF RONF RONF RONF RONF RONF
L’orchestra sinusale di Harmone spiaggiato sul letto la riportò al presente. Il Capitano panamericano si godeva il riposo dell’Eroe. Se lo era meritato tutto: per trarla fuori dal bel casino in cui capellifritti Webb l’aveva coinvolta, aveva sparato a destra e a manca, alla cieca, nella notte australe, pilotato uno Stearman con a bordo lei, finta donna incinta, lanciato un mazzetto di candelotti di dinamite su un deposito di missili terra-aria. Ma prima si dimesso dal JAG e aveva inscenato un falso matrimonio con una graziosa agente della CIA al solo scopo di estorcere informazioni secretate, il tutto mentre esplorava, al suo solito, le tante sostanze segrete dal nostro organismo secrete. Nell’azione di salvataggio si era fatto aiutare da Ernesto Galindez Sparalesto e  aveva mosso mari e monti e, letteralmente, una fastidiosa serie di Apecar parcheggiate in seconda e terza fila, per scaricare all’ospedale civico l’untocrinito più morto che vivo. Altro che Tomàs Alvarez-Toledo, il lestofante Mister Besame Muchissimo per cui aveva rischiato lesioni multiple dieci anni prima: nella sua concretezza un po’ rude da marinaio alato, priva di fronzoli e romanticherie cariadenti, HR jr era il suo vero uomo del destino. Quindi non si crucciava troppo, se ora le stava sfondando le orecchie e la pazienza con quel vibratone da basso profondo. Ma soprattutto gli perdonava di cuore il russamento da record e la sua annosa reticenza perché la sera prima, mentre stava immersa nella vasca – poco più di una conca per maiali macellandi – celata dalla schiuma di due damigiane di bagnodoccia Lidl Anch’io, lui si era smentito e le aveva detto: “Non ricordavo che tu fossi così bella”.
Lascia la spina, cogli la rosa.       
  
Grazie a tutti voi, lettori e ispiratori.   
 
 
 
 
  
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