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Autore: Europa91    31/10/2021    1 recensioni
[Demons & Exorcist AU]
[Soukoku]
“Sono un demone vedi?” Chuuya gli schiaffò una mano in faccia tappandogli la bocca prima che potesse aggiungere altro.
“Appunto. Ti sei mascherato da demone e sei venuto in un convento sede di un Ordine di esorcisti. Cosa cazzo ti dice il cervello?!”
“Scusa pensavo fosse una buona idea”

Demoni, esorcisti alle prese con la notte di Halloween.
~ Questa storia partecipa all’Halloween Party a cura di Fanwriter.it ~
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Arthur Rimbaud, Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Paul Verlaine
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sisters and Demons'
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Questa storia partecipa all’Halloween Party a cura di Fanwriter.it

 

Numero Parole: 2425

Prompt: 13 – “C’è una leggenda secondo cui se si muore ad Halloween si vive in eterno come fantasma lo sapevi?” “Vuoi provare?”

Note: Sono tornata dopo secoli a scrivere su questo AU. Non so perché ma appena ho letto il prompt ho pensato a questa raccolta e voilà ecco una piccola missing a tema Halloween. Teoricamente andrebbero lette anche le storie per capire meglio il contesto di questo AU e tutto il resto (magari anche solo la prima “Of Sisters and Demons”). Se ci sono errori o altro sappiate che è stata appuntata e scritta in tempo record perché fino all’ultimo non credevo che sarei riuscita a partecipare alla challenge XD

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«C’è una leggenda secondo cui se si muore ad Halloween si vive in eterno come fantasma lo sapevi?»

«Vuoi provare?»

Chuuya aveva risposto con aria fintamente seccata. Non era la prima volta che Dazai se ne usciva con quel genere di discorsi. Il moro era strano, ma questo lo aveva sempre saputo fin dal loro primo incontro, quando lo aveva ingenuamente scambiato per una suora. Ormai si frequentavano da circa un anno e Chuuya aveva notato questa passione dell’altro per il macabro e il soprannaturale. Il rosso aveva preferito non aprire bocca sull’argomento per non addentrarsi in un terreno che poteva rivelarsi insidioso.

Chuuya stava studiando per diventare un’esorcista. Sapeva, anche per esperienza personale, che creature come i demoni esistevano davvero. Ragion per cui poteva essere lo stesso per streghe, fantasmi o roba simile. Secondo l’Ordine erano opera del maligno. Ogni cosa che la Chiesa non riusciva a comprendere o spiegare doveva essere per forza colpa del demonio.

Decise di non pensarci troppo e tornò ad occuparsi del suo lavoro. Scegliendo in questo modo di ignorare Dazai ancora appollaiato al solito albero dal quale si divertiva ad infastidirlo.

Quella mattina, Chuuya stava raccogliendo delle zucche che avrebbe portato alla madre superiora e poi alla fiera del paese. Come cattolico lui festeggiava la festività di Ognissanti e non una festa pagana come Halloween. In realtà, il rosso non aveva mai compreso il vero significato di quella ricorrenza, forse perché avendo sempre vissuto tra le mura del convento nessuno glielo aveva mai spiegato nei dettagli. Ricordava vagamente che da bambino, durante i suoi primi anni all’Ordine, Rimbaud gli avesse regalato dei dolcetti a forma di scheletro e raccontato di come i suoi coetanei festeggiassero quel particolare giorno dell’anno.

«Mi sembra una cosa ridicola il fatto di mascherarsi» era stato il suo primo ed unico commento al riguardo, mentre aveva finito con il divorare tutti i biscotti che il suo mentore gli aveva portato.

L’interesse per Halloween negli anni era via via scemato fino a quando Dazai gliene aveva ricordato l’esistenza qualche istante prima.

«Chibi» iniziò con fare solenne il moro richiamando su di sé l’attenzione ormai perduta.

«Tu non credi nell’esistenza dei fantasmi?» concluse con fare melodrammatico e fintamente offeso. Chuuya si vide nuovamente costretto ad interrompere il suo operato tornando a dedicarsi al suo fastidioso interlocutore. Appoggiò la zucca che teneva Ancora tra le mani su di un carretto poco distante e iniziò a spiegare con calma;

«Sono un novizio dell’Ordine della Maddalena. Sto studiando per diventare esorcista» sperò di essere stato abbastanza chiaro ed esaustivo con quella risposta. Dazai però decise di ignorarlo;

«Ma se quella leggenda fosse vera, pensaci, come fantasmi potremmo vivere in eterno» continuò imperterrito.

«L’eternità non mi sembra una prospettiva così allettante» fu la sola replica di Chuuya. Il demone rimase in silenzio. Non si aspettava una risposta simile. Quel ragazzino aveva sempre il potere di sorprenderlo.

«Perché dici questo?» voleva capire. Il rosso alzò le spalle;

«Forse per il tipo d’educazione che ho ricevuto. Penso semplicemente che la vita umana sia bella proprio perché effimera. Non potrei mai vivere in eterno pensando di dover rinunciare pian piano a tutti i miei affetti. Per non parlare del fatto che non commetterei mai un suicidio»

Ricordava fin troppo bene cosa volesse dire la solitudine. Aveva trascorso ore a vegliare sul cadavere dei propri genitori, nella convinzione di essere rimasto solo al mondo. Poi il cavaliere Arthur Rimbaud era comparso nella sua vita. Gli aveva donato una nuova casa, e con essa una ragione per continuare a vivere, uno scopo. Da quel giorno, Chuuya non si era più sentito solo.

Perso come era nei suoi stessi pensieri non si era accorto di come Dazai se ne fosse andato. Ci rimase leggermente male, pensando che comunque quel fastidioso idiota lo poteva almeno salutare. Gli venne pure il dubbio di aver detto qualcosa di sbagliato e di averlo in qualche modo offeso. Si rimise al lavoro fino a quando non lo vide ricomparire dietro al cancello dove erano soliti darsi appuntamento. Doveva immaginarselo. Dazai non era un tipo che si arrendeva facilmente. La prova stava il fatto che continuasse ad infastidirlo giorno dopo giorno.

Posò nuovamente tutto ciò che teneva tra le mani e lo raggiunse. Il moro dall’altro capo delle sbarre gli sorrise mostrandogli con orgoglio una zucca intagliata.

«Che diavolo significa questo?» domandò indicando l’oggetto incriminato;

«Pensavo di aiutarti con i preparativi» rispose Dazai alludendo alle zucche di cui si stava occupando il rosso. Chuuya si massaggiò una tempia;

«Non le sto raccogliendo per intagliarle ma per la fiera del paese. Non festeggiamo Halloween al convento» il demone assunse un’espressione quasi oltraggiata;

«Che spreco. Pensa come starebbero bene appoggiate sulle finestre di ogni torre. Darebbero un’aria spettrale a questo posto così noioso, somiglierebbe quasi ad un castello stregato!»

Chuuya si trovò a sorridere senza volerlo, immaginandosi la scena e le urla della madre superiora.

«Il tuo Ordine è davvero noioso. Non capisco come non si possa festeggiare Halloween»

«È una festa pagana»

«Anche Natale lo era e non mi sembra facciate tante storie. Quella vecchia, ad esempio, la madre superiora, sarebbe una strega perfetta, con quel porro sulla fronte non le servirebbe nemmeno una maschera!»

«Dazai ti prego, mostra un minimo di rispetto»

«Io non rispetto chi non mi rispetta»

«Non fare il bambino»

«Ok. Dimmi cosa posso fare per aiutarti allora» Chuuya finse di pensarci;

«Vuoi davvero aiutarmi?»

«Certo»

«Allora vattene così posso tornare al lavoro. Dopo aver raccolto le zucche ho altro da fare»

«Stasera però sei libero?» Chuuya restò in silenzio preso in contropiede da quella domanda;

«Allora passo a prenderti dopo cena. Fatti trovare al solito posto» e corse via prima che il rosso potesse trovare anche solo le parole per rifiutare l’invito.

Era inutile, Dazai riusciva sempre a fregarlo. Tornò al lavoro con un sorriso sulle labbra.

 

***

 

Dalla finestra della propria stanza Arthur Rimbaud aveva osservato l’intera scena. Era tornato in convento qualche giorno prima per festeggiare Ognissanti ma anche per controllare Chuuya. Da quando aveva per caso scoperto che un giovane demone ronzava intorno al nipote non riusciva a dormire sonni tranquilli. Si fidava di Chuuya e dell’educazione che aveva ricevuto, ma sapeva molto bene quanto i demoni potessero rivelarsi imprevedibili. Lui stesso era caduto vittima di uno di loro; lo stesso che in quel momento lo fissava seduto comodamente alla sua scrivania.

«Hai visto qualcosa d’interessante?» gli domandò Paul scostandosi elegantemente una ciocca di capelli dal volto per appuntarsela dietro ad un orecchio.

«Quel dannato demone. Stava ancora infastidendo Chuuya»

«Gli avrà chiesto un appuntamento» a quelle parole Arthur assunse un’espressione scioccata.

«Chuuya ha solo sedici anni»

«Questa è la notte di Halloween» il cacciatore si fece attento;

«Lo so bene. Dimmi solo che non sono previsti sacrifici umani o roba simile» Paul scoppiò a ridere; delle volte Arthur riusciva a tracciare un’immagine così colorita dei demoni, nonostante ne avesse incontrati parecchi e ne frequentasse uno, dubitava ancora della loro vera natura, arrivando a mescolare realtà e fantasia.

«Tranquillo è una notte come tante altre. Chuuya non corre alcun pericolo. In più vorrei ricordarti che tuo nipote non è completamente umano» Rimbaud continuò ad osservare fuori dalla finestra, ignorando volutamente quell’ultima frase.

«Fintanto che resta tra le mura di questo convento posso tenerlo al sicuro»

«Disse il cacciatore con un demone nelle proprie stanze»

«Tu puoi entrare qui solo grazie all’amuleto che ti ho donato, altrimenti in questo momento sarei impegnato a raccogliere le tue ceneri dal pavimento»

«Che gentile»

«È un antico cimelio di famiglia, non credo ne esistano di simili» confessò il cacciatore guardandolo finalmente negli occhi e specchiandosi in quelle iridi smeraldine.

«Sono l’unico demone autorizzato ad entrare in un convento, che cosa romantica e allo stesso tempo perversa»

“Non scherzare. Ti ricordo che il Vaticano crede ancora che ci siamo lasciati» dopo quelle parole il demone decise di raggiungerlo. Effettivamente dal punto dove si trovava, Arthur aveva un’ottima visione del giardino e poteva osservare ogni mossa di Chuuya.

«Pensi davvero che si siano dati appuntamento?» domandò il cacciatore dubbioso. Il demone biondo lo strinse a sé.

«Penso che dovresti rilassarti. Ha fatto un ottimo lavoro con Chuuya, sa badare a sé stesso. Se quel demone dovesse fare un passo falso potrebbe facilmente esorcizzarlo» Arthur sbuffò tra le sue braccia ma non si mosse;

«Non riesco a fidarmi. C’è qualcosa in quel ragazzino che non mi piace. Non posso farci niente»

«Sei solo geloso. I figli crescono bisogna accettarlo» per l’ennesima volta Rimbaud storse il naso. Non avrebbe dato al compagno la soddisfazione di aver ragione.

«Tra due anni Chuuya prenderà i voti» ammise.

«Per quello c’è ancora tempo, in due anni può accadere di tutto»

«Infatti»

 

***

 

Chuuya non aveva fatto altro che pensare a Dazai per tutto il resto della giornata, dimenticandosi di ritirare il bucato e finendo con il bruciare la cena. Ovviamente la colpa di tutto era solo da attribuire a quel mefistofelico ragazzino che in quel momento gli stava sorridendo al di là delle sbarre, salutandolo con la mano. Solo quando furono a pochi metri di distanza il rosso si accorse di un paio di particolari: Dazai aveva due corna che gli spuntavano dalla testa, artigli alle mani e vestiti strappati in più parti. L’unica cosa normale erano i soliti bendaggi che gli ricoprivano buona parte del corpo e in quel momento emergevano sotto la stoffa lesa.

«Perché cavolo ti sei conciato in questo modo?» fu tutto ciò che riuscì a dire.

Il demone sorrise. Dazai aveva pensato che quella fosse l’occasione perfetta per mostrarsi a Chuuya con il suo vero aspetto. Una parte di lui era curioso di testarne la reazione. In fondo era andata piuttosto bene; il rosso non sembrava disgustato o altro, più che altro arrabbiato, ma quello lo era quasi sempre.

«Sono un demone vedi?» Chuuya gli schiaffò una mano in faccia tappandogli la bocca prima che potesse aggiungere altro.

«Appunto. Ti sei mascherato da demone e sei venuto in un convento sede di un Ordine di esorcisti. Cosa cazzo ti dice il cervello?!»

«Scusa pensavo fosse una buona idea»

«È stata una pessima idea. Se Arthur o qualcun altro ti avessero visto»

«Ma è la notte di Halloween avresti potuto mascherarti anche tu» Chuuya sospirò rassegnato. Aveva preso Dazai per un braccio e l’aveva trascinato via prima che qualcuno potesse vederlo. Ora si erano fermati a prendere fiato.

«Guarda ho pensato anche a te» e gli pose un abito talare simile a quello che il rosso indossava al loro primo incontro. Preso com’era, Chuuya non si era accorto del sacchetto che l’altro aveva con sé.

«Stai scherzando spero? Non ho intenzione di vestirmi di nuovo da suora. Non ci sperare»

«Andiamo Chibi. Questa notte possiamo essere ciò che vogliamo. In più ti ricordo che sei scappato dal convento, non vuoi vero che qualcuno ti riconosca e vada a riferire alla madre superiora delle tue scappatelle notturne? Per di più ora sei in compagnia di un pericoloso demone»

«Ok ho capito, da qua» e gli rubò il vestito dalle mani.

«Questa è la mia futura moglie» Chuuya lo fulminò con lo sguardo.

«Prova a dire un’altra parola e torno al convento»

 

***

 

Avevano preso a camminare per le vie del paese addobbato a festa. La gente non sembrò fare molto caso a loro, solo un paio di bambini coraggiosi si era avvicinata a Dazai complimentandosi per il costume per poi fuggire terrorizzati dagli sguardi assassini lanciati da Chuuya.

«Che bello ho una moglie gelosa» poi notò l’espressione del compagno che da sotto il velo prometteva battaglia;

«Dai Chuuya non arrabbiarti» e gli tese la mano. Il rosso la afferrò dopo qualche secondo d’incertezza;

«Non farti strane idee. È solo per stanotte. L’hai detto tu: possiamo essere ciò che vogliamo» il demone sorrise;

«Sai, penso che sarebbe romantico, compiere un suicidio di coppia la notte di Halloween. Mi immagino già i titoli dei giornali: un demone e un novizio dell’Ordine della Maddalena uniti per l’eternità»

«Ancora con quella storia di fantasmi. Se vuoi morire basta dirlo» Dazai non smise di sorridere.

«Da solo non sarebbe divertente Chibi, per questo te ne ho parlato. Che senso avrebbe vivere per l’eternità se non potrei avere la mia sposa al mio fianco?» Chuuya arrossì senza volerlo a quelle parole.

«Non diventerò mai tua moglie» sibilò tra i denti.

«Certo, certo»

Camminarono ancora per diversi minuti, commentando i vestiti dei bambini, gli addobbi, fino a quando Chuuya inaspettatamente decise di tornare sull’argomento;

«Perché ti interessa tanto questa cosa dell’eternità?» Dazai si fermò di colpo e gli sorrise, ma fu un sorriso diverso dal solito ghigno a cui il rosso si era ormai abituato;

«Come hai detto tu stesso l’eternità può rivelarsi un pesante fardello se affrontata da soli. Ho pensato che in due non sarebbe stata tanto male, e non mi vengono in mente altre persone altre a te, Chuuya, con il quale io vorrei trascorrere la mia eternità»

Il demone era stato sincero. Pensava veramente quelle parole. Da quando la sua strada aveva incrociato quella del giovane novizio non pensava ad altri che a lui. Se fosse riuscito a sposarlo e trascinarlo con sé all’Inferno avrebbero potuto trascorrere il resto dell’eternità insieme, e in caso di insuccesso, Dazai aveva trovato questo piano B.

Quella leggenda era una delle tante che si raccontavano all’Inferno, non sapeva se avesse un qualche fondamento. Nei suoi secoli di vita, il demone non aveva mai in incontrato un fantasma ma non ne poteva escludere a priori l’esistenza.

«Affrontare l’eternità con te mi pare quasi una condanna peggiore del finire all’Inferno» Per un istante Dazai si sentì offeso ma poi notò il sorriso comparso sulle labbra del rosso. Lo stava prendendo in giro. Non riuscendo più a trattenersi si avvicinò al novizio facendo collidere le loro labbra. Rubando al rosso l’ennesimo bacio che come sempre si trasformò in qualcosa di più.

«Ti odio» furono le sole parole di Chuuya non appena si staccarono.

«Non ci credo» rispose con strafottenza il demone non intenzionato a lasciarlo andare. Solo allora il rosso si accorse che erano in mezzo ad una strada e la folla sembrava essersi accorta di loro. Desiderò scomparire.

«Dazai»

«Si?»

«Inizia a correre perché ora giuro che ti ammazzo. Mi hai baciato davanti a tutti. Visto che ci tieni così tanto ora ti farò diventare un fantasma» ed iniziò ad inseguirlo.

«Chibi so che anche se dici così in fondo mi ami»

«Magari nei tuoi sogni. Io ti odio, non ti sopporto e non diventerò mai tua moglie»

Il resto è storia.

 

  
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