Sangue.
Sangue ovunque.
Sui vestiti, sui muri.
Sulle sue mani.
Odore di sangue nell’aria.
Che cos’è questo suono?
Gli rimbombava nella testa, quasi armonioso.
Voci.
Ecco cos’erano.
Voci che lo chiamavano, concitate, doloranti.
Concentrati.
Batté la palpebre, cercando di focalizzarsi.
Impossibile.
Non riuscì a distogliere lo sguardo dalla scena che aveva davanti.
Dalla pozza di sangue sul terreno distrutto.
Dal sangue tra i capelli biondi.
«Ci stai facendo a pezzi!»
Cosa?
Se ne rese conto in quel momento.
Aveva attivato Unbreakable senza nemmeno accorgersene.
L’aveva attivato tra le braccia dei suoi compagni che cercavano di portarlo via.
Compagni che si stavano tagliando la pelle contro di lui, che sanguinavano rifiutandosi di lasciarlo andare.
Andare dove?
Rialzò lo sguardo.
Oh.
Lo stavano portando via.
Respirava ancora?
Ti prego.
Ti prego.
Eccolo là, un movimento involontario delle dita.
Le lacrime gli esplosero sul viso.
Un tremore della palpebra, i suoi occhi scarlatti dritti su di lui.
Katsuki.
 

∞

 
Stava sanguinando.
Stava sanguinando così tanto che l’odore gli dava la nausea.
Sentiva un suono fluttuante che ben presto gli fece venire l’emicrania.
Che cos’è questo suono?
L’immagine sfocata che gli si presentò davanti gli diede la risposta.
Voci.
C’era tutta la classe là, riunita in un ammasso informe.
Che stanno facendo?
Riuscì a focalizzare la macchia rossa in mezzo al caos.
Riuscì a vedere il sangue che scorreva sulle braccia dei suoi compagni, le ferite che si stavano causando cercando di trattenere qualcuno.
«Ci stai facendo a pezzi!»
Voleva chiamarlo.
Voleva dirgli che stava bene, che poteva disattivare la propria abilità, che quei testoni non l’avrebbero mai lasciato andare.
Non ci riuscì.
Cercò di protestare quando fu sollevato dai medici.
Non ci riuscì.
Sentì le sue dita contrarsi.
Non piangere.
Odiava vederlo piangere.
Le sue lacrime facevano più male di qualsiasi ferita.
Non piangere.
I loro occhi si incrociarono per un istante, e lo vide espirare bruscamente, sollevato.
Eijiro.
 
 

∞

Svegliarsi in ospedale non fu una sorpresa.
Come non fu una sorpresa la testa rossa appoggiata al lato del letto.
Né sentirlo russare.
Cercò di muovere le braccia, ma scoprì di avere una mano bloccata.
Bloccata dalle dita intrecciate con le proprie.
Sorrise, osservando per qualche istante quell’immagine.
«Svegliati capelli di merda! Fai così tanto casino da svegliare i morti!»
Il ragazzo scattò come una molla al suo urlo, guardandosi attorno confuso per un momento.
Poi si rese conto di dov’era, e di chi aveva parlato, e nemmeno dieci secondi dopo aveva le sue braccia avvolte intorno.
«Bakugo! Stai bene!»
Avrebbe replicato, se solo avesse trovato qualcosa di pungente da dire.
Si sarebbe allontanato, ma Kirishima stava tremando impercettibilmente.
Era così diverso dalla creatura con sembianze solo vagamente umane che aveva cercato di raggiungerlo dopo la battaglia.
Così vulnerabile.
Eppure averlo lì era...giusto.
Ignorò il dolore, ignorò qualsiasi cosa che non fosse lui.
Ricambiò l’abbraccio, affondando le dita tra i capelli rossi, stringendolo con la poca forza che aveva.
Lo sentì singhiozzare sul suo collo.
Stupido, emotivo Eijiro.
«Adesso sì.»