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Autore: moira78    01/11/2021    4 recensioni
Un piccolo castello nascosto nei boschi di Lakewood. Una storia che affonda le sue radici in un lontano passato. E un sopralluogo che porterà Candy e gli altri a confrontarsi con eventi soprannaturali. Una mini-fic di Halloween dove tutto può accadere...
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Brighton, Archibald Cornwell, Candice White Andrew (Candy), William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Candy fu catapultata fuori dal sogno dal gemito basso e spaventato di Albert e, d'istinto, afferrò la torcia per accenderla: era la prima volta che lo vedeva così terrorizzato. Neanche quando le era caduto addosso dopo aver visto un fantasma le era apparso tanto vulnerabile.

Negli occhi, però, poté cogliere lo stesso orrore che l'aveva pervasa nel suo incubo e si azzardò a chiedergli: "Albert? Che c'è? L'hai sognato anche tu?".

Stava tremando e si rimproverò di non aver condiviso con lui la giacca: "Io...", disse passandosi una mano tra i capelli.

"Non era un sogno". La voce di una donna alla sua sinistra la gelò e Candy si voltò di scatto, cominciando a sua volta a tremare. E non solo per il freddo.

La figura sembrava eterea, eppure venne colpita dal fascio di luce. Sapeva benissimo che si trovava al cospetto di un fantasma, ma stranamente non aveva paura. Capì quasi subito il motivo: aveva già visto la donna nei dipinti che le aveva mostrato Albert a Lakewood e ne fu commossa.

"Rose...". Il mormorio di Albert al suo fianco le indicò che anche lui lo era.

"Qui siete al sicuro, non dovete temere. Quella realtà è stata scongiurata grazie alle preghiere di Lord William Logan Ardlay, che ha fatto costruire questo posto", spiegò con voce dolce.

Rosemary indossava un vestito molto semplice color verde chiaro, simile a quelli che lei adorava mettere per stare comoda e correre in mezzo ai prati. Fu colpita dal suo viso che era bello in maniera unica eppure portava in sé i lineamenti di Anthony e dello stesso Albert, a cominciare dal colore del grano dei lunghi capelli lisci e degli occhi chiari come il cielo estivo.

Sembrava così serena e viva che Candy avrebbe voluto chiederle un'infinità di cose, ma le parole rimasero bloccate in un nodo che le stringeva la gola. Non riusciva proprio a staccare lo sguardo da lei, ma sentì Albert parlare.

"Vuoi dire che se non fossimo caduti qui sotto saremmo stati vittime del temporale?", chiese.

Lei annuì e Candy trattenne un ansito: "Ma... è terribile!", mormorò cercando di ricordare anche la prima parte del sogno. Quando accadde, desistette dal proposito di chiedere a Rosemary come ci fossero finiti, in mezzo al bosco mentre pioveva e per giunta in piena notte.

Albert mi stava baciando... e io ricambiavo i suoi baci! E... oh, posso ancora sentirne il calore del corpo stretto al mio, il profumo della sua pelle, la sensazione delle sue mani che mi accarezzano ovunque...

"Rose, che preghiera ha fatto Lord Logan per salvarci la vita?", domandò Albert.

La donna sorrise: "Ha chiesto che le fondamenta su cui è stato costruito questo piccolo castello fossero benedette dall'amore, perché dessero vita a un edificio ove regnassero sempre pace e armonia. Desiderava riscattare il sangue innocente che vi è stato versato".

A quelle parole, e ricordando la storia raccontata da Albert, Candy non poté fare a meno di sentire le lacrime salirle agli occhi: "È così ingiusto quello che è accaduto a quelle povere persone!", disse con voce rotta. "Spero che ovunque siano possano ritrovarsi".

Attraverso il velo delle lacrime non versate, Candy poté vedere il volto di Rosemary divenire triste. "Purtroppo non è così, cara Candy", le rispose in modo diretto. Fu una sensazione strana ma bellissima sentire il proprio nome pronunciato dalla sorella di Albert.

Si volse per guardarlo e si scambiarono uno sguardo interrogativo.

"Purtroppo Sophia giace in una fossa comune destinata ai soldati nemici caduti in battaglia, mentre Lord Scott è stato sepolto in un anonimo cimitero di Edimburgo. Le loro anime non trovano pace e si cercano con disperazione da secoli. Ora sono legate alle fondamenta di questo castello".

La voce bassa di Albert le arrivò in un mormorio: "Ora capisco...".

"La stava cercando... Lord Scott cercava la sua Sophia!", esclamò guardandolo di nuovo e ricominciando a tremare.

Lui si limitò ad annuire con i lineamenti contratti in un cipiglio. Rosemary lo chiamò e Albert alzò gli occhi su di lei.

"Fratello mio, ti ricordi cosa ti dissi quando mi innamorai di Vincent?", domandò inclinando un poco il capo e facendo ondeggiare i bellissimi capelli.

Albert deglutì un paio di volte, poi rispose con voce stentata: "Che la felicità non dipende dai soldi o dal prestigio sociale, ma dalla possibilità di vivere con la persona che si ama. Eri pronta a rinunciare al tuo cognome per lui".

Rendendosi conto di quanta emozione stesse cercando di trattenere, Candy gli afferrò il braccio e si strinse ad Albert, donandogli conforto. Ormai anche lei era in lacrime e non l'aveva nemmeno conosciuta. Però era come se fossero anime affini ed era certa che sarebbero state ottime amiche se solo...

"Proprio così. So che il tuo cuore la pensa proprio come me, quindi non sprecare la tua occasione. Quando sarà ora di uscire dal castello il legame sarà sancito e i vostri destini uniti per sempre. Tenetevi per mano, come avete sempre fatto e tutto andrà bene...". La voce di Rosemary stava svanendo e anche lei appariva più diafana.

D'istinto, sia lei che Albert allungarono un braccio nell'inutile tentativo di fermarla ma lei scomparve con un sorriso rivolgendole un ultimo saluto: "Ti voglio bente, piccolo Bert. Ciao, dolce Candy, sei una ragazza fantastica, abbi cura di lui".

"Oh, Rosemary", mormorò Candy singhiozzando. Alle sue spalle, le parve di vedere altre due figure, quelle di un uomo e di una donna. Nonostante le lacrime che l'accecavano, li riconobbe all'istante, pur se conosceva anche loro dai dipinti.

La parete di mattoni ricomparve e delle sagome non rimase traccia.

Candy singhiozzò stringendosi al braccio di Albert e, quando fu di nuovo in grado di parlare, gli chiese: "Quelli dietro a Rosemary erano tua madre e tuo padre, vero?".

Lui sorrise con gli occhi pieni di lacrime e una gli scese lungo la guancia: "Sì, erano loro", rispose afono, asciugandola con un dito. "A quanto pare mancano solo Anthony e Stair e posso dire di aver incontrato tutta la mia famiglia, oggi".

Lei ricambiò il sorriso e gli si strinse in un abbraccio, condividendo l'emozione traboccante che era riuscita a far vacillare persino un uomo incrollabile come lui.
Quando avvertì il suo cuore e la sua respirazione tornare regolari al pari dei propri, Candy cominciò a riflettere sulle implicazioni di quello che aveva detto Rosemary e si allontanò un poco da Albert, imbarazzata.

Lui chinò il capo per guardarla: "Candy...". S'interruppe, come ricordandosi di qualcosa e si spostò per toccarsi la caviglia. "Non mi fa più male!", disse stupito.
Soggiogata dal mix di emozioni, lasciò che il suo lato pragmatico prevalesse e si dispose a controllare il piede di Albert, rimuovendo la calza e controllando la fasciatura: la caviglia si era sgonfiata tanto che le bende si erano persino allentate. Le tolse del tutto e non rilevò alcun tipo di trauma.

Come se non ci fosse mai stata una distorsione.

"Ma... questo è un miracolo!", esclamò alzando il viso per incontrare i suoi occhi.

"Ed è l'ennesima riprova che almeno Rose e gli altri non li abbiamo sognati", ribatté lui sistemandosi l'orlo dei pantaloni e rimettendosi lo stivale.

Restò per un attimo chino sulla propria gamba, prima di alzarsi in piedi per fare qualche passo. Si fermò, allargò le braccia e sorrise ancora: "Come nuovo", disse mentre lei batteva le mani.

Il silenzio calò di nuovo tra loro.

Candy sapeva che stavano vivendo momenti particolari, che erano in un sotterraneo dove con tutta probabilità vagavano ancora anime tormentate. Ma capì anche che era il momento della verità. Rosemary aveva parlato di un legame che sarebbe stato sancito una volta usciti dal castello.

Ciò significava forse che Albert...

"Ascoltami, Candy". Ecco, le aveva appena preso le mani e di nuovo aveva posato su di lei quello sguardo limpido che le mozzava il fiato.

E lei smise di respirare. In quello scantinato umido dove avevano visto i fantasmi di Rosemary e dei genitori di lui. Dove c'erano passaggi segreti che sembravano essere stati creati apposta per strapparli a un destino crudele. Dove Lord Scott e la sua Sophia si cercavano senza trovarsi. E dove si udiva solo il rumore del temporale.

Lì, Albert stava alfine per rivelarle i suoi sentimenti.

In un luogo tanto strano quanto inospitale, ma che valeva molto più di qualunque prato assolato potessero desiderare.

Perché il sole li illuminava da dentro.

"Mi sei sempre stata molto cara e ti ho voluto bene fin dal primo momento in cui ti ho vista su quella collina", cominciò sembrando quasi incerto su cosa dire di preciso. E lo amò ancora di più per questo. "Quando ti ho rivista alla cascata... mi sono ricordato subito di te, anche se la conferma mi è arrivata dalla spilla che portavi al collo. Ero davvero felice nel sapere che l'avevi conservata come un caro ricordo assieme alla croce di Miss Pony. Durante gli anni ho avuto modo di vedere quella ragazzina diventare una donna forte e coraggiosa, nonostante le avversità e le lacrime versate".

E le sentiva, quelle lacrime salirle agli occhi. Ma si trattava di lacrime di pura gioia. Candy riprese a respirare, un po' affannata, temendo che persino il battito del proprio cuore fosse troppo forte e coprisse le parole di Albert.

"Candy", riprese avvicinando le mani al suo petto, stringendole più forte. "Ho avuto modo molte volte di ringraziarti per quello che hai fatto per me quando ho perso la memoria. Ti ho anche detto che non volevo allontanarmi dal calore che condividevamo in quell'appartamento e questo è stato uno dei motivi principali per cui non me ne sono andato subito, una volta recuperata la memoria. Quello che non ti ho detto...".

Prese un respiro profondo e tremante, come per darsi coraggio e Candy gli si avvicinò un poco, inducendolo con lo sguardo a continuare.

Dimmelo, Albert, ho bisogno di sentirtelo dire!

"Non ti ho mai detto quanto ti amassi, già allora... forse persino da prima di partire per l'Africa. Quando ti ho rivista a Londra eri appena adolescente e... c'era Terence. Io volevo fare quel viaggio da tanto tempo e non c'era momento migliore per riordinare le idee. Oggi benedico l'esplosione di quel treno, Candy, perché ha fatto tabula rasa di tutti i miei dubbi e incertezze e mi ha permesso di lasciarmi andare. Ti amo, Candy, e quello che vorrei è solo passare la mia vita al tuo fianco".

Il cuore stava per esplodere, ne era certa. Le lacrime le scesero finalmente sulle guance, scontrandosi con un sorriso che divenne una risata breve e a malapena contenuta.

"Candy", proseguì avvicinandola ancora di più a sé. "So che non ho con me un...". In quella, troncò la frase e si accigliò, lasciandole le mani e allontanandosi di un passo, cercando qualcosa nella tasca dei pantaloni. Ne trasse una piccola scatola e, mentre lei soffocava una piccola esclamazione, lui sembrava non credere ai propri occhi.
"Impossibile...", mormorò come a se stesso, "ero più che certo di averlo lasciato nel cassetto del comodino prima di uscire".

Restò qualche istante a osservare l'oggetto nella sua mano tentando di capacitarsi che fosse davvero lì, quindi si riscosse e si lasciò cadere su un ginocchio, aprendo la scatola.

"Oh, no, Albert, non c'è bisogno che tu...", protestò debolmente, il riso e il pianto che ancora si rincorrevano dentro e fuori di lei.

"Sì, invece. Lascia che lo faccia per bene come ho sempre sognato", ribatté facendole l'occhiolino.

Candy raddrizzò la schiena, lasciò che le prendesse la mano e lo ascoltò.

Albert si schiarì la voce: "Candice White... Candy... mia dolce Candy, mi faresti l'onore di diventare mia moglie?".

Lasciò che il sorriso si allargasse e che l'emozione la travolgesse prima di dire piano e poi urlare: "Sì... sì! Sì, mio principe! Ti amo tanto anch'io!".

L'espressione di pura gioia sul volto di Albert fu qualcosa che non aveva mai visto e ne fu felice e orgogliosa. Lui si alzò in piedi e cominciò a infilarle l'anello all'anulare. A metà dell'operazione si bloccò e i loro sguardi s'incontrarono.

"Potresti confermarmi che vuoi sposare Albert e non il tuo principe?", domandò con un sorrisetto malizioso.

Candy rise, scuotendo la testa: "Oh, ma siete la stessa persona! E va bene: sì, Albert, è proprio te che voglio sposare, con tutte le tue personalità. Con i tuoi sorrisi e le tue tristezze. Con le tue gioie e i tuoi dolori. Tu sei il mio Albert e io ti amo con tutto il cuore!".

Furono parole che le uscirono dall'anima e indussero lui a terminare di metterle l'anello per poi stringerla forte fra le braccia.

Era meraviglioso, sublime trovarsi alfine in quel calore così familiare sapendo che ora condividevano gli stessi sentimenti.

Albert allentò un poco la stretta, inducendola ad alzare il viso verso di lui.

Ora, finalmente, mi bacerà!

La sua mano le scostò con un gesto gentile i capelli dalla guancia e l'altra la raggiunse per foggiarle a coppa il viso. Non aveva mai visto quello sguardo serio e concentrato, su di lui

ardente

e ne fu colpita quasi fosse una sorta di scossa elettrica che la scrutasse fin dentro l'anima.

Le loro labbra si schiusero nello stesso istante, Candy si sentì come uno specchio che emulasse ogni singolo gesto di Albert. Persino quello di socchiudere le palpebre e di inclinare un po' la testa di lato.

Si avvicinarono tanto che sentiva il suo respiro caldo sulle labbra, anelandone il tocco come fosse ossigeno.

Fu allora che comparve il fantasma di Lord Scott Ardlay.
 
- §-
 
"Dov'è la mia Sophia?!", gridò lo spettro con la testa gravemente ferita, spezzando il momento romantico.

Albert, d'istinto strinse a sé Candy, certo che pur essendo un'infermiera sarebbe rimasta impressionata da una visione tanto macabra.

"Non guardarlo", le intimò all'orecchio, spostando con la punta della scarpa la torcia che era rimasta a terra e aveva dato loro un po' di luce fino a quel momento. Ma, come a ogni apparizione, i fantasmi sembravano portarne con sé a sufficienza perché loro potessero distinguerli.

"Perché? Albert, che succede? Vuole farci del male?". La voce tremante gli arrivò soffocata dalla sua stretta.

"Io non...", cominciò, ma Lord Scott fece qualcosa che solo uno spirito inquieto o un poltergeist poteva fare: alzò un braccio, ripetendo la domanda a voce più alta e una forza sovrumana lo divise da Candy.

Albert emise un'esclamazione di stupore e Candy, con un gesto che reputò istintivo, alzò il capo per guardarlo dopo essere caduta seduta a terra.

Lui sbatté la schiena sul muro che aveva dietro di sé. In quell'istante Candy emise un grido di puro orrore e dietro allo spettro comparvero delle sagome familiari. Vide le mani eteree nella luce cercare di tirarlo indietro, quasi stessero lottando per riportarlo al mondo cui apparteneva.

Nonostante tutto, non poté impedirsi di parlare: "La tua Sophia non è qui. E neanche tu dovresti essere qui. Ti prometto che provvederò personalmente a riunirvi, in Scozia. Ma ora, per favore... torna da dove sei venuto".

Il suo tono suonò appena incerto. Non era abituato a mettersi a discutere con dei fantasmi mutilati e sanguinolenti vittime di atroci sofferenze. Una parte di lui aveva pietà di quell'uomo che aveva cessato di vivere da secoli e il cui spirito era ancora tormentato. Ma l'altra voleva difendere la sua Candy da quella visione orribile e placare anche la sua ira.

In tutta risposta, l'uomo divenne una maschera se possibile ancor più orripilante, contraendo i lineamenti sporchi di sangue in un cipiglio rabbioso. Dietro di sé, il muro tremò e decine di mattoni vennero divelti e lanciati in aria come proiettili mortali.

Senza pensarci due volte, Albert si gettò su Candy, facendole scudo col proprio corpo, rivivendo con orrore il sogno in cui a colpirli era un albero. Rosemary aveva parlato loro come se il pericolo fosse scampato, eppure lui era pronto a morire per la donna che amava e che ora tremava forte tra le proprie braccia chiuse.

Attese l'impatto dei mattoni sul corpo, sulla testa, ovunque, ma non accadde nulla.

"Dovresti ascoltare lo zio William. Quello che dice lui è sempre legge, da quando ero piccolo!".

Questa voce...

Sorpreso, alzò gli occhi per incontrare il volto di Stair, che aveva nominato solo poco prima. Gli occhiali gli erano scivolati un po' sul naso e i capelli scuri erano spettinati come se stesse lottando contro Scott: invece, si era solo frapposto fra lui e loro due come uno scudo, ma al contempo facendo ricadere i mattoni lontano dai loro corpi.
Era leggermente di profilo e ansimava come se stesse facendo uno sforzo enorme.

Oh, caro Stair...

Udì il nome del nipote sussurrato da Candy in un ansito e sciolse le braccia da lei per guardarla: "Stai bene?", le chiese.

I suoi occhi non erano concentrati ed era impallidita molto. Le labbra tremavano. Alla loro sinistra, Lord Scott cadde in ginocchio e mormorò qualcosa che non comprese. Il corpo di luce di Stair si rilassò quando l'altro spettro parve tranquillizzarsi.

Si voltò del tutto e li raggiunse, chinandosi: "Tutto a posto?", domandò con un sorriso.

Albert, preda di una giostra di emozioni che pareva infinita, annuì, incapace di parlare e Candy fece un gesto così repentino che lui non fece in tempo a fermarla.

Di slanciò, lasciò le proprie braccia per gettarsi in quelle dell'amico.

Per un attimo immaginò che gli sarebbe passata attraverso, cadendo a terra e ritrovandosi troppo vicina a Lord Scott, che era ancora a testa china. Invece, Stair la accolse come fosse davvero di carne e ossa.

Ho sentito la mano di mia madre sul petto.

Vederli così uniti, lei che singhiozzava stringendolo e ripetendo il suo nome, gli provocò emozioni contrastanti. Dolcezza, commozione, tristezza e... paura. La paura irrazionale che Stair potesse decidere di portarla con sé.

Aveva appena formulato quel pensiero e stava cercando di respingerlo con un brivido quando Candy si accasciò gelandogli il sangue nelle vene.

Se lei muore, voglio morire anche io...

La raggiunse per toccarla e incontrò gli occhi di Stair: "Tranquillo, Albert. Candy si sveglierà presto".

Quasi si vergognò per aver pensato che Stair volesse farle del male e si rese anche conto che lui gli aveva letto nel pensiero. D'altronde, a quel punto, tutto era possibile.
"Mi dispiace", disse sicuro di essere arrossito, mentre prendeva Candy fra le braccia e la adagiava in un angolo con la giacca avvolta sulle spalle.

"Non dispiacerti, zio William", ribatté facendogli l'occhiolino per averlo chiamato con quel nome: forse si divertiva come Candy a prenderlo in giro. "Anche tu sei abbastanza sconvolto". Di nuovo, Albert annuì. Non si fidava della propria voce: quel giorno, gli pareva di avere un nodo in gola che non ne voleva sapere di andare giù. Vedere tutti i suoi cari dopo essersi rassegnato ad averli persi si stava rivelando l'esperienza più forte della sua vita.

E ne aveva passate tante.

"Lord Scott Ardlay". Si stupì di come la voce di Stair apparisse profonda e adulta. Non ricordava di aver mai sentito quel tono, quando era in vita. "Alzati e comportati da uomo. Questo castello è stato eretto dai tuoi discendenti e dagli antenati miei e di Albert per consentirti di trovare la pace. Trovo ingiusto e molto triste quello che ti è accaduto, ma è ora di riposare e abbandonare questo mondo. Sono certo che lo zio riuscirà a fare ciò che ti ha promesso".

Stair si volse come a chiedergli conferma e lui si affrettò a rispondere: "Certo, hai la mia parola d'onore".

Lo spettro si alzò in piedi con movimenti lenti, come se provasse dolore o stanchezza: "Tu puoi capirmi molto bene, perché hai nel cuore qualcosa di molto grande. Lo stesso sentimento che univa me e Sophia".

"È così", aggiunse facendo qualche passo verso di lui e allungando il braccio destro, con l'intenzione di suggellare il patto con una stretta di mano, come avrebbe fatto con un uomo vivo. "Se vi farà trovare la pace, ti giuro che farò tutto ciò che è nelle mie possibilità per ritrovare i vostri resti in Scozia e darvi una degna sepoltura fianco a fianco".

Lord Scott lo guardò con titubanza, uno degli occhi azzurri incassato nel cranio sfigurato. Albert cercò di non concentrarsi su quel particolare e lasciò che le loro mani si stringessero. Anche la sua era calda e solida.

Mentre ancora erano così uniti, qualcosa in lui cambiò: era come se il capo si stesse rigenerando. Il sangue sparì, la forma tornò a essere quella giusta e lo sguardo era quello di un uomo fiero e, soprattutto, vivo.

"Grazie, Lord William. Hai un'anima molto bella. E anche la tua signora e la tua famiglia. Non siete come... come era la mia...". Il sorriso sincero e i capelli di un biondo solo appena più scuro del proprio, gli fecero davvero sentire che nelle loro vene scorreva il medesimo sangue.

La stretta sulla mano diminuì quando il fantasma di Lord Scott cominciò a svanire, fino a lasciare solo il vuoto. Albert lasciò ricadere il braccio, certo che prima o poi avrebbe perso i sensi anche lui. Ma si fece forza e guardò Stair per l'ultima volta: anche lui stava sparendo. Avrebbe avuto tante di quelle cose da dirgli!

"Abbi cura di lei, Albert. Lo sapevo che eravate destinati a finire insieme". La voce era poco più di un'eco e i contorni quasi indefinibili.

"Cosa... come... aspetta!". Allungò il braccio ma incontrò il vuoto.

Una riunione di famiglia breve ma intensa...

Mancava solo una persona all'appello e Albert si disse che, se Dio gli avesse concesso di rivederlo, gli avrebbe chiesto personalmente perdono. Per il momento, voleva solo vedere come stesse Candy.

E stava per ripetere l'operazione di quando era svenuta l'ultima volta, dandole piccoli colpi sulla guancia. Ma, con un sorriso, si disse che aveva appena acquisito il diritto a usare un altro metodo che reputava decisamente migliore.

Si inginocchiò accanto a lei e la baciò.
                                                                                        
 
   
 
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