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Autore: Red Saintia    30/10/2021    10 recensioni
Il periodo dell'anno in cui la fantasia viaggia a briglie sciolte è proprio questo. Il giorno in cui il sacro si mischia con il profano, dove gli incubi non sembrano più relegati a semplici paure ma ad inaccettabili realtà.
Per una notte lasciamoci sedurre dal fascino ignoto dell'oscurità.
"Questa storia partecipa a - Luoghi dell'Orrore - indetto dal gruppo Facebook Il Giardino di Efp."
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"La smetti di fumare quella roba? L'odore ti rimarrà addosso per giorni e mia madre ha il fiuto di un segugio. Mi romperà l'anima non appena se ne accorgerà."

"E tu dille che abbiamo dato un passaggio ad un attraente hippie strafigo e disinibito, vedrai che le passerà la voglia di fare domande."

C'era poco da fare, Eve era refrattaria ad ascoltare qualsiasi forma di potresta che le impedisse di fare quello che voleva. E il bello stava proprio nel fatto che riusciva a coinvolgere nei suoi vizi e nelle sue stravaganze chiunque le stesse accanto. 
Maya sapeva che chiederle di non fumare erba almeno durante il tragitto in macchina sarebbe stata fatica sprecata, ma almeno poteva dire di averci provato. Alla fine, arrendendosi al fatto che Eve non l'avrebbe minimamente ascoltata, gliela tolse dalle mani facendo a sua volta due lunghi tiri e gettandola dal finestrino.

"Ma che cazzo Maya! Sei una stronza." protestò infastidita da quell'arbitraria decisione.

"Smettila di fare l'isterica, siamo quasi arrivate e ti voglio lucida e vigile. Non mi va di doverti trascinare dentro casa mentre sei in modalità zombie."

"Sei una rottura di palle se vuoi saperlo. E poi perché diavolo siamo dovute partire così presto? Tua madre arriverà domattina. Da Boston a Salem ci impiegheremo sì e no meno di un'ora e tu hai voluto metterti in viaggio a metà pomeriggio. Non vedo dove sia tutta questa premura di arrivare con così largo anticipo?"

La postura di Maya si irrigidì di colpo, Eve se ne accorse subito. Quando era alla guida e stringeva in quel modo il volante significava che stava cercando di tenere a freno l'ansia che cresceva in lei. "Manco da una vita da casa di mia nonna, non so cosa troverò né in che stato sia l'ambiente. Dovremo quanto meno sistemarci e mangiare qualcosa. Poi quando domani arriverà mia madre spero di concludere tutto il prima possibile e tornarmene a Boston."

"Secondo me stai facendo una cazzata. Tua nonna ti lascia in eredità una casa che potrebbe fruttarti milioni di dollari e tu vuoi cedere la tua quota e tirartene fuori. Roba da matti!"

"Non ho chiesto il tuo parere, sei qui solo perché volevo compagnia durante il viaggio tutto qui."

"Sì come no... dì piuttosto che non volevi tornare a Salem da sola, che non hai mai sopportato il fatto di essere nata in quella città, né tanto meno il cognome che porti. E più cerchi di tenerti fuori dagli affari della tua famiglia e più loro ti coinvolgono."

"Perché per te non è così? Anche tu sei nata lì e sai come funzionano certe cose. La differenza tra noi e che tu hai deliberatamente chiuso i rapporti con la tua famiglia, così da non avere rotture di scatole."

"Sì l'ho fatto e allora? Almeno sono stata onesta con loro e con me stessa. Non fingo che mi faccia piacere vederli ne che ho voglia di tornare in quel buco di mondo che è Salem. Dovresti farlo anche tu, ti sentiresti più libera e saresti meno acida."

In effetti aveva provato molte volte a farlo, ad allontanarsi dal mondo in cui era cresciuta, da certe tradizioni che ti rimangono dentro, come se fossero ramificate nel tuo stesso sangue. Ma qualcosa tendeva sempre a riportarla in quel luogo provocando in lei un profondo malessere. Ad Eve invece non importava niente. Per lei Salem era un posto come un altro, solo particolarmente ricco di folclore, il che per certi versi era anche divertente. Ecco perché non comprendeva fino in fondo l'inquietudine che Maya aveva addosso da quando erano partite.

Eppure non appena l'auto sulla quale viaggiavano varco la soglia della città anche l'imperturbabile ed eccentrica Eve cambiò espressione.

Sembrava come se d'improvviso avessero lasciato la frenesia delle loro vite in un luogo lontano per catapultarsi in una nuova realtà ovattata e tranquilla, che seguiva ritmi ben scanditi accogliendo ogni volto nuovo con uno smagliante sorriso un po' troppo di circostanza. Di certo però loro non erano delle estranee, tutt'altro...

I cognomi Williams e Parris, se altrove risultavano del tutto anonimi, a Salem riportavano alla memoria accadimenti che rappresentavano l'origine di quella città. Maya e Eve tornavano raramente a casa. Da quando frequentavano la Boston University sostenevano di avere sempre meno tempo per tutto il resto. 
Una giustificazione più che plausibile per stare lontane da casa mettendo a tacere il senso di colpa. Ormai erano prossime alla laurea, e la recente morte della nonna di Maya aveva costretto l'amica a ritornare per sistemare delle questioni burocratiche. Eve l'aveva accompagnata, inizialmente entusiasta di poterla prendere in giro durante tutto il viaggio, sperando di smorzare un po' il carattere ombroso della compagna di studi.

"Perché diavolo continuano ad osservarci?" Eve si sentiva gli occhi dei passanti puntati addosso e la cosa le provocava una sensazione sgradevole che non le piaceva.

"Perché siamo pressoché delle estranee qui. Vedono un'auto con una targa diversa che cammina in modo lento osservando in giro. E loro fanno altrettanto. Non c'è da meravigliarsi."

"Come cazzo ha fatto tua nonna Rose a vivere per tutta la vita in questa città? Io ci perderei la testa."

Maya abbozzò un sorriso amaro, ripensando alle serate trascorse insieme a sua nonna accanto al camino mentre le raccontava storie incredibili sferruzzando a maglia. Avrebbe voluto avere ancora quello sguardo sognante e carico di aspettative, ma con il tempo l'entusiasmo e il desiderio di conoscere cose nuove che aveva avuto da ragazzina erano scivolati via senza possibilità di ritorno.

"Ha conosciuto mio nonno Frank qui a Salem, tu sai che i Williams sono una delle famiglie più antiche in questa città. Non aveva motivo per volersene andare. Mio nonno era a capo di una delle ditte di trasporto più importanti della città. Così alla fine ci ha messo radici qui."

"Con te non c'è riuscita però? Tu te ne sei andata?"

"Già... è così, e non credo che me lo abbiano mai perdonato, sia lei che mia madre, suppongo."

Ma questo non avrebbe mai potuto saperlo, perché non c'era quando negli ultimi istanti del suo viaggio terreno, alla veneranda età di novantaquattro anni, nonna Rose aveva chiuso i conti con questa vita.

Eve stette in silenzio per parecchi minuti, sperando che il disagio di quei ricordi sparisse in fretta.

"Eccoci, siamo arrivate." annunciò Maya, ravvivando così l'umore della sua compagna.

Attese qualche istante prima di spegnere il motore dell'auto, al contrario di Eve che invece si era già fiondata fuori continuando ad osservare l'imponente costruzione in mattoni che si stagliava di fronte a lei. 
"Però... la nonnina si trattava bene. È messa piuttosto male all'esterno però indubbiamente è una gran bella proprietà." le parole della ragazza si persero nel vuoto più totale. Maya era ancora nell'abitacolo dell'auto, immobile, con il piede sulla frizione e la mano stretta sul cambio. "Ehi... ti decidi a scendere o vuoi mettere radici lì dentro? Muoviti dai!"

La voce di Eve la ridestò in modo brusco, e solo allora si rese conto del desiderio latente di innescare la retro e tornarsene subito a Boston. Tolse le chiavi, spense le luci e si decise a scendere.

L'incuria del tempo non era stata clemente con i vari infissi e l'ampio portico visibilmente mal ridotti e usurati. La struttura della casa però era rimasta per lo più invariata rispecchiando la classica architettura della stragrande maggioranza delle case di Salem. Nel giardino che circondava la proprietà, anch'esso appartenente ai Williams, proliferavano ormai erbacce di ogni genere. Così come vi erano cresciuti varie rampicanti che avevano attecchito all'esterno della struttura.

Maya si strinse più forte nel giubbotto che indossava, mentre un'ondata improvvisa di ricordi affollavano la sua mente.

"Se ti decidessi ad aprire la porta forse potrei scendere i bagagli. Sempre che tu la smetta di fare la bella addormenta."

"Sei davvero seccante te l'hanno mai detto Eve?"

"Falla finita, avresti anche potuto rifiutarti di venire ed incaricare un avvocato o un qualsiasi agente immobiliare a tuo nome. Adesso ci sei, quindi non fare tanto la sostenuta e vedi di muoverti."

Maya sbuffò spazientita, a volte l'atteggiamento di Eve era davvero insostenibile, ma d'altronde non aveva tutti i torti. Se solo avesse avuto di che pagare un intermediario avrebbe evitato volentieri di tornare in quel posto. 
Prese le chiavi che aveva in tasca e si diresse sotto il portico. Le assi scricchiolanti le fecero temere il peggio, ma fortunatamente non accadde nessun imprevisto. La serratura si aprì con estrema facilità accompagnando un lento cigolio della porta che si affacciò sull'intero dell'abitazione.

Maya fece luce con il cellulare prima di trovare il pulsante della corrente alla sua destra pregando che fosse funzionante.

Eve raggiunse l'amica qualche minuto dopo aver scaricato le valigie e la trovò piantata ancora fuori l'ingresso che si guardava attorno stranita.

"Ti sei imbalsamata? Vuoi spostarti per la miseria..." e le ultime parole le morirono in gola.

L'interno di casa Williams non aveva nulla a che vedere con l'immagine che si aveva da fuori. L'ampio salone, adibito ad accogliere gli ospiti, era perfettamente tenuto in ordine e pulito. Così come la sala da pranzo accuratamente apparecchiata per due. I mobili e i vari suppellettili che abbellivano l'ambiente erano stati tirati a lucido dando dimostrazione dell'antichità di quella dimora e dei suoi trascorsi storici.

"Questo... non ha senso, io non capisco. Com'è possibile?"

Si aspettava di trovare teli su teli a ricoprire mobili e ogni sorta di oggetto. Dava per scontato che ciò che avrebbe trovato all'interno rispecchiasse in pieno l'aria fatiscente che si respirava all'esterno. Sua nonna era ormai troppo anziana per occuparsi di una casa tanto grande e di sicuro se anche avesse avuto una donna delle pulizie dubitava potesse essere così zelante.

"Senti un po', ma tua nonna di preciso quand'è che è morta?"

"Tre mesi fa..." rispose, cercando nel frattempo di trovare una spiegazione plausibile a ciò che vedeva.

"E della manutenzione di questa casa se n'é occupata tua madre suppongo?"

"Sinceramente non saprei. Ci siamo solo sentite per decidere quando incontrarci qui, ma delle condizioni della casa non le ho chiesto niente, ne tanto meno lei mi ha accennato qualcosa."

"Beh... mi sembra chiaro che ci sia il suo zampino in tutto questo. Secondo me ha preparato ogni cosa sperando che tu cambiassi idea."

Ancora una volta l'entusiasmo di Eve si scontrò con l'espressione dura e inespressiva di Maya. "Ha perso solo tempo allora. Se ci tiene tanto può venirci lei ad abitare qui, io non ne ho la minima intenzione."

"Ma si può sapere che diavolo hai contro questa casa e questa città? Posso capire che non sia il massimo delle aspirazioni di una persona ma tu sembri davvero avercela a morte. E sinceramente stai cominciando un po' a rompermi le palle con questi atteggiamenti truci e misteriosi."

"Davvero non te ne rendi conto o fingi di non capire? Eppure il tuo cognome dovrebbe farti suonare un qualche campanello d'allarme in quella testa?"

"Ancora con questa storia? Ma a chi cazzo vuoi che importi se il mio cognome è Parris e il tuo è Williams? Andiamo Maya siamo 2021 e tu vuoi che tengano ancora banco miti e leggende."

"Importa a me! Perché il cognome che porto addosso ha condizionato tutta la mia vita. Sono dovuta letteralmente fuggire per non sentirmi additare come una discendente del demonio e adesso non tornerei in questa città e in questa casa per niente al mondo."

Fu il primo guizzo che Eve riuscì a scorgere nel suo atteggiamento da quando avevano intrapreso quel viaggio. E forse fu anche l'unica volta in cui si rese davvero conto di quanto quel cognome, e il passato legato ad esso, avessero condizionato la vita della sua amica.

"Senti... abbiamo parecchie ore di macchina addosso e anche un bel po' di tensione. Che ci frega di chi abbia preparato tutta questa roba o del perché questa casa sembri tirata a lucido. Mangiamo qualcosa, diamoci una rinfrescata e andiamo a letto. Domani a quest'ora saremo di nuovo a Boston e tu potrai tornare a fiondarti sui tuoi libri. Ok? "

Maya sospirò, rilasciando la tensione accumulata, accorgendosi solo in quel momento che il sole stava calando dietro l'orizzonte.

"Devo chiamare mia madre..." esordì, e Eve conoscendola sapeva che non si sarebbe data per vinta fino a quando non avrebbe trovato le spiegazioni che cercava.

La vide gironzolare nervosamente per l'ampio soggiorno con il cellulare tra le mani intenta a cercare di parlare con qualcuno che sembrava non raggiungibile. Eve si sedette cominciando a mangiucchiare nervosamente alcune delle pietanze presenti sulla tavola. Considerava al quanto sciocco e decisamente sopra le righe l'atteggiamento di Maya, ma non potè negare che quella casa metteva addosso non poca inquietudine.

"Niente da fare, ha il telefono irraggiungibile e in ufficio mi hanno detto che è andata via da un pezzo."

"Era prevedibile... è quasi ora di cena non so se l'hai notato."

"Ma non riesco a capire perché ha il cellulare staccato?"

"Potrebbe avere la batteria scarica o essere impegnata in altre faccende. Aspetta a domani e avrai tutte le risposte che cerchi. Adesso non rompere, siediti e mangia!"

Chiuse gli occhi e sospirò, ammettendo a sé stessa che stava esagerando. Tornare in quel posto aveva avuto uno strano effetto sui suoi nervi, ma continuare con quell'atteggiamento fino all'indomani sarebbe stato impensabile. Cercò di assaggiare qualcosa, ma il suo stomaco si rifiutò categoricamente di assecondarla.

"Suppongo che le camere da letto siano di sopra?"

"Sì, c'è quella patronale che apparteneva a mia nonna, e altre due camere per gli ospiti."

"Ottimo. A noi ne servirà solo una, per una notte sarà più che sufficiente."

Maya annuì continuando a guardarsi intorno, sembrava che in quella casa il tempo si fosse fermato. Che tutto fosse rimasto esattamente come quand'era bambina. Tutto ciò che la circondava trasudava vecchi ricordi, tradizioni antiche quasi ancestrali, che sua nonna si era premurata di preservare. La già scarsa loquocità della ragazza si era trasformata in vero e proprio mutismo, motivo per il quale Eve decise che la scelta migliore fosse andare dritte in camera da letto sperando che la notte trascorresse nel più breve tempo possibile.

"È evidente che tua madre si sia occupata della manutenzione di questa casa. Guarda qui... non c'è un filo di polvere e anche i letti sono tenuti in perfetto ordine. Questo posto non ha minimamente l'aspetto di un luogo che è stato chiuso dopo la morte di tua nonna."

"E dove avrebbe trovato il tempo di farlo? Da quello che so è sempre impegnata con il lavoro."

"Magari ha incaricato qualcuno di farlo, che ne sai?"

"Senti un po' Eve... ma davvero adesso che siamo qui non hai la benché minima voglia di andare a trovare i tuoi? O magari fargli sapere che stai bene?" chiese, cercando di spostare la conversazione dalle mille perplessità che l'attanagliavano.

La ragazza aveva finito di sistemare i propri vestiti indossando un leggero pigiama di cotone. Maya era rimasta in attesa di una risposta che però faceva fatica ad arrivare. "Te l'ho già detto, non ho molto da spartire con i miei. Ognuno ha la sua vita e va bene così, credimi..."

"Ma non mi hai mai detto il motivo però?"

Lo sguardo di Eve fu più eloquente di qualsiasi risposta, Maya lo capì prima ancora che lei parlasse. "Le mie motivazioni non sono molto diverse dalle tue. È solo che io non le vado a sbandierare in giro. Me le tengo per me, perché tanto cambierebbe poco."

Fu in quel momento che Maya comprese che sia le che Eve portavano addosso la medesima condanna, quella di appartenere a famiglie che in un modo o nell'altro avevano segnato per sempre il destino di quella città. E per quanto avessero potuto fare o dire, o cercare di allontanarsi c'era sempre un qualcosa che ricordava loro di non poter fuggire per sempre da quel luogo.

Nonostante questo Eve l'aveva seguita, senza obiezioni né rimostranze. Forse alla fine... un grazie sarebbe stato quanto meno il minimo da dirle.

Si misero a letto cercando di intrattenersi con i cellulari e leggendo qualche libro che si erano portate dietro. La stanchezza del viaggio però non tardò ad arrivare, soprattutto per Eve che crollò con il telefono ancora collegato a YouTube tra le mani. 
Maya lo rimise accanto al suo comodino in modalità silenziosa tornando alle sue occupazioni consapevole che difficilmente avrebbe preso sonno tanto presto. Di nascosto da Eve aveva nuovamente provato a contattare sua madre, ma la donna sembrava introvabile.

Inutili erano stati i vari messaggi lasciati ovunque, poiché non le erano neanche arrivati. Alla fine la ragazza si arrese cercando di tenere la mente occupata lontana da qualsiasi assurdo pensiero.

Era una serata incredibilmente serena. Fuori non c'era un alito di vento né rumori che potessero stimolare bizzarre fantasie. Il fatto che la casa fosse ubicata al di fuori del caos cittadino assicurava una certa tranquillità evitando qualsiasi interferenza esterna. Eppure... quella calma e quel silenzio che avrebbero dovuto distendere i nervi suscitarono in Maya l'effetto opposto. Sentiva addosso un senso di oppressione che le rendeva difficile anche il più piccolo movimento. Era quella casa, che sembrava volerla inglobare totalmente nel suo silenzio rendendola parte integrante di essa.

Nessun cigolio, nessuno scricchiolio o possibile animaletto che potesse aggirarsi tra quelle vecchie assi di legno. Niente, il nulla. E quel nulla snervante e claustrofobico ebbe su di lei un effetto soporifero che la indusse, senza accorgersene, a chiudere gli occhi cadendo in un sonno profondo, un sonno... senza sogni.

 

Il risveglio fu brusco e improvviso. Il rumore della batteria del telefono che esalò l'ultimo respiro prima di spegnersi la fecero scattare come una molla.

"Cazzo!" ebbe un senso di nausea e vertigini, conseguenza dell'essersi sollevata in modo repentino. Si guardò attorno constatando di essere immersa nella totale oscurità. Non sapeva che ore fossero né per quanto tempo avesse dormito. Doveva mettere il cellulare in carica ma alzarsi si rivelò più faticoso del previsto. Allungò il braccio nel tentativo di raggiungere il cellulare di Eve, ma la sua attenzione fu immediatamente distratta da altro. La ragazza non era nel suo letto.

"Eve... Eve sei in bagno?" tentò di nuovo di raggiungere il telefono ma per quanto potesse tastare nel buio, sul comò accanto al letto non c'era nulla. "Eve! Non fare l'idiota rispondi. Il mio cellulare è morto. Dove diamine sei?" cominciò ad innervosirsi per quell'atteggiamento che sapeva essere una velata ripicca nei suoi confronti. Si massaggiò la testa mettendosi finalmente in piedi. Raggiunse l'interruttore vicino alla porta e finalmente luce fu, ma di Eve non c'era traccia, né in quella stanza è nemmeno nel bagno attiguo.

Adesso sta cominciando seriamente a darmi sui nervi. Sussurrò

Scese al piano inferiore è tutto sembrò esattamente come l'avevano lasciato prima di salire in camera. "Dove diavolo ti sei cacciata scema!" urlò, più per la rabbia che per la tensione. Non sopportava più quel silenzio, si sentiva come tagliata fuori dal mondo. In una sorta di bolla nella quale l'unica presenza tangibile era il suono della sua voce.

Spalancò la porta d'entrata assecondando l'insana esigenza di sentire almeno un suono che le desse la certezza di non stare ancora in una sorta di sogno.

"Ma che diavolo..."

Persino nella piccola ma fitta vegetazione attorno non si udiva alcun tipo di rumore. Le fronde degli alberi, solitamente smosse da piccoli visitatori notturni, erano completamente immobili. 
"Tutto questo è assurdo." e forse lo era davvero, tutto intorno a lei aveva una connotazione artefatta, forzatamente fasulla. Quando il suo sguardo però si allungò oltre le file degli alberi che fiancheggiavano il viale d'entrata, qualcosa nello scenario cambiò.

Maya intravide una luce, debole ma costante, che andava via via intensificandosi. Ciò che però attirò ulteriormente la sua attenzione fu che a quella vista seguì subito un intenso odore di fumo. Si mosse lentamente, in principio con passi incerti, seguendo solo l'istinto, senza curarsi né che fosse scalza, né tanto meno che inizialmente il suo obbiettivo fosse capire dov'era finita Eve.

L'odore acre del fumo si fece più intenso e fastidioso. Non aveva più dubbi, da qualche parte si era sviluppato una sorta d'incendio. Come fosse accaduto non ne aveva la più pallida idea. Corse... pur non avendo una meta, convinta che una volta raggiunto l'origine di quel fuoco avrebbe trovato le risposte alle sue domande.

E forse, in parte, fu così. Ma da sempre le risposte che la ragazza cercava difficilmente rispecchiavano i suoi desideri. La vegetazione divenne d'improvviso meno fitta, lasciando che il suo sguardo potesse spaziare liberamente sullo scenario che le si presentava di fronte, gettandola in una sorta di orrore crescente che le fece dubitare della sua sanità mentale.

Il fuoco che aveva visto divampare improvviso proveniva da quel piccolo boschetto. A provocarlo erano dei robusti pali di legno impiantati nel terreno, le cui fascine, poste alla base, facevano da accelerante per quel rogo che sembrava illuminare a giorno l'intera area circostante. Sei pali in tutto, posti in circolo, sui quali si potevano ancora osservare,senza ombra di dubbio, resti umani che si contorcevano per lo spasmo provocato dalle fiamme. Al centro di quell'immenso rogo si ergeva un piccolo altare in pietra dove Maya, cercando di ritrovare una lucidità ormai perduta, riconobbe...

"Eve!" urlò, mentre il fumo le ustionava la gola facendola tossire ad ogni parola.

Corse, tentando quanto meno di capire l'origine di quello scenario che rappresentava il materializzarsi dei suoi peggiori incubi. Si fermò dopo pochi passi, poiché il lamento che sentì provenire dalle labbra della sua amica non aveva più niente di lontanamente umano, ma sembrava uscito dalla bocca dell'inferno stesso. 
Eve si contorceva in un modo tale che non era umanamente possibile. Un rumore di ossa che lentamente si frantumavano provenì da lei, che preda di una stato di trance era solo capace di assecondare quei movimenti come in preda ad un'isteria senza senso.

"Eve! Eve rispondimi! Svegliati Eve, va via da lì, mi senti?!" ma la sua voce si perse, tra i lamenti della ragazza, il divampare di quel rogo. Così come la sua mente che cominciò a rincorrere vecchi racconti ormai persi nella memoria, racconti di leggende che si perdevano nella notte dei tempi e che erano la linfa vitale di quei luoghi.

Il corpo di Eve era preda di una frenesia quasi lasciva, le sue gambe nude ed esposte erano segnate da numerosi graffi più o meno profondi. Il suo ventre si sollevava e abbassava più volte come fosse sospinto da una forza invisibile. La sua voce era un misto di orrore e lussuria, non più padrona di sé stessa era avvinta e posseduta da una forza primordiale e sconosciuta.

Maya corse accanto al corpo della sua amica, che non aveva più coscienza di sé, lo sguardo perso, le labbra socchiuse il viso stravolto da una sorta di estasi che l'aveva lasciata spossata.

"Eve... chi ti ha fatto questo. Rispondimi ti prego?" non una parola uscì dalle sue labbra, né un segno che avesse riconosciuto la ragazza che poche ore prima l'aveva condotta di nuovo in quel luogo di orrore e perdizione. Le pire bruciavano, devastando quelli che un tempo erano corpi, deformando visi ed espressioni.

Maya si guardò attorno, le lacrime miste al fumo che ormai le si era incollato addosso.

Il cuore sembrava un tamburo assordante il cui rumore le invadeva la testa in modo doloroso. Lo scenario assurdo che si presentava davanti al suo sguardo terrorizzato, incredulo, delirante, che tentava di dare una spiegazione plausibile a qualcosa di insensato, privo di logica.

Incapace di fuggire, di muovere un passo, inchiodata a quell'orrore che in un certo senso era stato il retaggio della sua famiglia.

Williams e Parris, casate legate a Salem da vincoli di sangue e morte, di blasfemia e concupiscenza. Lei sapeva, perché quelle scene le erano state raccontate da bambina, quando ancora credeva che certe storie servissero come monito alle ragazzine come lei per camminare sempre sulla retta strada. 
Storie di donne che avevano osato troppo, la cui sete di conoscenza le aveva condotte alla perdizione, del loro corpo e della loro anima. Storie oscure legate ad esseri che non appartenevano al mondo terreno, che ti corrompevano, perché nell'arte della perdizione erano ineguagliabili maestri, e la donna il loro strumento perfetto d'espressione.

"No... tutto questo non è reale, non può esserlo, non è possibile!" il rifiuto di una cosa cosi tangibile era forse il primo sintomo di follia, ne era quasi certa.

"E tutto reale Maya, tutto ciò che vedi è esattamente ciò che è accaduto molti secoli fa. Ed è ciò a cui tu appartieni, a cui non puoi sottrarti."

Distolse lo sguardo da quei roghi che avevano calamitato in modo subdolo la sua attenzione, voltandosi tremante e terrorizzata. Le ci volle qualche istante per estrapolare, dai ricordi ormai archiviati nella memoria, l'origine di quella voce familiare. Ma una volta che l'ebbe associata al volto a cui apparteneva ciò che restava della sua capacità di discernimento era ormai irrimediabilmente persa.

"Non può essere. Questo è illogico. Tu sei morta! Non... nonna Rose?" il volto di Maya era ormai una maschera che oscillava tra l'orrore e la follia. Il buio, e l'improvvisa certezza di essere stata un'ignara pedina di un destino segnato le fecero comprendere l'inutilità degli sforzi compiuti fino a quel momento.

"Hai visto? Alla fine ti ho ricondotta qui. Bentornata a casa bambina."





#Prompt 9: SALEM
- Donne al rogo


Ebbene... quando Halloween chiama (e anche le Challenge in questo caso) io rispondo sempre con piacere. Noi donne siamo tutte un po' streghe nell'anima e quindi questo termine si può adattare a molteplici situazioni. Concedetemi la libertà del titolo, poichè so bene che è stato coniato come una sorta di slogan, ma credo fosse particolrmente adatto per questa storia e quindi l'ho preso in prestito. 
Come sempre scrivere di storie assurde e soprannaturali mi diverte da morire, Salem poi... è un terreno talmente fertile per certe storie. Così come i cognomi Williams e Parris, non ha caso gli stessi delle ragazze coinvolte nel processo alle streghe più sanguinoso della storia di questa città avvenuto nel 1692. Non mi resta che auguravi buona lettura casomai passaste da queste parti, e ovviamente buon Halloween a tutti.








 

   
 
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