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Autore: Voglioungufo    02/11/2021    6 recensioni
ObiNaru | Sovrannaturale | Detective!AU
“Ti prego, concentrati, è un caso importante” lo ammonì tentando di tenere la voce ferma.
“D’accordo capo, cos’è successo?”
Obito tirò un sospiro di sollievo. “Una ragazza è scomparsa: Ino Yamanaka, diciassette anni. I suoi genitori hanno chiamato questa mattina per denunciarlo, non tornava a casa da tre notti”.
Naruto lanciò un fischio. “Hanno aspettato tre notti per avvisare? Diamine, potrebbe essere ovunque ora, anche all’inferno”.

[Happy Halloween]
Genere: Horror, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ino Yamanaka, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Obito Uchiha, Rin
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun contesto
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specchietto illustrativo della storia:
Pairing: Uchiha Obito / Uzumaki Naruto; Accenni KakaRin e ObiRin.
Verse: Modern AU
Tag:  Detective AU, sovrannaturale, police AU, idiots in love, Demons, leggero OOC
Avvertimenti: cheating, implied bestiality.
 
Note: Happy Halloween! In ritardo di ben due giorni, nonostante l’avessi già completata e pronta per il 31, ma non avevo il tempo per fermarmi e postarla. Quindi eccoci qui.
Una cosetta scema, una stronzata che è ispirata anche a un episodio di una delle stagioni di Lucifer (non ricordo quale però rip). L’avvertimento sul bestiality è il motivo del rating di questa storia, anche se nulla sarà descritto ma solo detto.
Spero che questa piccola stupidaggine vi piaccia^^

 
 
 
 
 
 
LA CHIESA DEI NOVE BIJŪ
 
 
 
 
 
Obito si strinse nel cappotto e guardò per l’ennesima volta lo schermo del suo smartphone. Era aperto su un’app di messaggistica e i suoi occhi fissavano con dolore proprio gli ultimi messaggi che aveva inviato.
 
Tu: 
08.26 am: Ehi…
08.42 am: Possiamo parlare di quello che è successo?
08.58 am: Chiamami appena puoi, per favore.
 
Nessuno di loro aveva ricevuto una risposta, né una visualizzazione. Con l’ennesimo sospiro sconfortato uscì dall’app e fissò con fastidio l’orario digitale impresso nello schermo. Erano le 09:08 am e quell’idiota del suo compagno non si faceva ancora vedere, nonostante si fossero dati appuntamento alle nove spaccate. Già il fatto che non si fosse presentato in centrale ma aveva dovuto mandargli un messaggio perché si incontrassero direttamente sul luogo lo infastidiva. 
 Dovette attendere per ben altri due minuti, il suo partner si presentò con ben dieci minuti di ritardo. Obito quasi fece cadere il cartone di caffè che teneva in mano nel vedere la motocicletta degna di un centauro che parcheggiava sgommando vicino al marciapiede.
Naruto, pensò con esasperazione mista incredulità. Erano stati assegnati come coppia da neanche un anno e l’uomo più giovane era riuscito a sorprenderlo in troppi modi.
“Con comodo, principessa” borbottò indispettito.
Naruto si tolse il casco nero e lucido, i capelli biondi e morbidi svolazzarono attorno al suo viso abbronzato nel gesto. Obito si costrinse a mantenere uno sguardo incazzato, in alcun modo avrebbe lasciato che la sua mente distorcesse l’intera scena in un momento degno da romanzo rosa. Anche se era terribilmente difficile a causa degli stretti pantaloni in pelle nera che indossava, accompagnati dal corto giubbotto da motociclista.
Quale poliziotto si veste così, pensò infastidito. Ma non era totalmente esatto: Uzumaki Naruto non era un poliziotto, era invece un civile investito nel ruolo si consulente che per qualche motivo gli avevano messo ai calcagni. 
“Quando dico alle nove intendo che devi presentarti qui alle nove, Uzumaki, non dieci minuti dopo” lo riprese quando gli fu a portata.
Naruto gli rivolse un sorriso birichino, che fece risplendere gli occhi assurdamente azzurri.
“Qualcuno è incazzato” considerò. Allungò una mano per rubargli il cartone di caffè, ma Obito intercettò il gesto e lo allontanò. “Molto incazzato” corresse quindi Naruto allargando il sorriso. “Senti, mi hanno trattenuto, ho avuto un problema”.
“Non abbiamo tempo per le tue stronzate” lo riprese. “Seguimi”.
Naruto storse solo il naso al tono dittatoriale, ma lo seguì senza abbandonare il sorriso, né la voglia di parlare.
“A quanto pare qualcuno si è messo a scavare fra i miei documenti e la mia vita privata. Ancora”.
Obito lo guardò con la coda dell’occhio. “Non sono stato io”.
“Certo, come non lo sei stato l’altra volta” lo stuzzicò.
Gettò via il cartone del caffè, arrossendo leggermente sulle orecchie alla velata accusa. Uzumaki Naruto era… un grattacapo. Era comparso un anno fa nella vita di Obito, quando stava inseguendo degli indizi sull’assassinio di un’emergente diva del cinema. Aveva percepito subito che c’era qualcosa di strano in lui, soprattutto perché dopo il primo incontro aveva cominciato a incontrarlo sempre di più in situazioni che non potevano essere semplice coincidenza. Il tutto si era coronato quando Konan, il loro capo dipartimento, glielo aveva assegnato come consulente. La faccenda puzzava troppo, perciò si era messo a scavare nel passato del suo nuovo collega per capire chi diavolo fosse.
Non aveva trovato nulla.
Non c’era niente su di lui che risaliva oltre due anni, era come se prima degli ultimi due anni Uzumaki Naruto non fosse mai esistito. Nessuno però aveva ascoltato le sue preoccupazioni.
“Questa volta non c’entro davvero” chiarì. “Comunque, abbiamo cose più importanti di cui occuparci. Come…”
“Già, tipo il tuo odore!” lo interruppe felice Naruto.
“Cos’ha il mio odore che non va?” sbottò esasperato. Era lì da soli cinque minuti e già aveva l’istinto di buttarlo dentro il bidone della spazzatura più vicino. 
“Puzzi di sesso e delusione”.
La risposta lo fece arrossire fino alla radice dei capelli. Questa reazione fece allargare il sorriso malizioso di Naruto.
“Lasciami indovinare: sei finito ancora una volta nel letto di Rin e ancora una volta ti ha scaricato”.
Digrignò i denti, infastidito che fosse così ovvio.
“Va’ a farti fottere, Uzumaki” rispose senza pensarci.
Mossa sbagliata, perché Naruto lo guardò ancora più compiaciuto.
“Be’, mi farei fottere molto volentieri da te. E sono sicuro io che non ti deluderei” ammiccò.
Obito tenne lo sguardo il più lontano possibile per non fargli notare quanto era imbarazzato. Purtroppo continuava a sentire la sua faccia in fiamme. Era questo il vero problema della partnership con Uzumaki: da quando era iniziata – anzi, dal loro primo incontro – Naruto aveva fatto tutto un provarci con lui, senza essere per nulla sottile per di più. Aggiungendo il fatto che era davvero un bel ragazzo e il fatto che Obito non era propriamente etero, la cosa lo stava mettendo sotto una pressione pazzesca. Ma visto com’era finita l’ultima volta che era stato con un collega preferiva non ripetere la stessa esperienza. 
“Ti prego, concentrati, è un caso importante” lo ammonì tentando di tenere la voce ferma.
“D’accordo capo, cos’è successo?”
Obito tirò un sospiro di sollievo. “Una ragazza è scomparsa: Ino Yamanaka, diciassette anni. I suoi genitori hanno chiamato questa mattina per denunciarlo, non tornava a casa da tre notti”.
Naruto lanciò un fischio. “Hanno aspettato tre notti per avvisare? Diamine, potrebbe essere ovunque ora, anche all’inferno”.
“Infatti ho intenzione di capire anche questa attesa. Stiamo andando a interrogarli proprio in questo momento”. Lo guardò supplicante. “Ti prego, non fare casini”.
Il sorriso che ricevette non era per nulla rassicurante.
“Casini? Io non faccio mai casini!”
 
 
**
 
Arrivati al secondo piano di uno dei condomini che si affacciavano alla via, scoprirono che c’era un solo genitore: il padre, Inoichi Yamanaka, lo stesso che aveva chiamato quella mattina. Li fece accomodare nell’appartamento spazioso, l’espressione stanca e molto angosciata. Chiese se poteva offrire loro qualcosa – e Naruto stava per assicurare che avrebbe assaggiato molto volentieri uno degli amari che vedeva esposti in credenza – ma Obito fu diretto come al solito.
“Siamo qui per scoprire che cosa è successo a sua figlia. Eravate molto legati?”
Inoichi tentò un sorriso. “Quando era piccola sì, molto. Gli ultimi anni…” Sospirò sconfortato. “Per un padre single e sempre al lavoro crescere un’adolescente può essere difficile. Noi non parlavamo più molto” ammise.
“È per questo che avete aspettato tre notti per avvertire la polizia?” domandò Naruto sorridente.
Obito gli scoccò un’occhiata piena di ammonimento. Il senso di colpa e il pentimento nel signor Yamanaka erano evidenti.
“Ino ultimamente si assentava spesso di notte, a volte senza avvertire. Ma ritornava e io credevo… pensavo sarebbe tornata”.
Obito annuì, mentalmente annotò di tenere buona anche l’opzione che non si trattasse di un rapimento, ma una fuga.
“Può mostrarci la sua stanza?”
Inoichi li guidò lungo un corridoio e aprì loro la porta. Furono subito accolti da un forte odore di chiuso ed entrarono all’interno di una stanza in penombra. Le due finestre che avrebbe dovuto illuminare la camera erano quasi del tutto abbassate. Obito accese la luce per vedere meglio l’ambiente. Rimase molto sorpreso da quello che vide, era una camera molto… caratteristica.
Anche se non disse niente, il fischio incredulo che lanciò Naruto rese abbastanza palese quello che entrambi stavano pensando. Inoichi fece una faccia imbarazzata.
“Uhm, ultimamente si era appassionata al…”
“Esoterismo?” concluse per lui Naruto, il tono di voce insolitamente allegro date le circostanze e l’ambiente stesso.
Obito fece una smorfia e cominciò a vagare per la stanza, in cerca di indizi. Il colore nero la faceva da padrone, ma erano i poster che rappresentavano demoni e pentagrammi a rendere la stanza così... inquietante. La scrivania aveva su di sé un teschio come portapenne, alcune bamboline vudù, croci rovesciate e un vaso di finti fiori appassiti. C’erano candele spente e consumate, minerali brillanti, collane con simboli celtici e boccette con un liquido rossastro, come delle pozioni. Naruto studiò la libreria, sorridendo ai titoli che leggeva sul dorso dei libri grossi e rilegati: astrologia, lettura dei tarocchi e delle rune, grimori, stregoneria…
“Sua figlia era un’aspirante satanista?” chiese.
Inochi, ancora sulla soglia, li guardò con gli occhi sbarrati. “No, Ino non lo sarebbe mai… lei…” balbettò confuso.
Obito non lo ascoltò. Si avvicinò a una cassapanca e l’aprì: dentro c’erano solo delle candele ancora inutilizzate, per il resto sembrava vuoto. Osservò incuriosito alcuni graffi sul telaio e una piccola illuminazione lo colpì nel rendersi conto che il fondo sembrava essere più alto della reale altezza della cassapanca. Allungò le mani cercando di inserire le dita sui bordi del fondo della cassapanca e, con un po’ di forza, riuscì ad alzare la lastra di legno.
“Qui c’è un doppiofondo” chiamò il suo partner. 
“Uh?” commentò Naruto smettendo di fissare confuso uno dei poster appesi alle pareti. Rappresentava una volpe a nove code e per qualche motivo sembrava averlo disturbato molto. Obito non ci badò molto: l’intera stanza era disturbante da paura. 
Sollevò il fondo falso, rivelando quello che in realtà la cassapanca conteneva e che per qualche motivo Ino aveva voluto nascondere. Si trattava di due libri rilegati in cuoio. Li tirò fuori entrambi, solo uno dei due aveva un titolo, Chiesa dei nove Bijū, mentre l’altro aveva la copertina completamente liscia, priva di ogni parola. Obito si concentrò su quest’ultimo, passando l’altro a Naruto che era impallidito. 
Aprendolo, scoprì che era un quaderno, o meglio: il diario personale di Ino. L’eccitazione della scoperta fu smorzata subito nell’accorgersi di un grosso ostacolo: era scritto in un codice. Obito non era affatto un esperto, ma quei simboli sembravano rune. Forse c’era un modo per decifrarlo, ma sarebbero dovuti andare in centrale per farlo. Sospirò, almeno avevano qualcosa su cui lavorare. Se i suoi sospetti erano fondati, Ino era entrata in una setta che aveva saputo approfittarne della sua giovane età e della situazione familiare. Aveva sentito fin troppe storie del genere e nessuna di esse era finita bene.
“Trovato qualcosa?” domandò a Naruto, insolitamente silenzioso.
Il collega chiuse di colpo il libro che stava sfogliano. 
“No, niente! È solo un libro fantasy su demoni e…”
Obito lo guardò sospettoso e gli rubò senza tante cerimonie il grosso libro. Iniziò a sfogliarlo, gli occhi allenati che si posavano su qualsiasi cosa potesse rivelarsi utile.
“Più che un fantasy questo sembra una bibbia…” satanica, aggiunse fra sé.
Naruto lo guardò pigro. “E che differenza c’è?”
Obito decise che era il caso di ignorare la sua blasfemia, era fortunato che non fosse credente. Tamburellò con l’indice l’interno della copertina.
“C’è un sito internet” fece notare. Avrebbero potuto controllare quello mentre aspettavamo la lista dei contatti e conoscenti di Ino. 
Almeno avevano una pista, per quanto spiacevole.
Prese entrambi i libri e tornò a rivolgersi al signor Yamanaka. Ora sembrava definitivamente perso, come se si stesse svegliando in un incubo. Obito prese un lungo sospiro, in quei momenti odiava il suo lavoro.
“Signore, credo che sua figlia conoscesse i suoi rapitori”.
E che sia andata con loro volontariamente, preferì tenerlo per sé.
 
**
 
La sua scrivania era impeccabile, sul ripiano aveva solo il minimo dispensabile è tutto aveva il proprio posto. Il portatile dato in dotazione era un po’ lento e mentre aspettava che la pagina web si caricasse, Obito osservò le uniche due cose fuori posto sulla scrivania: i libri.
“Mh, brutta storia davvero” borbottò Naruto, intento a mangiare un grosso e untuoso panino. Alcune briciole caddero sulla scrivania pulitissima e Obito smise di guardare i libri per incenerirlo con lo sguardo. Naruto non ne fu impressionato, in realtà non lo stava nemmeno guardando, tutta la sua intenzione era su alcune scrivanie in fondo alla stanza.
“Io non so se avrei la tua stessa forza di vederla dopo essere stato scaricato per l’ennesima notte”.
Obito non doveva girarsi per sapere che parlava di Rin, il loro medico forense nonché sua ex-ragazza, in quel momento intenta a mostrare alcune cartelle cliniche al detective Kakashi Hatake, suo ex-migliore amico, ma lo fece lo stesso. Per sua sfortuna, il loro triangolo era fin troppo noto a tutto il dipartimento, anche se non conoscevano la storia completa. 
Un anno prima Rin e Obito stavano insieme, ma per questioni di etica lavorativa avevano deciso di tenerlo nascosto, anzi: Rin aveva insistito di tenerlo nascosto. Il vero motivo l’aveva scoperto dopo mesi di relazione e non aveva niente a che fare con l’etica lavorativa. In realtà, più o meno nello stesso periodo, Rin aveva tenuto una relazione anche con Kakashi, mantenuta segreta per lo stesso motivo. Finché Kakashi non aveva deciso che i suoi sentimenti erano seri e aveva proposto a Rin di sposarlo. Lei aveva accettato, troncando così la sua relazione con Obito. Il quale, davanti alla felicità del migliore amico e dell’intera situazione non aveva potuto fare altro che fingere che tra lui e Rin non ci fosse stato effettivamente nulla e accettare la piega degli eventi. Ovviamente non aveva funzionato, dopo solo una settimana aveva preso a pugni Kakashi accusandolo di avergli rubato la ragazza. Tutto il dipartimento sapeva che Obito aveva da anni una cotta per Rin, non sapevano però che erano stati insieme per mesi; senza contare che il suo scatto di rabbia non lo aveva reso molto simpatico, così che nessuno gli aveva creduto ed era diventato lo zimbello del dipartimento. È proprio perché al peggio non c’era mai fine, la sua attrazione per Rin non era passata e nonostante il matrimonio ormai alle porte a volte si trovava ancora a condividere il letto con lei. Lui continuava a sperare che finalmente si rendesse conto che tra loro c’era qualcosa, ma lei ogni volta lo ignorava o al massimo ripeteva che era stato un errore, che non sarebbe più successo (come no) e che lei amava Kakashi, eccetera. Ed era quello che stava succedendo in quel momento, nonostante la notte passata insieme nel suo letto non lo stava minimamente calcolando. 
Distolse lo sguardo quando vide che Kakashi aveva iniziato ad accarezzarle i capelli, spingendola ad alzare il viso verso di lui per un bacio. Non voleva davvero vederli scambiarsi effusioni. Tornò quindi sul pc, accorgendosi che la pagina web era stata caricata. Naruto la stava già leggendo, la sua espressione molto turbata e pallida. Vederlo così lo preoccupò, iniziò a scorrere le varie informazioni ma tutto ciò che leggeva era il bizzarro culto di nove demoni di diverse culture orientali, mangiatori di uomini e altre cose spaventose. Per lui era quasi noioso, ma poteva capire come tutto quello potesse aver affascinato la mente suscettibile di una ragazza lasciata a se stessa e appassionata di esoterismo.
Nella sua navigazione arrivò però a un vicolo cieco: per proseguire nelle altre pagine serviva una password. 
Si massaggiò la fronte e tornò a guardare i libri, chiedendosi se poteva trovare qualcosa di utile lì dentro. Ma prima che decidesse di prendere il tomo, Naruto parlò.
“Kurama”.
“Cosa?”
“La password. Prova a scrivere Kurama”.
Obito lo guardò scettico. “Devo preoccuparmi?”
Il fatto che Naruto stesse evitando di guardarlo non aiutava la sua causa.
“Tu intanto prova”.
Decise di fidarsi e digitò sulla tastiera la parola proposta. Rimase di sasso quando funzionò, incredulo si voltò verso  il collega per chiedere spiegazione, ma quello continuava ad avere un’espressione infelice e seria che lo lasciò senza parole. Da un anno che lavoravano insieme non lo aveva mai visto così.
“Ehi…?”
Naruto lo interruppe alzando il braccio, indicando con le dita lo schermo.
“Vai su eventi”.
Era così confuso che eseguì senza fare domande. Lo schermo si aprì quindi su una locandina dall’espetto macabro quanto il resto del sito, il disegno di una volpe con nove code la faceva da padrone mentre si invitava a prendere parte al banchetto del 31 Ottobre fatto in onore della possente Volpe a Nove Code. 
“È domani sera” realizzò Obito, prese un foglio di carta e segnò l’indirizzo.
Naruto non rispose, continuava a guardare la locandina come se la volpe potesse prendere vita e balzare fuori dallo schermo per divorarlo, gli diede quindi un colpo con il gomito.
“Dobbiamo andare e scoprire di cosa si tratta, magari fare delle domande. O almeno, io vado” corresse. “Tu?”
Naruto si riscosse. “Secondo te mi perdo il nostro primo appuntamento?”
“È lavoro, idiota” ringhiò mentre passava alla pagina web successiva, quella dedicata all’iscrizione all’evento. Iniziò a digitare i propri dati senza timore.
“Anche se andare all’evocazione di un demone non mi sembra poi così romantico”.
La cosa migliore da fare era ignorarlo, così si disse. Terminò tutte le procedure, compreso il pagamento di una quota d’iscrizione, sperava solo non fosse una perdita di tempo.
“Quuuuuindi” riprese Naruto dopo un minuto di silenzio, tornando al suo solito fare allegro e civettuolo. “Cosa facciamo fino a domani?” chiese con uno sguardo pieno di sottintesi.
Obito afferrò il diario. “Decifriamo questo sperando di trovare qualcosa”.
Tutto l’entusiasmo del più giovane si spense in un attimo. “Non era quello che speravo”.
Non poté trattenere un sorrisetto mentre sfogliava il diario scritto a mano, ogni pagina fitta di quei simboli incomprensibili.
“Lo so” non riuscì a trattenersi dallo stuzzicarlo.
Naruto fece un broncio molto adorabile. “Tanto lo so che ti piaccio e mi vuoi”.
Il suo essere così schietto e diretto lo aveva messo in difficoltà fin dall’inizio, ma ormai stava cominciando ad abituarsi a quel modo di fare. Lo ignorò, iniziando a trascrivere su un foglio tutti i simboli che vedeva sulle pagine, sperando di trovare un senso. A Naruto non piacque venire ignorato.
“E so che fai sogni bagnati su di me”.
Obito lottò per non mostrare una sola espressione. Sì, era vero, ma non c’era modo che l’altro potesse saperlo per davvero e lui non aveva intenzione di confermarlo. In fondo non era colpa sua se Naruto era dannatamente bello e provocante, Obito era pur sempre un uomo con degli istinti ed era impossibile restare indifferente si suoi occhi azzurri… soprattutto al culo che i pantaloni stretti lasciavano sempre ben in mostra.
Sospirò, passando carta e penna al fastidioso collega. “Lavora” ordinò.
Per sua fortuna venne ascoltato.
 
**
 
Trovarono presto la chiave di decifrazione. O almeno Naruto la trovò.
Era in momenti come quelli che si ricordava perché la polizia tenesse il consulente civile. Naruto aveva spesso delle intuizioni formidabili, per non parlare della sua capacità di affascinare i sospettati che gli confessavano qualsiasi cosa come se fosse un prete. Tutto quello non faceva altro che ricordargli che razza di mistero fosse Uzumaki Naruto. Anche in quel momento si era limitato a mostrare la corrispondenza di ogni simbolo a una sillaba (Obito nemmeno si era reso conto che era un codice sillabico!) dicendo che era solo una possibilità. Considerando che stavano leggendo un mese intero di frasi in senso compiuto quella era la giusta interpretazione.
“Come hai fatto?” domandò interrompendolo.
“Uh?” Naruto alzò lo sguardo dal diario confuso, a quanto pare si stava davvero appassionando alla vita privata della ragazzina, che idiota. Capì presto cosa intendesse però, il suo sguardo si fece sfuggente e scrollò le spalle. “Mah, ho provato un po’ a casaccio. Sai che sono fortunato”.
Troppo fortunato, come quella volta che credeva fosse stato preso in pieno da un proiettile e invece lo aveva mancato per un soffio, lasciandolo incolume. Obito sapeva cosa aveva visto, lo aveva visto venire colpito, eppure non aveva ricevuto nemmeno un livido…
“Allora, andiamo avanti?” stuzzicò Naruto. “Non sei curioso di sapere se Ino e Sai arriveranno al dunque?”
Alzò gli occhi al cielo. “Maniaco”.
Il diario si apriva con il giorno in cui Ino aveva incontrato Sai, che poche pagine dopo era diventato il suo ragazzo. Si trattava di un giovane pittore squattrinato è ormai era chiaro che si trattava anche della persona che l’aveva coinvolta nella Chiesa dei Nove Bijū. Finora non era successo niente, Ino non era stata portata agli incontri e Sai si era limitato a parlarle dei demoni e dei riti orgiastici. Ma il diario era spesso e questi eventi risalivano tutti a quella primavera, chissà che altro era successo nel frattempo. Oltre alle varie informazioni sulla setta c’erano anche tutte le preoccupazioni di una normale ragazza della sua età, per esempio il fatto che desiderasse fare sesso con Sai senza mai riuscirci. Naruto, da bravo idiota, si stava appassionando proprio a quell’aspetto da teen drama.
“Uchiha”.
La voce lo gelò dalle sue elucubrazioni, l’aveva riconosciuta subito e di malavoglia alzò il viso verso Kakashi. L’ex-amico lo guardava neutro, strettamente professionale, e gli tendeva un fascicolo che portava il numero del loro caso.
“Ho raccolto tutti i contatti di Ino Yamanaka ” spiegò.
Obito afferrò il materiale sforzandosi di avere a propria volta un’espressione per lo meno indifferente.
“Sono già stati contattati?”
“Sì, fra un’ora saranno tutti qui in centrale per l’interrogatorio. Voi avete già una pista?”
“Qualcosa del genere” rispose senza sbilanciarci troppo. Sfogliò velocemente i file nel fascicolo. “Tra questi c’è un ragazzo di vent’anni di nome Sai?”
Gli occhi grigi rimasero pigri. “No, nessuno che corrisponda a quel nome”.
In realtà Obito sospettava che si trattasse di un soprannome, ma dovevano comunque tentare qualcosa. Passò a Kakashi il foglio con tutti i dati che era riuscito a ricavare dal diario di Ino.
“Vedi se trovi qualcuno che corrisponde a queste caratteristiche. Potrebbe essere coinvolto”.
Internamente tirò un sospiro di sollievo, la loro interazione era andata bene. Ogni volta che vedeva la faccia di Kakashi ricordava quando gli aveva rotto il naso e dentro di lui provava sia rimorso che voglia di riprovare l’esperienza. Razionalmente sapeva che Kakashi non c’entrava nulla, era una vittima del doppio gioco di Rin quanto lui, ma gli dava fastidio che non gli avesse creduto quando gli aveva raccontato la situazione; senza contare che una parte di lui lo considerava ancora un ladro di ragazze.
Per lo meno nonostante il trascorso riuscivano a mantenere un rapporto professionale, come dei bravi e maturi adulti. Peccato non poter dire niente del presunto adulto seduto sulla sedia vicina.
“Ehi, Hatake”.
Oh no, sbiancò subito.
Kakashi lo fissò neutro, forse aspettandosi qualche altra istruzione per il caso, ma il luccichio negli occhi di Naruto faceva presagire il pezzo.
“Vedo che la tua fidanzatina è molto rilassata” disse facendogli l’occhiolino. “Deve aver fatto del sesso grandioso questa notte”.
Obito quasi si strozzò con la sua stessa saliva, mentre Kakashi mostrò la prima vera espressione da quando era arrivato. Sbatté le palpebre con sorpresa.
“Non so di che parli” disse genuinamente, in un modo che strinse il cuore di Obito nel senso di colpa. “Io e Rin non abbiamo passato la notte insieme”.
“Non ho mica detto che il sesso fosse con te…”
“Bene, noi andiamo!” urlò Obito soffocando la frase di Naruto e catturando l’attenzione di tutti i vicini. Raccolse il fascicolo e mantenne la faccia indifferente. “Andiamo a prepararci per gli interrogatori. Dimmi se trovi qualcosa, Hatake”.
Dopodiché afferrò Naruto per la manica costringendolo ad allontanarsi da lì prima che la sua boccaccia larga facesse un vero danno. Il consulente lo seguì docile, il suo sorriso di merda sulle labbra e gli occhi divertiti; guardandosi alle spalle notò Kakashi ancora alla sua scrivania, abbastanza scombussolato.
Gemette internamente.
“Che cazzo ti salta in mente?!”
“Sto solo facendo un’opera buona” replicò pronto. “Qualcuno deve avvertirlo che è cornuto”. Vedendo che Obito non rispondeva insistette: “E visto che tu non hai dell’amor proprio ci devo pensare io al tuo onore. Non ti fa incazzare questa situazione?”
Obito lo lasciò andare non appena raggiungessero le macchinette degli snack. Inserì la propria chiavetta per farsi una cioccolata calda, aveva decisamente bisogno di zuccheri. Ovviamente la situazione lo faceva incazzare, ma non è che potesse farci molto.
Magari smettere di dare corda a Rin, suggerì la voce della coscienza, che scacciò prontamente.
“Devi studiare questi file” disse, deciso a restare concentrato sul caso. 
“Devo?”
“Voglio che porti avanti tu l’interrogatorio, sei più persuadente di me” ammise passandogli il fascicolo.
Naruto lo afferrò, iniziando a tirare fuori i vari file al suo interno, un sorriso birichino sul volto.
“E come persuado te a venire a letto con me?”
Sospirò, quel giorno Naruto era più combattivo del solito o era solo una sua impressione?
“Non lo fai. Siamo colleghi, non sta bene”.
“Tsk, non hai questo problema con Rin”.
Ancora una volta evitò di rispondere. Sapeva che le sue ricadute con Rin erano errori, ma non voleva ammetterlo ad alta voce.
“Sai,” riprese allora Naruto per nulla scalfito dal suo silenzio, “secondo me tu non sei più innamorato di lei, sei solo abituato a questa situazione e hai paura ad uscirne”. Alzò gli occhi su di lui, era incredibile quanto l’azzurro diventasse profondo quando lo fissavano seri. “Perché conosci solo quel tipo di amore e credi sia l’unico che puoi meritare”.
Quel discorso lo innervosì più del dovuto.
“Magari psicoanalizza loro, non me” replicò sarcastico indicando i file. 
Prese il proprio bicchiere in plastica di cioccolata calda, un po’ a disagio nel percepire lo sguardo serio ancora su di sé. Quando però tornò a guardarlo, Naruto aveva un’espressione dolce.
“So cosa significa, cosa si prova” mormorò. “Per questo la cosa migliore per te è staccartene adesso”.
Obito prese un lungo sospiro. “Stai parlando di tuo padre?”
Naruto era un grattacapo, ma su una cosa non aveva mai fatto mistero: il rapporto conflittuale con suo padre. Non aveva ben capito la dinamica, ma sapeva che Naruto era arrivato a Konoha proprio per staccarsi dall’influenza tossica di suo padre e ricominciare una nuova vita. 
“Sì, per questo te lo dico. Parlo per esperienza” ammise distogliendo lo sguardo. “Puoi avere di meglio, fidati”.
Obito rimase in silenzio, per una volta soppesando davvero le parole dell’altro. Una parte di lui lo sapeva, ma mettere in pratica tutto quello era difficile. Rin era da sempre l’unica persona che amava ed era anche l’unica che lo avesse mai amato, non riusciva a pensare niente di diverso. Probabilmente era questo il problema. Naruto gli piaceva, avrebbe accettato il suo flirt, ma non sapeva nulla di lui e né l’altro condivideva qualcosa. Era un salto nel vuoto che aveva paura di prendere, che non voleva prendere.
Deglutì, deciso a chiudere quella conversazione scomoda. Guardò verso la propria scrivania, sollevato di vedere che Kakashi non era più lì e poteva tornare alla postazione di lavoro.
“Vado avanti con il diario, tu vedi di ricavare qualcosa da lì”. Si allontanò velocemente. “Non battere la fiacca”.
“Quando mai” assicurò Naruto, un sorriso spensierato di nuovo sulla faccia.
 
**
 
La sera di Halloween era arrivata fin troppo presto. Konoha era stata decorata in onore della festa macabra, gruppi di bambini accompagnati da adulti giravano vestiti da mostri di casa in casa per i propri dolcetti, mentre gli adolescenti e gli adulti si dirigevano a feste in tema. 
Obito però non riusciva a prendere il clima festivo nel modo giusto. Le decorazioni macabre gli ricordavano il terribile caso che aveva tra le mani, soprattutto quello che aveva letto nel diario. Più andava avanti con la lettura, più era ovvio che Ino fosse stata coinvolta in una setta di folli sanguinari. 
L’interrogatorio di Naruto non aveva portato a niente, da mesi Ino si era allontanata da chiunque, tagliando ogni rapporto. Più fortunata era stata la ricerca di Kakashi, che era riuscito a trovare l’abitazione del suo ragazzo. Era stato lì quella mattina, dove i coinquilini gli avevano spiegato che non vedevano Sai da ormai quattro giorni; non avevano denunciato la scomparsa perché credevano se la fosse semplicemente data a gambe per non dover pagare gli arretrati dell’affitto. Obito dubitava che quella fosse solo una coincidenza, sperava solo che l’evento della festa lo portasse finalmente da qualche parte. Più il tempo passava più temeva di non trovare la ragazza ancora viva.
Irritato guardò dagli specchietti della sua macchina, ancora una volta Naruto si stava facendo attendere rischiando di far arrivare entrambi in ritardo, con il rischio di restare chiusi fuori. Tamburellò sul volante, osservandosi. Non sapendo esattamente che cosa si indossasse durante rituali satanici, aveva optato per la classica camicia e giacca nera, niente cravatta per essere più informale. Non aveva perso tempo a sistemare i propri capelli corti e neri, tanto sapeva che non poteva far nulla per distogliere l’attenzione dalla sua faccia attraversata da raccapriccianti cicatrici. Subito dopo l’incidente che lo aveva sfigurato gli avevano proposto un trattamento di chirurgia estetica, ma lui lo aveva rifiutato. Quelle cicatrici se l’era fatte durante il suo incarico più importante, quando la sua squadra era riuscita ad arrestare dei trafficanti salvando una decina di donne e bambini stranieri. Gli ricordavano i rischi del suo mestiere ma che, nonostante tutto, ne valeva la pena.
Stava per decidere di abbandonare il collega alla propria sorte e andarsene, quando la portiera del lato del passeggero venne aperta e Naruto scivolò dentro l’abitacolo.
“Ma come siamo eleganti” lo salutò con un sorriso da schiaffi.
Obito fece una smorfia, proprio lui parlava? Il cappotto aperto rivelava un abito elegante a tre pezzi, il collo della camicia era stretto da un papillon; per non parlare dei capelli biondi pettinati all’indietro, che facevano risaltare gli occhi chiari. Sembrava una star pronta per un giro sul tappeto rosso, che un poliziotto in incognito.
Senza dire niente mise in moto la macchina e si inserì nel traffico, dirigendosi verso l’edificio segnato dal navigatore. Tenne stretto il volante fino a far sbiancare le nocche, impedendosi di pensare a quanto fosse bello l’uomo vicino a lui.
“E queste cosa sono?”
Con la coda dell’occhio osservò Naruto prendere dal cruscotto due maschere a forma di muso di volpe.
“Nella locandina c’era scritto che i partecipanti devono indossarle” spiegò neutro.
Anche senza vederlo, poté percepire l’orrore di Naruto dal suo tono.
“Devo indossare questa roba?!”
Spostò lo sguardo dalla strada sul collega, decisamente perplesso da quella reazione. Come immaginava, Naruto aveva un’espressione davvero turbata, ma quando si accorse di essere fissato si affrettò a fare uno dei suoi soliti sorrisi sfrontati.
“Non si abbina al mio vestito”.
Non rispose, era chiaro che non fosse quello il problema. Sperava solo che non compromettesse l’indagine, non potevano permettersi distrazioni per il bene della ragazza.
Arrivarono presto all’edificio dell’evento. Fuori una fila di gente entrava lentamente, ognuna veniva controllata da un bodyguard perché non ci fossero intrusi. Obito mostrò il codice che gli era stato inviato per email subito dopo la registrazione e lui e Naruto poterono entrare nell’edificio. Seguirono il flusso di gente fino a entrare in una sala larga e rotonda, con un soffitto altissimo. Appena entrarono Obito si sentì come sotto una doccia fredda: tutte le decorazioni della sala erano fatte con ossa umane. Il lampadario che pendeva al centro, i capitelli delle colonne che circoscrivevano lo spazio, i balconi delle alte finestre, l’altare di un enorme dipinto, perfino le strutture dei divani su cui gli ospiti erano seduti erano fatti di ossa. 
Obito sperava che fossero finte, di plastica, ma anche così erano raccapricciante. 
Nell’alta stanza c’erano poche persone e tutte indossavano la maschera a muso di volpe, la luce aveva una sfumatura rossastra, sanguigna.
Si accorse che Naruto si era allontanato a osservare il grande dipinto sull’altare di ossa, la cornice era composta da femori e bacini. Il quadro rappresentava, senza nessuna sorpresa, una volpe dal pelo rosso, le zanne prominenti e nove code maestose. Sullo sfondo si vedeva una vecchia città feudale.
“Questi sono pazzi” borbottò Naruto.
Nello stesso momento si tolse la maschera, era pallido e sudaticcio, la bocca aperta mentre esalava a fatica lunghi respiri. Obito rimase scosso da quella reazione, sembrava vicino a un attacco di panico.
“Ehi, qual è il problema?” sussurrò appoggiando una mano sulla sua spalla.
Naruto evitò il suo sguardo, passò una mano ad asciugare il sudore sulla fronte.
“Il loro gusto in fatto di interni è disgustoso” borbottò.
Corrugò la fronte, era quello il problema? Le decorazioni ossee lo impressionavano? Non pensava fosse qualcuno con una tale fobia, non lo aveva mai lasciato intendere.
“Vuoi uscire per prendere un po’ d’aria?”
“Signor Uzumaki! Che gioia vederla qui!”
Obito sussultò sul posto, perfino Naruto raggelò nel sentire il proprio nome. Entrambi si voltarono, vedendo la figura di un uomo basso e cicciotello, ammantato di nero che si stava approcciando a braccia spalancate. La maschera da volpe nascondeva i suoi lineamenti, ma le spille sul mantello nero lasciavano a intendere che fosse qualcuno di importante all’interno della setta. Naruto non reagì, nemmeno quando lo sconosciuto strinse le mani insieme.
“Sono il Gran Maestro” si presentò. “Devo dire che non avevo speranza di vederla, visto che non aveva risposta alla mia mail”.
Quale mail?, si chiese Obito sempre più confuso. Guardò Naruto, il quale aveva fatto un sorriso di circostanza.
“Invece, eccomi qui”.
“E non può sapere quanto ci rendete felici! Organizziamo tutto questo da anni e quando abbiamo saputo che anche lei era in città… capisce la nostra emozione!”
“La capisco…” mormorò sempre più pallido.
Il suo sorriso finto non preoccupò il Gran Maestro che sembrava troppo entusiasta per accorgersi del disagio di Naruto. Continuava a scuotere la mano del suo collega come se fosse una celebrità, Obito era sempre più confuso e agitato dalla piega degli eventi.
“Che ne dice?” chiese il Meastri rivolgendosi al quadro. “Abbiamo seguito le descrizioni delle cronache, siamo stati abbastanza fedeli?”
Naruto non guardò il dipinto, deglutì sonoro però. “Molto fedeli” rassicurò come se non fosse una bella cosa.
“Vedrà, vedrà… Sono anni che studiamo e organizziamo, ogni dettaglio è stato curato. Lasci che le mostri il nostro lavoro” propose.
Obito rizzò le orecchie, quella si presentava come un’occasione da non perdere per capire cosa stesse succedendo. Probabilmente anche Naruto dovette pensarlo, perché acconsentì fingendo entusiasmo in modo più realistico. 
Obito attivò il microfono che teneva dentro la giacca, deciso a rimandare dopo le spiegazioni dal suo collega, ed entrambi seguirono l’uomo tozzo verso un’altra stanza. Questa era disposta come un’aula universitaria, con dei banchi a gradini e un punto piano su cui si alzava un altare. 
Il Gran Maestro indicò la fila di banchi.
“Lì è dove si terrà la cena. Una soluzione poco elegante, lo so, ma è l’unico modo per permettere a tutti di assistere al sacrificio”.
Obito annuì fingendo interesse. Aveva letto nel diario di Ino di sacrifici di agnelli e galline, immaginava si trattasse qualcosa del genere. Cercò di non arricciare il naso per il disgusto di dover assistere a qualcosa del genere mentre mangiava.
“Qui invece”, indicò l’altare, “è dove si terrà il sacrificio. Può dirci se le rune sono state trascritte in maniera corretta?”
Obito osservò con attenzione il blocco di marmo, c’erano della catene che immaginava servissero per trattenere l’animale al momento dello sgozzamento. Un velo bianco era steso sul ripiano, ricamato con del pizzo, mentre sulla pietra erano stati dipinti dei simboli. Obito lo riconobbe subito, era lo stesso alfabeto sillabico del diario di Ino, che Naruto era riuscito  facilmente a decifrare. Guardò il collega, ormai consapevole del suo coinvolgimento in questa faccenda.
“È tutto… giusto” mormorò quello fiacco, faticando a mantenere il sorriso.
“Ne sono contento” sospirò di sollievo il Gran Maestro. “Sa, questa evocazione è stata voluta da Shimura Danzo”.
Obito sbatté le palpebre al nome del politico, una persona così importante stava gestendo tutto quello? E in che modo era coinvolto il rapimento di Ino?
“Vuole chiedere il favore del potente Kurama per vincere la prossima campagna elettorale”. I buchi vuoti della maschera fissarono intensamente Naruto. “Secondo lei funzionerà? Un bambino sarà abbastanza?”
Credette di soffocare con la propria saliva, Obito non poteva credere a quello che stava sentendo, stava davvero suggerendo che il sacrificio fosse un bambino? Guardò scandalizzato verso Naruto, già deciso a chiamare i rinforzi e sconvolto che il compagno potesse essere in mezzo a qualcosa del genere. Quello continuava a fissare l’altare con sguardo turbato, il sudore sulle tempie.
“Andrà bene” disse fievolmente.
“Eccellente!” esultò il Gran Maestro battendo deliziato le mani. “Del resto chi meglio di lei può saperlo?”
Naruto ricambiò forzatamente il sorriso, come se stesse ingoiando un limone intero. Ancora una volta l’uomo pazzo non se ne accorse, al contrario li invitò a prendere posto dal momento che mancava ormai poco alla cena. Suggerì loro di sedersi in prima fila per non perdersi nulla, in fondo si trattava di un ospite importante quanto lo stesso Shimura.
Obito si tolse la maschera non appena rimasero soli nella stanza e tirò fuori il telefono.
“Cazzo, io chiamo i rinforzi”.
Con suo sgomento Naruto appoggiò le mani sulle sue, impedendogli di digitare il numero della centrale. Lo guardò sconvolto, furioso.
“No, aspetta” suggerì dolcemente il consulente.
“Aspetta?! Questi psicopatici vogliono uccidere un bambino!” gli ricordò sentendosi male solo a dirlo.
Naruto scosse la testa. “Il sacrificio non è un bambino, ma è quello che sperano di ottenere dal sacrificio”. Lo guardò implorante. “Ti prego, Obito, fidati di me”.
Gli stava chiedendo troppo.
“Perché quel tizio ti conosceva? Perché ti ha fatto tutte quelle domande? Perché hai ricevuto un invito?!” incalzò sempre più isterico.
Gli occhi blu lo guardavano in difficoltà. “Io non ho ricevuto nessuna mail, non sapevo lo stessero facendo” disse davvero angosciato. “Guarda!”
Tirò fuori il proprio smartphone, entrando nell’applicazione delle mail. Come voleva dimostrare, non c’era nessun messaggio che facesse riferimento a quell’evento, non aveva davvero ricevuto la mail. O forse…
“Vai nello spam”.
Lo fece, schiacciando sulla cartella. Entrambi trattennero il fiato nel vedere che tra gli ultimi messaggi c’era proprio uno che riportava il nome dell’evento, la mail che era la stessa del sito web.
L’espressione di Naruto si fece disperata. “Cazzo, se lo avessi visto…” Fu colto da una realizzazione. “Merda, ecco chi stava scavando nelle mie cose!”
Obito non ci capiva niente, davvero, l’unica certezza è che erano degli psicopatici e stavano facendo qualcosa di pericoloso, che un bambino fosse coinvolto o meno. Sospettava che nulla di quello fosse legale.
Prese un lungo respiro. “Dobbiamo chiamare la centrale” ripeté.
“Lo faremo, ma dopo” assicurò Naruto guardandolo fisso negli occhi, l’azzurro così disperato e angosciato che Obito non riusciva a reggerlo. 
“Che cazzo sta succedendo?” sussurrò ormai atterrito.
Una luce di esitazione passò nello sguardo dell’altro, ma poi prese un lungo sospiro.
“Te lo dirò, dopo. Tanto tutto sta andando a puttane”. Fece una risata amara. “Ti spiegherò cosa sta succedendo, ma fino a quel momento, ti prego… fidati di me”.
Obito aveva i suoi dubbi, ma la verità è che si fidava del suo partner. Come poteva altrimenti? Si era anche preso una pallottola al suo posto, per non parlare di tutte le volte che lo aveva seguito anche per le piste più folli, solo perché si fidava del suo intuito.
Si accorse che anche gli altri ospiti stavano entrando, non erano più soli nella stanza. 
“Promettimi che nessuno verrà ferito o ucciso” chiese.
“Te lo prometto” disse con serietà mortale.
Obito deglutì, sperando di non doversi pentire di quella scelta annuì. Naruto rilassò le spalle, visibilmente rassicurato.
“Ti prometto che nessuno si farà male” ripeté. “Li fermerò”.
Poteva solo fidarsi.
 
**
 
Come suggerito dal Gran Maestro, presero posto in prima fila, anche se non per lo stesso motivo che era stato proposto. Lì avevano maggior possibilità di intervenire il prima possibile.
La stanza fu presto piena di ospiti vestiti di nero e appena ogni posto fu occupato la cena venne servita. Era a base di carne e Obito poteva solo sperare che quello che aveva sul piatto fosse davvero agnello e non carne umana. Naruto era teso e silenzioso, quasi non mangiò e ignorò ogni tentativo di conversazione con i vicini, un comportamento insolito considerando quanto fosse un chiacchierone. Ma ormai Obito non faceva nemmeno più caso alle sue stranezze, Naruto era diventato strano fin da quando erano entrati nella camera di Ino. C’era sotto qualcosa e voleva sapere cosa.
A differenza sua, fece conversazioni con gli uomini e le donne attorno a loro, fece uso di tutto quello che aveva imparato da diario di Ino sulla setta per sottrarre informazioni, il microfono sempre acceso.
Quando i piatti vuoti — o pieni, come nel caso di Naruto — vennero portati via da inquietanti camerieri ugualmente mascherati come volpi, il Gran Maestro che li aveva accolti si posizionò davanti all’altare catturando l’attenzione di tutti.
“Miei signori e mie signore, il momento è giunto” proclamò.
Nella stanza calò un silenzio carico di aspettative, che fece accapponare la pelle di Obito. Era così teso che sapeva che il giorno dopo gli avrebbero fatto male tutti i muscoli. Accanto a lui Naruto era ugualmente contratto.
Il Gran Maestro si godette per qualche secondo l’atmosfera che era riuscito a creare, poi iniziò a raccontare:
“Novecento anni fa, Konoha era solo una povera cittadina di contadini che veniva costantemente minacciata dalla grande potenza di Oto. Per non venire annientata dall’altra città, gli abitanti decisero di fare ricorso al divino, evocando lo spirito più potente di tutti: la Volpe a Nove Code Kurama, la più potente dei Nove Bijū. Il demone accettò, ma in cambio pretese che il suo più grande desiderio venisse esaudito: avere un figlio”.
Obito fu distratto dal tremare costante del corpo di Naruto, non sapeva il perché di quella reazione ma la sua espressione era sempre più angosciata. Appoggiò una mano sulla sua coscia, sperando di poterlo calmare, e continuò ad ascoltare.
“Per fare ciò, potevano fare una sola cosa. I cittadini presero una coppia di innamorati ancora vergini e la notte del 31 Ottobre, la notte in cui il mondo dei mortali e il mondo degli spiriti coincidono, li offrirono a Kurama. Il possente demone venne evocato e consumò l’atto carnale con i due innamorati fino alla mezzanotte, il momento in cui venne concepito un bambino metà demone e metà umano. Per dare forza al bambino appena nato, Kurama gli fece divorare i due innamorati e se ne andarono insieme. Ma mantenne la promessa e Konoha sconfisse Oto, diventando la città dominante della regione. Per Novecento anni Kurama protesse Konoha” terminò.
Obito rimase disgustato da quella storia, mentre attorno a lui esplodevano applausi. Era una storia raccapricciante, si chiese come qualcuno potesse inventarsi qualcosa del genere. Quel che era peggio è che cominciava ad avere un certo sospetto. 
Si avvicinò con la testa a Naruto.
“Non vorranno…”
“Sì” sussurrò in risposta come se fosse senza fiato.
Il sospetto venne confermato dallo stesso Gran Maestro.
“Oggi come allora, Konoha ha bisogno del potere di Kurama per prosperare. Evocheremo il demone perché possa darci un capo di stato degno del suo nome e in cambio il suo desiderio verrà esaudito. Portate gli innamorati!” ordinò.
Obito quasi scattò in piedi. Due adepti trascinarono nella stanza due ragazzi incatenati, vestiti con semplici tuniche bianche. La ragazza, con i suoi capelli biondi, gli occhi azzurri e gli zigomi alti corrispondeva alle foto di Ino Yamanaka… e sapeva che l’altro ragazzo era il suo fidanzato, Sai. 
Entrambi vennero costretti sull’altare, dalla loro reazione assente era ovvio che fossero sotto l’effetto di qualche droga. Non sapeva cosa stava per succedere, sicuramente non si aspettava arrivasse davvero un demone per stuprare i due ragazzi, ma era arrivato il momento di intervenire. Guardò Naruto, ma quello negò con il capo. 
Aspetta.
Frustrato continuò a guardare la scena poco più sotto. I due ragazzi erano sull’altare, in attesa. Il Gran Maestro alzò un braccio e iniziò a cantare una strana cantilena ipnotica, poi aggiunse:
“Tacete! Il Grande Kurama è qui!”
Nessuno fiatava, il silenzio che era così spesso che si poteva tagliare con un coltello. Obito si ritrovò a trattenere il fiato. La sua attenzione fu catturata da una porticina nascosta, dalla quale venne fatto entrare un animale possente. Era per forza un lupo, schiumava dalla bocca e si muoveva a scatti, ringhiando… probabilmente anche l’animale era stato drogato con qualche sostanza eccitante. Per non far mancare nulla, avevano attaccato otto code posticce vicino alla sua vera. Obito non poteva credere che qualcuno ci cascasse davvero a una tale spazzatura, ma intorno a lui c’era il silenzio assoluto.
Una risata lo spezzò.
Naruto al suo fianco aveva iniziato a ridere a crepapelle. Era una reazione così in contrasto con il comportamento nervoso che aveva avuto fino a quel momento che Obito per un momento non seppe come reagire. Presto ebbero l’attenzione di tutti su di loro.
“Patetici” disse Naruto gelido, non stava più ridendo.
Non c’era più angoscia sul suo viso, solo cocente è distruttiva rabbia.
Si alzò sinuoso e uscì dalla fila di tavole, raggiungendo l’altare.
“Per un momento… per un momento ci ho quasi creduto” disse con quel tono freddo, non lo aveva mai sentito parlare in quel modo. Con la sua camminata fluida aveva ipnotizzato tutti presenti, perfino il Gran Maestro lo guardava con riverenza, senza osare intervenire. “Ero…Sono sconvolto che qualcuno voglia rifare quella oscenità, una simile perversione. Quanto deve essere corrotto il vostro cuore per volere assistere a una cosa simile? Avete idea di cosa sia, di cosa significhi? Di cosa avrebbe significato per quel bambino, nutrirsi dei propri genitori? Non avete un briciolo di umanità. Disgustosi, mi fate schifo!” gridò.
Si avvicinò al lupo travestito da Kurama, accarezzò il suo capo irsuto e con solo quel gesto ammansì la bestia, che si stese sulle sue zampe, addormentandosi. 
Il Gran Maestro cercò di intervenire.
“Mio signore…”
“TACI!” gridò Naruto, i canini improvvisamente spessi e lunghi, anche i suoi occhi brillavano di rosso. “Taci, verme. Mi fate schifo, così schifo che ho pensato… Sì, lasciamoli evocare papà, poi gli faremo vivere il loro peggiore inferno”. Si fermò e si voltò verso la platea, occhi rossi si posarono su ogni spettatore. “Ma oltre che disgustosi siete anche patetici. Non avete ottenuto niente e avreste… avreste… ugh” non riuscì nemmeno a dirlo. “Disgustosi. Ma almeno io sono qui”.
Obito sentì una paura viscerale afferrarlo allo stomaco, il suo istinto gli gridava di scappare dal pericolo è quel pericolo era Naruto. Senza rendersene conto infilò la mano nella giacca, verso la propria pistola. 
I capelli di Naruto avevano iniziato ad alzarsi, quasi sfidando la gravità, verso due direzioni diverse, sembravano le orecchie appuntite di una volpe. Il suo volto si assottigliò, le sopracciglia divennero più vicine e poi, dietro di lui, si manifestarono nove code dorate e folte.
Obito sapeva che non era un’allucinazione, soprattutto quando puntò gli occhi rossi su di lui.
“Partner,” disse serio, “è arrivato il momento di chiamare quei rinforzi. Ma fallo fuori”.
Obito deglutì, non aveva nessuna intenzione di disubbidire. Corse fuori dalla stanza, dietro di sé sentì urla di dolore e paura sollevarsi sempre più alte. Non si voltò per scoprire cosa stava succedendo.
 
  
**
  
 
L’edificio era circondato da macchine della polizia, ne continuavano a venire e partire con le sirene accese. I poliziotti trattenevano le persone che avevano assistito alla cerimonia sacrificale, portandoli poche per volta alla centrale per l’interrogatorio. L’ambulanza per Ino e il suo ragazzo era stato uno dei primi furgoni a essere arrivati, avevano chiamato anche un veterinario perché si occupasse del lupo ancora sedato. Il perimetro era stato delimitato dal nastro giallo, ma il baccano aveva comunque attirato molti curiosi. 
Obito si guardava attorno un po’ smarrito, Konan gli parlava della situazione ma lui non la stava davvero ascoltando. Stava cercando Naruto, non lo aveva ancora visto da quando era uscito. 
Aveva telefonato alla centrale in panico, dicendo di aver trovato la ragazza scomparsa e i colpevoli, soprattutto di far presto perché erano in pericolo. Aveva spiegato un po’ la situazione, della setta e del sacrificio, ovviamente non nominando Naruto e la sua trasformazione assurda. Una pattuglia era arrivata cinque minuti dopo, circondando l’edificio e risolvendo la crisi. Nessuno sembrava sconvolto che il loro consulente civile avesse nove code e le orecchie da volpe, quindi non dovevano averlo visto.
“Obito, stai bene?” 
Si riscosse alla domanda preoccupata di Konan. Annuì, sentendosi lento come dentro un sogno. Faticò a metterla fuoco, si sentiva ancora molto scombussolato.
“Dov’è Naruto?” chiese.
Il suo capo alzò una mano guantata, indicando un punto tra due volanti parcheggiati, Naruto era appena visibile seduto sul bordo del marciapiede.
“È molto scosso, probabilmente la situazione l’ha emotivamente colpito” disse pratica, sospirò. “Come dargli torto? Quello che stavano per fare è disgustoso”.
Gli ricordò quello che Naruto aveva detto pieno di rabbia.
Si congedò velocemente e raggiunse il partner, non sapendo ancora come reagire a tutto quello che era successo.
“Naruto”.
Quello alzò gli occhi verso di lui. Erano tornati azzurri, di quel colore limpido che lo aveva incantati fin dal primo istante, che sognava così spesso. Naruto non disse nulla, limitandosi a fissarlo triste e a disagio dal marciapiede.
“Sei… quel bambino” mormorò. “Quello di novecento anni fa”.
Naruto annuì. “Ero io”.
Era così tanto da accettare che non sapeva nemmeno da dove iniziare, ma almeno era chiaro perché Naruto avesse reagito in quel modo strano fin dall’inizio. 
“Hai nove code” disse.
“Sì… le kitsune guadagnano una coda ogni cento anni” spiegò distogliendo lo sguardo.
“No, intendo ora” specificò guardando le nove appendici pelose agitarsi dietro la sua schiena con imbarazzo. Erano dello stesso colore dorato dei suoi capelli, sinuose e dall’apparenza soffice.
“Oh…” considerò Naruto tornando a guardarlo. “Puoi vederle adesso”.
“Adesso?” ripeté.
“Non le ho mai nascoste, siete voi umani che non lo vedete perché non ci credete, avete il velo dell’incredulità a proteggervi”. Lo guardò incerto. “Evidentemente ora credi nelle kitsune e puoi vedermi nella mia vera forma”.
La sua vera forma, eppure — code escluse — Naruto gli sembrava il solito. Il solito bel ragazzo con il viso rotondo, il naso dritto, le sopracciglia ben disegnate, gli occhi grandi e azzurri contornati dalle ciglia chiarissime. Non aveva il suo solito sorriso sghembo, ma era… Naruto. Lo stupido consulente civile che gli avevano messo ai calcagni e lo aveva aiutato in tantissimi casi. Il suo partner.
Naruto forse fraintese il suo silenzio, perché iniziò a spiegare:
“Da che sono nato, ho vissuto con mio padre nel mondo dei demoni. Ho fatto qualsiasi cosa per avere la sua approvazione. Ho divorato e sedotto, combattuto guerre contro i tanuki e fatto le peggio scorribande qui nel mondo mortale. Ma ero sempre più infelice… non ne valeva la pena, capisci? Che senso aveva cercare di renderlo orgoglioso di me se io soffrivo? Sono un demone ma una parte di me è umana, non riesco a comportarmi come gli altri demoni. Per non parlare quello che ho fatto nella mia prima ora di vita… Mi ha perseguitato per tutta la vita. Non potevo, non posso essere come Kurama, il suo successore.” Abbassò lo sguardo. “Così sono scappato nel mondo mortale, sperando di trovare il mio posto. Ho girovagato un per un anno senza combinare nulla, finché non ci siamo scontrati in quel caso e… cazzo, mi sei piaciuto subito, così tanto. Ho deciso che volevo essere come te. Quello che fai è così figo, catturi i cattivi ragazzi e aiuti le persone. Volevo farlo anch’io. Quindi ho incantato il tuo capo perché mi facesse lavorare con te anche se non ho nessuna qualifica”. Ridacchiò e per un momento sulle labbra tornò il suo solito è bellissimo sorriso, ma durò solo un secondo e tornò serio, abbattuto. “Mi mancherà”.
Un senso di allarme strinse la gola di Obito.
“Mancarti? Perché?”
Naruto lo guardò come fosse ovvio. “Do le dimissioni, così non sarei costretto a lavorare con… un mostro” concluse triste. 
Obito capì che doveva riprendere l’uso della voce e della ragione prima che succedesse qualcosa di irreparabile.
“Tu non darei le dimissioni” ordinò. 
Ricevette uno sguardo confuso e un poco speranzoso. “Non hai paura di me?” chiese Naruto incerto. “Gli umani hanno sempre avuto paura dei demoni”.
“Nell’era feudale, forse” disse forse con troppa enfasi. “Ma combatto criminali ogni giorno, so chi è davvero cattivo e tu non lo sei. Mi hai guardato le spalle per un anno, mi fido di te” assicurò con serietà. “Sei il mio partner”.
Gli occhi azzurri si fecero acquosi. “Quindi non mi bandirai?”
“Non so nemmeno come si fa…”
Naruto scattò improvvisamente in piedi, abbracciandolo. Obito rimase stordito dalla stretta forte, dall’odore delle sua pelle. Nonostante le sue provocazioni, Naruto non aveva mai oltrepassato i limiti del toccarlo, non lo aveva mai abbracciato. Era un bella sensazione. Senza contare che c’erano ben nove code che scodinzolavano, come quelle di un cane troppo felice per trattenersi. Poteva abituarsi a questo.
Gli diede una pacca sulla spalla. Al di là di tutto, era rassicurato che Naruto fosse una kitsune. Questo spiegava molte cose, dal suo passato inesistente alla sua capacità di affascinare e farsi raccontare qualsiasi cosa dalle persone, il mistero era stato risolto.
Naruto colse il tacito invito e sciolse l’abbraccio. Aveva il sorriso più felice che gli avesse mai visto e dopo la grande tensione di poco fa Obito cominciava sentirsi davvero leggero, tutti i muscoli tesi si stava sciogliendo. Pensò che ora che era tutto risolto e spiegato, forse…
“Obito?”
Riconobbe subito la voce e, fantastico, era tornato rigido. Si chiese cosa diavolo volesse e soprattutto cosa ci facesse Rin lì, visto che fortunatamente non c’erano stati cadaveri.
Si voltò verso la donna, vedendo la sua figura minuta stretta in un impermeabile. Appariva nervosa, le labbra mangiucchiate, segni sotto gli occhi e la pelle molto pallida, il suo caschetto disordinato come se non avesse avuto il tempo di usare una spazzola. Per un momento si chiese che cosa ci fosse stato in lei che lo aveva sempre fatto inginocchiare ai suoi piedi, era come se un incantesimo si fosse spezzato.
Non disse nulla, aspettando che Rin continuasse.
“Ho ricevuto i tuoi messaggi” disse alla fine.
“Intendi quelli che ti ho inviato ieri e tu hai ignorato?” chiese mordace.
Rin abbassò gli occhi. “Hai ragione, dobbiamo parlare. Della nostra situazione”.
Obito alzò lo sguardo verso il cielo, era notte fonda e l’inquinamento luminoso impediva di vedere le stesse, non c’era neanche la luna. Una notte perfetta per Halloween, per i demoni.
“Quello che volevo dirti è che ho chiuso” disse diretto.
Rin spalancò gli occhi. “Cosa?”
“Ho chiuso con te” ripeté. “Ti stai per sposare e non mi piace farmela con una che si deve sposare un mio amico” disse senza preoccuparsi di essere brusco. “Quindi basta, quella è stata davvero l’ultima volta. E anche tu dovresti mettere la testa a posto. Sposa Kakashi o digli la verità e trovati qualcun altro. Ma quel qualcun altro non sarò io”.
“Obito, so di non essermi comportata bene, ma…”
“Scusami” la interruppe senza neanche ascoltare una parola, “ma ho avuto una giornata lunga e stressante. Ora che il caso è risolto vorrei andare a casa, domani mi aspettano molte cartacce burocratiche”.
Per non parlare di un certa volpe affascinante.
Rin aprì la bocca per dire altro, ma lui le diede le spalle senza aggiungere altro, decretando la fine della conversazione. Naruto lo stava guardando fiero, gli occhi che brillavano. Senza dire una parole, ignorando la donna che aveva rincorso per troppo tempo, prese Naruto per mano e iniziò a guidarlo verso la sua auto. Tanto non avevano più bisogno di lui lì. Come aveva immaginato la cerimonia si era basata su fondi mafiosi, tutti i partecipanti avrebbero passato la notte in cella e il giorno dopo sarebbero iniziate le procedure.
Naruto lo seguì docilmente, un sorriso genuinamente felice che andava da un orecchio all’altro.
“Mi accompagni a casa? Che cavaliere” sospirò teatralmente quando Obito gli aprì la portiera.
Sorrise malizioso mentre entrava nell’abitacolo. “Non ti sto accompagnando a casa,” disse, “ti porto da me”.
Naruto alzò gli occhi si di lui incredulo. Nonostante fosse sempre stato lui quello a iniziare un flirt in quel momento arrossì sugli zigomi.
“Da te?”
“Voglio fare la conoscenza della tua decima coda” lo stuzzicò.
Una lunga serie di emozioni passò sul viso di Naruto, che divenne sempre più felice e sorridente, come se per lui fosse impossibile trattenere l’euforia. Per non parlare delle nove code che avevano ripreso ad agitarsi come forsennate, colpendo qualsiasi cosa nella macchina.
“La decima coda è la più importante e grossa” replicò con un tono malizioso che non rispettava per nulla l’entusiasmo un po’ infantile.
Obito ridacchiò mentre faceva il giro della macchina e saliva al posto del guidatore. Si sentiva incredibilmente bene, come se un peso che lo tratteneva allo schiena fosse stato sganciato via. Poteva andare avanti.
“Vediamo cosa dirai della mia coda” sogghignò.
Mise in moto, il detective e il suo partner demone partirono.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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